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Dieta Mediterranea sostenibile e salutare, è il regime alimentare del futuro: i temi del convegno per celebrare il riconoscimento Unesco

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“I patrimoni immateriali sono riconosciuti quando c’è una comunità che li detiene e li fa vivere: oggi qui celebriamo la festa della comunità della dieta mediterranea”. Così Lucio D’Alessandro, rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa, apre il convegno “Fico Mediterranean Lecture”, trasmesso ieri alle 18 in diretta Facebook sulla pagina del Suor Orsola Benincasa, per celebrare il decennale del riconoscimento Unesco della dieta mediterranea come patrimonio immateriale dell’umanità. Giunta ormai alla sua quinta edizione, la “Fico Mediterranean Lecture” è l’appuntamento annuale con il ciclo di lezioni magistrali ideato dal MedEat Research del Suor Orsola Benincasa, il primo centro di ricerca universitario italiano dedicato agli studi sulla dieta mediterranea, insieme alla Fondazione Fico di Bologna.

Sono due coniugi americani, gli scienziati Ancel e Margaret Keys, i primi a scoprire e codificare la dieta mediterranea. Studenti ad Oxford, scoprono che a Napoli l’incidenza delle malattie cardiovascolari è molto bassa. Affascinati da questo dato, partono alla volta della Campania. Siamo negli anni Cinquanta. I due scienziati si stabiliscono nel Cilento, dove scoprono i benefici per salute e longevità di quella che chiameranno dieta mediterranea. “Oggi festeggiamo la scoperta di due grandi scienziati innamorati del nostro Paese, che fecero del Cilento la loro terra d’elezione”, commenta Pier Luigi Petrillo, titolare della prestigiosa cattedra Unesco sui patrimoni culturali immateriali presso l’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza. “Nel mondo quando si parla di pizza, gelati, caffè, si pensa subito a Pizza Hut, Haagen Dazs, Starbucks. Se tre prodotti tipici della cultura gastronomica italiana sono ricondotti a delle multinazionali, significa che c’è un problema. Credo che convegni come questo debbano servire proprio a riscoprire e valorizzare il nostro immenso patrimonio culturale”, commenta il professor Petrillo. Sull’importanza di valorizzare la dieta mediterranea e i suoi prodotti verte anche l’intervento di Tommaso Pellegrino, presidente del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.

Tommaso Pellegrino. Presidente del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni

“Negli ultimi anni abbiamo finalmente preso coscienza del fatto che la dieta mediterranea può diventare un’opportunità per il territorio. Gli indicatori dei flussi turistici ci dicono che la possibilità di mangiare prodotti tipici del territorio è uno dei fattori che maggiormente orienta la scelta del turista – spiega Pellegrino -. Noi siamo riusciti ad ottenere il marchio di territorialità del Parco nazionale del Cilento; oggi abbiamo più di 150 aziende a marchio Parco e più di 50 ristoratori che sono rientrati nella Rete del Gusto, presso i quali è possibile trovare i prodotti tipici della dieta mediterranea. È solo un esempio di come la dieta può diventare una straordinaria opportunità di lavoro e sviluppo per il territorio; se lavoriamo tutti in sinergia abbiamo la possibilità di fare quel salto di qualità che ancora ci manca”.

Pier Luigi Petrillo. Titolare della prestigiosa cattedra Unesco sui patrimoni culturali immateriali presso l’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza

Sulla stessa lunghezza d’onda anche il sindaco di Pollica Stefano Pisani. “Per noi di Pollica la sfida è costruire un modello di sviluppo a partire dalla dieta mediterranea, un modello sostenibile di sviluppo globale. Vogliamo raccontare al mondo l’importanza della biodiversità, della qualità della vita, dell’alimentazione, ma soprattutto vogliamo raccontare che è possibile costruire il nostro futuro attraverso la riscoperta del passato”. Proprio a Pollica, più precisamente nella frazione di Pioppi, si stabilirono Ancel e Margaret Keys per portare avanti i loro studi sullo stile di vita mediterraneo. 

Marino Niola. Antropologo della contemporaneità

Dopo la tavola rotonda, moderata da Marino Niola, condirettore del MedEatResearch, il cuore del convegno è rappresentato dalla lecture “Agriculture and Future”, tenuta da Matteo Lorito, professore ordinario di Patologia Vegetale e neo rettore della Federico II. La lezione del professor Lorito è un viaggio fra passato e futuro dell’agricoltura, a partire dalle origini, quando interi raccolti erano spesso rovinati dalle malattie, sino ai giorni nostri, caratterizzati dall’abuso di pesticidi – ne impieghiamo circa due miliardi e mezzo di chili all’anno -; un modello alimentare sempre più insostenibile per il pianeta e per la nostra salute. “L’agroalimentare è un settore contraddistinto da profonde contraddizioni – spiega Lorito -; un miliardo e mezzo di persone sono sovrappeso, mentre circa un miliardo di individui sono sottoalimentati, l’80% dei quali lavora nell’industria del cibo per produrre, raccogliere o confezionare gli alimenti”. 

Stefano Pisani. Sindaco di Pollica

Fra gli effetti indesiderati generati dall’attuale sistema alimentare vi è la dipendenza dai combustibili fossili, il degrado del suolo, la perdita di biodiversità. Proprio quest’ultima gioca un ruolo cruciale nel favorire la diffusione di virus come Covid-19. “Il Covid – chiarisce il neo rettore – è un fenomeno naturale che deriva da una alterata interazione dell’uomo con la natura. Gli habitat delle specie selvatiche da cui hanno origine i virus sono sempre più ridotti e invasi dalle attività umane; la loro distruzione aumenta i contatti fra uomo e animali, facilitando lo spillover, il salto di specie. La perdita di biodiversità favorisce la possibilità che il virus si imbatta nell’ospite perfetto e rende più probabile lo spillover. Viceversa, una maggiore biodiversità significa molti e diversi ospiti per il virus e quindi maggiore probabilità che questo finisca in un ospite “vicolo cieco”. 

Matteo Lorito. Professore ordinario di Patologia Vegetale e neo Rettore della Federico II

Per Lorito la nostra è una dieta “sostenibile, che esercita una pressione ridotta sull’ambiente e preserva la biodiversità. La dieta mediterranea è uno stile di vita che coniuga benessere, convivialità e tipicità dei prodotti; aumenta le difese immunitarie, previene patologie cardiovascolari, diabete ed ipertensione. È un’eccellenza italiana, nonché un importante attrattore turistico in grado di favorire lo sviluppo del territorio e della sua economia. Ancora oggi – conclude Lorito – la dieta mediterranea è considerata la migliore dieta del mondo fra oltre trenta regimi alimentari e contribuirà in maniera sempre più significativa ai regimi alimentari del futuro”.

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Avvistata in Italia una nuova specie di uccelli

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Piccoli migratori con piumaggio fra il marrone e il grigio, finora mai visti in Italia, sono stati avvistati per la prima volta in Campania. Si allunga così l’elenco delle specie di uccelli presenti nel nostro Paese- Il risultato. annunciato in occasione della Giornata della Terra, è pubblicato sulla rivista Dutch Birding da Marco del Bene, Alessia Addeo e Rosario Balestrieri ,della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli. La specie avvistata per la prima volta in Italia si chiama Monachella dal cappuccio (Oenanthe monacha) ed è stata vista durante rilievi ambientali nei pressi di Bacoli (Napoli), il 24 maggio 2023. Per Balestrieri è la “prima testimonianza del passaggio della specie nel Mediterraneo Centrale”. Finora, infatti, la Monachella dal cappuccio era nota in Egitto, Israele, Penisola Arabica e Pakistan.

“L’esemplare osservato a Bacoli – dicono i ricercatori – si trovava su un muro di contenimento degli argini di un canale, vicino al mare. Presentava un piumaggio marrone camoscio/grigio chiaro, con coda marrone, sottocoda camoscio e timoniere scure”. La scoperta, osservano ancora i ricercatori, sottolinea l’importanza di monitorare costantemente la biodiversità e proteggere gli ambienti che l’accolgono, ma anche l’importanza di documentare quel che si vede e di confrontarsi fra specialisti del settore”. Del Bene rileva che si conferma “l’importanza dei monitoraggi ai fini della conservazione e gestione delle specie” e per Addeo questa scoperta permette di “ampliare sempre di più le reti di conoscenze che ci permettono di comprendere al meglio le rotte migratorie”.

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Rifiuti, planet contro plastic: obiettivo è il – 60% entro il 2040

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Ridurre il 60% delle plastiche sul pianeta entro il 2040, sensibilizzando i cittadini del mondo sui danni arrecati dalla plastica alla salute umana, animale e alla biodiversità; eliminare la plastica monouso entro il 2030, investire in tecnologie e materiali innovativi per costruire un mondo senza plastica: questi gli obiettivi della 54esima Giornata mondiale della terra sul tema Planet Vs Plastics. “Una Giornata e insieme una richiesta pressante per agire subito a salvaguardia della salute di ogni essere vivente sul pianeta non solo per limitare il più possibile l’uso della plastica, ma anche per chiedere iniziative e politiche di sensibilizzazione. Prendere consapevolezza è il primo passo”, spiega il direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero.

I dati dell’indagine Waste Watcher, realizzata su monitoraggio Ipsos ed elaborazione dell’Università di Bologna-Distal, segnalano che in Italia oltre otto cittadini su 10, l’85%, sono disposti a ridurre l’acquisto di prodotti con packaging plastico, malgrado il consumatore italiano riconosca al packaging un’importante funzione per la conservazione del cibo e quindi per la prevenzione e riduzione degli sprechi. E quasi un terzo dei consumatori italiani è disposto a rinunciare all’acquisto di un prodotto di cui ha bisogno, qualora fosse contenuto in un packaging non riciclabile. Sempre secondo Waste Watcher, quasi il 75% dei consumatori nella scelta di un prodotto considera la tipologia dell’imballaggio e l’impatto che quest’ultimo ha sull’ambiente grazie alla sua potenziale riciclabilità. “Un piccolo passo avanti nella sensibilità diffusa sul tema delle plastiche, anche se molto resta da fare”, per Segrè.

Planet Vs Plastics ci ricorda che non c’è un’altra Terra: dalla prima edizione della Giornata Mondiale, il 22 aprile 1970, nostro pianeta non ha certo migliorato il suo stato di salute. Fra meno di 30 anni, ai ritmi attuali, negli oceani ci sarà il quadruplo della plastica e uno degli hotspot globali per le microplastiche è il Mediterraneo. Nelle sue acque si trova la più alta concentrazione di microplastiche mai misurata nelle profondità di un ambiente marino, ben 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato, secondo l’ultimo rapporto Wwf. Ogni anno il Mediterraneo ingurgita 229.000 tonnellate di rifiuti di plastica, come se ogni giorno 500 container scaricassero in acqua il proprio contenuto.

Di queste, ben il 15% arriva dall’Italia. Se i mari del pianeta sono invasi dalle plastiche, non sta meglio la Superficie Agricola Utilizzata (SAU), quella su cui si producono gli alimenti: la perdita di terreni coltivati determina un deterioramento degli ecosistemi, che porta a dissesti ambientali e sociali. Waste Watcher International ha calcolato quanti terreni coltivabili stanno producendo rifiuti alimentari domestici: in Italia lo spreco medio pro capite pari a 566.3 g secondo le rilevazioni del “Caso Italia” Waste Watcher (febbraio 2024), vanifica e ‘brucia’ il raccolto di una Superficie Agricola Utilizzata (SAU) pari a 1,643 milioni di ettari e quindi quasi come l’estensione agricola di Belgio + Slovenia (1,833 milioni di ettari).

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Perchè il 22 aprile è la “giornata della terra”

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La giornata della terra a’ stata creata nel 1970, quando i movimenti ambientalisti erano ancora alle loro origini, dalle Nazioni Unite, che ha stabilito che si dovesse celebrare un mese e un giorno dopo l’equinozio di primavera, quindi il 22 aprile. All’origine della iniziativa c’e’ la teoria ambientalista della biologa americana Rachel Carson, autrice del testo Primavera silenziosa nel 1962; fino a quel momento la sensibilita’ ambientalista era quasi assente negli Stati Uniti cosi’ come nel resto del mondo industrializzato.

Successivamente, la questione divenne politica fino all’istituzione della giornata, che porto’ alla creazione dell’Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti e all’approvazione di altre leggi ambientali prime nel loro genere, tra cui il National Environmental Education Act, l’Occupational Safety and Health Act, e la legge sull’aria pulita. Due anni dopo il congresso approvo’ il Clean Water Act. Il piu’ importante accordo internazionale sul clima, quello raggiunto a Parigi nel dicembre 2015 alla Cop21 per limitare l’aumento della temperatura terrestre entro 1,5 gradi rispetto al livello preindustriale, fu aperto alla firma dei Paesi Onu proprio in una “giornata della terra”, il 22 aprile 2016.

Quest’anno l’Onu, che in inglese la chiama “giornata della madre terra”, sottolinea che “Madre Terra sta chiaramente sollecitando un invito all’azione. La natura sta soffrendo. Gli oceani si riempiono di plastica e diventano piu’ acidi. Il caldo estremo, gli incendi e le inondazioni hanno colpito milioni di persone.

I cambiamenti climatici, i cambiamenti naturali causati dall’uomo e i crimini che distruggono la biodiversita’, come la deforestazione, il cambiamento dell’uso del territorio, l’intensificazione dell’agricoltura e della produzione di bestiame o il crescente commercio illegale di specie selvatiche, possono accelerare la velocita’ di distruzione del pianeta”.

L’Onu ricorda anche che quella di oggi “e’ la terza Giornata della Terra celebrata nell’ambito del Decennio delle Nazioni Unite per il ripristino degli ecosistemi. Gli ecosistemi supportano tutta la vita sulla Terra. Piu’ sani sono i nostri ecosistemi, piu’ sano e’ il pianeta e i suoi abitanti. Il ripristino dei nostri ecosistemi danneggiati aiutera’ a porre fine alla poverta’, a combattere il cambiamento climatico e a prevenire l’estinzione di massa. Ma ce la faremo solo se tutti daranno il loro contributo”, e’ l’appello delle Nazioni Unite.

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