Dieci anni non sono tanti per una forza politica. Il M5S è ancora un Movimento civico di base, che risente degli umori della base. È una forza politica ancora tutta da costruire, strutturare. C’è una classe dirigente diffusa da formare, alleanze da consolidare, obiettivi vecchi da riprogrammare, nuove mete da affrontare. Del M5S si può dire quello che si vuole, non gli si potrà mai imputare però la mancanza di vitalità e originalità nella proposta politica. Bastava girare tra gli stand della festa per i dieci anni di Napoli, alla Mostra d’Oltremare, per sentire articolare ragionamenti su temi ambientali, energetici, difesa del territorio, partecipazione democratica digitale, acqua pubblica, rifiuti da trasformare in ricchezza, patrimonio edilizio privato e pubblica da mettere in sicurezza e tanti altri temi per convincersi che c’è bisogno di questa novità politica, di questo virus per contagiare il Palazzo. Non basta la riduzione dei costi della politica, ci vuole il rispetto delle istituzioni, il rispetto dei beni comuni, la capacità di creare partecipazione. Su questi temi il M5S a dieci anni dalla nascita e con l’ingresso nelle istituzioni, deve fare un primo bilancio del lavoro svolto e cercare nuovi orizzonti. Questo è il momento giusto. Dopo il fallimento dell’esperienza con la Lega e l’alleanza con il Pd, il MoVimento torna centrale nelle istituzioni. Ha fatto poco? Ha fatto tanto? Non importa. Ha fatto. Deve continuare a fare quello che ha promesso di fare. Deve continuare a parlare a quegli 11 milioni di italiani che l’hanno votato per convinzione o perchè (tanti), quando si votò nel marzo del 2018 non sapevano a chi dare il loro consenso e scelsero di affidarsi alla novità, non vollero votare il partito in cui credevano perchè s’erano sentiti traditi.
Il M5S ha commesso anche tanti errori? Certo, tantissimi. Solo chi lavora rischia di sbagliare. Nella storia recente, poi, analizzare errori veri o presunti, non è facile. Forse se ne incaricheranno più gli storici che i giornalisti. Il giornalismo può parlare di paure, ricordare gli errori, trovare presunti colpevoli degli errori che hanno fatto dimezzare i consensi del M5S alle europee è compito più delicato.
Fatto sta che Matteo Salvini, per il Movimento 5 Stelle, è diventato un brand messo alle spalle. Alla Festa di Napoli c’erano tanti attivisti e simpatizzanti del Movimento che senza essere offensivi e beceri, mettevano alla berlina il leader legista. Al punto che ci hanno fatto una maglietta. “Per quale Mojito?”, c’era scritto sopra la T-shirt. Così riprendendo il finto strafalcione che il capogruppo alla Camera Francesco D’Uva pronunciò in aula interrogandosi sulle ragioni che avevano spinto la Lega a mollare il governo ad agosto. Salvini l’hanno evocato Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e perfino Davide Casaleggio. Ma il nome di Salvini, a dire il vero, non lo fa nessuno. Salvini è il passato per i Cinquestelle, anche se il Pd non è detto che sia il presente o il futuro. Si guarda “avanti”, ripetono tutti in coro, e in effetti anche la festa dei dieci anni del Movimento, ha poco o nulla di celebrativo. Nei vari luoghi di dibattito, ai vari panel in cui s discute di futuro del Paese, non c’è nessuno che parla di passato. La parola d’ordine è futuro. La parola d’ordine è “cambiare”. Beppe Grillo quando ha parlato, a lungo, con Dalila Nesci, Nicola Morra, Carla Ruocco, non l’ha fatto per farli cambiare. No, il padre del MoVimento prova a far ragionare tutti sul futuro. E per Grillo il futuro non sono le poltrone ma le conquiste future. Il padre del Movimento ne parlava mica solo con Di Maio in questi giorni. Ne parlava con chiunque. In questa foto sotto, ad esempio, per mezz’ora s’è messo a discutere di futuro e innovazione con Emilio Carelli, deputato del MoVimento.
Innovazione. Grillo che discute fitto fitto con Carelli di futuro del Movimento e di nuove proposte da portare nelle Istituzioni
E con Di Maio alcuni cavalli di battaglia del Movimento, in 16 mesi, non sono più promesse elettorali ma leggi: Reddito di Cittadinanza, Pensione di Cittadinanza, taglio di 345 poltrone in Parlamento, abolizione die vitalizi e altre cose ancora. E se tutto ciò s’è fatto, Luigi Di Maio ne avrà qualche merito. Brillo ha ragionato con lui dinuove regole che servono al Movimento. Grillo stima e vuole bene Di Maio come se fosse un suo figlio. Ed ogni volta lo riempie di “cazziate”, lo tormenta di critiche, lo inonda di idee e consigli. Insomma Di Maio non ha una musa ispiratrice ma un musone genovese che lo ispira in ogni scelta. Con una particolarità: Grillo apprezza Di Maio. E lo supporta soprattutto quando sbaglia. Come farebbe ogni padre con un figlio.
È soddisfatto, Grillo, del governo con il Partito democratico. A Grillo piace anche Giuseppe Conte anche se ha “quel difetto delle adenoidi da stappare”.
Dentro e fuori il Movimento c’è chi prova a creare tensione tra Di Maio e Conte, sottolineando differenze, evidenziando l’esistenza addirittura di un testa a testa tra i due leader. Ma sono troppo diversi per contrapporli. E nel M5S Di Maio non ha competitor. Bastava seguire Di Maio in questi giorni dentro la Mostra d’Oltremare, tra la gente, negli stand. Ma chi sono questi grillini oggi, dieci anni dopo, quando sono entrati nelle istituzioni, stanno amministrando il potere. “Siamo cambiati, non siamo cambiati, chi siamo? Inutile che pensiamo di avere la stessa identità di dieci anni fa. Dovete percepirlo come un momento straordinario: è giusto che siamo cambiati!”.
Manovre in corso per la formazione del nuovo vertice Rai. I partiti sono al lavoro per provare a trovare un’intesa in vista dell’elezione dei quattro membri del cda Rai di competenza parlamentare e dell’indicazione dei due componenti di nomina governativa, che potrebbe avvenire prima delle Europee. Il bando per la presentazione dei curricula in Parlamento è stato pubblicato e il termine è fissato per il 20 aprile.
Poi occorrerà un mese per l’esame e, se l’accordo sarà raggiunto, si potrà poi votare, nella finestra tra il 20 e la fine di maggio prima della pausa dei lavori per le elezioni. Sembra scontata l’indicazione di Giampaolo Rossi come amministratore delegato in quota Fratelli d’Italia, mentre per il ruolo di presidente c’è in pole position l’attuale consigliera Simona Agnes, sponsorizzata da Forza Italia, ma occorrerà trovare l’intesa almeno con una parte dell’opposizione perché in Commissione di Vigilanza sono necessari i due terzi dei voti.
L’accordo potrebbe anche includere il nome del direttore generale e la Lega, da seconda forza parlamentare, potrebbe rivendicarne la scelta. Formalmente la nomina spetterà, comunque, al futuro amministratore delegato. In corsa – secondo fonti di maggioranza – c’è Roberto Sergio, ora al timone dell’azienda, oltre a Felice Ventura, attuale direttore delle Risorse Umane, e Marco Brancadoro, ora direttore Finanza e Pianificazione. Sul fronte dei consiglieri la Lega è orientata sul direttore della Tgr, Alessandro Casarin, mentre il Movimento 5 Stelle dovrebbe confermare Alessandro Di Majo. Fratelli d’Italia, unico partito che avrà due membri in cda, dovrebbe orientarsi su una donna, ma, nonostante sia circolati i nomi di Lorenza Lei e Annalisa Terronova, non c’è ancora una scelta definitiva.
Anche il Pd non ha ancora preso una decisione sul nome. Per quanto riguarda il consigliere eletto dai dipendenti si ricandiderà Davide Di Pietro, attualmente in carica. Intanto la presidente della Commissione di Vigilanza lancia l’allarme sul prossimo consiglio. “Dopo il via libera del Parlamento europeo al Media freedom act – spiega Floridia in un’intervista al Fatto quotidiano -, la legittimità del prossimo Cda Rai sarà a rischio.
Va approvata con urgenza una nuova legge sulla governance, che sottragga la tv pubblica al controllo della politica”. “Quello approvato in sede europea è un regolamento, e quindi va immediatamente attuato – prosegue -. Nel dettaglio, prevede che i vertici delle emittenti pubbliche non vengano nominati dai governi, ma tramite procedure slegate da logiche politiche”. m
La riunione della segreteria Pd ha fatto fare un passo in avanti alla candidatura di Elly Schlein alle Europee. Il tema del voto per Bruxelles ha dominato l’incontro. D’altronde la sfida è alle porte – urne l’8 e il 9 giugno – e i termini per la presentazione delle liste si fanno sempre più stretti. E infatti Schlein ha ufficializzato qualche nome. Il primo è quello di Antonio Decaro, “uno dei più bravi sindaci d’Italia”, ha detto la segretaria a DiMartedì.
Una difesa nitida, quella di Schlein, dopo le polemiche di questi giorni su Bari, per la commissione che dovrà valutare lo scioglimento del Comune (dopo un’inchiesta per mafia che non ha coinvolto il primo cittadino) e le affermazioni del governatore pugliese Michele Emiliano su un loro incontro con la sorella di un boss, che Decaro ha smentito. Capolista del Pd al Sud sarà Lucia Annunziata, “non solo perché è una figura di grande valore come giornalista – ha spiegato Schlein – ma soprattutto per la sua grande conoscenza di politica estera e internazionale”. Fra gli altri, circola anche il nome di Cecilia Strada. La definizione dello schema di gioco – chi dovrà correre, in quale circoscrizione e in quale casella – è tema caldo, in un incrocio di equilibri, ambizioni, rapporti di forza. “Il Pd ha gestito la questione delle alleanze alle amministrative e alle regionali con una linea unitaria – hanno fatto sapere dal partito – Con lo stesso spirito verrà affrontato il tema delle europee”.
Perché “l’avversario è la destra”, è stato ribadito. Alle europee non ci sono alleanze: ognuno corre per sé. Così, quando il Pd parla di unità parla di Pd. “Con varie sfumature – è stata la sintesi della segreteria fornita dal Pd – tutti hanno chiesto a Schlein di candidarsi”, anche se “le formule proposte sono diverse”. Lei ha ammesso: “Ci sto riflettendo, ma prima voglio vedere la squadra”. Nel Pd, quel “varie sfumature” e “tutti hanno chiesto” sono stati raccontati in vari modi. Con un minimo comun denominatore: il tema della corsa di Schlein non poteva che essere sul tavolo e nessuno lo ha messo in discussione. Lo schema generale dovrebbe partire dalla previsione di capolista civici nelle cinque circoscrizioni. Ma “il confronto è ancora aperto – hanno fatto sapere fonti di minoranza Pd – Sono state espresse delle preoccupazioni in merito alle candidature civiche come capolista che penalizzerebbero la classe dirigente del partito. Riguardo la candidatura di Elly Schlein, sono state espresse perplessità in merito alla posizione che occuperebbe in lista, che rischierebbe di penalizzare le candidature femminili”.
Fuori dal Pd, in tema europee altre forze hanno fatto passi avanti. Italia Viva e Più Europa sono sempre più vicine a un’intesa per una lista di scopo anche con Radicali, Psi, Volt e Libdem, mentre Azione per ora ha detto “No”. Un incontro era atteso a breve: era stato annunciato come vertice risolutivo fra i leader. Col passare delle ore è stato un po’ ridimensionato: ci sarà ma probabilmente sarà interlocutorio e fra seconde linee. Ma la direzione pare tracciata. Mentre in casa M5s si glissa sulla corsa di Virginia Raggi, che per candidarsi dovrebbe ottenere una deroga ad hoc. “Nel caso avessimo voluto introdurre una deroga – è stato spiegato da Campo Marzio – lo avremmo fatto in maniera trasparente, non nascondendola in un cavillo burocratico, ma passando dal trasparente giudizio della nostra comunità”.
Le misure adottate con il decreto sul superbonus e sui bonus edilizi “sono tese a chiudere definitivamente la eccessiva generosità di una misura che come è noto ha causato gravi effetti sulla finanza pubblica e i cui effetti, definitivamente, potremo contabilizzare tra pochi giorni quando si caricherà la finestra per tutte le fatture e i lavori eseguiti entro il 31 dicembre 2023”. Lo ha detto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti al termine del Consiglio dei Ministri. “Il governo ha approvato un decreto in materia di bonus edilizi che elimina ogni tipo di sconto in fattura e cessione del credito per tutte le tipologie che ancora lo prevedevano; abbiamo eliminato la disposizione della remissione in bonis che avrebbe consentito fino al 15 ottobre le correzioni con il pagamento di minime sanzioni di tutte le comunicazioni già intervenute e previsto per tutte le nuove fattispecie una nuova comunicazione preventiva, quando si inizia il lavoro, in modo da avere un monitoraggio del fenomeno e non solo quando le fattura vengono caricate”. Lo ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. “Abbiamo esteso a questa fattispecie – ha proseguito il ministro – la compensazione rispetto ai debiti di coloro che vogliono usufruire dei debiti d’imposta rispetto ai debiti effettivamente accertati nei confronti dello Stato”. In pratica – ha spiegato il ministro “se c’è un ruolo già accertato definitivamente, prima si compensa su quello”. Il ministro ha poi sottolineato che sono stati individuati nuovi meccanismi di frode sui quali è stato introdotto un paletto. “C’è la limitazione della cessione del credito Ace, perché abbiamo iniziato a notare un utilizzo fraudolento su questa agevolazione che peraltro è eliminata dalla riforma fiscale”. Altre norme prevedono una comunicazione preventiva anche sulle misure di “Transizione 4.0, fermo restando la compensazione che abbiamo già introdotto su transizione 5.0”.