Le Regionali e il referendum sul taglio dei parlamentari, con il crescente rischio di una nuova emergenza Covid-19. Governo e maggioranza si avviano rapidamente al cruciale ingorgo di settembre sulla scia di tensioni che, ne’ la pausa estiva ne’ il voto su Rousseau per le alleanze, hanno allentato. E’ Luigi Di Maio, in un panel del Meeting di Rimini, a rilanciare la partita referendaria, fondamentale per il M5s. “Il si’ al taglio dei parlamentari e’ un’opportunita’ di cambiamento, e’ l’inizio di un percorso non la sua fine”, sottolinea il ministro degli Esteri ricordando, non casualmente, come la riforma sia stata approvata alla Camera all’unanimita’. Sul referendum, infatti, crescono le frizioni nella maggioranza. Il silenzio del Pd si fa di giorno in giorno piu’ assordante mentre comincia a uscire allo scoperto, nei Dem e anche a sinistra del Pd, la fronda per il “No”. Italia Viva nel frattempo, con Maria Elena Boschi, proprio a Rimini mette in chiaro come la riduzione dei parlamentari non sia “risolutiva per dare risposte ai cittadini” sul tema delle riforme. E il naufragare delle alleanze sulle Regionali tra M5s e Pd – l’ultimo corto circuito si registra per le Comunali di Vignola – accresce le frizioni tra i due alleati. Con Nicola Zingaretti che, da Pisa, non si sottrae nella sfida non solo al centrodestra ma anche al Movimento: chi vuol vincere il 20 e 21 settembre dovra’ sostenere i candidati appoggiati dal Pd, e’ l’appello del segretario Dem. I prossimi giorni serviranno, forse, a mettere un po’ di chiarezza nella nebbia che giace sulla maggioranza. Una direzione Pd ad hoc potrebbe mettere il punto sull’atteggiamento dei Dem rispetto al referendum. Con la minoranza pronta alla trincea. “Meglio votare No che diventare populisti”, sottolinea Matteo Orfini. E, nel M5s, cresce il sospetto che dal Pd, alla fine, non arrivi che un flebilissimo sostegno alla campagna per il Si’. Non a caso Di Maio fa un chiaro riferimento a quella legge elettorale che, per Zingaretti, resta una ferita aperta: “spero che ci sia un’approvazione a larga maggioranza”, spiega l’ex capo politico ribadendo implicitamente la necessita’ di restare leali al patto fondativo del Conte II: l’accordo sulla legge elettorale e il si’ del Parlamento al taglio dei parlamentari. E il M5s, sul referendum, dovra’ vedersela anche con una mini-fronda al suo interno: da Elisa Siragusa a Andrea Vallascas fino a Mara Lapia cominciano a spuntare i primi “No” anche nei gruppi parlamentari del Movimento. Il rischio, per i Cinque Stelle, e’ che alla debacle (piu’ che possibile) alle Regionali si aggiunga una vittoria risicata al referendum, sfida che, fino a qualche mese fa, sembrava dall’esito scontato. Anche per questo c’e’ chi, nel Pd, attende il Movimento al varco, sicuro che il post-Regionali scateni una guerra fratricida e potenzialmente distruttiva per un M5s gia’ oggi frammentato in mille anime. Con un nodo, ulteriore, per i pentastellati: quello del Mes. Il fondo salva-Stati, prima o poi, approdera’ in Parlamento e il pressing del Pd, soprattutto sul premier Giuseppe Conte, tornera’ a farsi sentire. “Se Conte conosce delle clausole che possono metter in dubbio che il Mes non abbia condizionalita’ venga e le spieghi”, avverte il capogruppo Pd alla Camera Graziano Delrio. Proprio il capo del governo rischia di finire invischiato nell’ingorgo di settembre. Dopo il suo appello alle alleanze per Conte questi sono i giorni della prudenza. Perche’ le trappole sono dietro l’angolo. E anche il plauso di Di Maio a Mario Draghi per le sue parole sui giovani potrebbe suonare come un preambolo sinistro per Conte. Poi c’e’ il tema rimpasto, piu’ che mai attuale nelle ore in cui Lucia Azzolina torna ad essere nel mirino di tutti: della Lega, di Fdi, del Pd. Un rimpasto, tuttavia, non riguarderebbe solo la titolare dell’Istruzione e il rischio e’ che, cadendo una pedina, venga giu’ tutto il castello. E alla vigilia delle Regionali, nella maggioranza, nessuno vuole questo scenario.