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Di Maio pressato da Mattarella vede le carte del Pd, ma nel M5S temono trappole e rischi fratture interne

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Si discute di temi. Ma è evidente che poi per quei temi che potrebbero diventare programma di Governo, occorrono nomi e una squadra di un futuro esecutivo. La novità di una giornata apparentemente interlocutoria è che M5S e Pd cominciano a parlarsi. E Luigi Di Maio sembra aver superato l’iniziale scetticismo e sarebbe pronto a vedere le carte messe sul tavolo da Nicola Zingaretti. Anche perchè il tempo stringe e al leader del M5S, secondo quanto raccontano fonti parlamentari, il Colle avrebbe fatto pervenire un messaggio, attraverso il presidente della Camera Roberto Fico: o domani annuncerà in maniera chiara, prima al presidente Sergio Mattarella e poi pubblicamente, la sua disponibilità a negoziare con il Pd o la strada del voto è tracciata. Il timore di una trattativa-trappola nel M5S resta alto. Anche perchè i nodi da sciogliere sono diversi e dirimenti, a cominciare da quello del premier. Il nome di Roberto Fico è gradito ai Dem ma rischia di spaccare il Movimento. E lo stesso presidente della Camera avrebbe comunicato la volontà di voler restare al suo posto.

Alternative concrete, al momento, non se ne vedono. Qualche profilo comincia a girare, come quello di Enrico Giovannini o perfino del presidente dell’Europarlamento David Sassoli. Entrambi nomi che potrebbero essere graditi all’universo pentastellato. Su un Conte-bis, invece, la trincea del Movimento è netta quanto il rifiuto di Zingaretti. Ma è una trincea che potrebbe “scendere” ad accettare la mera presenza di Conte nel governo, magari in un ruolo prestigioso come quello di ministro degli Esteri. A questo punto per Di Maio potrebbe porsi un bivio: aprire la strada ad un premier Dem (autonomo dall’ala renziana) o partire alla difficile ricerca di un terzo nome che vada bene anche al segretario Pd. Con la condizione che, entro l’inizio della prossima settimana, il Colle vuole avere quel nome. Sul ruolo di primo piano del capo politico i vertici del Movimento, con l’assenso di Beppe Grillo, non hanno intenzione di fare passi indietro. Il leader, nonostante in queste ore lavori dietro le quinte, resta Di Maio. Certo, tra i 5 Stelle c’e’ la consapevolezza che il capo politico non potra’ avere gli stessi incarichi di questi 14 mesi, magari tenendosi solo il ministero del Lavoro, o dirottandosi ad altri dicasteri come alla Difesa. E poi, tra i vari nodi analizzati dal Movimento in queste ore su un’alleanza con i Dem c’e’ un’appendice: il timore di essere “strangolati” da un sistema di funzionari e dirigenti che, ancora oggi, nei ministeri fa in parte riferimento ai Dem. I contatti sono pero’ partiti.

Rumors del Movimento raccontano di telefonate (o tentativi di telefonate) tra Zingaretti e Roberta Lombardi e perfino tra il primo e Alessandro Di Battista. E nel Movimento cominciano a girare i primi nomi Dem per un governo giallo-rosso: da Andrea Marcucci a Graziano Delrio, da Antonio Misiani a Luigi Marattin. Sui possibili ministri pentastellati vige invece il silenzio. Con Di Maio alle prese con un duplice problema: portare a Zingaretti una squadra in discontinuita’ dal governo giallo-verde senza pero’ azzerare, di fatto, il suo inner cicle al governo. E’ anche degli equilibri interni, infatti, che Di Maio sara’ chiamato a parlare domani ai gruppi parlamentari, visto che un esecutivo M5S-Pd vedrebbe inevitabilmente in prima fila quell’ala ortodossa finora invisa ai vertici. Per anticipare i malumori Di Maio sta cercando di intavolare una gestione della crisi collegiale, chiamando in causa, sui temi, tutta l’ala parlamentare del M5S. E non si esclude che il si’ al governo giallo-rosso possa passare per il voto su Rousseau. E La Lega? Secondo alcune fonti del M5S i pontieri salviniani ancora in mattinata hanno cercato di riaprire il filo diretto con gli omologhi del Movimento. Ed una parte dei Cinque Stelle continua a guardare con una certa nostalgia al forno leghista. Ma i giochi sono chiusi. E li ha chiusi ieri, autonomamente dal M5S, Giuseppe Conte.

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Studenti bocciati con il 5 e multe a chi aggredisce prof

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Dalla bocciatura con il 5 in condotta al ritorno della valutazione numerica sul comportamento alle scuole medie fino alle multe per aggressioni al personale scolastico. Via libera del Senato al disegno di legge messo a punto dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. Il provvedimento, che ora deve passare alla Camera, prevede una serie di novità. Il voto in condotta sarà numerico anche alle scuole medie. Il giudizio sintetico sul comportamento rimarrà, dunque, solamente per i bambini della scuola primaria. Per tutti gli altri ci sarà il voto espresso in decimi e farà media con le altre materie. Sia alle medie che alle superiori, se non si raggiunge almeno il 6 in condotta si verrà automaticamente bocciati.

L’insufficienza si può ottenere per mancanze disciplinari gravi e reiterate avvenute nel corso di tutto l’anno scolastico. Per quanto riguarda le scuole superiori, nel caso di voto pari a 6 si avrà un debito formativo e si dovrà sostenere un elaborato di educazione civica. Il vero spartiacque per gli studenti delle superiori, specie in ottica diploma, è però l’8 in condotta. Se non si supera questa soglia si possono perdere fino a 3 punti di credito scolastico, punteggio che va a confluire direttamente nel voto di Maturità. Anche le sospensioni cambieranno.

Non ci sarà più l’allontanamento da scuola e lo studente dovrà partecipare ad attività scolastiche di riflessione e a una verifica finale da sottoporre al consiglio di classe. Il tenore della punizione dipenderà dalla durata della sospensione. Chi avrà più di due giorni dovrà partecipare ad “attività di cittadinanza solidale” in strutture convenzionate. Per il ministro Valditara si tratta di “un importante passo in avanti nella costruzione di una scuola che responsabilizza i ragazzi e restituisce autorevolezza ai docenti”. “A differenza di quanti parlano di misure autoritarie e inutilmente punitive – ha detto il ministro – io rivendico la scelta di dare il giusto peso alla condotta nel percorso scolastico degli studenti”.

Il provvedimento introduce anche multe per i reati commessi ai danni di un dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico o ausiliario della scuola a causa o nell’esercizio delle sue funzioni. La somma varia dai 500 ai 10.000 mila euro “a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’istituzione scolastica di appartenenza della persona offesa”. “È anche importante – ha sottolineato Valditara – che chi abbia aggredito personale della scuola risarcisca la scuola per il danno di immagine che ha contribuito a creare”.

E sempre il ministro ha annunciato oggi, rispondendo a un question time alla Camera, che è allo studio una normativa che riguarderà le chiusure scolastiche per festività religiose. “La norma che stiamo studiando è molto semplice – ha detto – non consentire la chiusura delle scuole in occasione di festività religiose o nazionali non riconosciute dallo Stato italiano. Ovviamente senza nessuna discriminazione nei confronti dei ragazzi che vogliano invece festeggiare quelle determinate ricorrenze, che saranno giustificati se rimarranno a casa”.

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Time, Meloni tra le 100 persone più influenti al mondo

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La presidente del Consiglio Giorgia Meloni figura tra le 100 persone più influenti del mondo nel 2024 nella lista pubblicata dalla rivista statunitense ‘Time’. La premier è inserita nella categoria ‘leader’ insieme, tra gli altri, a Donald Tusk, Javier Milei, Li Qiang e Yulia Navalnaya. Nella scheda che parla di lei, si legge che “quando Giorgia Meloni è salita al potere in Italia nel 2022, diventando la prima donna leader del Paese, molti osservatori nutrivano timori per il suo partito di estrema destra e per l’impatto che avrebbe avuto sull’Europa e sul mondo.

Ma a due anni di distanza, Meloni rimane popolare, non solo in Italia, dove gode di un rating del 41% nonostante una debole crescita economica, ma anche tra i leader occidentali, molti dei quali sono stati rallegrati dal suo fermo sostegno all’Ucraina (e, in particolare, dalla sua capacità di persuadere leader come l’ungherese Viktor Orban a sostenere i finanziamenti europei a Kiev)”. “Meloni – si legge ancora sul magazine americano – non ha abbandonato completamente la sua politica di destra. In patria, il suo governo ha perseguito politiche che, secondo i critici, erodono silenziosamente i diritti Lgbtq+. A livello di Unione europea, è stata accreditata come la forza trainante dell’approccio del blocco all’immigrazione, che prevede il pagamento di paesi come Egitto e Tunisia per impedire agli aspiranti migranti di partire. Se il blocco di destra europeo dovesse espandersi dopo le elezioni del Parlamento europeo di giugno, come previsto dai sondaggi, Meloni potrebbe emergere come sua naturale figura di spicco”.

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Dopo l’addio di Amadeus, prime conferme in Rai

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Dopo l’addio di Amadeus e le voci su possibili nuove uscite da Viale Mazzini, arrivano le prime conferme per i volti noti Rai in vista della prossima stagione. Sigfrido Ranucci ha annunciato la prosecuzione di Report, ma anche Federica Sciarelli dovrebbe andare avanti con Chi l’ha visto?. Più incerto il futuro di Fiorello che ha smentito nuovamente il suo passaggio al Nove. Della programmazione in arrivo sulla tv pubblica, in particolare dei palinsesti estivi, si è parlato nella riunione del consiglio di amministrazione che ha approvato il bilancio del 2023, chiusosi in pareggio, che è uno degli ultimi atti dell’attuale vertice in attesa di rinnovo.

A movimentare la giornata del telemercato ci ha pensato come al solito di prima mattina a Viva Rai2 Fiorello che, nella sua rassegna stampa satirica, ha ipotizzato l’acquisto del polo giornalistico di La7 da parte della Warner, spingendo sia l’azienda americana che quella italiana alla smentita. Anche una battuta dello showman sul possibile interesse del Nove per il direttore del TgLa7 Enrico Mentana ha fatto rumore, se non altro perché si inserisce nelle voci di un possibile rafforzamento dell’offerta informativa, dopo quella dell’intrattenimento, da parte del canale di Warner Bros.

Discovery. La rete comunque può già fare affidamento sulla Cnn, che è una divisione del gruppo, e potrebbe, dunque, guardarsi attorno più che altro sul fronte dell’approfondimento. Domani, comunque, è atteso l’annuncio ufficiale del contratto con Amadeus, che condurrà un game show in access e un format musicale in prima serata, e forse si saprà qualcosa in più sulle strategie future dell’emittente.

Non dovrebbe essere comunque quella la destinazione di Fiorello, che oggi, dopo aver ribadito che non ci andrà, neanche in part time, ha fatto sapere che gli piacerebbe “un bel programma radiofonico, ma senza visual radio”. Sarebbe stato corteggiato da La7, almeno in passato, invece, Ranucci che, dopo la notizia della conferma delle repliche estive di Report in cda, ha assicurato con si muoverà. “A me piace la Rai, sono innamorato di quest’azienda”, ha detto il conduttore, ringraziando l’Ad Roberto Sergio che si è speso per la conferma del programma di Rai3 anche per la prossima stagione.

Dovrebbe proseguire anche Chi l’ha visto?: la conduttrice Federica Sciarelli starebbe, infatti, per firmare un biennale per proseguire la collaborazione anche dopo il pensionamento, che è previsto per ottobre 2025 ma potrebbe essere anticipato per via delle ferie arretrate. Una novità per l’estate della terza rete è, invece, il nuovo approfondimento con Monica Maggioni, al debutto il 24 luglio in prime time.

L’addio di Amadeus ha lasciato, comunque, strascichi in Rai. In cda Sergio ha ribadito che si è trattato di una scelta dettata da motivi personali e che la Rai ha fatto tutte le offerte possibili per convincerlo a rimanere. In ogni modo, l’assemblea dei cdr, ricordando la lunga scia di volti che hanno lasciato la tv pubblica e contestando “la volontà di trasformare il servizio pubblico nel megafono dei partiti”, ha proclamato lo stato di agitazione e affidato all’Usigrai un pacchetto di cinque giorni di sciopero.

Domani in consiglio si discuterà del Media Freedom Act, che impone di garantire trasparenza e indipendenza nella scelta dei vertici, e del regolamento sulla par condicio, che ha provocato forti polemiche in Vigilanza. Il clima, insomma, resta teso proprio quando si entra nella fase calda del rinnovo del consiglio.

Le carica di Ad dovrebbe passare a Giampaolo Rossi e quella di presidente, a meno di sorprese dell’ultim’ora, a Simona Agnes, ma c’è ancora qualche incertezza sui nomi degli altri membri del consiglio, se si esclude la conferma per il Movimento 5 Stelle di Alessandro Di Majo. Sabato 20 aprile scade il termine per la presentazione dei curricula dei quattro componenti eletti da Camera e Senato. Lo stesso termine vale per le candidature per il rappresentante dei dipendenti, un ruolo per il quale si ripropone l’attuale consigliere Davide Di Pietro.

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