Una lettera ai parlamentari del M5S. Una lettera pubblica. Recapitata prima ai deputati e ai senatori e poi pubblicata su Fb, sul blogdellestelle.it, sui social. Luigi Di Maio l’ha scritta al rientro dalla missione in Cina con una delegazione di imprenditori che hanno potuto firmare accordi commerciali e culturali per esportare il made in Italy e per investimenti futuri sull’asse Cina-Italia.
Di Maio scrive ai deputati per dire loro che i prossimi saranno “giorni importanti per il nostro Governo”, saranno giorni in cui, sostiene il capo politico del Movimento, “saremo davanti ad un bivio. E guardate che non c’è da scegliere tra la strada del deficit o quella del rigore”.
Il bivio a cui pensa Di Maio è la manovra economica che arriva in Parlamento, le mille polemiche sul reperimento dei fondi per fare quello che il Governo ha promesso: dalla flat tax al reddito di cittadinanza alla riforma della previdenza con il superamento della legge Fornero. E pensa anche alle mine che hanno posto e porranno sul cammino del M5S.
“Siamo chiamati a fare una scelta molto più importante: dobbiamo decidere se avere il coraggio di stravolgere gli schemi e superare i dogmi del passato, oppure adeguarci a quello che i parrucconi di questo Paese sostengono, nulla di quello fatto negli ultimi 20 anni” scrive Di Maio ai parlamentari.
Un Di Maio che è preoccupato non dello stato di salute delle forze che sostengono il Governo o dell’esecutivo stesso, ma del “racconto surreale” che se ne fa sui media”. “Si sta descrivendo il Governo come in lite, al capolinea, in balia delle richieste del Movimento” spiega Di Maio, “invece vi posso dire che tra i membri del Governo tutti vogliamo fare il reddito di cittadinanza, tutti vogliamo fare la flat tax, tutti vogliamo abolire la Fornero e sostituirla con quota 100”. E allora occorre snidare chi rema contro il cambiamento, chi si oppone. E qui Di Maio prende di mira “una parte della burocrazia dei ministeri. Non voglio generalizzare, ma è chiaro ed evidente che il sistema, negli ultimi 20 anni, ha piazzato nei gangli fondamentali dello Stato dei servitori dei partiti e non dello Stato. E questo mi preoccupa molto”. In maniera istituzionalmente più educata, con un linguaggio meno colorito, Di Maio scrive quello che emerge dall’audio rubato a Rocco Casalino che parla di “pezzi di merda al Mef” che non trovano i soldi per fare le riforme perché difendono “il Sistema” diceva il capo della comunicazione di Palazzo Chigi. La notizia dell’audio rubato a Casalino è stata inserita con sapienza nel frullatore mediatico ed ha occupato le prime pagine di tutti i giornali e telegiornali generalisti.
“Ogni volta che facciamo provvedimenti – scrive Di Maio nella lettera ai gruppi parlamentari – dobbiamo riguardarci sempre bene il testo, perché a volte tra un passaggio e un altro viene cambiato, si modifica, viene stravolto. Quando vi dico che c’è da preoccuparsi, credetemi. Abbiamo vinto le elezioni del 4 marzo, ma il sistema è vivo e vegeto e combatte contro di noi”.
Luigi Di Maio non ha dubbi “al Governo ci siamo noi e c’è la Lega. Ma se partiti, lobby e burocrati devono scegliere chi combattere, sono tutti d’accordo con il “dagli addosso al Movimento 5 Stelle sempre e comunque”. Il lato oscuro dello Stato non crede neanche minimamente di poter avere qualche garanzia da noi. Questo ci deve rendere orgogliosi, ma ci deve far tenere sempre alta la guardia”. Quindi il primo riconoscimento e appello ai parlamentari: “State facendo un lavoro enorme, in questo esercito siete la prima linea, quella che si trova a contatto con i territori e allo stesso tempo deve ingoiare l’odio e l’ipocrisia delle opposizioni in Aula. Abbiamo ammaccato questo sistema decine di volte con vittorie storiche che nessuno mai ci riconoscerà. Ma dobbiamo combattere ancora per forare la corazza, perché sono ancora molto forti ed hanno una grande capacità di infiltrarsi tra di noi”.
Luigi Di Maio con il premier Conte e i ministri Fraccaro e Bonafede. Lettera al Movimento e agli italiani per spiegare che c’è un sistema di potere che resiste con ogni mezzo
Quindi un invito a tutti, ai parlamentari e ai cittadini che hanno votato ed hanno fiducia nel M5Stelle, a non credere alle menzogne che mettono in giro ad arte “su di me, su Beppe Grillo e su Davide Casaleggio”. Perchè, scrive sempre Di Maio “ne inventano di ogni tipo ogni giorno. Io sono stato addirittura accusato di corruzione dai media. Oltre ai soliti retroscena smentiti dai fatti e altre follie. Mi hanno dato per morto (politicamente) decine di volte in questi anni alimentando retroscena fasulli: prima Casaleggio e Grillo contro Di Maio, poi Casaleggio Junior e Grillo contro Di Maio, poi Grillo e Fico contro Di Maio, poi Fico e Di Battista contro Di Maio, poi Fico, Grillo, Di Battista e Casaleggio contro Di Maio. Una volta anche “il Vaticano contro Di Maio”. Vivo questa bellissima e incredibile esperienza con la convinzione che ogni giorno un giornale scriverà che (politicamente) è il mio ultimo giorno!”. Non teme nulla Di Maio, anzio sostiene che “questo tipo di attacchi che si fonda sulle menzogne negli anni mi ha rafforzato e credo abbia rafforzato anche il Movimento, facendolo diventare a prova di bomba. La corazza indistruttibile l’hanno creata i cittadini italiani, difendendoci sempre contro queste accuse continue. E facendoli sentire in dovere di prendere le nostre difese. Quindi vi dirò: finché si tratta di attaccare i portavoce del Movimento per me non c’è alcun problema. Fa parte del gioco e ci porta anche fortuna. Finché si trattava di mettere me contro Alessandro o contro Roberto o contro Beppe, non davo molto valore a questo giochino. Visto che ci sentiamo ogni giorno e sappiamo che non è vero”.
La questione è quando gli attacchi non sono diretti ma trasversali. Comincia qui la difesa di Rocco Casalino, sotto il tiro incrociato dell’estabilishment per l’audio rubato. “Ciò che ritengo inaccettabile invece è che adesso il bersaglio siano diventati i nostri dipendenti della comunicazione. Chiunque vive il Movimento conosce bene l’importanza delle nostre strutture di comunicazione. Sono i migliori perché, in tutti questi anni, si sono inventati ogni giorno metodi alternativi alle tecniche tradizionali per far arrivare i nostri contenuti a milioni di italiani. Qualcuno dice che diamo troppa importanza agli uffici comunicazione e ai loro dipendenti. Qualcuno ci critica dicendo che li paghiamo troppo, (poi quegli stessi sono pronti a massacrarci se li paghiamo poco). La verità è che, sin dai primi tempi della Legislatura scorsa, abbiamo dovuto trovare modi e canali alternativi per far arrivare ai cittadini i nostri contenuti, la nostra verità e i nostri successi. Milioni di persone ogni giorno sanno che cosa stiamo facendo, come lo stiamo facendo e i risultati che stiamo ottenendo grazie a queste persone. Il loro è un ruolo difficilissimo”. Di Maio poi si sofferma sui media tradizionali.
“L’ufficio stampa dei partiti” sono i direttori di Tg e giornali. I portavoce dei partiti neanche si devono scomodare a segnalare le notizie, ci pensano direttamente i direttori dei media a metterle in prima pagina facendole diventare anche più grandi di quello che sono. Quegli stessi che sistematicamente censurano noi. Se avessimo aspettato Tg e giornali nessuno avrebbe mai saputo nulla, invece grazie al lavoro di questi professionisti, in questi anni, è stato possibile far conoscere a milioni di persone un nuovo modo di fare politica che sistematicamente veniva oscurato dal main stream”.
Gli attacchi alle strutture del Movimento e agli uomini e donne che si occupano di Comunicazione non è causale, spiega Di Maio. “Stiamo parlando di persone che 7 giorni su 7 ci hanno aiutato a farvi arrivare la notizia del taglio degli stipendi, del decreto dignità, delle porcate fatte dai partiti, delle ingiustizie consumatesi a danno delle persone oneste, del salva banche, usando una strategia che mette insieme, talk, social, blog, piazze, sit in, flash mob e manifestazioni come Italia 5 stelle, che è nata proprio per far conoscere i nostri risultati agli italiani, viste le continue censure”.
“Queste persone negli ultimi tempi sono sotto attacco. Ma a differenza mia e di tutti voi non possono difendersi come vorrebbero. Non possono andare in tv a dire la propria, non possono scrivere post, non possono controbattere ai loro diffamatori, perché sono dei professionisti e non ne fanno una questione di schieramenti, ma di lavoro”.
Di Maio qui picchia duro, difende il personale della Comunicazione del M5S, molti di loro non sono iscritti al Movimento, in alcuni casi non li hanno nemmeno votati i % Stelle, ma si ritrovano ad occuparsi di Comunicazione per i 5Stelle perché hanno un curriculum adeguato o sono dei professionisti bravi nel loro campo. Li hanno scelti così dopo aver vinto le elezioni. Una selezione in base ai curriculum.
“Molti media hanno capito che colpendo la comunicazione, rallentano la nostra avanzata. È un comportamento da vigliacchi. E a questi vigliacchi dico, colpite noi eletti, non i nostri dipendenti. Qualcuno in queste ore sta facendo la morale a Rocco Casalino perché in un audio via whatsapp ha detto a due giornalisti quello che avevamo già detto pubblicamente in questi giorni e cioè che il sistema dei mandarini di Stato ci rema contro”.
E qui Luigi Di Maio trova parole di ironia per definire la vicenda Casalino. “Molti giornalisti – scrive Di Maio – si stanno scandalizzando per il fatto che Rocco lo abbia detto in un audio privato a due giornalisti (Pietro Salvatori e Alessandro De Angelis) che non avrebbero mantenuto il segreto della conversazione, probabilmente passando l’audio a Il Giornale di Sallusti. Giornali di De Benedetti che passano veline a quelli di Berlusconi”. Insomma per Di Maio c’è poco da capire. Quella a cui si sta assistendo è la battaglia di un governo che è arrivato al bivio. Il bivio di cui Di Maio ha parlato all’inizio della lettera aperta ai parlamentari e a tutti quelli che l’hanno letta sui social. Bisogna scegliere, scrive il vicepremier se aver “il coraggio di stravolgere gli schemi e superare i dogmi del passato, oppure adeguarci a quello che i parrucconi di questo Paese sostengono”. Di Maio non ha dubbi. Non vuole ammaccare il sistema. Lo vuole forare, aprirlo con il famoso apriscatole, cambiarlo radicalmente da dentro. Il primo banco di prova sarà la Legge di Bilancio che arriva in Parlamento. Dentro la manovra economica o c’è il programma di Governo che trova soluzioni ai problemi del Paese oppure “il sistema dei mandarini di Stato” che hanno bloccato tutto.
Lillo si racconta tra successi, bugie e risate: “Sono un sognatore, non un egoista”
In un’intervista al Corriere della Sera, Lillo parla del suo nuovo film, del successo di Posaman, del rapporto con Greg e del dolore per il taglio nella “Grande Bellezza”.
È ironico, vanesio, bugiardo “il giusto”, ma soprattutto sincero nel dichiararsi un eterno sognatore. Lillo (foto Imagoeconomica in evidenza), protagonista del nuovo film Tutta colpa del rock (in uscita al cinema il 28 agosto), racconta al Corriere della Sera il suo personaggio – un padre assente che finisce in carcere e forma una band – e riflette sulle sue verità private e professionali.
“Bugie? A volte aiutano. Ma non sono egoista”
Lillo si descrive senza filtri: «Il giusto, non esistono persone che non dicono bugie. A volte una bugia aiuta», ammette. Ma nega di essere egoista: «Sono un sognatore che sogna troppo, dovrei restare più coi piedi per terra».
Dai palchi con Greg alla popolarità di Posaman
Ripercorrendo la carriera, Lillo ricorda gli esordi con Greg e la band Latte & i suoi Derivati. «Una volta arrivammo in un locale e c’era una fila che girava intorno al palazzo. Pensai: dev’esserci un evento importante… invece erano lì per noi».
Poi arriva la popolarità planetaria con LOL e il personaggio di Posaman: «Il supereroe delle pose ha colpito perché infantile, diretto, si rifà a una comicità ancestrale. Comunica all’inconscio: tutti ci mettiamo in posa. È andato oltre le mie intenzioni».
Con Greg è una coppia “non di fatto, ma di amanti”
Lillo chiarisce: «Io e Greg abbiamo sempre avuto percorsi paralleli: lui più nella musica, io nel cinema. Non è mai esistita gelosia. Siamo più amanti che una coppia di fatto».
L’amicizia con Corrado Guzzanti: tra B-Movie e videogame
Tra i momenti privati, c’è l’amicizia con Corrado Guzzanti: «Passiamo serate nerd tra giochi da tavolo e B-Movie girati malissimo. Ma ogni tanto spunta anche qualche chiacchierata matura».
So’ Lillo, La grande bellezza e l’Oscar mancato
Il tormentone So’ Lillo? «Non si costruisce a tavolino. Lo trova il pubblico». E sulla Grande Bellezza: «Ero il protagonista. Ma in montaggio mi hanno tagliato così tanto che alla fine è diventato un film su Servillo. Ci sono rimasto male».
Leonardo Maria Del Vecchio: “Costruire, non ereditare”. La visione dell’erede di Luxottica
Leonardo Maria Del Vecchio racconta il progetto LMDV Capital: investimenti industriali, crescita strategica e il ruolo attivo nel rilancio di Ray-Ban e altri brand italiani.
Dopo tre anni intensi di acquisizioni e oltre 375 milioni di euro investiti, Leonardo Maria Del Vecchio, 30 anni, presidente di Ray-Ban, fondatore di LMDV Capital e azionista di Delfin, riflette su una fase imprenditoriale in piena espansione. In una intervista rilasciata al Corriere della Sera, sottolinea: «È stata una stagione di forte crescita. Ora sento l’esigenza di definire con maggiore chiarezza la visione e la strategia del nostro progetto».
Un portafoglio che vale un miliardo
Del Vecchio spiega che secondo una delle principali società di revisione, il valore degli asset detenuti da LMDV si attesta attorno al miliardo di euro. La leva finanziaria è contenuta e il debito bancario copre una quota limitata degli asset. Tra gli investimenti rivalutati figurano un palazzo in via Turati, Palazzo Smeraldo e una proprietà in via Monte Napoleone, a copertura dell’intera esposizione bancaria stimata in circa 150 milioni.
Credibilità costruita sul campo
Il nome Del Vecchio ha certamente un peso, ma Leonardo tiene a precisare: «Non ho chiesto credito sulla base del cognome. Ho ottenuto fiducia grazie a quello che ho fatto». Il suo ruolo attuale in Ray-Ban e nel gruppo EssilorLuxottica, sottolinea, non è stato ereditato ma assegnato dopo la morte del padre, in virtù dei risultati concreti ottenuti.
Dialogo aperto in Delfin
In vista dell’assemblea degli azionisti di Delfin del 31 luglio, Del Vecchio si dice ottimista: «Le posizioni più estreme si stanno ammorbidendo. Se non sarà a luglio, troveremo un’intesa a breve».
Una strategia di sinergie tra settori
Il gruppo investe in logica industriale, non speculativa. Acqua e Terme Fiuggi, Leone Film Group, ristoranti come Vesta e Twiga: ogni asset è pensato per generare valore e sinergie tra hospitality, entertainment e immobiliare. «Non cederemo mai i nostri brand a chi ne disperde il valore».
Crescita verticale e identità forte
Del Vecchio racconta l’evoluzione di Twiga, passato da 20 a 70 milioni di fatturato in 18 mesi, e la valorizzazione della Leone Film, che punta a diventare anche agenzia musicale e contenitore culturale. «La nostra è una crescita rapida ma strutturata».
Innovazione e sostenibilità con Esa NanoTech
L’ultimo investimento è in Esa NanoTech, azienda con un processo brevettato per produrre grafene da plastica riciclata. «Un’attività che sostiene l’economia circolare», afferma Del Vecchio, evidenziando l’impegno per una crescita sostenibile e tecnologicamente avanzata.
Valentina Alferj ricorda Andrea Camilleri: “Mi manca il suo senso civile, le parole erano pietre”
L’ex assistente di Camilleri, Valentina Alferj, racconta il loro legame umano e professionale, dal metodo di scrittura condiviso fino al ruolo civile della parola.
Valentina Alferj, per sedici anni accanto ad Andrea Camilleri (foto Imagoeconomica), oggi guida una sua agenzia letteraria. È reduce dalla prima edizione del Festival di Teatro della Biennale di Venezia, realizzata insieme a Willem Dafoe. In una lunga intervista al Corriere della Sera, racconta il suo legame con il grande scrittore siciliano.
L’ultimo saluto e una promessa di vita
«Lo salutai al telefono il giorno prima che perdesse conoscenza. Ero a Ischia, rientravo a Napoli in barca. Mi disse: sarà un viaggio bellissimo». Un saluto che Valentina ha trasformato in un impegno a celebrare ogni giorno l’esperienza condivisa con lui.
Una bottega di scrittura condivisa
Alferj incontrò Camilleri nel 2003 al Festival di Massenzio. Fu lui a cercarla il giorno dopo: «Hai degli occhi intelligenti, mi piacerebbe lavorare con te». Da allora, un rapporto professionale e umano che si è trasformato in una vera e propria “bottega” letteraria. Dopo la perdita della vista, Camilleri le chiese di scrivere con lui, dettando i romanzi. «Facevo da tubo catodico tra lui e la pagina bianca», racconta Alferj.
Il metodo Camilleri: rigore e musicalità
Ogni libro di Montalbano obbediva a una “gabbia narrativa”: numero fisso di capitoli, righe per pagina, ritmo preciso. Anche da cieco, Camilleri chiedeva: “Siamo a riga 15, vero?” La padronanza del ritmo narrativo era totale. Il vigatese, lingua in progress, era appreso da Valentina “leggendo e ascoltando”, per comprenderne evoluzioni e sonorità.
I personaggi di Camilleri erano reali
«I romanzi non nascevano da invenzione, ma da occasioni reali. Mio figlio Andrea e mia figlia Gilda, i problemi scolastici, la mia migliore amica: tutto diventava racconto». Camilleri trasformava ogni aneddoto quotidiano in letteratura.
L’eredità morale di un autore civile
Ciò che più le manca non è solo l’amico, ma la sua “responsabilità civile”. «Negli anni di pandemia e di guerre mi sono spesso chiesta cosa avrebbe detto lui». Per Camilleri, nato nel 1925, la parola “pace” aveva un valore assoluto. «Le parole erano pietre – afferma Alferj – le costruiva con il corpo, la voce, il silenzio. Non si poteva non ascoltarlo».
L’incontro con Willem Dafoe e la Biennale
L’incontro con Willem Dafoe, voluto da Pietrangelo Buttafuoco, l’ha portata a collaborare con la Biennale Teatro. «Dafoe sapeva dei miei trascorsi teatrali. E uno dei momenti più belli è stato il “Pinocchio” di Davide Iodice, anche lui allievo di Camilleri all’Accademia».
Il passaggio del testimone
Dalla bottega con Camilleri, alla creazione della sua agenzia letteraria, oggi con Lorenza Ventrone e Carmela Fabbricatore. «Mi ha insegnato che la peculiarità umana delle persone con cui lavoriamo è più importante di qualsiasi successo».
Alla fine, tutto torna a lui: «Vedo il disegno che i puntini compongono. E in quel disegno, intravedo il sorriso di Andrea Camilleri».