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De Luca fa mettere ai “domiciliari” l’Editorialista del Corriere del Mezzogiorno: tutti avvisati ora

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In tempi di epidemia c’è chi ha il potere (e lo esercita) di mettere in quarantena un gironalista che ha scritto un articolo spiacevole sul potere di ordinanza.  L’articolo è quello pubblicato su Il Corriere del Mezzogiorno dal titolo “Io, in giro con lo scooter contro i sovrani dello stato di emergenza” a firma del giornalista Eduardo Cicelyn. Ebbene, su ordine dell’ASL Napoli 1 Centro,  il Dipartimento di Prevenzione – e in modo specifico l’Unità Operativa Prevenzione Collettiva – ha posto in domiciliazione fiduciaria per 14 giorni (come da Ordinanza Presidente Regione Campoania n°15 del 13 marzo 2020) il giornalista in questione.
Il provvedimento è stato adottato in doverosa esecuzione di un superiore atto amministrativo e sulla scorta della esplicita ammissione, da parte del dottor Cicelyn, di plurime e reiterate violazioni di provvedimenti dell’autorità amministrativa in materia di igiene e sicurezza pubbliche.

Un provvedimento di una violenza inusitata. Non solo la messa in quarantena. No, non basta. Nel comunicato in cui si dispongono i “domiciliari” per l’editorialista del Corriere del Mezzogiorno, c’è anche spazio per il direttore della ASL, Ciro Verdoliva (nella foto in evidenza), che coglie l’occasione per esprimere, “sul piano personale, l’amarezza nei confronti di una condotta trasgressiva esibita con disinvoltura e supportata da argomenti che, senza entrare nel merito della relativa fondatezza, rischiano di incentivare analoghe condotte di violazione di leggi e di provvedimenti adottati con dolorosa consapevolezza per contrastare la diffusione del virus e il pericoloso intasamento delle strutture sanitarie pubbliche. Molte persone – c’è scritto nel comunicato – , medici e infermieri soprattutto, rischiano la vita per stare al fianco dei pazienti e di quanti sono costretti, loro malgrado, a restare in strada per ragioni di lavoro. Sono loro, per primi, a chiedere misure contenitive severe, tra cui quella di rimanere a casa, per evitare una propagazione incontrollata ed esponenziale del virus. È in gioco la tenuta del servizio sanitario pubblico, che – si badi – è posto a garanzia e presidio soprattutto dei più deboli. Un’esibita e argomentata disobbedienza, se imitata, porterebbe a danni di proporzioni enormi”. Il direttore del dorso campano del Corriere del Mezzogiorno, Enzo d’Errico, in un suo editoriale ha rivendicato “il diritto di un giornale a pubblicare tutte le opinioni, anche le più urticanti, comprese quelle che distano mille miglia dalle nostre. La linea politico-editoriale del Corriere del Mezzogiorno – scrive d’Errico –  è espressa chiaramente nei suoi editoriali e non nei commenti che ospita, tanto meno in una rubrica che non a caso si chiama «Zona franca». L’ intervento di Cicelyn aveva molti passaggi non condivisibili, perfino maldestri, ma era sostanzialmente una provocazione destinata a far riflettere sul tema delle libertà individuali, sottoposte a una stretta coercizione in questa fase”. Questa la posizione del giornale.

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Strage di Erba, per la difesa di Olindo e Rosa la dinamica scagiona la coppia

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E’ la stessa dinamica della strage di Erba secondo i consulenti della difesa, a “escludere la presenza” di Olindo Romano e Rosa Bazzi sulla scena dell’eccidio in cui, a sprangate e a coltellate, furono uccise quattro persone, tra cui un bambino di due anni, mentre una quinta sopravvisse quasi miracolosamente, l’11 dicembre del 2010. E sulle prove che la difesa dei coniugi chiede per riaprire la partita si avrà certezza il 10 luglio quando i giudici di Brescia si riuniranno in Camera di consiglio anche per stabilire se è ammissibile l’istanza di revisione.

I difensori della coppia si sono impegnati in un’udienza fiume per cercare di smontare gli elementi che portarono l’ex netturbino e l’ex donna delle pulizie alla condanna definitiva all’ergastolo. In un clima di discreta tensione tra i difensori e il pg di Brescia e l’avvocato dello Stato, gli avvocati Nico D’Ascola, Fabio Schembri, Patrizia Morello e Luisa Bordeaux hanno ribadito le loro convinzioni: quella traccia del sangue di una delle vittime, Valeria Cherubini, trovata sul battitacco della Seat Arosa di Olindo “non esiste”, nel senso che non c’è il conforto del Luminol e non c’è prova che sia genuina o deteriorata. Valeria Cherubini, vicina di casa di Raffaella Castagna, fu colpita e uccisa nella sua casa al piano di sopra, non sul pianerottolo di Raffaella per poi trascinarsi agonizzante nel suo appartamento, come stabiliscono le sentenze.

Lo testimonierebbero le tracce di sangue analizzate dalla criminologa Roberta Bruzzone secondo la quale anche quelle tracce presenti sul piccolo Youssef dimostrano che non fu ucciso come raccontato da Rosa Bazzi nella sua confessione poi ritrattata (lo stesso fece suo marito). A entrambi ai fini della confessione furono fatte “pressioni e promesse” che, esaminate alla luce dei loro disturbi mentali emersi dalle recenti consulenze, furono tali da “coartare la loro volontà”. A Olindo sarebbe stato prospettato che non avrebbe più visto la moglie. “Olindo non conosce l’ordinamento penitenziario, non sa che un ergastolo non viene inflitto in cinque minuti”, ha detto l’avvocato Schembri. “All’epoca – ha detto il legale – non si capì con certezza quella forzatura psicologica, ma all’epoca nulla sapeva il giudice delle condizioni psiocopatologiche di Olindo e Rosa”.

Per gli inquirenti “Rosa è furba” mentre “non sa leggere né scrivere e Olindo lo sa e confessa; e così Rosa si adegua”. “Olindo cerca di salvare Rosa e Rosa cerca di salvare Olindo – ha detto il difensore -. Quando ritrattano vengono puniti: mentre prima si vedevano. Solo un giudice di Sorveglianza di Reggio Emilia ristabilirà i colloqui”. Il supertestimone Mario Frigerio, che si salvò nonostante una gravissima ferita alla gola e che riconobbe Olindo come aggressore prima parlò di una persona “con la pelle olivastra” che non conosceva e solo il 26 dicembre del 2010 affermò che era Olindo per ribadirlo in aula. Morì alcuni anni dopo le condanne. Quando fu sentito nel dicembre di quasi 18 anni fa era obnubilato dal monossido scatenato dall’incendio in casa Castagna ed era “cerebroleso” per via dell’aggressione e del fumo. Il suo fu “un falso ricordo”.

La difesa dichiaratamente ipotizza la pista alternativa del massacro avvenuto nell’ambito di un regolamento di conti nello spaccio di droga per il quale finì in carcere Azouz Marzouk, marito di Raffaella e padre di Youssef. “La Guardia di Finanza documentò oltre 400 cessioni” e c’è un testimone, un tunisino. che chiede sia sentito e che racconta dei pestaggi, degli accoltellamenti” nell’ambito di una faida tra tunisini e marocchini: “Ci dà un movente alternativo”, afferma convinta la difesa.

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Superbonus, partiti i primi recuperi sulle compensazioni della truffa miliardaria dei bonus

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Le truffe collegate al Superbonus non sono ancora emerse tutte ma l’attività di contenimento dei danni all’erario è partita. L’Agenzia delle Entrate ha iniziato ad inviare le prime contestazioni per recuperare le somme da chi ha cercato di pagare le imposte con crediti fasulli portati in compensazione. Intanto il Mef cala la scure sui bonus edilizi del passato: agevolazioni senza controlli preventivi non sono più compatibili con il nuovo quadro di norme europee sui conti pubblici. “Sono in corso verifiche fiscali sui crediti oggetto di compensazione, che stanno portando all’emissione di atti di recupero nei confronti dei responsabili”, ha detto il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, al termine dell’audizione sull’ultimo decreto Superbonus in commissione Finanze al Senato.

Sui bonus edilizi, ha spiegato, “abbiamo intercettato insieme alla Guardia di finanza truffe per circa 15 miliardi di euro: di questi, grazie ai nostri controlli preventivi, 6,3 miliardi di euro sono stati individuati e scartati prima che si realizzassero le frodi; 8,6 miliardi sono invece stati oggetto di decreti di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria”. La lotta alle truffe proseguirà, ma la dimensione del fenomeno Superbonus ha spinto il Tesoro a metterci un punto. “Misure agevolative automatiche, senza una preventiva autorizzazione, non sono più compatibili col nuovo quadro di finanza pubblica a seguito delle nuove regole di governance europea”, ha detto il direttore del dipartimento Finanze del Mef, Giovanni Spalletta, nella stessa aula del Senato da dove Ruffini ha fornito i dati aggiornati sulle frodi, non tutte con ricadute per i contribuenti perché alcune sono state intercettate prima della compensazione. Spalletta ha spiegato che, da ora in poi, gli obiettivi di efficientamento energetico e di miglioramento del rischio sismico “devono tenere conto degli obiettivi di sostenibilità finanziaria nel medio-lungo periodo e della riduzione del debito pubblico sia nelle fasi congiunturali sia in ottica strutturale”.

Il Mef riflette su “una complessiva razionalizzazione delle norme in materia di agevolazioni edilizie”, in vista delle scadenze di fine anno. Non si potrà prescindere – ha spiegato Spalletta – da due lezioni frutto della recente esperienza. La prima, è che gli incentivi fiscali “devono essere congegnati evitando aliquote eccessivamente generose e prevedendo limitazioni più stringenti sui massimali di spesa, per ridurre comportamenti opportunistici ed effetti dirompenti”. La seconda lezione è che i crediti d’imposta dovranno essere “soggetti a procedure preventive di autorizzazione”, per consentire il monitoraggio della spesa e quindi l’impatto sulla finanza pubblica.

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Omicidio Ciatti, definitiva condanna a 23 anni di carcere per Rassoul Bissoultanov

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Definitiva la condanna a 23 anni di carcere per Rassoul Bissoultanov, il cittadino ceceno accusato di aver pestato e ucciso Niccolò Ciatti nell’agosto 2017 fuori ad una discoteca di Lloret de Mar in Spagna. Lo hanno deciso i giudici della Cassazione recependo le richieste della procura generale. Bissoultanov, accusato di omicidio volontario, è attualmente latitante.

“Credo sia sia stata riconosciuta la colpevolezza di Bissoultanov. Questo è il primo passo ma adesso va ricercato affinché vada in carcere perché purtroppo Niccolo’ non può fare quello che fa lui e non è giusto”. Così Luigi Ciatti, padre di Niccolò, commentando la decisione della Cassazione.

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