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Cronache

De Luca accusa i giornalisti di “sparare sulla sanità”, la moglie di un paziente salvato al Capilupi di Capri: le auguro di non avere mai bisogno degli ospedali campani

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Al nosocomio di Capri, dove un uomo in pericolo di vita è stato prelevato da un elicottero dell’Aeronautica militare per essere trasportato all’ospedale
Cardarelli di Napoli, “non è successo niente. È stato risolto un problema”. Queste le parole con cui il presidente della Giunta regionale della Campania, Vincenzo De Luca, ha liquidato una storia di carenze e disorganizzazione della sanità regionale che poteva costare la vita ad un’altra persona. Per De Luca, la sanità in Campania “è all’altezza delle altre grandi regioni d’Italia”. Non solo, se provi anche solo a obiettargli che forse non è esattamente come dice lui, la risposta è sempre la stessa: è tutto falso, la colpa è dei giornalisti che dipingono falsamente una sanità sgangherata che invece di curare uccide.  “Mi sono stancato – avverte sempre con tono minaccioso il commissario alla sanità campana – perchè c’è una campagna mediatica indegna che tende a screditare la nostra sanità per ragioni di politica politicante”.  Anche l’episodio della paziente legata a un letto pieno di urina all’ospedale di Caserta “è un finto problema. Si tratta di pura idiozia”, commenta De Luca. Dimenticando, forse, che anche l’episodio della donna legata al letto dell’ospedale di Caserta, come quella ricoperta di formiche al Loreto Mare o di un’altra povera donna abbandonata sempre tra le formiche del San Giovanni Bosco, sono frutto delle denunce di un consigliere regionale, Francesco Emilio Borrelli, che non sembra essere particolarmente rancoroso nei suoi confronti. Però, come si dice in certi casi, se De Luca si accontenta e gode a prendersela con i giornalisti e i politici politicanti che evidenziano certe vergogne della sanità in Campania, è una goduria che bisogna lasciargliela già che se la guadagna ogni giorno. Purtroppo per De Luca la situazione è vergognosa così come la dipingono i fatti che accadono e non i media che hanno il solo dovere (e diritto) di raccontare certe cose.

Ospedale Capilupi di Capri. Sempre più struttura sanitaria al collasso

Quanto alla vicenda di Capri, poi, c’è una lettera aperta al presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca per denunciare le condizioni “di quegli ospedali che la sua scellerata politica ha ridotto a quattro mura fatiscenti”. Una lettera che dovrebbe farli riflettere. Anche perchè a scriverla anche questa volta non è Francesco Emilio Borrelli, il consigliere regionale dei Verdi, ma Tiziana Semonella. Chi è questa donna? É la moglie del paziente che lo scorso 8 dicembre, dopo diverse ore di attesa, è stato trasferito dall’ospedale Capilupi di Capri al Cardarelli di Napoli a bordo di un elicottero dell’Aeronautica militare. La signora Semonella, con ogni probabilità non l’avrebbe mai scritta, ma non ce l’ha fatta a leggere le dichiarazioni rilasciate da De Luca secondo cui a Capri “non è successo niente”. “Mi rammarica molto – scrive con educazione e grande fermezza la signora Semonella, rivolgendosi a De Luca con una lettera aperta pubblicata su Facebook – sentire le sue parole con le quali ha minimizzato e prontamente liquidato quanto accaduto all’ospedale di Capri. Sì, è vero, il problema si è risolto ma certamente non grazie a lei né alla sua amministrazione. Si è risolto solo per l’impegno di semplici persone che si sono fatte in quattro per ottemperare al proprio giuramento, persone che lavorano in situazioni di continua precarietà ed emergenza, persone che sono sottoposte a continue pressioni da parte di noi cittadini che non riusciamo a capire come sulla nostra tanto decantata isola ci sia un ospedale neanche da terzo mondo”. Secondo Tiziana Semonella “i problemi oggi purtroppo dobbiamo imparare a risolverli da soli perché le istituzioni che lei rappresenta non ci tutelano essendo talmente intente a vanagloriarsi da non rendersi conto della triste realtà. Le auguro – conclude la lettera – una vita sempre in buona salute e nel caso contrario di non dover mai capitare in uno di quegli ospedali che la sua scellerata politica ha ridotto a quattro mura fatiscenti”. I saluti conclusivi della lettera della signora Semonella sono abbastanza eloquenti con il Presidente De Luca: “Con nessuna stima nei suoi confronti.  Tiziana Semonella”. 

Ma se non dovessero bastare le parole durissime della signora Semonella, ci sono anche le pesanti critiche di Concetta Spatola, presidente del Comitato Articolo 32 Isola di Capri, anche in questo caso pubblicate su Facebook. È assurdo – scrive Concetta Spatola –  ascoltare tali affermazioni dopo mesi e mesi di emergenza in cui viviamo. Un Ospedale (il Capilupi) nel quale venivano garantite migliaia di prestazioni l’anno, 120 parti l’anno, catapultato allo sfascio completo sino ad arrivare a prestazioni zero. Macchinari e attrezzature vetuste, operatori ridotti ad un terzo, zero investimenti, zero manutenzione ordinaria. Questo è il risultato della choccante politica portata avanti da questa amministrazione regionale. Manifesto tutto il disgusto che posso provare nei confronti di un ‘personaggio’ che è riuscito per ben due volte a venire a Capri in pompa magna, promettendo a destra e a manca senza concludere mai un bel niente. Per lui un paziente in un letto pieno di urine, un paziente pieno di formiche, un codice rosso che attende 7 ore un trasferimento non sono niente. Si vergogni. E non aggiungo altro“.

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Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

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Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

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Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

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Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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