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Cronache

David Parenzo: «Questa è una sporca guerra iniziata da Hamas. Israele ha già perso sul fronte delle immagini»

Il giornalista David Parenzo, in un’intervista al Corriere, difende Israele e critica l’equazione Netanyahu-Putin. «Non devo dissociarmi. Sono ebreo, non israeliano».

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David Parenzo non si sottrae alla domanda più diretta: «Le guarda le foto dei bambini uccisi a Gaza?». Risponde: «Sì. Non faccio altro che guardarle. E se qualcuno pensa che per il fatto di essere ebreo mi facciano meno male, è fuori di testa». In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, il giornalista e conduttore si espone con franchezza: «Questa è una sporca guerra, iniziata il 7 ottobre da Hamas, non da Israele».

A suo giudizio, Hamas ha già vinto, almeno sul piano della comunicazione: «Viviamo nella società delle immagini, e lì Israele ha perso. Ma io, a differenza di molti, ho visto anche le immagini del massacro del 7 ottobre. In particolare, quelle dei bambini rapiti in un kibbutz, separati dai genitori e costretti ad ascoltare le loro urla mentre venivano torturati e uccisi. Quelle immagini non me le dimenticherò mai».

«Io sono ebreo, non israeliano. Non devo firmare appelli per dissociarmi da nessuno»

Parenzo critica apertamente il manifesto promosso da Gad Lerner e altri ebrei italiani contro la “pulizia etnica”: «Perché dovrei dissociarmi da qualcosa di cui non faccio parte? I terroristi si dissociano dai gruppi terroristici. Io non sono israeliano, sono un cittadino italiano. Chiedere agli ebrei conto delle decisioni del governo Netanyahu è assurdo. A Washington due ebrei sono stati uccisi da un criminale che gridava “Free Palestine”. Anche loro avrebbero dovuto firmare un appello?».

E sulla richiesta di arresto internazionale per il premier israeliano Netanyahu, Parenzo risponde: «Se venisse in Italia, dovrebbe essere arrestato, per rispetto delle leggi. Ma la decisione, per quanto basata su elementi giuridici, è anche politica. Per fortuna non tocca a me prenderla».

Il giudizio su Meloni e il centrodestra: «Sulla politica estera si stanno muovendo bene»

Pur definendosi culturalmente nel campo progressista, Parenzo riconosce i meriti del governo Meloni: «Critico spesso Giorgia Meloni, ma su Israele e la politica estera Tajani, Crosetto e la stessa premier si stanno muovendo bene». E si dice scettico sulla sinistra italiana, dove però si riconosce in figure come Fassino, Amendola, Guerini, Picierno, Calenda e Renzi.

Non parteciperà alla manifestazione per Gaza del centrosinistra: «Vado solo a quelle per il 25 aprile con la Brigata Ebraica». E archivia la formula «due popoli, due Stati»: «L’unica via è due popoli, due democrazie».

Il racconto di una vocazione tra politica, giornalismo e… parcheggi abusivi

Nel libro in uscita per Rizzoli, Lo scandalo Israele, Parenzo racconta sette storie emblematiche del Paese. Tra queste, quella di Yuval Biton, dentista di Sinwar, e di Ella, prima donna araba ufficiale dell’Idf. Il giornalista padovano ripercorre anche le sue origini: madre repubblicana poi radicale, padre comunista poi Pd. «A scuola vidi un volantino della Sinistra giovanile con il numero tatuato sul braccio di Primo Levi. Mi iscrissi».

Nel tempo ha venduto più biglietti delle lotterie dell’Unità di chiunque altro, è stato «parcheggiatore abusivo per vocazione» durante le partite del Padova, e inviato in Serbia prima dei bombardamenti NATO. Curzi lo avviò al giornalismo su Liberazione, mentre Angelo Guglielmi e Daniele Vimercati gli aprirono le porte della tv.

Il sodalizio con Cruciani nacque tra una cena e uno sciacquone tirato in diretta. «Chi sono? Padovano, veneto, italiano, europeo, ebreo», dice. E sul sospetto che Israele non voglia la pace, chiude netto: «Israele vuole la pace. Gli accordi con l’Egitto e con gli Emirati ne sono la prova».


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Cronache

Gianfranco Marcello è il nuovo direttore del carcere di Secondigliano

Gianfranco Marcello, già direttore degli istituti di Benevento e Ariano Irpino, è il nuovo direttore del carcere di Napoli Secondigliano. L’USPP gli augura buon lavoro e chiede collaborazione per affrontare le criticità del personale di polizia penitenziaria.

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Gianfranco Marcello, già al vertice delle case circondariali di Benevento e Ariano Irpino, è stato nominato nuovo direttore del carcere di Napoli Secondigliano. Figura di lunga esperienza nell’amministrazione penitenziaria, Marcello si è distinto nel corso della carriera per competenze operative e attenzione costante ai temi della sicurezza.

Gli auguri e le richieste dell’USPP

L’USPP ha accolto la nomina con un messaggio di benvenuto, augurando al nuovo direttore «i più sinceri auguri» e auspicando una collaborazione proficua con la polizia penitenziaria e le organizzazioni sindacali.
Il sindacato ha sottolineato l’importanza di affrontare «con la massima trasparenza» le problematiche che riguardano il personale, convinto che solo «un confronto sereno e costruttivo» possa garantire condizioni di lavoro adeguate e la tutela della dignità professionale degli agenti.

Le priorità in uno degli istituti più complessi d’Italia

Con la direzione di Secondigliano, Marcello assume la guida di uno degli istituti penitenziari più grandi e complessi del Paese, un carcere dove le sfide legate alla sicurezza, alla gestione interna e alle condizioni del personale richiedono equilibrio, fermezza e capacità di coordinamento.
Le aspettative sono alte, ma l’esperienza maturata negli anni rappresenta una solida premessa per affrontare questo nuovo incarico.

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Cronache

Camorra 2.0 nel Nolano: l’ingegnere del clan imponeva consulenze e controllava le compravendite

L’indagine nel Nolano rivela un nuovo sistema di estorsioni “2.0”: un ingegnere del clan imponeva consulenze e progetti nelle compravendite immobiliari. Emersa anche una rete criminale sul gioco online.

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L’indagine nel Nolano rivela un nuovo sistema di estorsioni “2.0”: un ingegnere del clan imponeva consulenze e progetti nelle compravendite immobiliari. Emersa anche una rete criminale sul gioco online.

Suggerimento immagine (corpo 3)

Foto dell’ingresso del Tribunale di Napoli o immagine generica delle forze dell’ordine durante un’operazione, senza volti riconoscibili.


Camorra 2.0 nel Nolano, l’ingegnere del clan imponeva consulenze obbligate

Dal ‘porta a porta’ al metodo professionale

Niente più estorsioni tradizionali, ma un sistema “sofisticato”, che si infiltra nell’economia attraverso professionisti. È quanto emerso dall’indagine sulla camorra nel Nolano: un giovane ingegnere, rampollo del clan, utilizzava il proprio studio tecnico per imporre consulenze e progetti nelle compravendite e nelle pratiche edilizie.
«Un metodo aggiornato di estorsione», ha spiegato il procuratore di Napoli Nicola Gratteri. Non richieste esplicite di denaro, ma l’obbligo di ingaggiare lo studio del clan per qualsiasi operazione immobiliare.

Pressioni anche sulla Curia di Nola

Il sistema era così radicato da coinvolgere anche la Curia di Nola. Quando l’ente ecclesiastico decise di vendere un terreno, fu costretto a subire la pressione dell’ingegnere legato al clan Russo.
Un controllo capillare, silenzioso e costante, che permetteva all’organizzazione di orientare affari e transazioni sul territorio.

L’alleanza criminale tra Russo e Licciardi

Il procuratore aggiunto Sergio Ferrigno ha sottolineato come l’indagine abbia rivelato una collaborazione strategica tra i Russo del Nolano e i Licciardi, parte dell’Alleanza di Secondigliano.
L’asse criminale si concretizzava soprattutto nel settore del gioco d’azzardo. I due clan gestivano piattaforme online, reti di agenti e centri scommesse clandestini. Chi non pagava la quota dovuta veniva minacciato.

Scommesse online e struttura capillare

Secondo gli investigatori, il sistema era ormai industriale: siti dedicati, raccolta delle giocate fuori dai circuiti legali, gestione dei profitti e redistribuzione interna. Un giro d’affari enorme, controllato dai vertici clanici e protetto da una rete di intermediari.

Indagini su Caf e pratiche dei migranti

L’inchiesta non è chiusa. Restano accesi i fari su un Centro di Assistenza Fiscale e sulle pratiche relative ai migranti, che potrebbero nascondere ulteriori infiltrazioni criminali.

Un territorio che non denuncia

«L’agro Nolano è solo apparentemente tranquillo», ha detto il maggiore Andrea Coratza, comandante del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna.
«La realtà è che nessuno denuncia».
Un silenzio che permette alla camorra di radicarsi, evolversi e controllare interi settori dell’economia locale.

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Cronache

Camorra a Nola, minacce al dirigente comunale: l’inchiesta svela il controllo del clan Russo

Nell’indagine che ha portato a 44 arresti nel Nolano emerge la minaccia a un dirigente comunale: il clan Russo controllava pratiche edilizie, affari immobiliari e gioco d’azzardo.

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Nell’indagine che ha portato a 44 misure cautelari nel Nolano compare anche una frase minacciosa rivolta da un ex consigliere comunale al direttore tecnico del Comune di Nola: «Stai attenta a quello che fai». L’uomo, oggi ai domiciliari, secondo gli investigatori parlava «per conto del clan Russo» e chiedeva alla dirigente di chiudere un occhio su alcune pratiche edilizie di interesse del gruppo criminale.
La donna, un ingegnere, è stata l’unica a sporgere denuncia durante le attività investigative, come precisato dai carabinieri.

Il quadro ricostruito dagli investigatori

Per il generale Biagio Storniolo, comandante provinciale dei Carabinieri di Napoli, l’indagine mostra «la chiara lettura di una camorra che opera controllando tutte le attività sul territorio». Un sistema criminale che non si limita all’intimidazione, ma che «si evolve e cresce, infiltrandosi nell’imprenditoria, nel tessuto economico e nel settore immobiliare, dalle compravendite al gioco d’azzardo».

Un’organizzazione che agisce con metodi raffinati

Il tenente colonnello Paolo Leoncini, comandante dei Carabinieri di Castello di Cisterna, ha evidenziato come il clan operasse «con metodi raffinati», dimostrando «grandi capacità organizzative», e come anche le indagini si siano avvalse di avanzate tecnologie informatiche per ricostruire il sistema di potere e le pressioni sugli uffici pubblici.

Un territorio sotto pressione

L’inchiesta conferma l’obiettivo del clan Russo: condizionare pratiche, affari e attività economiche, insinuandosi nella macchina amministrativa e utilizzando intimidazioni mirate per garantirsi controllo e profitti.

Ovviamente siamo nel campo delle accuse e gli indagati hanno diritto ad essere considerati, in questo stato del procedimento, non presunti colpevoli ma ancora innocenti fino a sentenza definitiva.

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