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Spettacoli

Daniel Piccirillo, il più giovane e uno dei più bravi fra i ragazzi di Amici di Maria De Filippi vuole cambiare squadra e lasciare Atene per Sparta

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di Martina Bernardo

È il concorrente più giovane di questa edizione di Amici di Maria De Filippi: è da qualche mese che si è aperta anche per quest’anno la scuola più famosa d’Italia e  Daniel Piccirillo, classe 2001, è uno con un gran talento. Certo se la deve vedere con gli altri ragazzi che sono lì fra i banchi con lui per dimostrare la loro bravura. Adesso però nella scuola di Amici sta vivendo qualche momento di tensione tanto da aver espresso la volontà di cambiare squadra e passare da Atene a … Sparta!

Piccirillo è il più giovane di tutti, non ha ancora 18 anni, è napoletano ma con tutta la famiglia si è trasferito a Verona dove vive. Daniel si è messo in mostra recentemente a Tu si que Vales dove ha ottenuto riscontri molto positivi. Da lì il passaggio alle selezioni di Amici fino ad ottenere il tanto agognato banco nella suola di Maria.

Il ragazzo si definisce solare, divertente e socievole con una gran voglia di far sentire la sua musica. E ha un talento innato per la musica che coltiva sin da piccolo tanto che è stato notato già qualche anno fa e subito si è  ritrovato sotto l’ala di un talent, fatto che gli ha consentito di prendere parte a diversi concorsi e talent show. Daniel in realtà non ha mai studiato per diventare un cantante ma sente dentro di sè quella spinta emozionale che gli permette di essere veramente bravo.

Dopo la morte del nonno al quale era molto legato Daniel è riuscito a trasformare quel dolore in energia produttiva. Il dolore infatti gli dà la spinta per scrivere i testi delle sue canzoni. Infatti il ragazzo con le sue canzoni molto seguito sui social. Daniel è sempre molto attivo specialmente su Instagram (@danielcosmic). Il giovanissimo aggiorna personalmente il suo profilo con gli scatti più belli che lo ritraggono. Del resto ha vinto anche due concorsi di bellezza e parteciperà alla fase europea grazie a queste vittorie.

 

 

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Spettacoli

Michela Giraud: «Io, pagliaccio che ride per resistere. Ma la satira è una cosa seria»

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«Io mi presento solo come pagliaccio. Tutto il resto lo mettono gli altri». Michela Giraud, attrice, autrice, regista, storica dell’arte e performer, si racconta in una lunga intervista al Corriere della Sera. Ironica, autoironica, profonda. A settembre chiuderà il tour del suo spettacolo Mi hanno gettata in mezzo ai lupi e non ne sono uscita capobranco alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica di Roma. «Se me ne rendessi conto m’inventerei un impegno, tipo danza», scherza.

La comicità femminile come atto politico

Per Giraud la comicità è resistenza, è urgenza, è libertà. «La comicità è il mezzo più democratico che esista, ma per molto tempo le donne comiche senza maschera non sono state accettate. Quando facevo dirette durante la pandemia, una ragazza di Guidonia mi disse: “Non pensavamo che le ragazze potessero parlare così”».

Ha segnato un punto di svolta con il tormentone mignottone pazzo a LOL? Forse sì: «È stato tanto eccitante quanto complicato. Ho ricevuto odio, insulti, ma anche affetto. Mi chiedevo: perché si ricordano la parolaccia e non Socrate, che pure cito nello sketch? Forse perché ho toccato un nervo scoperto».

Fragilità, sarcasmo e il coraggio di mostrarsi vulnerabile

Dietro la battuta, c’è una ferita. Giraud lo sa bene: «Ho sempre usato ironia e crudeltà per nascondere una parte di me che credevo noiosa». In Flaminia, il suo film, racconta proprio quella fragilità: la storia di sua sorella nello spettro autistico. «Non credevo interessasse a nessuno, invece è stato accolto bene».

L’estetica dominante e il peso della diversità

Il corpo, per Michela, è da sempre uno spazio di battaglia: «La nostra società perdona tutti, tranne le donne che ingrassano. Se ti prendi gioco di chi ha una fragilità manifesta, sei un essere abietto». Un messaggio forte, rivolto anche ai più giovani: «Spegnete il telefono, uscite, parlate, fate esperienze vere».

Tra satire, insulti e querele: il confine da non superare

«La parolaccia deve essere un mezzo, mai un fine. Il turpiloquio da solo non è interessante». E sulla libertà d’espressione: «C’è una differenza tra satira e free speech: offendere non è satira». Commenta il caso Daniele Fabbri, querelato per una battuta su Giorgia Meloni: «Se ridete siete complici, la querela la paghiamo insieme!».

Cultura, arte e famiglia: la Giraud fuori dalla scena

Con un master in drammaturgia e una laurea in storia dell’arte, Giraud non si limita al palcoscenico. «La storia dell’arte mi rigenera come una doccia dopo una giornata pesante». Nel podcast Gioconde racconta i capolavori con taglio pop. Viene da una famiglia «borghese cattolico militare»: «Per renderli fieri avrei dovuto fare il catamarano».

Politica e comicità: un’epoca che è un grande spettacolo

«La nostra classe politica ci regala tanto materiale. Pensa a Sangiuliano… Berlusconi non l’avrebbe mai fatto. Lui aveva un senso del limite. Oggi no. Oggi sono tutti influencer e cialtroni». Ma attenzione: «La paura chiama l’oscurità, e con la dittatura è tutto finito».

Il femminismo come strumento e non come moda

Michela Giraud è femminista, ma con lucidità: «Ovvio che lo sono. Ma non mi piace quando viene usato per un tornaconto personale. Ogni battaglia pubblica usata per scopi privati è da disprezzare».

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Ellen Kessler, icona dei varietà, tra ricordi di gloria e ferite d’amore

La storia d’amore con Umberto Orsini e il dolore del tradimento.

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Ellen Kessler, una delle due gemelle che segnarono la stagione d’oro della tv italiana, ricorda oggi con lucidità e serenità la lunga relazione con l’attore Umberto Orsini, durata vent’anni. Una storia vissuta sotto i riflettori della Dolce Vita, raccontata con garbo in una intervista al Corriere della Sera. «Mi ha lasciato per una donna più giovane di 26 anni», dice Ellen. «Mi ha nascosto la relazione fino all’ultimo, ci sono stata male per quattro mesi, poi la vita è ripresa». E su Rossella Falk, indicata da Orsini come l’amore più importante? «Ciò che dice non mi tocca più».

Le gambe più famose d’Italia e un solo vero amore

Ellen e Alice Kessler, alte, eleganti, perfette per la televisione in bianco e nero, erano celebri per le loro gambe fasciate da calze a rete. Ma il cuore di Ellen era tutto per Orsini: «È stato l’unico uomo a chiedermi di sposarlo. Dopo tre mesi di relazione. Dissi sì. Ma non me lo chiese più». Un rapporto lungo, segnato però da tradimenti: «Io no, lui sì, più volte. Lo sospettavo ma non ne ero sicura».

Gli incontri con le star: Sinatra, Magnani, Mastroianni e Zeffirelli

Le Kessler furono protagoniste di una stagione irripetibile. Ricordano le estati a Positano nella villa di Franco Zeffirelli, tra spettacoli e personaggi leggendari: Carla Fracci, Gregory Peck, Carlos Kleiber, perfino Rudolf Nureyev in una memorabile lite. «Gregory era adorabile. Kleiber cambiava ragazza ogni estate e non voleva mai parlare di musica. Nureyev? Una notte fu lasciato fuori dal cancello e ci fu una rissa con Luciano, uno dei figli adottivi di Zeffirelli».

La sorellanza inseparabile con Alice

«Viviamo in due case comunicanti nella periferia di Monaco. Dividiamo tutto, anche i pasti. Una sera da me, una da lei». Ellen e Alice Kessler non si sono mai separate, nemmeno dopo la fine della carriera. «Litighiamo per sciocchezze. Se cucina lei e non mi piace, me lo tengo per me». Sul lavoro? «Abbiamo rischiato di sciogliere il duo, ma poi tutto si ricomponeva».

Dai Lido di Parigi a Studio Uno

Le due sorelle lasciarono la Germania Est per lavorare a Düsseldorf. Da lì il salto a Parigi con le Bluebell Girls. Poi Antonello Falqui le scelse per la Rai. Erano alte 1 metro e 76, una rarità all’epoca. «Ci fecero firmare contratti che vietavano di usare le scale. Solo ascensori».

Soubrette e rispetto, anche prima del MeToo

Nessuna molestia: «Mai mancate di rispetto. Ai nostri tempi una pacca sul sedere era considerata un complimento. Lo so, era un altro mondo». E sulla mancata maternità: «Meglio così. Non avremmo potuto essere indipendenti con dei figli. Abbiamo scelto il lavoro».

I giudizi sul presente, tra varietà e rimpianti

Ellen guarda poco la tv: «Mi piacciono i varietà con Massimo Ranieri. Non seguo Sanremo. Le serie non lasciano nulla». E il preferito di oggi? «Fiorello, ma si vede poco». Sul teatro: «L’Opera di Stato di Monaco fa spettacoli troppo cervellotici. Meglio i teatri dove si ride e si canta».

Una vecchiaia sobria e senza illusioni sull’aldilà

«Viviamo nel presente. Facciamo ginnastica, mangiamo pasta e cerchiamo di ingrassare. Ma niente viaggi. Abbiamo 88 anni». Sull’Aldilà: «Non ci credo. Non prego mai». E sul futuro? «Abbiamo chiesto di essere cremate e sepolte con nostra madre e il nostro barboncino Yellow. Ma in Germania le leggi sono severe».

L’ombra di Don Lurio

Un ricordo amaro: «Don Lurio aveva il complesso dell’altezza e si comportava da sadico. Ci costringeva a esercizi durissimi. Diceva che anche lui aveva le ginocchia sbucciate, ma noi che c’entravamo?».

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Allevi di nuovo sul palco, ‘in tour torno alla vita’

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“Evviva! Che bellezza”. Giovanni Allevi (foto Imagoeconomica in evidenza) è pimpante mentre, salendo sul palco delle Terme di Caracalla, viene accolto da un caldissimo applauso per il primo dei suoi quattro concerti-evento di questa estate: “Questo tour segna il mio ritorno alla vita” oltre che l’occasione per presentare la sua nuova opera, MM22. Ma “il mio corpo non ce la fa a reggere più di quattro” eventi, avverte. “Mi sono accorto in questi mesi che mi è particolarmente difficile respirare, allora iniziamo il concerto con il brano ‘Aria’”, racconta.

Subito dopo introduce ‘No more tears’ e sempre con il suo modo di fare fa scoppiare a ridere il pubblico: “Se doveste vedere qualche mano che trema è l’effetto di potenti farmaci oppioidi – dice -. Allo stesso tempo se doveste sentire qualcosa di geniale, sicuramente è per lo stesso motivo”. La prima parte dell’esibizione è tutta dedicata ai brani con cui Allevi si è fatto conoscere e apprezzare dal suo pubblico, da ‘Go with the flow’ a ‘Our future’, arricchiti da uno spettacolo di luci – gialle, viola, rosse, verdi a seconda del momento – e dai racconti di Allevi stesso, tra riflessioni su vita, cambiamento climatico e nuove tecnologie. Tra i brani, pure ‘Tomorrow’, uscito nel 2023: “ora considero il mio domani come un presente allargato – dice il compositore – che voglio vivere il più possibile”.

Poi, altri titoli già noti per pianoforte e orchestra, come ‘Sunrise’, ‘Come sei veramente’ e ‘Flowers’, per la gioia di Allevi e di chi lo ascolta. Ma il momento più atteso della serata è quello in cui presenta la sua nuova opera, in anteprima internazionale a Roma. Per l’occasione l’artista accoglie un ospite d’eccezione – Alessandro Barbero, ma in ogni città sarà diverso – con cui avere una conversazione su un tema, in questo caso ‘Eresia’. Partendo da quando fu definito “l’eretico della musica classica”, Allevi chiede allo storico: “ma nella storia gli eretici hanno fatto tutti una brutta fine?” Risate di tutti. “Sì – risponde il professore – tranne quelli che chiedevano scusa, ma lei non chiede scusa quindi escludiamo questa opzione. Nessuno finiva male perché si ostinava a dire di essere eretico. Per loro un eretico non era uno coraggioso, come pensiamo oggi. Era uno stupido che si sbaglia. L’eretico era convinto di avere ragione”.

Al che Allevi lo incalza: “Ma non pensa che in questa società, con l’idea dell’ordine e della sicurezza, stiamo diventando tutti omologati?” E subito Barbero: “Sì, la nostra è un’epoca di conformismo spaventoso e ipocrita – commenta -. Invece di imparare che tutto è relativo, in Occidente siamo ricascati nell’idea conformista. Pensiamo che i nostri antenati erano cattivi perché volevano portare la loro verità nel resto del mondo, e noi che abbiamo ragione vogliamo portare la nostra idea al resto del mondo”. E, poi, altri minuti di chiacchiere dedicate agli argomenti che più interessano e ispirano Allevi, tra cui lo stoicismo. Dunque, finalmente, MM22. Ovvero Mieloma Multiplo e ’22, come l’anno di composizione. Un’opera nata da un letto d’ospedale e un’ispirazione: prendere le lettere della parola che definisce il tumore che lo ha colpito, “mieloma” appunto, e trasformarle in note attraverso un metodo già usato da Bach nella sua ultima opera (incompiuta), ‘L’arte della fuga’.

Allevi davanti al pubblico fa una ‘guida all’ascolto’ in cui spiega la genesi dell’opera e la storia di come ha scoperto di essersi ammalato. Soprattutto, racconta come il Concerto per violoncello e orchestra sia un vero e proprio racconto di ciò che ha vissuto negli ultimi anni: tra i passaggi, titoli evocativi come ‘Battaglia’, ‘Folle vorticoso’ e ‘Nostalgia’ (quest’ultimo già presentato lo scorso 2 giugno). E, pur nel dramma, tanta ironia, come la parte in cui ‘trasforma’ in musica i pochissimi globuli bianchi che hanno rappresentato il suo recupero dopo la fase più difficile. Questo è stato il primo appuntamento di quattro concerti (gli altri sono a Taormina, Venezia e Firenze), in cui Allevi è accompagnato dall’Orchestra Sinfonica Italiana. A Taormina, il 5 luglio, si parlerà di “Sacro”, con il teologo e filosofo Vito Mancuso. A Venezia, l’8 luglio, il tema sarà “La Follia”, introdotto dal filosofo Luciano Floridi. Infine, a Firenze, il 19 luglio la parola chiave sarà “Bellezza”, con ospite Amalia Ercoli Finzi, ingegnera aerospaziale.

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