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Dalle parti di Bolsonaro: mutazioni genetiche e geografia politica del coronavirus

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Ogni giorno apprendiamo cose nuove sul coronavirus. Scopriamo qualcosa che già sospettavamo: il virus muta geneticamente. A un ceppo asiatico se ne aggiunge uno europeo e a quest’ultimo si affianca un ceppo americano. Ma come ci racconta da sempre la storia delle epidemie, il virus scavalca la dimensione clinica e, attraverso le misure di sanità pubblica, investe gli assetti sociali, produce trasmutazioni declinate via via sul piano economico, culturale e politico.

Sebbene siano le preoccupazioni economiche a dominare la scena pubblica, profili articolati e rischiosi sta assumendo proprio la geografia politica del coronavirus. La “fase 2”, che neppure è cominciata, viene incalzata da una “fase 3” che si annuncia all’orizzonte. La mappa della fuzziness informativa, pubblicata da questo giornale con aggiornamenti in tempo reale, ci racconta storie inquietanti: dal colpo di Stato strisciante di Orbàn alla ripresa dei regolamenti di conti in Colombia nei confronti delle popolazioni indigene che difendono i loro diritti sulla terra e sull’ambiente. Ma più in generale, sono sotto gli occhi di tutti i problemi transcalari che deve affrontare il nostro Paese. Intanto, sul tavolo europeo, dove si negoziano “politicamente” le condizioni finanziarie della nostra ripresa economica. Ed altresì sul tavolo interno, dove un Governo con centinaia di consulenti e parecchie “commissioni di esperti” non riesce a dire una parola chiara sui tempi e i termini della “fase 2”, creando tensioni istituzionali senza precedenti nel nostro Paese. 

Jair Bolsonaro e Donald Trump. Due presidenti, due amici

Ma è il ceppo “americano”, credo, che disegna il fronte più avanzato e pericoloso della geopolitica del coronavirus. L’epidemia, infatti, è divenuta l’arena di contesa in cui stanno giocando le loro chances di sopravvivenza politica due personaggi per parecchi aspetti alquanto rassomiglianti che rispondono al nome di Donald Trump e di Jair Bolsonaro. E se le gesta del Presidente statunitense sono sotto gli occhi di tutti, meno costantemente monitorate ma non meno eclatanti e sicuramente più insidiose sono quelle del Presidente brasiliano. Bolsonaro è l’unico leader politico al mondo per il quale l’epidemia non ha mai cessato di essere una “gripezinha”, un’influenziucola, un malanno contro cui si lotta con la clorochina, e rispetto al quale le misure di distanziamento sociale sono dei “crimini sanitari”. Il Ministro della Sanità, un medico, in disaccordo con il Presidente, è stato licenziato qualche giorno fa e sostituito con un altro medico, di fede più saldamente bolsonarista. E nulla dice, a Bolsonaro, il fatto che in disaccordo con lui sono ormai i 2/3 dei brasiliani, secondo gli ultimi sondaggi. A Brasilia, poco dopo mezzogiorno, ieri, l’ex-capitano ha arringato una piccola folla di irriducibili nel caldo afoso del desolato vialone di fronte al Quartier Generale dell’Esercito, dove da due giorni, senza dirne il motivo, se ne sta chiuso con i suoi tre figli, uno dei quali, Flavio, pesantemente indagato. I suoi sostenitori manifestavano per un non meglio specificato “intervento dei militari”. Ed è a loro che Bolsonaro si è rivolto, dicendo che lui era lì per rispondere ai loro voti, che non aveva intenzione di negoziare nulla, che difendere il Brasile è un obbligo e che “basta con la vecchia politica”. Insomma ha parlato come un capopopolo descamisado piuttosto che come il più alto rappresentante delle istituzioni brasiliane e il massimo detentore del potere in uno Stato democratico e federale. Concludendo con un suo cavallo di battaglia: “il Brasile sopra tutto e Dio sopra noi tutti”. Per ironica coincidenza, il suo breve ma incendiario discorso, tenuto senza mascherina di fronte a una massa accalcata e a sua volta senza protezioni di sorta, è stato punteggiato da robusti colpi di tosse. 

Le reazioni non si sono certo fatte attendere, a sostegno del Parlamento e delle istituzioni democratiche. In serata, un documento firmato da 20 Governatori federali su 27, in appoggio ai Presidenti di Camera e Senato, esprime le preoccupazioni per la tenuta del Paese e l’invito ad affrontare la crisi nel rispetto della Costituzione, con le armi del dialogo democratico e della razionalità scientifica. Insomma, uno dei Paesi più grandi e popolosi del mondo, la IX economia del Pianeta, sta smottando: l’inizio di una temibile “fase 3”, mentre si aspetta che cominci la pur insidiosa “fase 2”? 

  

Angelo Turco, africanista, è uno studioso di teoria ed epistemologia della Geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, dove è stato Preside di Facoltà, Prorettore vicario e Presidente della Fondazione IULM.

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Veto russo a bozza Usa contro armi nucleari nello spazio

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La Russia ha bloccato con il veto la risoluzione elaborata da Usa e Giappone sulla prevenzione delle armi nucleari nello spazio. La bozza intendeva “rafforzare e sostenere il regime globale di non proliferazione, anche nello spazio extra-atmosferico, e riaffermare l’obiettivo condiviso del suo mantenimento per scopi pacifici”. Il testo ha ottenuto 13 voti a favore, il veto della Russia e l’astensione della Cina.

Oltre a ribadire gli obblighi ai 115 Stati parte del Trattato sullo spazio extra-atmosferico – compresi tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza – “di non posizionare in orbita attorno alla Terra alcun oggetto che trasporti armi nucleari o altre armi di distruzione di massa”. Mosca e Pechino volevano un emendamento che riecheggiava una proposta del 2008 delle due potenze, e aggiungeva un paragrafo che vietava “qualsiasi arma nello spazio”, ma e’ stato bocciato avendo ottenuto solo 7 voti a favore.

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Indagini sulla moglie, Sanchez valuta le dimissioni

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E’ un leader abituato alla resilienza, rimasto al timone nelle condizioni più avverse. Ma per Pedro Sanchez ha avuto l’effetto di una bomba di profondità la notizia, anticipata da El Confidencial, di un’indagine aperta dal Tribunale di Madrid nei confronti di sua moglie, Begona Gomez, sulla base di un esposto presentato dal sindacato di estrema destra Manos Limpias, che ipotizza presunti reati di abuso di informazione privilegiata e corruzione. Tanto che il premier, pur confidando nella giustizia, sta valutando l’ipotesi di dimettersi: una decisione sarà presa lunedì.

L’attività professionale della primera dama all’African Center dell’Istituto di Impresa privato IE University e all’Università Complutense, e sui presunti rapporti con alcune imprese destinatarie di appalti e fondi pubblici, da settimane era al centro di una campagna mediatica, cavalcata dal Partito Popolare e dall’ultradestra Vox, che hanno minacciato di citare Begogna Gomez anche nella commissione parlamentare d’inchiesta sulle presunte tangenti sulle forniture di materiale sanitario durante la pandemia, che scuote l’esecutivo socialista.

“In un giorno come oggi, e dopo le notizie che ho conosciuto, nonostante tutto, continuo a credere nella giustizia del mio paese”, aveva affermato, scuro in volto e in tono grave Pedro Sanchez stamattina durante il question time alla Camera, senza fare riferimento diretto all’inchiesta. Poi, in serata, ha rotto il silenzio, in una lettera di 4 pagine alla cittadinanza su X, in cui ha annunciato di aver “cancellato l’agenda” per un “periodo di riflessione” in cui rifletterà “se valga la pena” restare alla guida del governo, davanti “alla campagna di intimidazione e demolizione” mossa dal Partito Popolare e dall’ultradestra Vox nei confronti della moglie, che sta soffrendo assieme alla sua famiglia. Si tratta, scrive il premier, che cita di nuovo “la macchina del fango”, “di attacchi senza precedenti” per “tentare di abbattermi politicamente e personalmente attaccando mia moglie”.

“Arrivati a questo punto, la domanda che mi pongo legittimamente è: vale la pena tutto questo?”, si chiede il capo dell’esecutivo. L’esposto di Manos Limpias – che si autodefinisce un sindacato, fondato nel 1995 da Miguel Bernard, ex responsabile del gruppo di estrema destra Forza Nuova – è l’ultimo di una lunga serie di denunce presentate contro il governo e la sinistra e spesso finite nel nulla. L’ultima si basa su una serie di articoli pubblicati da quella che Sanchez chiama “una costellazione di testate dell’ultradestra” ed è relativo a presunte riunioni avute nel 2020 da Begona Gomez con i responsabili di Globalia, proprietaria della compagnia aerea Air Europa.

Poi destinataria di un finanziamento 475 milioni da parte dell’esecutivo spagnolo mediante il fondo creato durante la pandemia per il salvataggio di imprese strategiche. Gli inquirenti stanno anche esaminando due lettere di raccomandazioni che Gomez avrebbe fornito per una joint venture per un appalto pubblico, secondo El Confidencial. Il principale azionista della joint venture era il consulente Carlos Barrabes, che ha legami con il dipartimento gestito da Gomez all’Università Complutense di Madrid ed ha vinto il contatto, battendo altri 20 rivali, per 10,2 milioni di euro. L’indagine preliminare, aperta il 16 aprile dal tribunale madrileno, è stata secretata dal giudice che ha citato a dichiarare vari testimoni, fra i quali due giornalisti. Non è stata citata per ora la moglie del premier, ma lo sarà.

“Abbiamo smentito queste falsità mentre Begogna ha intrapreso azioni legali”, spiega il premier nella missiva. “Begogna collaborerà con la giustizia e difenderà la sua onorabilità”, assicura. Ma “sono state superate tutte le linee rosse” ed è necessaria “una riflessione”. Il partito popolare per bocca della vicesegretaria nazionale Ester Munuz, ha chiesto a Sanchez di dare spiegazioni. E la segretaria del partito ha accusato il premier di “vittimismo e di sparire per 5 giorni invece di dare conto”. In difesa del premier e della moglie è invece intervenuta la sua vice, Maria Jesus Montero: “Non permetteremo che queste pratiche trumpiane per coprire la corruzione nel Pp minino la democrazia spagnola”. I quotidiani della costellazione dell’estrema destra da settimane danno Pedro Sanchez in partenza per Bruxelles in vista di un ruolo di primo piano nelle nuove istituzioni comunitarie dopo il voto di giugno.

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Blinken: Usa-Cina gestiscano relazioni responsabilmente

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Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha invitato gli Stati Uniti e la Cina a gestire le loro differenze “responsabilmente”, iniziando oggi la sua visita nel Paese asiatico. “Abbiamo l’obbligo nei confronti del nostro popolo, e anzi nei confronti del mondo, di gestire le relazioni tra i nostri due paesi in modo responsabile”, ha detto Blinken a Shanghai incontrando il leader del Partito comunista locale.

Il segretario di Stato americano ha affermato che il presidente Joe Biden è impegnato nel dialogo “diretto e duraturo” tra le due maggiori economie del mondo, dopo anni di crescente tensione. “Penso che sia importante sottolineare il valore e anzi la necessità dell’impegno diretto, del parlarsi l’un l’altro; mettere in evidenza le nostre differenze, che sono reali, cercando di superarle”, ha detto Blinken. Il segretario del Partito comunista cinese per Shanghai, Chen Jining, ha dato il benvenuto a Blinken e ha parlato dell’importanza delle imprese americane per la città. “Sia che scegliamo la cooperazione o il confronto, influisce sul benessere di entrambi i popoli, di entrambi i paesi e sul futuro dell’umanità”, ha detto Chen.

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