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Da Casimirri a Pietrostefani, è caccia ad altri ergastolani che se la spassano tra Francia e Nicaragua

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Prendere Alessio Casimirri, per proseguire la scia di arresti di latitanti eccellenti degli anni di piombo. Dopo la cattura del leader dei Pac, Cesare Battisti, e il suo ritorno nelle carceri italiane, nel mirino del Viminale e degli investigatori c’e’ soprattutto uno dei componenti del commando delle Brigate Rosse che sequestro’ Aldo Moro. Casimirri, condannato all’ergastolo con sentenza definitiva, nella sua latitanza in Nicaragua da oltre 30 anni ha acquisito la cittadinanza del Paese sudamericano e gestisce un ristorante sulla costa. “Stiamo lavorando per recuperare terroristi che se la stanno godendo in giro per il mondo”, ha detto il ministro dell’Interno Matteo Salvini a margine della conferenza stampa a Palazzo Chigi. E tra questi ci sarebbe anche Casimirri. Il riferimento ad “un altro” latitante su cui la polizia ha il fiato sul collo è stato fatto proprio dal vice capo della polizia Nicolo’ D’Angelo. Durante il suo breve incontro con il ministro dell’Interno all’aeroporto di Ciampino, subito dopo l’atterraggio dell’aereo con Battisti, il vice capo della polizia ha detto a Salvini: “Poi ce ne sarebbe un altro che forse ci rinnovera’ gli auguri. Ce n’e’ uno che e’ una grande perla, mi e’ rimasto in gola ma abbiamo carte da giocare”. Pronta la risposta di Salvini: “Posso immaginare a chi state pensando”. Un breve scambio di battute davanti alle immagini della diretta Facebook del ministro che si e’ conclusa con la risposta di D’Angelo, preludio a possibili sviluppi investigativi: “Abbiamo delle idee”. Casimirri e’ la primula rossa che potrebbe ora finire nella rete degli investigatori, ma sono ancora tante le difficolta’ che potrebbero essere legate all’estradizione dell’ex brigatista, la cui fuga e latitanza e’ in gran parte riconducibile a protezioni che gli sarebbero state accordate dal governo sandinista. Ad invocare la sua estradizione tra le prossime priorita’ e’ lo stesso Giuseppe Fioroni, presidente nella scorsa legislatura della Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Moro, in una lettera al premier, ai due vicepremier e al ministro della Giustizia: “La questione riveste una straordinaria importanza, non solo per una doverosa esigenza di certezza della pena, ma anche per chiarire gli aspetti ancora oscuri del sequestro Moro e del terrorismo italiano”, scrive l’ex parlamentare Pd. Ma l’ex componente del commando del sequestro Moro non e’ l’unico a sentire il fiato sul collo. Salvini ha spiegato che dopo la cattura di Battisti si sta “lavorando su altre decine di terroristi: su alcuni abbiamo gia’ riscontri positivi, ovviamente non entro nel merito dei nomi e dei luoghi”. Tra i terroristi italiani fuggiti all’estero, in tutto una cinquantina, ci sono Giorgio Pietrostefani, condannato a 22 anni per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi e Enrico Villimburgo, altro brigatista condannato all’ergastolo nel processo Moro-ter. Entrambi si trovano in Francia, cosi’ come Simonetta Giorgieri, leader delle Br toscane, condannata all’ergastolo per l’omicidio Moro.

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‘Ndrangheta, il clan Briatico voleva uccidere carabiniere in mare

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Un carabiniere della Stazione di Briatico, nel Vibonese, era finito nel mirino del locale clan degli Accorinti-Melluso e la consorteria criminale aveva pianificato sin nei dettagli il suo omicidio. A svelarlo è stato oggi il collaboratore di giustizia, Antonio Accorinti, dell’omonimo clan di Briatico, deponendo dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia nel maxiprocesso nato dalle operazioni della Dda di Catanzaro denominate Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium.

Il militare dell’Arma, ad avviso del collaboratore, sarebbe stato inviso al clan poiché troppo ligio al proprio lavoro e doveva essere ucciso mentre era solito fare pesca subacquea in luoghi appartati della scogliera di Briatico. Un uomo del clan doveva immergersi in acqua ed eliminarlo, mentre successivamente un gommone con a bordo altri esponenti della consorteria criminale doveva prelevare il corpo e farlo sparire. “Ho poi riflettuto attentamente su tale programmato omicidio – ha dichiarato in aula il collaboratore Accorinti – e ho desistito poichè avendo già dei procedimenti penali in corso per aver offeso e minacciato in un’occasione tale carabiniere, in caso di un suo omicidio i sospetti delle forze dell’ordine sarebbero ricaduti subito su di me”.

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‘Truffa all’Inps’, arriva altra grana per Santanchè

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Potrebbe chiudersi nel giro di poco tempo l’udienza preliminare che si aprirà dopodomani a Milano in cui la ministra del Turismo Daniela Santanchè con altri due imputati, tra cui il compagno Dimitri Kunz, e due società rispondono di truffa aggravata all’Inps sul caso Visibilia. La procura contesta presunte irregolarità legate alla cassa integrazione ottenuta per 13 dipendenti durante il Covid con ingenti danni per l’istituto previdenziale che, in assenza di risarcimento, dovrebbe chiedere di essere parte civile e quindi presentare il conto.

Quello che prenderà il via tra due giorni è il secondo procedimento istruito dai pm milanesi Marina Gravina e Luigi Luzi e l’aggiunto Laura Pedio (ora procuratrice a Lodi) in cui la senatrice di Fdi rischia di finire a dibattimento. La scorsa settimana è cominciata l’udienza preliminare per false comunicazioni sociali a carico della parlamentare e altri 19 persone, anche giuridiche, e che pur procedendo spedita, dovrebbe terminare alla fine di novembre Il caso della presunta truffa, salvo imprevisti, avrà tempi più rapidi. Da quanto si è saputo la gup Tiziana Gueli, salvo particolari questioni o eccezioni, dovrebbe fissare un paio o forse tre udienze, essendo gli imputati in tutto cinque.

Quindi la decisione se accogliere o meno la richiesta di rinvio a giudizio della procura ed eventualmente, tramite il suo legale, di Inps non dovrebbe arrivare tra molto. Secondo la ricostruzione l’allora parlamentare di Fratelli d’Italia, Kunz e Paolo Giuseppe Concordia, collaboratore esterno con funzioni di gestione del personale di Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria – società del gruppo fondato dalla politica e dal quale nel 2022 è uscita – sarebbero stati consapevoli di aver richiesto e ottenuto “indebitamente” la cassa integrazione in deroga “a sostegno delle imprese colpite dagli effetti” della pandemia per 13 dipendenti. Le cui testimonianze, oltre agli esiti di una ispezione Inps e a una serie di accertamenti, sono state raccolte nel corso delle indagini: tutti, o quasi tutti, avrebbero confermato che la ministra sapeva.

Sarebbe stata a conoscenza del fatto che stavano continuando a lavorare mentre l’istituto previdenziale versava i fondi stanziati durante l’emergenza: oltre 126mila euro, per un totale di oltre 20mila ore. A Santanchè, così come agli altri due, viene quindi addebitato di aver “dichiarato falsamente” che quei dipendenti fossero in cassa “a zero ore”, quando invece svolgevano le “proprie mansioni” in “smart working”.

Nel mirino ci sono pure le integrazioni che sarebbero state date per compensare le minori entrate della Cig rispetto allo stipendio: una “differenza”, scrivono i pm, che sarebbe stata corrisposta con “finti rimborsi per ‘note spese e spese di viaggio'”. Ma non sono solo queste le grane che la ministra dovrà affrontare: la magistratura di Milano sta indagando, tra l’altro, sulle società ,sempre da lei create e che ha lasciato, del bio-food. In particolare Ki Group srl, fallita lo scorso gennaio. Per novembre è atteso il deposito della relazione del curatore fallimentare, dopo di che i pubblici ministeri decideranno come muoversi.

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Inchiesta corruzione Prato, processo immediato a ufficiale dei Carabinieri

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Giudizio immediato per il tenente colonnello Sergio Turini, ex comandante dei carabinieri di Prato, l’imprenditore pratese Riccardo Matteini Bresci, ad dell’azienda “Gruppo Colle”, e Roberto Moretti, titolare di un’agenzia investigativa a Torino. Per i tre, accusati, a vario titolo, di corruzione e accesso abusivo alla banca dati delle forze dell’ordine il processo si aprirà il prossimo 9 dicembre al tribunale di Prato, sede ritenuta competente dal gip perché nel Pratese sarebbero avvenuti i reati i reati più gravi contestati dalla procura di Firenze.

Il giudice ha accolto la richiesta della procura tuttavia gli imputati, che da giugno sono sottoposti alla misura cautelare attualmente degli arresti domiciliari, potranno chiedere di essere ammessi al patteggiamento o al rito abbreviato. Secondo l’accusa, Turini si sarebbe messo a disposizione di imprenditori amici, italiani e cinesi, accedendo abusivamente al sistema banca dati delle forze dell’ordine per fornire loro informazioni.

Almeno 99 gli accessi individuati, nel corso delle indagini. Avrebbe fornito a Matteini Bresci anche notizie su indagini, coperte da segreto, relative a dipendenti. In cambio, l’imprenditore avrebbe pagato un viaggio negli Usa al figlio del tenente colonnello e interceduto con il sottosegretario agli affari esteri Giorgio Silli (non indagato) perché si attivasse con il comando generale dell’Arma dei carabinieri per garantire la permanenza di Turini a Prato. Sempre il tenente colonello, secondo l’accusa, avrebbe procacciato clienti all’amico Roberto Moretti fornendogli informazioni ricavate abusivamente dalla banca dati in uso alle forze dell’ordine in cambio di vini pregiati.

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