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Cinema

“Cruel Peter”, un thriller mozzafiato in una gotica Messina

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A Messina, 1908, va di scena la cattiveria di Peter, tredici anni e unico erede di una ricchissima famiglia di commercianti inglesi, gli Hoffmann. Viziato e prepotente il ragazzino commette atroci crudelta’ verso animali, servitu’ e bambini. Nessuno ha il coraggio di ribellarsi tranne Alfredo, figlio del giardiniere, che lo cattura e lo nasconde in un luogo inaccessibile. Sara’ ritrovato dopo oltre cento anni. Questa, in estrema sintesi, la storia del thriller soprannaturale ‘Cruel Peter’ passato alla 65/ma edizione del Taormina Film Fest, film di Ascanio Malgarini & Christian Bisceglia (gia’ autori dell’horror Fairytale). Centoundici anni dopo, infatti, come racconta il film, l’archeologo inglese Norman Nash, giunto a Messina con la figlia tredicenne Liz per valutare il restauro dello storico Cimitero Inglese, ritrova una singolare lapide.

Da qui scopre la scomparsa di Peter, avvenuta tre giorni prima del catastrofico sisma del 1908, cosa che lo mette sulle tracce di un antico mistero che sconvolgera’ per sempre la vita della sua famiglia. La pellicola cerca di mettere in scena le ambientazioni vittoriane degli inizi del secolo scorso, i luoghi nascosti e misteriosi della citta’ in cui far prendere meglio forma miti e leggende e l’anima gotica del capoluogo peloritano. E questo, infine, per raccontare una Messina finora mai vista sul grande schermo. “Vorrei fosse il primo passo per ripensare l’immaginario della Sicilia – dichiara Christian Bisceglia – non solo una terra di mafia ma patria del mondo fantastico, nella speranza che l’intrattenimento cinematografico possa far fiorire un business capace di innescare circuiti virtuosi”. Il film e’ interpretato da Henry Douthwaite (Love, Death & Robots e Off-Piste), Zoe Nochi, Katia Greco (Il capo dei capi, Il giovane Montalbano, The Elevator e Don Matteo),Rosie Fellner (Boogie Woogie, Age Of Heroes, Two Jacks), Aran Bevan e Aurora Quattrocchi. Camei poi di Claudio Castrogiovanni, Biagio Pelligra, Gabriele Greco, Antonio Alveario, Margherita Smedile, Alberto Molonia e partecipazione del musicista Tony Canto che esegue nel film il brano “1908”.

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Cinema

David di Donatello 2025, trionfa Vermiglio: record di premi alle registe donne, Elio Germano miglior attore

Successo per Gloria! di Margherita Vicario e L’arte della gioia di Valeria Golino. A mani vuote Parthenope di Sorrentino e il film di Cristina Comencini.

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È Vermiglio di Maura Delpero il grande vincitore dei David di Donatello 2025, conquistando i premi più ambiti: Miglior film, Miglior regia, Migliore sceneggiatura originale, Miglior produttore, Miglior casting, Migliore fotografia e Miglior suono. Un trionfo che segna anche un nuovo record per la presenza femminile: mai così tante donne premiate in una sola edizione.

Registe protagoniste: Delpero, Vicario e Golino dominano la scena

Alle registe è andata la scena principale di questa edizione. Margherita Vicario ha vinto il David per il miglior esordio alla regia con Gloria! e ha portato a casa anche i riconoscimenti per miglior compositore e miglior canzone originale. Valeria Golino ha invece ottenuto il premio per la migliore sceneggiatura non originale e ha diretto Tecla Insolia, vincitrice come miglior attrice protagonista, e Valeria Bruni Tedeschi, premiata come attrice non protagonista in L’arte della gioia.

Elio Germano miglior attore per Berlinguer, Francesco Di Leva premiato per Familia

Elio Germano si conferma uno dei più talentuosi attori italiani, conquistando il David per il miglior attore protagonistagrazie alla sua interpretazione in Berlinguer – La grande ambizione, film che si è aggiudicato anche il David per il miglior montaggio. Francesco Di Leva, invece, è stato premiato come miglior attore non protagonista per Familia.

A mani vuote Sorrentino e Comencini

Clamoroso il risultato per Paolo Sorrentino, che con il suo attesissimo Parthenope esce a bocca asciutta, così come il film Il tempo che ci vuole di Cristina Comencini, rimasto fuori dal palmarès.

Gli altri premi: da Le Déluge a Napoli – New York

Ampio riconoscimento tecnico per Le Déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta, che ha vinto per scenografia, costumi, trucco e acconciatura. A Napoli – New York di Gabriele Salvatores vanno il David Giovani e quello per i migliori effetti visivi VFX. Il David dello Spettatore è stato assegnato a Diamanti di Ferzan Özpetek.

Tra gli altri riconoscimenti: Miglior documentario a Lirica ucraina di Francesca Mannocchi, miglior cortometraggioa Domenica sera di Matteo Tortone, e miglior film internazionale ad Anora di Sean Baker. I David alla carriera e speciali sono andati rispettivamente a Pupi Avati, Ornella Muti e Timothée Chalamet, mentre il Premio Cinecittà David 70 è stato conferito a Giuseppe Tornatore.


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Cinema

Francesco e Mario Di Leva e l’ossessione di Nottefonda

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Al centro di ‘Nottefonda,’ film cupo e senza speranza, in sala dall’8 maggio con Luce Cinecittà, c’è un’ossessione che non finisce mai: quella di Ciro (Francesco Di Leva), elettricista napoletano cinquantenne, che ogni notte esce con il figlio di tredici anni, Luigi (Mario Di Leva), alla ricerca di quell’auto rossa che ha investito e ucciso l’amata moglie. Per dimenticare non gli basta il crack che fuma sulla terrazza condominiale (come si vede nella prima scena del film), né il tempo che passa, il suo lutto sembra proprio non finire mai.

A consolare Ciro c’è solo la pistola che ha nel cassetto della sua auto, chiaro segno della sua voglia dì vendicarsi o forse di farla finita. Liberamente tratto dal romanzo, ‘La strada degli Americani’ (Frassinelli) a firma dello stesso regista Miale Di Mauro, il film racconta appunto di quest’uomo silenzioso e disperato che ha dalla sua solo il figlio, qualche amico e l’affidabile madre che ogni sera lo aspetta a casa.

“Il mio personaggio di Ciro – dice Francesco Di Leva- è un uomo che sprofonda in un abisso e, dopo aver raggiunto il punto più profondo e oscuro della sua esistenza, prova in tutti i modi a risalire a galla, sperando di vedere presto la luce. Non è un vero tossicodipendente, ma ha trovato nell’uso e nell’abuso del crack uno sfogo per uscire dalla traversata del lutto che lo ha colpito dopo la morte improvvisa di sua moglie in un incidente stradale. Per restituire al personaggio il dolore, la fatica, ma anche la tenerezza che si porta dietro come un macigno – continua l’attore – ho lavorato molto sul silenzio. Ciro evita di confrontarsi con le persone e anche di incontrare gli sguardi degli altri, sfugge a qualsiasi contatto umano perché questa circostanza implicherebbe un confronto. Lui sa che è il momento di essere invaso dalla sofferenza, vuole percepirla come ultima e grande esperienza di amore verso sua moglie mentre tutto il resto, gli altri, la vita di ogni giorno, vengono dopo”.

“Ho capito che volevo raccontare Napoli come una città universale dove collocare il mio protagonista e la sua storia umana – dice il regista-scrittore -. Farlo vagare in una città notturna, piena di gru del porto, di rumori di muletti in azione, di container pronti a partire, di sabbia nera del vulcano e mare grigio d’inverno, di cavalcavia isolati e di strade periferiche e buie. E poi un’auto, quella di Ciro, che le percorre. Sullo sfondo il Natale che illumina le case degli altri e mette tristezza a chi non ha niente da festeggiare”.

E ancora Miale Di Mauro: “M’interessava solo guardare da molto vicino lo sforzo di quest’uomo che combatte contro sé stesso per attraversare la sua bizzarra elaborazione del lutto. Stare con lui, sempre con lui, sulla sua faccia livida e i suoi capelli radi, segni evidenti di dolore e disperazione. Fino all’alba che – finalmente – lo libererà dal supplizio con un sorriso di pianto”. Scritto dallo stesso regista con Bruno Oliviero e Francesco Di Leva, ”Nottefonda’ è prodotto da Mad Entertainment con Rai Cinema in collaborazione con Leocadia. Nel cast anche Adriano Pantaleo, Giuseppe Gaudino, Valeria Colombo, Dora Romano e l’amichevole partecipazione di Chiara Celotto.

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Cristina Comencini: il cinema delle donne è una nuova ricchezza. Io dalla parte delle donne sempre

Cristina Comencini racconta al Corriere della Sera il successo de “Il treno dei bambini”, la sua visione sul cinema delle donne, la politica e il suo nuovo amore.

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Cristina Comencini (le foto sono di Imagoeconomica), con il suo ultimo film “Il treno dei bambini” tratto dal romanzo di Viola Ardone e disponibile su Netflix, ha raggiunto quasi trenta milioni di visualizzazioni. «Mi sembra incredibile», racconta, «ma credo che il tema profondo del dopoguerra, del trauma che la guerra lascia sui sentimenti, abbia colpito il pubblico di tutto il mondo».

Il cinema tra piattaforme e sale

«Portare la gente in sala è bellissimo, ma difficile. Le piattaforme e il cinema possono coesistere. L’importante è, come diceva mio padre Luigi Comencini, mantenere sempre la massima verità e bellezza in quello che si crea», afferma Cristina, riflettendo sulla trasformazione del mondo cinematografico.

Il successo e la nuova generazione di registe

Comencini riconosce l’importanza del successo ma non lo vive come un punto di arrivo: «È un mestiere da montagne russe». È felice dell’affermazione di tante donne nel cinema italiano, come Paola Cortellesi, sottolineando: «Il cinema si è finalmente aperto alle storie delle donne, arricchendosi di nuove prospettive».

Il rapporto con la famiglia e il film di Francesca Comencini

Cristina racconta il forte legame con le sorelle e commenta il film di Francesca Comencini su loro padre Luigi: «Una scelta giusta. Ognuno vive un padre a modo suo». Nessuna gelosia, ma un affetto profondo che ha sempre unito la famiglia.

CRISTINA COMENCINI REGISTA

Politica, femminismo e il ruolo di Giorgia Meloni

Comencini ribadisce la sua radice di sinistra e il suo impegno per il femminismo: «Il sostegno reciproco tra donne non deve mai venir meno». Sul premier Giorgia Meloni, pur nella distanza politica, riconosce: «Per la sua parte politica sta facendo bene».

I cambiamenti nell’estetica e il coraggio delle attrici

Parlando di Giovanna Mezzogiorno, Cristina denuncia il problema della discriminazione estetica nel cinema: «Finalmente si inizia a dare meno peso all’apparenza e più al talento».

La maternità precoce e l’amore ritrovato

Diventata madre a 18 anni, Cristina confida di non aver rimpianti: «Mi ha dato la ricchezza di tutto ciò che ho scritto». Oggi vive una nuova fase felice della sua vita con il documentarista francese François Caillat, tra Roma e Parigi.

Il futuro: un nuovo romanzo in arrivo

Cristina annuncia anche il suo prossimo romanzo, “L’epoca felice”, che uscirà a ottobre per Feltrinelli: «Parlerà dell’adolescenza e della capacità della vita di sorprenderci anche quando meno ce lo aspettiamo».

 

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