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Cronache

Crollo ponte Morandi, Autostrade e altri 29 indagati. L’accusa? Hanno ucciso 43 persone e ferite 15

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Nell’informativa di reato della Guardia di Finanza c’erano trentuno nomi di possibili indagati. La Procura di Genova ha invece indagato, per ora, venti persone. I magistrati inquirenti, dominus dell’inchiesta, hanno acceso i fari su quelle figure che dal 2015 (anno in cui si capì che era indispensabile fare i lavori al ponte Morandi per rischio crollo) al 14 agosto del 2018, giorno del crollo, hanno avuto importanti responsabilità e deleghe sul progetto di retrofitting per implementare la stabilità della pila 9 (quella crollata) e della pila 10, venuta come un un tragico effetto domino. Gli indagati, per ora, sono stato individuati in figure di vertice di Autostrade (Aspi), del Provveditorato ligure e della Direzione di vigilanza del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit). Altro si vedrà in seguito. 
Per ora l’inchiesta parte col botto perchè coinvolge anche Autostrade come azienda,  iscritta nel registro degli indagati ai sensi delle legge 231 sulla responsabilità delle società. E per la controllata dai Benetton attraverso Atlantia è una notizia difficile da digerire. La Procura ha aggiunto il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa anti-infortunistica. Gli altri reati contestati dagli indagati odierni vanno dall’omicidio stradale plurimo al disastro colposo. Reati che in linea teorica potrebbero portare a condanne fino a trent’anni. Per non parlare del contenzioso in sede civile per i risarcimenti danni alle vittime, ai feriti, al comune di Genova, alla regione Liguria, alle aziende e a chiunque ha subito danni dal crollo del ponte. Per altri capi di imputazione occorre aspettare ancora.
Tra gli indagati compare l’amministratore delegato di Autostrade Giovanni Castellucci che sapeva del progetto di retrofitting e conosceva anche l’urgenza dell’intervento, nel senso che da più acquisizioni documentali, anche da fonti scoperte, avrebbe più volte chiesto di fare gli interventi perchè necessari. L’altro avviso di garanzia di peso è quello al responsabile operazioni Paolo Berti. Castellucci e Berti rappresentano i vertici di Aspi e secondo la ricostruzione della Procura erano consapevoli delle criticità del ponte e della necessità di fare subito i lavori a partire dal progetto confezionato da Spea Engineering nel 2015.

La lista degli indagati così segue la catena di comando con i due manager che tra il 2015 e il 2018 hanno ricoperto la carica di responsabile Manutenzione e investimenti. C’è Mario Bergamo che, nel 2015, visionò il progetto migliorativo di retrofitting del valore di 26 milioni. Dopo Bergamo nel marzo 2017 arrivò Michele Donferri Mitelli. In Cda Mitelli illustrò l’urgenza dei lavori straordinari e che tra febbraio e aprile con 5 lettere sollecitò il Mit ad approvare il progetto anche per ragioni di sicurezza. Altro indagato è Stefano Marigliani attuale capo del Tronco 1 di Genova. Marigliani poteva interrai decidere di chiudere il viadotto per motivi di sicurezza e non l’avrebbe fatto.

Indagato anche l’ ex capo Tronco, Riccardo Rigacci, che ha lasciato il posto circa un anno fa. Indagato, poi, il responsabile del procedimento (Rup) Paolo Strazzullo. Gli indagati del Ministero delle Infrastrutture sono tanti. Sia sul fronte romano sia nell’ufficio interregionale del Provveditorato, in tanti avrebbero omesso di esercitare loro responsabilità. Almeno questo ritine la procura di Genova che ha indagato Vincenzo Cinelli, responsabile della Direzione generale di vigilanza sulle concessionarie autostradali. Nell’ottobre del 2017 ricevette le carte del progetto poi approvato  l’11 giugno del 2018. Cinelli, nominato dall’ex ministro Delrio, arrivò al Mit un anno fa. Prima di lui, con scadenza mandato nel 2017, Mauro Coletta (indagato) che di vigilanza sulle concessionarie autostradali si è occupato per quasi dieci anni.
Di più: tra gli iscritti dalla Procura anche Bruno Santoro responsabile della prima divisione specializzata nella vigilanza tecnica. Santoro è attualmente membro della Commissione d’inchiesta del ministero. E dunque, anche per lui come per altri due membri già dimessisi, c’è una incompatibilità.
Per quanto riguarda il Provveditorato e nello specifico il comitato tecnico che a marzo certificò la bontà del progetto di retrofitting mandando un report al Mit per l’ok finale, la notifica dell’ avviso di garanzia è arrivata al Provveditore Roberto Ferrazza perché presidente del comitato. Ferrazza nei giorni successivi al crollo era stato messo a capo della Commissione ministeriale.

Incarico dato dal ministro Toninelli e poi revocato. Coinvolto anche Carmine Testa dell’ ufficio ispettivo di Genova. Indagate, infine, figure minori con ruoli comunque importanti. Tra loro, anche alcuni manager di Spea che parteciparono alla stesura del progetto di retrofitting, poi Massimo Meliani e Fulvio Di Taddeo manager di Aspi in contatto con i consulenti del Cesi e del Politecnico, che tra il 2016 e il 2017 confezionarono due report sulle criticità del Morandi. Sono 59 le persone offese (43 vittime e 16 feriti).

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Fatemi rivedere i miei figli: l’appello al Papa della mamma di una delle bimbe di Caivano

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Questa che segue è la lettera che la mamma di una delle bimbe abusate a Caivano ha inviato a Papa Francesco: a lui chiede di aiutarla a rivedere sua figlia che ad oggi è in una casa famiglia inssieme con iu fratellini. Un accorato appello con il quale si rivolge al Santo Padre e che ci è stato trasmesso dal suo legale, l’avvocato Angelo Pisani

“Santo Padre, Francesco Bergoglio,

sono la mamma di una delle due bimbe coinvolte negli stupri di Caivano. Lei potrà immaginare quanto tutto quello che è successo è stato devastante anche per me e per gli miei figli di cui mi hanno lasciato solo quello appena maggiorenne. Mia figlia si trova ora in una casa-famiglia da circa tre mesi, come anche gli due miei figli estranei all’orrore delle violenze . Il Tribunale dei minorenni, forse per il clamore mediatico che è seguito a questa orribile vicenda, ha però stabilito che anche gli altri miei due figli fossero collocati in una casa-famiglia. Ma non solo.

È stato disposto il blocco totale dei contatti, sia fisici che telefonici, tra me ed i miei figli. Io ho avuto un matrimonio sbagliato nel quale ho subìto e rischiato tanto. Ho subito le angherie e lo sfruttamento di mio marito nella consapevolezza che non potevo andare da nessuna parte con scarsa istruzione e senza un lavoro, senza neanche avere o sapere a chi poter chiedere aiuto . La disperazione non la si può spiegare a chi non l’ha provata. Vivere in un contesto sociale dal quale sai di non poter andare via e che non ti concede alternative è difficile da comprendere per chi non ne fa parte . Per dimenticare le pene nell’ultimo periodo mi ero rifugiata nell’alcol e me ne pento tanto, ora che fortunatamente ho avuto la forza di reagire . Ma non avevo davvero nulla altro per poter sopportare il degrado del luogo e la grettezza delle persone. Anche le Istituzioni si sono girate dall’altra parte, come la chiesa del paese, mai una parola di conforto, mai un abbraccio, nessun aiuto nonostante le mie richieste Ora solo grazie ai miei avvocati sono riuscita a fuggire da Caivano, ho fatto un percorso psicoterapeutico e medico che mi ha aiutato. Sono tornata dalla mia famiglia e vivo con mio padre e mia madre a Napoli . Anche il mio figlio maggiorenne è fuggito con me perché l’amore che ci lega è tanto. Non bevo più e sono fuori e mi sono allontanata da quell’inferno. Sono indirettamente vittima delle violenze fisiche fatte a mia figlia e al contempo oggi sono vittima di un sistema giudiziario che senza pensare anche i miei bisogni umani e di madre, e mi impedisce finanche di telefonare ai miei bambini. Io mi chiedo cosa ci sia di cristiano in questo forzoso allontanamento da loro. Anche una madre detenuta può vedere i propri figli. esistono procedure e modalità protette o assistite ma è disumano quanto imposto a me . Ed io non ho nemmeno avuto mai una denuncia. I miei avvocati, Angelo Pisani ed Antonella Esposito mi hanno difesa gratuitamente, hanno chiesto inutilmente a tutti di farmi almeno sentire in modalità protette i miei figli e mi stanno anche aiutando a scrivere in italiano questa lettera. Hanno presentato due istanze al Tribunale per i minorenni proprio per chiedere almeno la revoca di questo blocco totale. In che modo la telefonata o l’ abbraccio di una mamma può fare un danno ad un figlio ? Quanto devo pagare la mia sfortuna pur non avendo commesso, anche secondo la Giustizia, alcun reato? Io ho Fede. Ed anche la profonda convinzione che anche quello che ci sembra ingiusto nella vita quotidiana ha un suo disegno perfetto in Dio. Ho imparato che le cose negative spesso poi nel tempo si rivelano positive. Ed in questo riconosco appunto la Divina Provvidenza. Ho imparato a pregare affidandomi alla Sua volontà e non chiedendo più qualcosa che credo sia buono per me. Ma ora non sono così forte. E vacillo. Desidero parlare e vedere i miei figli. Se qualcuno un giorno deciderà che ho colpe e che devo pagarle sono pronta. Ho già pagato vedendo la mia bambina violentata. Ma non voglio che paghino anche i miei figli. Perché non riesco ad immaginare che anche questo possa essere buono. Santo Padre mi aiuti. Mi affido alle sue mani ed alla Sua Volontà. Chiedo aiuto per tutelare il diritto agli affetti e all’ amore che lega una madre ai figli indipendentemente dalla poverta’ e/o dalle difficoltà di vita. in fede, Palma.

 

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Tre allieve accusano di sessismo prof di Medicina

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Partita come una denuncia anonima, adesso tre specializzande della facoltà di Medicina di Palermo sono uscite allo scoperto e hanno denunciato con nome e cognome gli atteggiamenti sessisti nei loro confronti da parte di un primario del Policlinico universitario.

Il rettore Massimo Midiri – che qualche giorno fa aveva ricevuto la missiva priva di firme – ha trasmesso tutto al consiglio di disciplina che ascolterà, oltre alle tre ragazze, tutti i 19 specializzandi di chirurgia e il professore chiamato in causa. Se dalle audizioni scaturiranno ipotesi di reato, lo stesso consiglio si rivolgerà alla procura, alla quale Midiri aveva già spedito la lettera anonima ricevuta lo scorso venerdì. “Purtroppo – spiega il rettore – abbiamo avuto riscontri alla lettera anonima”.

Nella denuncia anonima si racconta, tra l’altro, che una specializzanda, durante la pausa pranzo, sarebbe stata accusata dal professore di voler andare in sala operatoria con un altro docente per interessi diversi da quelli professionali. Il professore avrebbe anche pronunciato commenti volgari sull’abbigliamento delle ragazze. Il docente sotto accusa, interpellato da Repubblica-Palermo che ha sollevato il caso, ha detto: “Non sono un mostro. Ho moglie e figli e sono dedito al mio lavoro”.

Soltanto un anno fa una dottoranda dell’università di Palermo denunciò sul blog di informazione Younipa un episodio di sessismo nell’ateneo, avvenuto nel precedente febbraio. La ragazza scrisse di essere in una lista di “studentesse dalle migliori prestazioni sessuali”, redatta da un dottorando di ricerca del dipartimento di Economia e diffusa attraverso delle chat whatsapp degli stessi dottorandi. La vicenda rientrò con le scuse pubbliche dell’autore dei commenti.

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Uguaglianza genere, 14enni italiani tra i più attenti

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Adolescenti italiani promossi in educazione civica: sono attenti all’uguaglianza di genere più dei loro coetanei di altri Paesi europei e del mondo, hanno atteggiamenti più favorevoli nei confronti dell’eguaglianza dei diritti dei migranti e sono molto sensibili ai temi ambientali, superando, in queste tematiche, perfino i giovani spagnoli, francesi e svedesi.

Le ragazze sono le più preparate, con un punteggio superiore rispetto ai maschi di 27 punti. I dati arrivano dell’Indagine Iea Iccs (International civic and citizenship education study) svoltasi nel 2022: si tratta dello studio internazionale più ampio mai condotto sull’educazione civica e alla cittadinanza, che ha coinvolto 22 Paesi nel mondo e a cui in Italia hanno partecipato 224 scuole, 2400 insegnanti e circa 4900 studenti. Gli studenti italiani hanno raggiunto un punteggio medio di 523, significativamente superiore, di circa 15 punti, alla media internazionale e il 70% di loro raggiunge almeno il livello B (in una scala da A a D) mentre solo l’1% non raggiunge il livello D. Gli studenti delle isole hanno risultati decisamente peggiori rispetto a quelli del centro nord.

La fotografia mostra inoltre che gli adolescenti italiani ‘masticano’ la politica, uno su due ne parla con i genitori, il 39% è interessato alle questioni politiche e sociali (contro il 30% della media internazionale) ma sono già sfiduciati. Otto su 10 di loro – contro il 74% a livello internazionale – si sono detti d’accordo sul fatto che la democrazia “è ancora la migliore forma di governo per il proprio paese”. E dichiarano di essere più propensi a partecipare alle elezioni in futuro rispetto alla media internazionale, seppure con un calo nel punteggio rispetto ai cicli precedenti.

Rispetto alle precedenti rilevazioni, poi, hanno perso fiducia soprattutto nei media tradizionali (-15%) e nel Parlamento (-10%). Appena il 36% ritiene infatti che i parlamentari sappiano dar voce agli interessi dei giovani (il 44% negli altri Paesi partecipanti allo studio) e ben il 70% è dell’opinione che i rappresentanti politici non si preoccupino abbastanza dei desideri della gente (la media negli altri Paesi si ferma al 62%). Anche in Italia si è verificata una diminuzione nell’uso della televisione come fonte di informazione (-6 punti percentuali rispetto al 2016), mentre l’uso di Internet per informarsi su temi politici e sociali è aumentato tra i giovani italiani di 8 punti percentuali. Gli studenti tredici-quattordicenni italiani, inoltre, si mostrano più aperti dei coetanei stranieri rispetto all’immigrazione.

Per loro infatti “i figli degli immigrati dovrebbero avere le stesse opportunità di studio degli altri bambini”, “dovrebbero avere l’opportunità di conservare i propri usi e costumi” e, “gli immigrati che vivono da diversi anni in un Paese, dovrebbero avere l’opportunità di votare alle elezioni”. In generale, svela infine la ricerca, sia in Italia che all’estero, laddove lo status socioeconomico familiare è più elevato, gli studenti hanno dimostrato una conoscenza civica mediamente più alta rispetto agli studenti con status socioeconomico più basso. Incidono molto anche il numero dei libri presenti a casa, il clima di apertura e discussione presente in classe e l’occupazione dei genitori; meno, invece, il livello di istruzione di mamma e papà.

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