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Cronache

Crollo Ponte Morandi, Autostrada dice che pagherà i 400 milioni della ricostruzione. Per ora

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Autostrade per l’Italia, concessionario autostradale italiano di proprietà del gruppo Atlantia controllato dalla famiglia Benetton,  pagherà per la ricostruzione del viadotto Morandi di Genova e i danni causati a famiglie e imprese dal crollo del ponte che aveva in gestione, tragedia in cui il 14 agosto scorso morirono anche 43 persone.
Lo dice il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli. Anzi, Toninelli dice che “Aspi ha comunicato al commissario Bucci l’impegno a pagare. Come avevamo detto non ricostruirà, ma pagherà. Ora andiamo avanti su ogni fronte, concessione compresa”. Fronte, quello della revoca della concessione, riaperto anche da Luigi Di Maio a margine della sentenza di Avellino di cui vi parliamo qui sopra: “Non so quanto tempo ci vorrà, ma le autostrade ce le riprendiamo”, ha scritto il vicepremier su Facebook, “è dalla caduta del Morandi che come governo stiamo lavorando per togliere le concessioni ad Autostrade” e alla fine “ce la faremo a spuntarla”.

Ministro delle Infrastrutture. Danilo Toninelli

 

Certo non sarà facile e il processo di revoca con mille complicazioni giuridiche (finora ministero e Aspi si sono scambiati delle lettere) non sarà indolore. Autostrade, infatti, ha solo fatto quel che disponeva il cosiddetto “decreto per Genova”: ha risposto entro 30 giorni alla lettera del commissario governativo alla ricostruzione, cioè al sindaco di Genova Marco Bucci, che le chiedeva di versare oltre 400 milioni di euro più Iva per pagare il “costo” del crollo (220 milioni per il nuovo viadotto, 72 per gli sfollati e via così). Peraltro, come spiegato in una nota dalla stessa società, Aspi ha risposto “esprimendo riserve sugli importi richiesti, proponendo le modalità di erogazione degli stessi e, ricevuto un riscontro da parte del commissario, riservandosi di portare all’approvazione del cda del 17 gennaio le suddette modalità”.

Il sindaco/commissario. Marco Bucci

Questa è la procedura per la ricostruzione individuata dal decreto e Autostrade si è adeguata, anche perché il ponte Morandi, che era sotto la sua gestione da decenni, è effettivamente crollato mettendo in ginocchio un’ intera città: l’ ultima cosa che vogliono i Benetton è la pessima pubblicità che deriverebbe dalla scelta di non pagare, tanto più che era un impegno a cui si erano detti disponibili fin dai giorni successivi alla tragedia. Quindi vittoria di Toninelli? È presto per dirlo, perché l’ arrendevolezza della concessionaria è solo apparente, anzi questa scelta è conseguente con le indicazioni in materia legale decise nel consiglio di amministrazione del 12 dicembre: Autostrade, “tenuto conto” dei pareri legali, ha infatti “autorizzato la presentazione del ricorso avverso il decreto” di nomina del commissario Bucci e “di alcuni decreti emessi dal commissario stesso”, ma ha deciso di non presentare richiesta di sospensiva per non rallentare la ricostruzione.
La decisione maggiormente contestata da Autostrade, a parte gli i 400 milioni chiesti da Bucci, è quella di vietarle la ricostruzione del nuovo viadotto sul fiume Polcevera, ricostruzione che dovrebbe gestire almeno come stazione appaltante a norme della concessione su quel tratto di autostrada (e la concessione non è stata ancora revocata).
Il commissario, seguendo il decreto, ha deciso invece di affidare il nuovo ponte al raggruppamento Salini Impregilo-Fincantieri-Italferr.
Se il giudice dovesse dar ragione ad Autostrade, e la cosa non è impossibile, quel che è uscito dalla porta delle richieste commissariali rientrerebbe, senza fretta, dalla finestra dei risarcimenti.

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‘Ndrangheta, il clan Briatico voleva uccidere carabiniere in mare

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Un carabiniere della Stazione di Briatico, nel Vibonese, era finito nel mirino del locale clan degli Accorinti-Melluso e la consorteria criminale aveva pianificato sin nei dettagli il suo omicidio. A svelarlo è stato oggi il collaboratore di giustizia, Antonio Accorinti, dell’omonimo clan di Briatico, deponendo dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia nel maxiprocesso nato dalle operazioni della Dda di Catanzaro denominate Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium.

Il militare dell’Arma, ad avviso del collaboratore, sarebbe stato inviso al clan poiché troppo ligio al proprio lavoro e doveva essere ucciso mentre era solito fare pesca subacquea in luoghi appartati della scogliera di Briatico. Un uomo del clan doveva immergersi in acqua ed eliminarlo, mentre successivamente un gommone con a bordo altri esponenti della consorteria criminale doveva prelevare il corpo e farlo sparire. “Ho poi riflettuto attentamente su tale programmato omicidio – ha dichiarato in aula il collaboratore Accorinti – e ho desistito poichè avendo già dei procedimenti penali in corso per aver offeso e minacciato in un’occasione tale carabiniere, in caso di un suo omicidio i sospetti delle forze dell’ordine sarebbero ricaduti subito su di me”.

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‘Truffa all’Inps’, arriva altra grana per Santanchè

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Potrebbe chiudersi nel giro di poco tempo l’udienza preliminare che si aprirà dopodomani a Milano in cui la ministra del Turismo Daniela Santanchè con altri due imputati, tra cui il compagno Dimitri Kunz, e due società rispondono di truffa aggravata all’Inps sul caso Visibilia. La procura contesta presunte irregolarità legate alla cassa integrazione ottenuta per 13 dipendenti durante il Covid con ingenti danni per l’istituto previdenziale che, in assenza di risarcimento, dovrebbe chiedere di essere parte civile e quindi presentare il conto.

Quello che prenderà il via tra due giorni è il secondo procedimento istruito dai pm milanesi Marina Gravina e Luigi Luzi e l’aggiunto Laura Pedio (ora procuratrice a Lodi) in cui la senatrice di Fdi rischia di finire a dibattimento. La scorsa settimana è cominciata l’udienza preliminare per false comunicazioni sociali a carico della parlamentare e altri 19 persone, anche giuridiche, e che pur procedendo spedita, dovrebbe terminare alla fine di novembre Il caso della presunta truffa, salvo imprevisti, avrà tempi più rapidi. Da quanto si è saputo la gup Tiziana Gueli, salvo particolari questioni o eccezioni, dovrebbe fissare un paio o forse tre udienze, essendo gli imputati in tutto cinque.

Quindi la decisione se accogliere o meno la richiesta di rinvio a giudizio della procura ed eventualmente, tramite il suo legale, di Inps non dovrebbe arrivare tra molto. Secondo la ricostruzione l’allora parlamentare di Fratelli d’Italia, Kunz e Paolo Giuseppe Concordia, collaboratore esterno con funzioni di gestione del personale di Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria – società del gruppo fondato dalla politica e dal quale nel 2022 è uscita – sarebbero stati consapevoli di aver richiesto e ottenuto “indebitamente” la cassa integrazione in deroga “a sostegno delle imprese colpite dagli effetti” della pandemia per 13 dipendenti. Le cui testimonianze, oltre agli esiti di una ispezione Inps e a una serie di accertamenti, sono state raccolte nel corso delle indagini: tutti, o quasi tutti, avrebbero confermato che la ministra sapeva.

Sarebbe stata a conoscenza del fatto che stavano continuando a lavorare mentre l’istituto previdenziale versava i fondi stanziati durante l’emergenza: oltre 126mila euro, per un totale di oltre 20mila ore. A Santanchè, così come agli altri due, viene quindi addebitato di aver “dichiarato falsamente” che quei dipendenti fossero in cassa “a zero ore”, quando invece svolgevano le “proprie mansioni” in “smart working”.

Nel mirino ci sono pure le integrazioni che sarebbero state date per compensare le minori entrate della Cig rispetto allo stipendio: una “differenza”, scrivono i pm, che sarebbe stata corrisposta con “finti rimborsi per ‘note spese e spese di viaggio'”. Ma non sono solo queste le grane che la ministra dovrà affrontare: la magistratura di Milano sta indagando, tra l’altro, sulle società ,sempre da lei create e che ha lasciato, del bio-food. In particolare Ki Group srl, fallita lo scorso gennaio. Per novembre è atteso il deposito della relazione del curatore fallimentare, dopo di che i pubblici ministeri decideranno come muoversi.

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Inchiesta corruzione Prato, processo immediato a ufficiale dei Carabinieri

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Giudizio immediato per il tenente colonnello Sergio Turini, ex comandante dei carabinieri di Prato, l’imprenditore pratese Riccardo Matteini Bresci, ad dell’azienda “Gruppo Colle”, e Roberto Moretti, titolare di un’agenzia investigativa a Torino. Per i tre, accusati, a vario titolo, di corruzione e accesso abusivo alla banca dati delle forze dell’ordine il processo si aprirà il prossimo 9 dicembre al tribunale di Prato, sede ritenuta competente dal gip perché nel Pratese sarebbero avvenuti i reati i reati più gravi contestati dalla procura di Firenze.

Il giudice ha accolto la richiesta della procura tuttavia gli imputati, che da giugno sono sottoposti alla misura cautelare attualmente degli arresti domiciliari, potranno chiedere di essere ammessi al patteggiamento o al rito abbreviato. Secondo l’accusa, Turini si sarebbe messo a disposizione di imprenditori amici, italiani e cinesi, accedendo abusivamente al sistema banca dati delle forze dell’ordine per fornire loro informazioni.

Almeno 99 gli accessi individuati, nel corso delle indagini. Avrebbe fornito a Matteini Bresci anche notizie su indagini, coperte da segreto, relative a dipendenti. In cambio, l’imprenditore avrebbe pagato un viaggio negli Usa al figlio del tenente colonnello e interceduto con il sottosegretario agli affari esteri Giorgio Silli (non indagato) perché si attivasse con il comando generale dell’Arma dei carabinieri per garantire la permanenza di Turini a Prato. Sempre il tenente colonello, secondo l’accusa, avrebbe procacciato clienti all’amico Roberto Moretti fornendogli informazioni ricavate abusivamente dalla banca dati in uso alle forze dell’ordine in cambio di vini pregiati.

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