La pandemia Covid “ha avuto un impatto anche nella gestione del diabete”, patologia di cui soffrono oltre 3,5 milioni di persone in Italia. Diminuiscono, infatti, i pazienti che tengono sotto controllo la malattia, misurando gli zuccheri nel sangue: ben 2 su 10 non lo hanno fatto per oltre un anno. A indicarlo sono i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, in vista della Giornata mondiale del Diabete che si celebra il 14 novembre, per ricordare la nascita di Frederik Grant Banting, scopritore dell’insulina, ormone e terapia ‘salvavita’ che cambiò la vita di milioni di persone. Nel 2020-21 in Italia, rileva la sorveglianza Passi a cura dell’Iss, ad avere una diagnosi di diabete era il 5% delle persone adulte, ma la prevalenza aumenta al crescere dell’età fino a raggiungere il 21% tra gli ultra 75enni. In generale è più frequente fra gli uomini che fra le donne (5,1% rispetto a 4,2%) e nelle fasce più svantaggiate: sfiora il 16% fra chi ha solo la licenza elementare e l’8% fra chi ha molte difficoltà economiche. Per gestire la malattia riducendo il rischio di complicanze è fondamentale monitorare l’emoglobina glicata, esame che misura la concentrazione di zuccheri nel sangue negli ultimi 3 mesi e serve a capire se il paziente riesce a tenere sotto controllo la malattia.
I dati mostrano come, di pari passo con la pandemia, sono aumentati coloro che lo hanno fatto meno spesso: nel 2020-21 la quota di pazienti che non lo ha fatto per più di un anno era salita dal 15% del 2019 al 25% del 2020, per poi attestarsi al 22% nel 2021 ma “senza tornare ai valori pre-pandemia”. Un intervistato su 5, infine, non conosce affatto questo tipo di esame. Poca attenzione c’è anche nei confronti dei rischi cardiovascolari: il 53% dei diabetici ha anche diagnosi di ipertensione (rispetto al 18% fra persone senza diabete), il 42% ha colesterolo alto (rispetto a 18%), il 70% è in sovrappeso (rispetto a 42%). Pochi inoltre sanno che chi ha il diabete, “se viene colpito da influenza ha un rischio triplo di ricovero, un rischio quadruplo di finire in terapia intensiva”, spiega Olga Eugenia Disoteo, coordinatore Commissione Diabete dell’Associazione Medici Endocrinologi (Ame). “Per questo raccomandiamo ai pazienti di vaccinarsi”.
La buona notizia, spiega Angelo Avogaro, presidente della Società italiana di Diabetologia (Sid) è che “la ricerca scientifica ha fatto fare negli ultimi anni passi da gigante alle terapie. Abbiamo oggi disponibili nuovi farmaci, che proteggono anche cuore e reni. Per evitare le complicanze della malattia, oltre a ridurre obesità e sedentarietà è fondamentale una presa in carico che assicuri a ogni paziente la terapia migliore”. Il diabete, che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms provoca ogni anno 1,5 milioni di decessi nel mondo, può colpire però anche i bambini. Per molto tempo l’età di insorgenza della malattia è stata considerata un fattore in grado di minacciare una vita lunga. In realtà, spiega Valentino Cherubini, presidente eletto della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (Siedp), “se la diagnosi è tempestiva e la malattia viene gestita al meglio, la durata della vita è uguale a quella delle persone sane”.