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Covid, con pandemia l’invecchiamento del cervello divenuto più rapido

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La pandemia potrebbe aver fatto invecchiare il cervello: ha accelerato il deterioramento della salute cerebrale anche di chi non ha mai contratto il virus. Lo rivela uno studio condotto presso l’Università di Nottingham e pubblicato su Nature Communications, basato su esami di risonanza effettuati prima e dopo la pandemia. Nel favorire il deterioramento cerebrale potrebbero aver inciso lo stress, l’isolamento e lo sconvolgimento globale conseguenti alle misure di distanziamento adottate per arginare i contagi. Il team ha esaminato le scansioni cerebrali di quasi 1.000 adulti sani, effettuate nell’ambito dello studio UK Biobank.

Alcuni partecipanti hanno fatto risonanze prima e dopo la pandemia, altri solo prima. Utilizzando tecniche avanzate di imaging e intelligenza artifciale (usando uno strumento sviluppato utilizzando scansioni cerebrali di oltre 15.000 individui sani), i ricercatori hanno stimato l'”età cerebrale” di ogni persona, ovvero l’età apparente del loro cervello rispetto alla loro età anagrafica. I risultati hanno dimostrato che le persone che hanno vissuto la pandemia hanno mostrato segni di invecchiamento cerebrale più rapido nel tempo rispetto alla velocità di invecchiamento cerebrale stimata con risonanze magnetiche effettuate prima della pandemia. I cambiamenti erano più evidenti negli anziani, negli uomini e nelle persone provenienti da contesti più svantaggiati.

Mentre però le modifiche cerebrali indicative di invecchiamento accelerato si riscontrano in tutti indipendentemente dall’infezione, i partecipanti che hanno avuto il Sars-CoV-2 tra una risonanza e la successiva hanno mostrato anche dei sintomi evidenti di invecchiamento, come un calo di alcune capacità cognitive, come la flessibilità mentale e la velocità di elaborazione. “Ciò che mi ha sorpreso di più è stato che anche le persone che non avevano avuto il Covid mostravano un aumento significativo dei tassi di invecchiamento cerebrale – sottolinea l’autore Ali Reza Mohammadi-Nejad. Questo dimostra davvero quanto l’esperienza della pandemia di per sé, dall’isolamento all’incertezza, possa aver influito sulla salute del nostro cervello”.

“La pandemia ha messo a dura prova la vita di tutti, specie dei più svantaggiati – sottolinea Dorothee Auer, autrice senior. Resta da verificare se i cambiamenti osservati saranno reversibili, cosa possibile, e questo è un pensiero incoraggiante”.

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Esteri

Cena di gala alla Casa Bianca: Musk e Ronaldo tra gli ospiti di Trump e del principe saudita Mohammed bin Salman

Elon Musk e Cristiano Ronaldo tra i cento ospiti della cena di gala organizzata da Donald Trump alla Casa Bianca in onore del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Presenti anche Infantino, Tim Cook e David Ellison.

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Elon Musk e Cristiano Ronaldo figurano nella lista dei cento ospiti selezionati per la cena di gala organizzata alla Casa Bianca dal presidente statunitense Donald Trump in onore del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Un evento di grande visibilità politica e mediatica che ha riunito alcune delle figure più influenti del mondo dello sport, della tecnologia e dell’economia globale.

La presenza dei big della tecnologia e dell’economia

Tra gli invitati anche David Ellison, nuovo presidente della Paramount, e Tim Cook, amministratore delegato di Apple. La loro partecipazione testimonia l’interesse delle grandi corporation statunitensi nei rapporti tra Washington e Riyad, soprattutto sul fronte tecnologico e delle produzioni industriali.

Sport e diplomazia nella stessa sala

Accanto ai magnati della Silicon Valley e ai vertici dell’industria americana erano presenti anche personalità di primo piano dello sport mondiale. Oltre a Cristiano Ronaldo, ha preso parte alla cena Gianni Infantino, presidente della FIFA, in un momento di intensi rapporti tra Arabia Saudita e mondo del calcio internazionale.

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Esteri

Trump annuncia: “L’Arabia Saudita sarà maggior alleato non-Nato degli Stati Uniti”

Durante una cena di gala alla Casa Bianca, Donald Trump annuncia che gli Stati Uniti designeranno l’Arabia Saudita come “maggior alleato non-Nato”, un titolo concesso finora a soli 19 Paesi.

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Durante una cena di gala alla Casa Bianca organizzata per il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato che Washington designerà l’Arabia Saudita come “maggior alleato non appartenente alla Nato”, uno status particolare previsto dalla legislazione americana e concesso finora solo a 19 Paesi.

Un titolo che rafforza la cooperazione tra Washington e Riad

Trump ha spiegato che la decisione punta a portare “la cooperazione militare a livelli ancora più elevati”, riconoscendo all’Arabia Saudita un ruolo strategico nei rapporti di sicurezza regionali e nel quadro della politica estera statunitense.
La designazione garantisce al Paese benefici specifici in termini di cooperazione militare, accesso a tecnologie e programmi di difesa, pur non implicando alcun obbligo di difesa automatica come previsto invece per gli alleati Nato.

Le parole del presidente americano

“Stasera sono lieto di annunciare che porteremo la nostra cooperazione militare a livelli ancora più elevati designando formalmente l’Arabia Saudita come maggior alleato non appartenente alla Nato”, ha dichiarato Trump.
Il presidente ha inoltre sottolineato che l’annuncio era stato mantenuto “segreto” fino alla serata: “Ve lo dico solo ora per la prima volta, perché volevano mantenere un piccolo segreto per stasera”.

Il contesto diplomatico

La scelta arriva in un momento di consolidamento dei rapporti tra Stati Uniti e Arabia Saudita, con focus su sicurezza regionale, cooperazione energetica e gestione dei dossier mediorientali.
La presenza di Mohammed bin Salman alla Casa Bianca conferma il ruolo centrale della monarchia del Golfo nelle strategie statunitensi.

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Esteri

Argentina, confermati i capi d’accusa per l’ex presidente Alberto Fernández

La Corte federale d’appello argentina conferma i capi d’accusa per Alberto Fernández, accusato di negoziazioni incompatibili con la funzione pubblica nella gestione delle polizze del settore pubblico. Embargo da 10 milioni di dollari e divieto di espatrio.

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La Corte federale di appello argentina ha confermato i capi d’accusa nei confronti dell’ex presidente Alberto Fernández, lasciandolo di fatto a un passo dal processo. Il provvedimento riguarda il presunto sistema di gestione irregolare dei contratti assicurativi del settore pubblico durante il suo mandato, tra il 2019 e il 2023.
La Corte ha convalidato il rinvio a giudizio senza detenzione preventiva per il reato di negoziazioni incompatibili con la funzione pubblica, fattispecie che prevede pene da uno a sei anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

L’embargo sui beni e le misure restrittive

I giudici hanno disposto un embargo fino a 10 milioni di dollari sui beni dell’ex capo di Stato e il divieto di lasciare il Paese senza autorizzazione. Misure che rispondono ai ricorsi presentati dalla difesa di Fernández e di oltre venti tra ex funzionari e imprenditori coinvolti nella stessa vicenda giudiziaria.

Il meccanismo contestato nella gestione delle polizze pubbliche

L’indagine riguarda un decreto firmato da Fernández nel dicembre 2021, che obbligava tutte le amministrazioni pubbliche a stipulare polizze assicurative esclusivamente tramite la compagnia statale Nación Seguros. La norma permetteva però anche l’intervento di assicurazioni private in regime di coassicurazione, con la possibilità di assegnare quote dei contratti a intermediari scelti senza gare pubbliche.
Secondo i magistrati, questo sistema avrebbe favorito un circuito di assegnazioni arbitrarie e commissioni elevate, al quale avrebbero preso parte intermediari indicati come vicini al vertice della struttura presidenziale.

Il ruolo di Héctor Martínez Sosa e le accuse sui flussi economici

Tra i principali beneficiari individuati dagli inquirenti figura Héctor Martínez Sosa, marito della segretaria privata dell’ex presidente. È accusato di aver ricevuto circa il 60% delle commissioni generate dal sistema di intermediazione.
Per la Corte, vi sono elementi che indicano una “partecipazione diretta” di Fernández nel meccanismo, motivo per cui autorizza il giudice federale Sebastián Casanello a proseguire verso il dibattimento, con ulteriori approfondimenti richiesti sui flussi di denaro.

Gli sviluppi giudiziari e le altre accuse pendenti

L’ex presidente, che finora non ha commentato la decisione, è imputato anche in un altro procedimento riguardante minacce e lesioni nei confronti dell’ex compagna Fabiola Yáñez. Con la conferma dei capi d’accusa nel caso Nación Seguros, il quadro giudiziario che coinvolge Fernández si fa ora più complesso e potrebbe sfociare in un processo nei prossimi mesi.

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