Ha debuttato ieri negli Stati Uniti la serie originale CNN “Searching for Italy”: il viaggio di Stanley Tucci alla scoperta delle tradizioni regionali della gastronomia italiana. In Europa la serie sbarcherà su Netflix nei prossimi mesi. Il primo dei sei episodi racconterà Napoli e la Campania; tra le eccellenze della nostra terra che saranno presentate al pubblico americano, non poteva mancare l’isola d’Ischia. Qui Tucci – attore americano dalle radici italiane e con una grande passione per la cucina – ha fatto visita alla storica trattoria “Il Focolare” della famiglia d’Ambra, per scoprire i segreti del coniglio all’ischitana, un piatto iconico per l’isola. “Tucci è un amante del coniglio, lo assaggia ovunque va”, racconta a Juorno.it Agostino d’Ambra, che dopo la recente scomparsa di papà Riccardo, istituzione del movimento Slow Food sull’isola e non solo, ha preso le redini in cucina. “Venne a trovarci dieci anni fa e rimase molto contento; si fermò a lungo a parlare in cucina con me, è un vero appassionato. Poi lo rincontrai per caso a New York e da lì è nata un’amicizia sincera”.
E proprio nell’annus horribilis del Covid-19 è arrivata la telefonata dalla CNN. “Stanley vuole raccontare i territori attraverso il cibo, spiegando che, dietro un piatto, si nasconde una cultura, i valori di un popolo. É venuto a settembre ed è rimasto qui per due giorni. Ha documentato una giornata estiva di intenso lavoro. Il giorno dopo invece abbiamo fatto un pranzo tutti insieme e ha constatato come dietro al coniglio ischitano si riunisce una famiglia, si trasmettono storie e racconti. Poi si è concentrato su di me e mi ha intervistato sull’esecuzione del coniglio, siamo stati due ore a parlare della storia, delle tradizioni, delle ricette”.

Il coniglio da fossa è una tradizione antichissima che era caratterizzata da una tecnica di allevamento molto particolare. I conigli erano allevati in alcune fosse scavate nel terreno, profonde dai tre ai cinque metri, dalle quali si diramavano dei tunnel scavati dai conigli dal foro di ingresso.“Noi stiamo lavorando nel tentativo di preservare questa tradizione, un metodo prettamente isolano che è quasi scomparso – spiega Agostino. La tecnica è legata ad almeno due motivi. Anzitutto, l’esigenza degli allevatori di avere terra vergine vicino ai terreni coltivati, per migliorarne la struttura e la resa; il sistema consentiva inoltre di ricreare un ambiente simile a quello naturale, garantendo una qualità delle carni maggiore rispetto a quelle di allevamenti più costrittivi.

La ‘ciurma’ d’Ambra
La forza della trattoria della famiglia d’Ambra – a cui già Gérard Depardieu aveva dedicato parte di un documentario alcuni anni fa – risiede nel rispetto delle tradizioni, senza avere però la presunzione di considerarsi migliori degli altri o depositari di verità assolute sulle ricette. “Ci tengo a precisare che, come per tutti i piatti della tradizione, anche per il coniglio all’ischitana non esiste una sola ricetta”, sottolinea lo chef del Focolare. “Secondo un piccolo censimento fatto da mio padre, sull’Isola il coniglio si cucina in trenta-trentacinque modi diversi. Gli ingredienti di base sono sempre quelli, cambiano le spezie. C’è chi usa l’aglio e chi la cipolla, che mette il basilico e chi il rosmarino, chi predilige la passata e chi i pomodorini freschi. A Tucci ho chiarito che la nostra ricetta non è l’unica o la più originale. Lui mi ha risposto che ha fatto riprese in tutto il mondo, ma era la prima volta che gli dicevano una cosa del genere”.

Riccardo d’Ambra
Riccardo d’Ambra, fondatore insieme alla moglie e agli otto figli della trattoria Il Focolare, è venuto a mancare lo scorso anno, a causa di un malore; il suo nome resterà però indissolubilmente legato all’isola d’Ischia. Riccardo è stato uno dei più importanti rappresentanti in Italia di Slow Food, la grande associazione internazionale no-profit impegnata nella difesa della biodiversità e nella promozione di un’idea di cibo prodotto nel rispetto dei lavoratori, dell’ambiente e delle tradizioni agricole ed enogastronomiche dei luoghi. “Papà ha sempre avuto una visione diciamo filosofica della vita e della cucina – confessa Agostino -. Non criminalizzava il discorso economico, però temeva che un sistema incentrato solo sul profitto potesse portarci a strappare la carta d’identità. Si è sempre speso per preservare la nostra identità, le nostre tradizioni. Era molto amico del fondatore di Slow Food Carlo Petrini. Ha portato avanti tante iniziative per difendere l’isola dall’omologazione del turismo di massa. Oggi noi lo sentiamo ancora qui con noi, e ogni giorno ci da la forza per continuare questo percorso”.

Agostino d’Ambra
Oggi è Agostino a perpetuare i valori di papà Riccardo e a proseguirne l’opera in cucina. “Oggi sono io il responsabile, ma non mi sento uno chef. Mi piace questo lavoro e la gente è contenta. Ho sei sorelle che lavorano in sala e il nostro segreto è litigare ogni cinque minuti. Amo la vita di trattoria, a contatto con la gente. La trattoria è casa mia, la mia vita e la mia anima stanno qua dentro. Chiunque viene qui è accolto come uno di famiglia. E questo è anche il senso del nome “Focolare”, che mamma e papà vollero dare al locale. Un aspetto, quello dell’ospitalità pura e disinteressata – conclude Agostino – che era per noi del Sud una prerogativa molto forte. Quel senso originario purtroppo si sta un po’ perdendo e Slow Food cerca di preservarlo. Oggi si parla di numeri, coperti fatti, fatturato. Ma per me il cibo è e sarà sempre calore, accoglienza, tradizione”.