“L’Italia è a un bivio, ecco perché mi candido. Per me essere progressista vuol dire mettere al centro della politica la giustizia sociale”. Lo diceva prima delle politiche l’economista Carlo Cottarelli, che stasera ha annunciato nel salotto di Fabio Fazio sulla Rai le sue dimissioni “senza ripensamenti”, la prossima settimana, da senatore del Pd. Non un cambio di casacca, facendo valere l’assenza di vincolo di mandato e trovando accoglienza (peraltro pare offerta da Renzi e Calenda ) in altri gruppi. Proprio un’uscita definitiva dal Palazzo, poichè l’Università Cattolica gli ha “chiesto di dirigere un programma per l’educazione delle scienze sociali ed economiche rivolto agli studenti delle scuole superiori”. Un incarico incompatibile con la carica di senatore a cui rinuncerà. Non è un fulmine a ciel sereno per i dem, avvertiti per tempo ma non prodighi di immediati commenti . Dopo il passaggio dal Pd a Italia Viva di Enrico Borghi, Cottarelli (che aveva sostenuto Stefano Bonaccini nella corsa per la segreteria del partito) aveva già espresso un disagio – anche in un’intervista al Corriere della Sera – che trova conferma nelle annunciate dimissioni e che ha una esplicita spiegazione: l’economista non si riconoscere nella linea dell’attuale leader, Elly Schlein, che ha informato martedì scorso insieme al capogruppo Boccia e al Presidente del Senato la Russa, mentre oggi c’è stato spazio per spiegare “ad una quarantina di persone” e per mandare un whatsapp a tutti.
“È giusto che quel seggio torni al Pd fra l’altro la prima non eletta è una persona molto brava, Cristina Tajani, che insegna al Politecnico di Milano, ed è anche abbastanza vicina all’area di Elly Schlien. Poi è una donna, si migliora anche la parità di genere”. “A me non sembra giusto cambiare partito – prosegue – io sono stato eletto nel proporzionale, la gente non ha votato il mio nome ma il partito. Mi sono state fatte offerte di spostarmi in altri gruppi, non dico quali, ma è abbastanza intuitivo: non sono di maggioranza né è il Movimento 5 stelle”.
Cottarelli cerca dunque di entrare nel merito della sua serena scelta: “Io stimo molto Schlein, sta facendo la cosa giusta nello spostare il Partito democratico più a sinistra, andando a rappresentare una parte sociale che forse adesso è poco rappresentata. La questione è la mia posizione : ci sono delle differenze che si sono create con il Pd, una di queste riguarda per esempio il ruolo che il merito deve avere nella società e nell’economia. Nel documento dei valori del Pd del 2008 il ruolo del merito era molto enfatizzato. Nei più recenti documenti, quello di gennaio e nella mozione di Schlein, è un po’ scomparso, addirittura si critica un po’ il criterio del merito”. “Credo sia importante che ognuno faccia al meglio quello che può fare, credo di poter essere più utile al Paese nel mio ruolo di grillo parlante, di divulgatore. Forse non è stato così in passato, ma c’è in questo momento storico un’estrema conflittualità fra minoranza e opposizione – ha spiegato l’economista parlando di ciò che l’ha deluso nella sua breve esperienza in Parlamento -: faccio qualche esempio, è prassi che le minoranze presentino degli emendamenti, io ho visto che sistematicamente sono rigettati. Tanto quanto, spesso le minoranze propongono emendamenti quasi solo per fare ostruzionismo. Mi aspettavo un atteggiamento meno conflittuale. Poi essere un uomo di parte dà meno credibilità alle cose che si dice”. Cottarelli ha cercato conforto nel suo mentore Enrico Letta, che lo aveva candidato: “Mi aveva consigliato di vedere qualcosa all’estero. Questa cosa è arrivata al momento giusto, è un programma a cui credo molto e può essere utile al Paese”.