Sofia, una neonata rapita ieri sera dalla clinica Sacro Cuore di Cosenza, è stata ritrovata dopo circa tre ore grazie all’intervento della Squadra Mobile e delle Volanti della Questura di Cosenza. La Polizia ha arrestato i responsabili del rapimento, una coppia composta da Rosa Vespa e suo marito Acqua Moses. Il capo della Squadra Mobile, Gabriele Presti, ha definito la bambina una “vittima casuale”, sottolineando che non c’erano legami tra la famiglia della piccola e i rapitori.
La dinamica del rapimento
Rosa Vespa, fingendosi una puericultrice e indossando una mascherina, si è introdotta nella stanza della madre di Sofia, convincendola con questa messinscena. La donna si è trattenuta a lungo nella clinica e, secondo le indagini, avrebbe stazionato nei pressi della struttura per ore nei giorni precedenti, forse per preparare l’azione.
Il marito, Acqua Moses, sembra essere rimasto ignaro dei dettagli del piano, ma le immagini delle telecamere di videosorveglianza mostrano una lite tra i due subito dopo il rapimento. Dalle registrazioni si intuisce che l’uomo si è reso conto che la moglie aveva prelevato una femminuccia invece di un maschietto, come loro avevano annunciato di aver avuto l’8 gennaio.
Le indagini e il ruolo della tecnologia
Le descrizioni fornite dai testimoni, l’utilizzo delle immagini di videosorveglianza e la profonda conoscenza del territorio da parte degli investigatori sono stati fondamentali per risolvere il caso in tempi rapidi. Secondo l’ispettore Claudio Sole, sono in corso ulteriori accertamenti per verificare eventuali sopralluoghi precedenti al rapimento e per chiarire la facilità con cui la coppia è riuscita a entrare e uscire dalla clinica.
Il ritorno a casa di Sofia
Sofia è stata riportata tra le braccia dei suoi genitori, provocando un momento di grande commozione. Il sindaco di Cosenza, Franz Caruso, ha visitato la famiglia e ha espresso la vicinanza della città: “La mamma è sotto choc, ma possiamo festeggiare un lieto fine grazie alla professionalità delle forze dell’ordine e ai sistemi di sicurezza della clinica, che dovremo comunque migliorare”.
Un episodio che ha scosso la comunità
Il rapimento di Sofia ha scosso profondamente la comunità di Cosenza. La Polizia di Stato, attraverso un post su X, ha commentato con soddisfazione l’esito dell’operazione: “Sofia è tornata tra le braccia di mamma e papà, protetta dai poliziotti della Questura di Cosenza”.
La coppia fermata aveva organizzato una festa in casa, dove Sofia era stata vestita con abiti maschili per mascherare l’identità della bambina. I parenti della coppia, secondo gli investigatori, erano del tutto ignari dell’accaduto.
Parole chiave SEO: rapimento neonata Cosenza, Sofia rapimento clinica Sacro Cuore, arresto rapitori neonata Cosenza, Rosa Vespa Acqua Moses, indagini Squadra Mobile Cosenza.
Il sequestro e il tempestivo intervento delle forze dell’ordine
Sofia, una neonata rapita ieri sera dalla clinica Sacro Cuore di Cosenza, è stata ritrovata dopo circa tre ore grazie all’intervento della Squadra Mobile e delle Volanti della Questura di Cosenza. La Polizia ha arrestato i responsabili del rapimento, una coppia composta da Rosa Vespa e suo marito Acqua Moses. Il capo della Squadra Mobile, Gabriele Presti, ha definito la bambina una “vittima casuale”, sottolineando che non c’erano legami tra la famiglia della piccola e i rapitori.
La dinamica del rapimento
Rosa Vespa, fingendosi una puericultrice e indossando una mascherina, si è introdotta nella stanza della madre di Sofia, convincendola con questa messinscena. La donna si è trattenuta a lungo nella clinica e, secondo le indagini, avrebbe stazionato nei pressi della struttura per ore nei giorni precedenti, forse per preparare l’azione.
Il marito, Acqua Moses, sembra essere rimasto ignaro dei dettagli del piano, ma le immagini delle telecamere di videosorveglianza mostrano una lite tra i due subito dopo il rapimento. Dalle registrazioni si intuisce che l’uomo si è reso conto che la moglie aveva prelevato una femminuccia invece di un maschietto, come loro avevano annunciato di aver avuto l’8 gennaio.
Le indagini e il ruolo della tecnologia
Le descrizioni fornite dai testimoni, l’utilizzo delle immagini di videosorveglianza e la profonda conoscenza del territorio da parte degli investigatori sono stati fondamentali per risolvere il caso in tempi rapidi. Secondo l’ispettore Claudio Sole, sono in corso ulteriori accertamenti per verificare eventuali sopralluoghi precedenti al rapimento e per chiarire la facilità con cui la coppia è riuscita a entrare e uscire dalla clinica.
Il ritorno a casa di Sofia
Sofia è stata riportata tra le braccia dei suoi genitori, provocando un momento di grande commozione. Il sindaco di Cosenza, Franz Caruso, ha visitato la famiglia e ha espresso la vicinanza della città: “La mamma è sotto choc, ma possiamo festeggiare un lieto fine grazie alla professionalità delle forze dell’ordine e ai sistemi di sicurezza della clinica, che dovremo comunque migliorare”.
Un episodio che ha scosso la comunità
Il rapimento di Sofia ha scosso profondamente la comunità di Cosenza. La Polizia di Stato, attraverso un post su X, ha commentato con soddisfazione l’esito dell’operazione: “Sofia è tornata tra le braccia di mamma e papà, protetta dai poliziotti della Questura di Cosenza”.
La coppia fermata aveva organizzato una festa in casa, dove Sofia era stata vestita con abiti maschili per mascherare l’identità della bambina. I parenti della coppia, secondo gli investigatori, erano del tutto ignari dell’accaduto.
Claudia Villafañe e le figlie Dalma e Giannina sono arrivate a Roma direttamente da Buenos Aires per partecipare al processo che vede imputato l’ex manager di Diego, Stefano Ceci. Le tre donne, costituite parte civile, sono state ascoltate per oltre due ore dal giudice del tribunale monocratico di piazzale Clodio.
L’intervista contestata e le frasi ritenute diffamatorie
Il procedimento nasce da un’intervista del 30 ottobre 2021 in cui Ceci, parlando delle dispute sui diritti di immagine del Pibe de Oro, aveva definito alcuni familiari “parassiti”, “miserabili” e aveva raccontato episodi che la famiglia ritiene completamente falsi, come: “Lui era sul letto, morto, e c’era chi gli svuotava il frigorifero”.
Parole durissime che hanno spinto la famiglia a rivolgersi alla magistratura italiana.
La replica di Claudia Villafañe: “Ha detto solo menzogne”
In aula, Claudia ha parlato con grande fermezza: “Ha detto solo falsità. Sono accuse terribili che ci hanno fatto molto male”.
Ha poi risposto all’accusa di aver sottratto oggetti del campione: “Quando io e Diego ci siamo separati, le sue cose sono rimaste in casa mia e un giudice argentino le ha riconosciute come mie. Non ho venduto nulla”.
La testimonianza di Dalma e Giannina
Le due figlie hanno raccontato di aver scoperto solo dopo la morte del padre l’esistenza di un contratto tra Maradona e Ceci per i diritti di immagine: “Ci disse di aver messo da parte soldi per noi eredi, ma non abbiamo mai visto nulla”.
Hanno precisato di essere indipendenti economicamente: “Non abbiamo bisogno dei soldi di papà. Ma lui fa affermazioni senza alcuna prova”.
Una vicenda che riapre ferite ancora vive
Il giudice dovrà ora stabilire se le dichiarazioni dell’ex manager costituiscano diffamazione. Intanto il processo riporta al centro dell’attenzione la memoria di Diego Armando Maradona, ancora oggi al centro di dispute, racconti e contestazioni che continuano a generare dolore nella sua famiglia.
Gianfranco Marcello è il nuovo direttore del carcere di Secondigliano
Gianfranco Marcello, già direttore degli istituti di Benevento e Ariano Irpino, è il nuovo direttore del carcere di Napoli Secondigliano. L’USPP gli augura buon lavoro e chiede collaborazione per affrontare le criticità del personale di polizia penitenziaria.
Gianfranco Marcello, già al vertice delle case circondariali di Benevento e Ariano Irpino, è stato nominato nuovo direttore del carcere di Napoli Secondigliano. Figura di lunga esperienza nell’amministrazione penitenziaria, Marcello si è distinto nel corso della carriera per competenze operative e attenzione costante ai temi della sicurezza.
Gli auguri e le richieste dell’USPP
L’USPP ha accolto la nomina con un messaggio di benvenuto, augurando al nuovo direttore «i più sinceri auguri» e auspicando una collaborazione proficua con la polizia penitenziaria e le organizzazioni sindacali. Il sindacato ha sottolineato l’importanza di affrontare «con la massima trasparenza» le problematiche che riguardano il personale, convinto che solo «un confronto sereno e costruttivo» possa garantire condizioni di lavoro adeguate e la tutela della dignità professionale degli agenti.
Le priorità in uno degli istituti più complessi d’Italia
Con la direzione di Secondigliano, Marcello assume la guida di uno degli istituti penitenziari più grandi e complessi del Paese, un carcere dove le sfide legate alla sicurezza, alla gestione interna e alle condizioni del personale richiedono equilibrio, fermezza e capacità di coordinamento. Le aspettative sono alte, ma l’esperienza maturata negli anni rappresenta una solida premessa per affrontare questo nuovo incarico.
Camorra 2.0 nel Nolano: l’ingegnere del clan imponeva consulenze e controllava le compravendite
L’indagine nel Nolano rivela un nuovo sistema di estorsioni “2.0”: un ingegnere del clan imponeva consulenze e progetti nelle compravendite immobiliari. Emersa anche una rete criminale sul gioco online.
L’indagine nel Nolano rivela un nuovo sistema di estorsioni “2.0”: un ingegnere del clan imponeva consulenze e progetti nelle compravendite immobiliari. Emersa anche una rete criminale sul gioco online.
Suggerimento immagine (corpo 3)
Foto dell’ingresso del Tribunale di Napoli o immagine generica delle forze dell’ordine durante un’operazione, senza volti riconoscibili.
Camorra 2.0 nel Nolano, l’ingegnere del clan imponeva consulenze obbligate
Dal ‘porta a porta’ al metodo professionale
Niente più estorsioni tradizionali, ma un sistema “sofisticato”, che si infiltra nell’economia attraverso professionisti. È quanto emerso dall’indagine sulla camorra nel Nolano: un giovane ingegnere, rampollo del clan, utilizzava il proprio studio tecnico per imporre consulenze e progetti nelle compravendite e nelle pratiche edilizie. «Un metodo aggiornato di estorsione», ha spiegato il procuratore di Napoli Nicola Gratteri. Non richieste esplicite di denaro, ma l’obbligo di ingaggiare lo studio del clan per qualsiasi operazione immobiliare.
Pressioni anche sulla Curia di Nola
Il sistema era così radicato da coinvolgere anche la Curia di Nola. Quando l’ente ecclesiastico decise di vendere un terreno, fu costretto a subire la pressione dell’ingegnere legato al clan Russo. Un controllo capillare, silenzioso e costante, che permetteva all’organizzazione di orientare affari e transazioni sul territorio.
L’alleanza criminale tra Russo e Licciardi
Il procuratore aggiunto Sergio Ferrigno ha sottolineato come l’indagine abbia rivelato una collaborazione strategica tra i Russo del Nolano e i Licciardi, parte dell’Alleanza di Secondigliano. L’asse criminale si concretizzava soprattutto nel settore del gioco d’azzardo. I due clan gestivano piattaforme online, reti di agenti e centri scommesse clandestini. Chi non pagava la quota dovuta veniva minacciato.
Scommesse online e struttura capillare
Secondo gli investigatori, il sistema era ormai industriale: siti dedicati, raccolta delle giocate fuori dai circuiti legali, gestione dei profitti e redistribuzione interna. Un giro d’affari enorme, controllato dai vertici clanici e protetto da una rete di intermediari.
Indagini su Caf e pratiche dei migranti
L’inchiesta non è chiusa. Restano accesi i fari su un Centro di Assistenza Fiscale e sulle pratiche relative ai migranti, che potrebbero nascondere ulteriori infiltrazioni criminali.
Un territorio che non denuncia
«L’agro Nolano è solo apparentemente tranquillo», ha detto il maggiore Andrea Coratza, comandante del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna. «La realtà è che nessuno denuncia». Un silenzio che permette alla camorra di radicarsi, evolversi e controllare interi settori dell’economia locale.