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Corsa aperta per il dopo Boris, Sunak e Wallace in pole

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 Il giovane banchiere di origini indiane che gli ha voltato le spalle nel momento fatale e l’ex ufficiale dell’esercito di Sua Maesta’ prestato alla politica che gli e’ rimasto leale fino in fondo pur essendo per carattere tanto diverso da lui. Sono Rishi Sunak e Ben Wallace – rispettivamente ex cancelliere dello Scacchiere e titolare della Difesa in carica – i primi candidati a prendere quota nella corsa, ancora apertissima, per la successione a Boris Johnson come leader Tory e futuro primo ministro britannico dopo l’annuncio del passo indietro a cui un recalcitrante BoJo e’ stato infine costretto ieri, fra venti di crisi globali e contraccolpi di scandali a ripetizione. Lasciata la guida del partito di maggioranza, ma deciso a restare premier per diverse settimane finche’ i Tories non avranno eletto un nuovo (o una nuova) leader, Johnson ha provveduto oggi a nominare qualche altro sottosegretario facente funzioni dopo le dimissioni a raffica dei giorni scorsi, impegnandosi a stare nei limiti degli affari correnti. Mentre ha cercato di allontanare l’ultima coda polemica sulla sua premiership spostando l’annunciata festa di matrimonio fissata per fine luglio con la first lady Carrie (dopo quella ridimensionata il giorno del si’, nel 2021, a causa della pandemia da Covid) dalla residenza ufficiale dei Chequers a una qualche location privata. Il clima resta pero’ instabile e molti non si fidano: dagli avversari interni piu’ agguerriti, che gli vorrebbero veder passare le consegne per la transizione – destinata a durare come minimo un mesetto, al massimo fino a ottobre – allo sbiadito vicepremier Dominic Raab; fino all’opposizione laburista di Keir Starmer, intenzionata a far votare alla Camera dei Comuni una mozione di sfiducia contro tutto il governo prima della pausa estiva che scatta il 22 luglio se Johnson non sloggera’ “subito” da Downing Street. Mozione con poche chance di passare e condurre a quelle elezioni anticipate che nel caos attuale Starmer – scagionato dalla polizia assieme alla sua vice Angela Rayner nell’indagine su un mini Partygate in salsa Labour che in caso di multa avrebbe obbligato entrambi a dimettersi, per coerenza con le accuse rinfacciate allo “svergognato Boris” – si dice fiducioso di poter vincere; ma che puo’ senz’altro mettere in imbarazzo il gruppo di maggioranza e sotto tiro l’intera parrocchia Tory, se questa fosse costretta al sostegno parlamentare di facciata a un primo ministro in via di liquidazione pur di evitare le urne anzitempo. La vera partita, in ogni modo, resta affidata per ora al risultato della sfida per il dopo Boris. Con 10 o 12 fra pretendenti dichiarati e potenziali che i bookmakers iniziano ora ad allineare ai nastri di partenza, in attesa che il Comitato 1922, sinedrio interno dei Tories, fissi e acceleri lunedi’ il calendario delle votazioni. Una corsa a eliminazione spietata in cui Ben Wallace, che non viene dalla corrente dei brexiteer ma che si e’ costruito in questi anni una fama di fedelissimo di Johnson dal volto affidabile, parte in pole position: senza aver mai mostrato finora il carisma e neppure le ambizioni del leader a tutto tondo, e tuttavia forte del ruolo di responsabile della Difesa e garante della continuita’ della linea della fermezza fra gli alleati occidentali contro l’invasione russa dell’Ucraina. Alle sue spalle provano a farsi largo in molti. Dalla ministra degli Esteri Liz Truss, super falco incline alla gaffe; al suo predecessore Jeremy Hunt, ex Remainer che piace all’ala piu’ moderata e meno euroscettica; al presidente della commissione Esteri della Camera anti-johnsoniano Tom Tugendhat, anche lui ex militare (e anche lui ex Remainer, sebbene semi-pentito), noto per i ricorrenti proclami quasi da dichiarazione di guerra contro Cina o Russia, in ascesa malgrado il vulnus d’essere il primo aspirante premier della storia britannica senza alcuna esperienza di governo o persino di governo ombra. Secondo nei favori del pronostico e’ comunque Rishi Sunak, 42 anni, sceso in campo oggi con tanto di hashtag (Ready4Rishi, Pronti per Rishi) e di slogan: “Restauriamo la fiducia, ricostruiamo l’economia, riunifichiamo il partito”. Oltre che con un video nel quale cerca di riverniciarsi come leader in erba serio e competente: pro Brexit ma pragmatico, nuovo quanto a radici etniche ma gradito alla City, e in qualche modo redento dal coinvolgimento in prima persona nel Partygate assieme a BoJo o dalla vicenda delle esenzioni fiscali (legali) accordate a sua moglie, figlia di uno dei magnati piu’ ricchi dell’India. Nel video Sunak non nega “le sfide immense” che il Regno ha dinanzi, date le tendenze interne e internazionali, promettendo di essere “onesto” con la gente e di mettere da parte “le favole confortanti” per evitare che “i nostri figli vivano domani peggio di noi”. Le favole di affabulatori come il suo ex boss Boris Johnson, evidentemente.

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Zelensky ringrazia il Senato americano: un aiuto vitale

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ringraziato il Senato americano per aver approvato 61 miliardi di dollari in aiuti militari ed economici al suo Paese. “Sono grato al Senato degli Stati Uniti per aver approvato un aiuto vitale per l’Ucraina”, ha scritto Zelensky sui social media poco dopo l’ok al massiccio pacchetto di aiuti per Kiev.

“Ringrazio il leader della maggioranza Chuck Schumer e il leader repubblicano Mitch McConnell per la loro forte leadership nel portare avanti questa legislazione bipartisan, così come tutti i senatori degli Stati Uniti su entrambi i lati della navata che hanno votato a favore”, ha continuato il presidente ucraino. “Apprezzo ugualmente il sostegno del presidente Biden e non vedo l’ora che il disegno di legge venga firmato presto e che il prossimo pacchetto di aiuti militari corrisponda alla risolutezza che vedo sempre nei nostri negoziati”, ha aggiunto Zelensky. “Le capacità a lungo raggio, l’artiglieria e la difesa aerea dell’Ucraina sono strumenti fondamentali per ripristinare prima la pace giusta”, secondo il presidente. Gli Stati Uniti sono stati il principale sostenitore militare di Kiev nella sua guerra contro la Russia, ma il nuovo pacchetto di aiuti che include forniture militari vitali era rimasto bloccato per mesi al Congresso americano. L’esercito ucraino si trova ad affrontare una grave carenza di armi e di nuove reclute, mentre Mosca esercita una pressione costante da est.

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Mosca, annullata la marcia della Vittoria

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Mosca e altre città russe hanno annullato la marcia della Vittoria del 9 maggio per ragioni di sicurezza. Lo ha riferito la Tass citando la co-presidente del quartier generale del movimento Elena Tsunayeva. “A causa delle minacce esistenti alla pubblica sicurezza, il quartier generale del Reggimento Immortale russo ha deciso di annullare la marcia del Reggimento Immortale del 2024”, ha spiegato Tsunayeva in conferenza stampa aggiungendo che quest’anno i festeggiamenti del 9 maggio assumeranno la forma di altri eventi.

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Cina: infondate le accuse Usa di supporto militare a Mosca

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La Cina ha definito “infondate le accuse degli Usa sul sostegno militare” di Pechino alla Russia, impegnata nella sua guerra contro l’Ucraina. E’ quanto ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin, nell’imminenza della visita del segretario di Stato americano Antony Blinken.

Gli Stati Uniti, ha aggiunto Wang nel briefing quotidiano, “hanno presentato una legge sugli aiuti su larga scala per l’Ucraina, lanciando allo stesso tempo accuse infondate contro il normale commercio tra Cina e Russia. Questo tipo di approccio è estremamente ipocrita e del tutto irresponsabile, e la Cina vi si oppone con fermezza”. Sulla questione ucraina, “la Cina ha sempre mantenuto una posizione obiettiva e giusta, ha sostenuto attivamente i colloqui di pace e ha spinto per la soluzione politica”, ha rincarato Wang, per il quale Pechino “implementa costantemente le normative sull’esportazione di beni a duplice uso.

La Cina non è né artefice né parte della crisi ucraina e non ha mai gettato benzina sul fuoco e per questo con accetteremo che altri scarichino la responsabilità o diano la colpa a noi”. Negli ultimi anni, in particolare dall’aggressione di Mosca all’Ucraina di febbraio 2022, Cina e Russia hanno intensificato la cooperazione economica e i contatti diplomatici, portando la loro partnership strategica a livelli elevati, mai raggiunti prima. Pechino ha rivendicato un ruolo neutrale nel conflitto ucraino, ma evitato condanne di Mosca e ha offerto sostegno diplomatico ed economico, facendo schizzare l’interscambio commerciale nel 2023 al record di 240 miliardi di dollari.

Prima dell’imminente visita in Cina del 24-26 aprile, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha detto che Pechino sta indirettamente alimentando la guerra in Ucraina con la fornitura di componenti a Mosca usati per espandere le sue capacità militari. “Quando si tratta della base industriale della difesa russa, il principale contributore in questo momento è la Cina”, ha detto Blinken venerdì, dopo l’incontro ministeriale del G7 a Capri, aggiungendo che ciò “permette alla Russia di continuare l’aggressione contro l’Ucraina”.

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