“Prima di qualunque domanda, lasciatemi dire un paio di cose per favore”. Prego professore. “Siamo in pandemia. Abbiamo decine di migliaia di morti. Molti altri, soprattutto le persone più fragili, in serio pericolo di vita.
Abbiamo centinaia di migliaia di contagiati che dobbiamo curare. Non c’è Paese al mondo che può considerarsi immune dalla propagazione del contagio da Covid-19. Erano ridicoli quei paesi che chiudevano le frontiere in faccia all’Italia pensando che il virus chiedesse il permesso di ingresso. E poi…”. E poi? “Cerchiamo di fare una buona comunicazione scientifica in questo momento difficile per l’intera umanità: smettiamola con il terrorismo psicologico ed interrompiamo questa sequela di notizie gonfiate su farmaci risolutivi di ogni male, che diventano miracolosamente vaccini e altre cose che vanno bene per i titoli dei giornali ma non aggiungono nulla al lavoro enorme che tanti colleghi ricercatori e medici stanno facendo nei laboratori per arrivare al vaccino e, cioè, a quel farmaco specifico per combattere e vincere contro questo nemico subdolo e spesso anche mortale che si chiama Covid-19”.
Il professor Antonio Giordano, napoletano, direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine alla Temple University di Filadelfia e Direttore del Centro di Biotecnologia nel College of Science and Technology, mette subito i paletti alla conversazione con un gruppo di giornalisti collegati via Skype da Rio de Janeiro, da News York, da Madrid, Shangai e Napoli con il suo ufficio di Filadelfia. I temi che affronteremo, noi come Juorno.it da Napoli ma anche gli altri giornalisti, sono quelli della lotta alla rapidissima pandemia di Covid-19. Siamo in un territorio inesplorato per tutti.

Professore se le dico che l’impressione è che voi scienziati sembrate brancolare nel buio, lei si offende?
Chi fa ricerca non si offende. Poi quel termine, brancolare, non è affatto offensivo. Gli scienziati brancolano perchè sono sempre alla ricerca della verità scientifica. A breve ci lasceremo il buio alle spalle e come comunità scientifica daremo risposte scientifiche alla pandemia con la messa a punto e la produzione di un farmaco specializzato a neutralizzare il covid -19.
Il vaccino…
Non ho detto il vaccino. Ho detto un farmaco. Poi ci vorranno alcuni mesi perché il farmaco per sconfiggere questo virus possa essere sperimentato per avere le risposte su sicurezza ed efficacia sull’uomo. Prima di arrivare ad un vaccino occorre seguire percorsi di sperimentazione seri che hanno tempi e procedure che non possono essere saltati. Poi, se tutto andrà bene, si potrà andare in produzione e si arriverà alla somministrazione del vaccino ad un essere umano.
Va bene professore, e quando potremo parlare di vaccino? Quando avremo un vaccino per il covid -19?
Lo avremo quando sarà sicuro e saremo certi che il farmaco che i ricercatori stanno testando è efficace sull’uomo. Bisogna parlare di un vaccino e fare previsioni su quando potrà essere utilizzato su larga scala esclusivamente quando se ne sarà dimostrata l’efficacia almeno su animali che hanno un sistema di riposta immune simile a quella dell’uomo. Ipotesi se ne possono fare a iosa sui vaccini.

Professore, in Italia, come in altri paesi, vengono usati alcuni farmaci che sembrano efficaci a curare le infezioni polmonari causate dal covid-19 che spesso si rivelano letali. Che opinione ha lei sull’uso di questi farmaci non specifici?
Finché non ci sarà un vaccino ci si dovrà concentrare su qualunque strumento efficace per combattere il virus. Ci sono ottimi medicinali già approvati per altri usi e ora in sperimentazione nei pazienti Covid-19. Sono promettenti.
Professore lei conosce farmaci che fanno un eccellente lavoro contro il coronavirus?
Se lei vuole parlare di miracoli, noi che siamo Napoletani, ci possiamo concentrare su San Gennaro. Ma siccome parliamo di pazienti covid-19 e siccome parliamo di migliaia di persone che muoiono ogni giorno, allora mi lasci parlare di un farmaco che da secoli è quello sicuramente più efficace in attesa del vaccino.
Prego, di che cosa parliamo?
Delle misure di distanziamento sociale adottate in Italia. Qui in America le chiamiamo in altro modo, ma il concetto è sempre lo stesso: noi siamo i vettori del contagio. Se ci fermiamo, se ci teniamo a distanza gli uni dagli altri per evitare che i contagiati possano contagiare, il virus si ferma evitando i danni devastanti che ha già prodotto su scala mondiale. Mi permetta, però, di fare un plauso alle autorità italiane per aver preso decisioni coraggiose subito e di averle mantenute. In Europa l’Italia è sotto questo profilo un Paese serio, rigoroso, che ha sempre detto parole di verità su questa pandemia. L’Italia ne uscirà prima di tutti e sarà una guida per tutti. Apprezzabili anche i comportamenti degli italiani. Non è facile in un mondo globalizzato chiudere in casa 60milioni di italiani, non inquadrabili o riducibili a regole ferree come i cinesi. Sono stati encomiabili finora e devono continuare su questa strada. Bisogna tenere duro. So che il Governo italiano manterrà il lockdown almeno fino a Pasqua. Bene, vuole dire che gli esperti della commissione scientifica hanno stimato necessarie ancora queste misure. Seguite le regole e ne trarrete giovamento.

Professore, com’è la situazione negli Usa? Il presidente Donald Trump qualche settimana fa diceva che il Covid 19 era un raffreddore più forte, ora invece stima tra i 100 e i 200mila morti. Qual è la situazione, quali previsioni si fanno sull’andamento dell’epidemia? E i “travel advisory” di cui parla Trump per dissuadere gli spostamenti rappresentano un provvedimento sufficiente?
Negli Stati Uniti i numeri aggiornati di contagi e decessi parlano di oltre 160mila persone colpite e oltre 3mila decessi. I numeri sono grandi, ma consideriamo che il territorio degli Stati Uniti è circa 50 volte quello italiano e la popolazione circa 6 volte maggiore. Non è semplice fare previsioni attendibili sull’andamento dell’epidemia nelle prossime settimane: bisogna considerare che ciascuno stato degli Stati Uniti agisce autonomamente, sebbene secondo le direttive del governo federale, ma comunque gestisce in maniera autonoma le misure da adottare. In virtù di questa considerazione, ma anche in base ad altri fattori quali la densità di popolazione, ciascuno stato presenta una curva di crescita epidemica con tempi diversi e quindi quando si parla di crescita di casi negli Usa si deve andare a zone. Ad esempio, ora è in forte crescita epidemica la zona nord est degli Usa, maggiormente lo Stato di New York, sebbene il focolaio sia originato sulla costa ovest. L’andamento dell’epidemia dipenderà anche dall’adeguatezza delle misure che ciascuno stato prende per far fronte a questa emergenza. Per quanto riguarda i “travel advisory”, il presidente Trump non può legalmente imporre la quarantena ai singoli stati, potere che hanno invece dei rispettivi governatori. Trump può stabilire delle regole per quanto riguarda i trasporti su tutto il territorio. Per cui siamo di fronte a raccomandazioni, piuttosto che a restrizioni. A mio avviso la gestione della pandemia è meno restrittiva rispetto a quanto si sta facendo in Italia (e soprattutto in Cina). E visto che il fattore di contenimento degli spostamenti individuali è, come le dicevo, l’unica misura efficace per contenere i contagi credo che assisteremo ad una crescita di casi davvero elevata, probabilmente ancora più drastica che in Italia. Inoltre c’e’ da considerare che negli Usa c’e’ stato un forte ritardo nella risposta, dovuto alla iniziale carenza di kit diagnostici, e conseguentemente al ritardo di attivazione di risposte adeguate.

Professore, lei è in contatto continuo anche con l’Italia: che differenze ci sono tra l’andamento della malattia nel nostro Paese e negli Stati Uniti? E come legge i dati italiani?
L’andamento della malattia negli Stati Uniti sembra abbastanza coerente con quello che osserviamo in italia: si assiste ad una drastico incremento dei casi nelle aree ad alta densità di popolazione, che sono poi quelle dove si sono innescati i focolai. E poi si assiste ad una diffusione in altre aree prevalentemente dovuta al fattore “spostamento”: si pensi ad esempio alle “fughe” dal nord Italia verso altre regioni, ed ora assistiamo qui ad una “migrazione” di popolazione da NY verso le aree non colpite o meno colpite. Inoltre per fare ulteriori confronti dobbiamo anche dire che sebbene gli Stati Uniti dichiarino di aver effettuato finora più di 800.000 test, il numero più alto al mondo, i numeri in rapporto alla popolazione sono tuttavia inferiori a quelli fatti in Italia, dove si valuta che siano stati effettuati un numero di test circa 3 volte superiore. Secondo i dati elaborati dalla task force governativa che studia la pandemia si prevede che il picco dei casi di positività supererà il milione, e che i decessi possano essere dai 100.000 ai 200.000. L’andamento delle curve di contagio in Italia e negli Stati Uniti sembrano simili, sebbene quella italiana dovrebbe essere più attendibile, dal momento che i test sono iniziati immediatamente. Per quanto riguarda i dati italiani, sebbene i numeri siano ancora molto elevati, sembrerebbe che si inizi a percepire una leggerissima flessione delle curve di contagi, che lascerebbe intravedere dei piccoli spiragli, ma a questo punto sarebbe veramente prematuro e incosciente allentare le restrizioni. Negli Stati Uniti siamo ancora nella fase iniziale e si prospettano dure settimane a venire.
Professore in Italia c’è un protocollo firmato tra ricercatori napoletani e l’Aifa (Agenzia italiana per i farmaco) per sperimentare gli effetti di un farmaco, il Tocilizumab, sui pazienti covid. Sembra che ci siano ottimi riscontri. La sua università, la Temple University, è centro pilota del Governo Federale in Pennsylvania nella lotta al covid 19. Anche negli Usa sperimentate farmaci per salvare vite in attesa del vaccino?
Mi lasci dire che sono contento che i ricercatori napoletani sono impegnati in questa sperimentazione. Molti sono persone che conosco e stimo. Quanto agli Usa, anche qui ci sono vari farmaci in sperimentazione che possono produrre eccellenti effetti nella cura dei pazienti. Se lei ha pazienza glieli elenco.

Certo che sì, la prego.
C’è il Sarilumab che è un farmaco contro l’artrite reumatoide. Selezionato per l’ingresso in clinical trials, per pazienti ospedalizzati con COVID-19 acuta. È un anticorpo Monoclonale che può avere un ruolo nel promuovere l’eccessiva risposta infiammatoria nei polmoni dei pazienti con severa o critica COVID-19.
Poi c’è il Losartan. Questo farmaco viene utilizzato per trattare l’ipertensione e anche per diminuire il rischio di infarto in persone con patologie cardiache. Appartiene alla categoria di antagonisti del recettore di angiotensina II. Previene il restringimento dei vasi sanguigni, favorendo la diminuzione della pressione sanguigna e migliorando il flusso sanguigno.
Ancora c’è un farmaco che si chiama Resmedavir sviluppato per combattere Ebola. Viene utilizzato in centinaia di pazienti con COVID-19 negli Usa e anche in Europa. Sono state riportate evidenze di beneficio, ma nessun dato concreto. C’è poi la idrossiclorochina, un farmaco antimalarico. Sui benefici di questo farmaco c’è molta discussione. Il farmaco potrebbe danneggiare il cuore del paziente, ed esistono relazioni di segnalati casi di avvelenamento in persone che si sono auto-medicate.
C’è ancora il mRNA-1273. Questo è un vaccino sviluppato da scienziati del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) in collaborazione con una company di Biotecnologie con base in Massachusetts. Il vaccino dirige le cellule dell’organismo a produrre una proteina virale che si spera possa indurre una robusta risposta immunitaria. E poi il Convalescent Plasma. Il sangue dei pazienti sopravvissuti contiene anticorpi che potrebbero neutralizzare il coronavirus. Dati preliminari su 5 pazienti in Cina mostrano risultati incoraggianti.
Professore, lo so che a lei non piace la domanda, ma la gente si chiede una cosa sola: quando sarà pronto il vaccino per sconfiggere questo covid19?
Credo di avere già risposto. Il vaccino sarà pronto quando sarà sperimentato, testato e sarà perfetto per l’essere umano. Ci sono una marea di eccellenti ricercatori che ci lavorano e state certi che anche questa sfida sarà vinta.