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Cronache

Corleone, intimidazioni e tentativi di estorsione alle sorelle Napoli: arrestate tre persone

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Per tentativo di estorsione nei confronti delle sorelle Napoli, Irene Gioacchina e Marianna, e della madre Gina La Barbera di Mezzojuso, i carabinieri, coordinati dalla Procura di Termini Imerese, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, disposta dal gip, nei confronti di tre persone: Simone La Barbera detto ‘il lungo’, Antonino Tantillo detto ‘Nene” e Liborio Tavolacci. Le donne, proprietarie di un terreno a Corleone (Pa), da oltre dieci anni denunciano intimidazioni e minacce per costringerle a cedere l’attivita’ agricola di produzione di foraggio e cereali.

Le indagini furono avviate tre anni fa dopo le denunce delle donne; gli investigatori appurarono che la recinzione attorno al podere fu piu’ volte tagliata per introdurre animali con lo scopo di danneggiare il raccolto, inoltre in tre occasione fu rotto il lucchetto del casolare e furono uccisi due cani. Pur ritenendo provato il tentativo di estorsione, la Procura aveva chiesto l’archiviazione non avendo raccolto elementi nei confronti degli indagati. Le indagini sono state riaperte in seguito alla denuncia per calunnia presentata da Simone La Barbera contro le sorelle Napoli; gli inquirenti hanno svolto cosi’ degli approfondimenti anche attraverso intercettazioni raccogliendo le prove che inchioderebbero La Barbera e i suoi complici. Secondo quanto accertato dalle indagini nel dicembre del 1998, Antonino Tantillo avrebbe teso un agguato a Irene e Gioacchina Napoli bloccando l’automobile; scese dal mezzo furono prese a colpi di pietre. All’aggressione avrebbe assistito Epifanio Mastropaolo, attuale sindaco a Godrano (Pa), che convinse le sorelle Napoli a non denunciare Tantillo, portandole da Nicola La Barbera detto “Don Cola”, boss poi defunto, che ordino’ la cessazione delle invasioni nei terreni delle donne. I danneggiamenti, secondo le indagini, ricominciarono dopo la morte del boss.

Chi ha dato una grande mano alle sorelle Napoli è stato sicuramente il giornalista Massimo Giletti. Forse l’unica trasmissione di approfondimento giornalistica quella di Giletti (Non è la Rai) che non ha mollato mai di un centimetro la battaglia di queste tre donne.

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Cronache

La piccola orsa trovata in Molise ha completato lo svezzamento

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L’orsetta Nina, trovata a maggio da sola nei pressi di Pizzone (Isernia) è stata trasferita in un ambiente più simile alle condizioni naturali in cui dovrà vivere una volta libera. Lo ha reso noto il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, con un post sui canali social. “Nina era stata trovata nei pressi di Pizzone (Isernia) all’inizio di maggio – si legge nel post – allevata con l’obiettivo di essere reintrodotta in natura non appena le condizioni lo permetteranno. Sabato scorso, i tecnici del Parco, biologi e veterinari, hanno provveduto a trasferire Nina in una nuova struttura.

L’orsetta ha completato con successo lo svezzamento, seguendo il protocollo sviluppato con il supporto di esperti internazionali, sia europei sia nordamericani. Ora può vivere in un ambiente più adatto alle sue esigenze attuali, molto più simile a ciò che incontrerà una volta tornata libera. Si tratta di un ampio recinto immerso nella natura, dove potrà continuare a crescere e prendere peso”. Nel post si ricorda anche che il nome dato all’orsetta “è stato selezionato dopo il concorso lanciato in occasione della seconda edizione della giornata dedicata all’orsa Amarena. Abbiamo deciso di accogliere la proposta degli studenti dell’Istituto Comprensivo “Gesuè” di San Felice a Cancello (Caserta), che hanno suggerito proprio il nome Nina”.

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Cronache

Omicidio Giulia Tramontano, legali di Impagnatiello: nessun agguato, fu un errore dettato dal narcisismo

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Non un agguato pianificato, ma un delitto “maldestro”, frutto di “errori” e di una personalità narcisistica incapace di sopportare il crollo della propria immagine. È questa la linea della difesa di Alessandro Impagnatiello, l’ex barista dell’Armani Café condannato all’ergastolo per l’omicidio della compagna Giulia Tramontano, incinta al settimo mese, assassinata a Senago il 27 maggio 2023.

Mercoledì si apre il processo d’appello davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Milano. L’avvocata Giulia Geradini, che difende l’imputato, chiederà di riformare la sentenza di primo grado, sostenendo che l’omicidio non fu premeditato ma la conseguenza tragica di una relazione doppia che Impagnatiello “avrebbe voluto interrompere”, ma che non è riuscito a gestire, sopraffatto dalla necessità di preservare un’immagine pubblica costruita con cura.

Le richieste della difesa: escludere le aggravanti

La difesa punta a escludere le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, non riconosciute dal gip Angela Laura Minerva già nella convalida del fermo, e chiederà il riconoscimento delle attenuanti generiche. Se accolte, queste richieste potrebbero ridurre la condanna a 30 anni.

Secondo l’avvocata, non ci sarebbe “alcuna prova” di un omicidio studiato nei dettagli: la dinamica sarebbe invece “grossolana e maldestra”, come dimostrerebbe il modo in cui Impagnatiello ha cercato di disfarsi del cadavere — bruciandolo con alcol e benzina — e di simulare la scomparsa della 29enne per quattro giorni, spostandone il corpo tra il box, la cantina e l’auto prima di abbandonarlo in un’intercapedine.

L’accusa: 37 coltellate e un corpo dato alle fiamme

La ricostruzione fatta dalla Corte in primo grado parla di 37 coltellate inferte tra le 19.05 e le 19.30 del 27 maggio. Un gesto di violenza estrema, seguito dal tentativo di cancellare ogni traccia, mentre il corpo della giovane, scopertasi poco prima tradita da una collega del compagno, veniva occultato per giorni.

A sostenere l’accusa in aula sarà la sostituta procuratrice generale Maria Pia Gualtieri, che si opporrà alla richiesta della difesa e chiederà la conferma dell’ergastolo.

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Attentati a commissariato e caserma CC per vendetta, un arresto

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Arrestato il presunto autore degli attentati incendiari avvenuti a febbraio scorso nelle sedi della compagnia carabinieri di Castel Gandolfo e del commissariato di polizia di Albano Laziale, vicino Roma. I carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Frascati, del ROS, e gli agenti della Digos di Roma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Velletri su richiesta della Procura, nei confronti di un 34enne di origine egiziana, regolare sul territorio nazionale e con precedenti di polizia. E’ accusato di strage politica, ovvero commessa allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato. Il movente sarebbe legato a un rancore profondo e persistente nei confronti delle forze dell’ordine locali, maturato nell’ambito di vicende personali.

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