I cori razzisti negli stadi. La sentenza della Corte di Appello del Tribunale di Milano, quella che assolve la politica leghista Galli che aveva scritto “Forza Vesuvio” su Fb, raffredda gli entusiasmi di quanti pensavano (e pensano) sia necessario stroncare queste offese con pene severe. Purtroppo domenicalmente continuano questi cori offensivi, soprattutto verso i napoletani. Il contenuto è sempre lo stesso: discriminazioni su base territoriale. La giustizia sportiva commina pene pecuniarie alle squadre che ospitano i razzisti che ululano o ragliano dagli spalti le offese. L’associazione Noi Consumatori è da tempo impegnata a chiedere il risarcimento dei danni ai razzisti per insegnare loro valori come la legalità. Ed è per questo che, Angelo Pisani, il presidente della battagliera associazione dei consumatori con sede principale a Napoli ma addentellati su tutto il territorio nazionale, chiede a tutti i tifosi “che nel corso di eventi sportivi sono stati o saranno vittime di offese denigratorie e ingiustificabili di matrice chiaramente razzista, nella forma di striscioni o cori discriminatori e beceri mostrati negli stadi e pertanto diffusi anche dalle telecamere tramite tv ed internet con inevitabile effetto divulgativo di massa, di rivolgersi a NoiConsumatori per richiedere un risarcimento monetario per la lesione personale all’immagine subita, lo sdegno provato, e le ferite morali causate da tale atto”.
I referti arbitrali sono l’atto di accusa. Alcuni striscioni razzisti esposti contro Napoli e i napoletani
L’iniziativa, che per i temi in oggetto, assume anche carattere sociale, viene lanciata a seguito del procedimento avviato contro la società Juventus FC Spa, con richiesta risarcimento per danni personali e patrimoniali, diretti e indiretti, subiti da alcuni cittadini e tifosi napoletani nel corso della partita Juventus-Napoli svoltasi il 29 settembre 2018 all’Allianz Stadium. Durante l’evento sportivo succitato, causa l’assenza di qualunque forma di vigilanza o intervento da parte degli organismi e della federazione preposti e responsabili del controllo, ma soprattutto della società Juventus gestore dello stadium di Torino, la tifoseria juventina esponeva striscioni e intonava cori denigratori, razzisti, ingiustificabili nei confronti della città di Napoli e dei napoletani. Nella fattispecie i testi oggetto di accusa recitavano: “Lavali, lavali, lavali col fuoco o Vesuvio lavali col fuoco”; “Abbiamo un sogno nel cuore, Napoli usa il sapone”. I messaggi, palesemente violatori di ogni principio e regola di buon senso, educazione, grazie alla diffusione attraverso i media, raggiungevano le case anche di tutti i telespettatori, assumendo quindi carattere di propaganda anche mediatica di idee razziste. Com’è noto dai diversi organi di stampa, e a conferma di quanto riportato negli atti legali della causa risarcitoria, a causa di quanto verificatosi la Juventus FC S.p.A. è stata già sanzionata dal Giudice Sportivo che ha disposto il pagamento di un’ammenda di 10.000 euro e la chiusura per un turnodella tribuna Sud, poi aggravata a due dopo il respingimento del ricorso avviato dalla società bianconera. Eppure, in sede civile ed in fase di tentativo di mediazione e conciliazione tra le parti proposto dall’avvocato Pisani prima di un iter giudiziario, la società bianconera rifiutava qualunque responsabilità e respingeva la pretesa risarcitoria dichiarando che “la Juventus FC S.p.A non risponde, sotto il profilo civilistico, dei cori intonati dai tifosi”, rinnegando quindi la normativa vigente e la giurisprudenza oramai formatasi in materia e contravvenendo inoltre anche alla nuova normativa antiviolenza che ritiene responsabili le società calcistiche per tutti i fatti illeciti che hanno luogo in occasione di eventi calcistici della propria squadra.
Carlo Ancelotti. Più volte il tecnico del Napoli ha fatto appelli pubblici a stroncare la barbarie degli insulti con pene severe
Ma l’avvocato Pisani intende tornare alla carica, anche portando come prove i filmati dell’inchiesta di Report, quella di Federico Ruffo, “in cui chiaramente si evince che talvolta, certi striscioni vergognosi, come quello contro i morti di Superga, sono entrati grazie alla complicità di funzionari della società che hanno omesso di vigilare” spiega Pisani. Non solo, “sempre a supporto di nuove citazioni con richieste di risarcimento danni, saranno strutturate anche con le dichiarazioni di campioni dello sport come mister Carlo Ancelotti che pubblicamente hanno di fatto sposato la nostra azione legale, come si può evincere dall’intervento del grande allenatore contro il razzismo nel calcio . Questi sono uomini da esempio soprattuto per i più giovani e che rappresentano lo sport dei valori, naturalmente hanno sposato la nostra battaglia di civiltà e quindi li considereremo insieme a tutti gli sportivi che dovrebbero seguirli senza indugio dei nostri testimonial per la battaglia contro il razzismo sportivo e contro la violenza e nostro teste nel contenzioso giudiziario contro tutti i responsabili” spiega Pisani. “Indicheremo, se necessario e se possibile, mister Ancelotti e Mourinho testimoni nelle cause in Tribunale per far raccontare ai giudici la verità e il vero calcio, perchè si possa vincere contro il marcio che c’è purtroppo nel calcio”.
“Pertanto dopo la causa contro la Sampdoria e Atalanta citeremo anche Ancelotti come teste proprio nella ultima causa contro la Juventus FC S.p.a per gli striscioni e i cori denigratori dell’ultima partita disputata all’Allianz Stadium tra Juventus e Napoli ed a lui chiederemo di raccontare, anche come ha vissuto in campo, l’illegittima condotta di un gruppo di razzisti juventini diversi dai tifosi, quelli veri ed educati ai valori dello sport”.
Un giorno di sospensione delle lezioni per permettere agli alunni musulmani di festeggiare il Ramadan ha diviso la popolazione di Pioltello, un comune connotato da una forte presenza islamica alle porte di Milano, dopo la decisione del consiglio scolastico dell’Istituto comprensivo Iqbal Masih di chiudere la scuola il prossimo 10 aprile, giorno in cui si festeggia la conclusione della ricorrenza islamica. Nel mirino è finito il dirigente scolastico Alessandro Fantoni, a cui sono arrivate minacce e insulti, e che oggi “ha paura”. A sollevare il polverone è stata l’eurodeputata Silvia Sardone (Lega), che ha definito la decisione “preoccupante”, mentre per la sindaca di Pioltello Ivonne Cosciotti (Pd) si tratta di “un atto di civiltà”.
A porre fine alla polemica sarà una verifica decisa dal ministro all’Istruzione Giuseppe Valditara, il quale oggi ha invitato tutti a “una maggiore serenità”, definendo “scomposte le dichiarazioni di alcuni esponenti del Pd” e spiegando che “l’ufficio scolastico regionale valuterà se le decisioni prese dall’istituto siano coerenti o meno con la legge”. Non è tardata la risposta della senatrice dem Simona Malpezzi: “da tre giorni la destra sta minando la serenità di una scuola, Valditara trova il tempo di fare il bullo con l’opposizione?”. A Pioltello la vicenda dell’istituto Iqbal Masiq, un complesso con tre sedi distaccate da 1300 studenti a maggioranza islamica, intitolato al dodicenne pakistano ucciso nel 1995 per il suo impegno contro lo sfruttamento del lavoro minorile, è al centro della discussione, con opinioni nettamente contrapposte a prescindere dal credo religioso.
“Sono contenta della decisione – afferma una nonna, italiana e cattolica – i musulmani rispettano i nostri 15 giorni di festa a Natale, non vedo perché noi non possiamo rispettare la loro per un giorno”. “È una bravissima persona, siamo contenti della decisione”, hanno commentato alcune mamme musulmane, a sostegno del dirigente scolastico. Di diverso avviso è un’altra mamma, anche lei musulmana: “Non sono assolutamente d’accordo, i figli devono andare a scuola. Se vuoi che tuo figlio faccia il Ramadan, lo lasci a casa e stai a casa tu. Chiudere la scuola per gli altri bambini non è giusto”.
Piuttosto arrabbiato anche un nonno: “io non ce l’ho con i musulmani ma con gli italiani e cattolici che si sono permessi di prendere questa decisione, perché penalizzare gli altri bambini?”. Lontano dal complesso scolastico, nelle vie del centro dove negozi etnici e macellerie islamiche proiettano nel cuore del sentire musulmano, sono invece pochi a voler parlare. Tra questi Nasser, originario del Bangladesh, contento della decisione della scuola. “Noi qui siamo il 50% della popolazione – ha spiegato – ho cresciuto i miei figli nel rispetto di tutte le religioni, siamo in Italia e dobbiamo rispettare regole e tradizioni, ma cosa può causare un giorno di chiusura per la nostra festa?” Sono diversi studenti della scuola secondaria di primo grado, senza alcuna distinzione, giovanissimi italiani e stranieri, islamici e non, ad avere invece le idee molto chiare: “è solo un giorno, non capiamo che problema ci sia, solo perché lo dice Salvini?”.
Otto anni di reclusione. Li ha chiesti la Procura di Roma nei confronti dell’ex presidente della Camera Gianfranco Fini, imputato assieme alla compagna Elisabetta Tulliani, per l’opaca operazione di compravendita, che risale al 2008, di un appartamento a Montecarlo, lasciato in eredità dalla contessa Annamaria Colleoni ad Alleanza Nazionale. I pm Barbara Sargenti e Maria Teresa Gerace hanno sollecitato una pena a 9 anni per la compagna dell’ex segretario di An, e a 10 anni per il fratello Giancarlo Tulliani. Chiesti 5 anni per il padre Sergio.
Nel processo si contesta il solo reato di riciclaggio dopo che nell’udienza del 29 febbraio scorso i giudici della quarta sezione collegiale avevano dichiarata prescritta l’accusa di associazione a delinquere, fattispecie contestata ad altri imputati ma non a Fini. La decisione dei giudici è legata alla esclusione dell’aggravante della transnazionalità. In aula, durante la requisitoria, era presente l’ex presidente della Camera. “Era scontato che la pubblica accusa chiedesse la condanna – ha commentato – continuo ad avere fiducia nella giustizia e ciò in ragione della mia completa estraneità rispetto a quanto addebitatomi”.
Poco prima dell’intervento della Procura ha chiesto di rilasciare una breve dichiarazione Elisabetta Tulliani. Parole con le quali ha sostanzialmente ‘scaricato’ il fratello. “Ho nascosto a Gianfranco Fini la volontà di mio fratello di comprare la casa di Montecarlo. Non ho mai detto a Fini la provenienza di quel denaro, che ero convinta fosse di mio fratello – ha affermato visibilmente commossa la donna -. Il comportamento spregiudicato di mio fratello rappresenta una delle più grandi delusioni della mia vita. Spero di avere dato con questa dichiarazione un elemento per arrivare alla verità”.
L’Avvocatura dello Stato ha chiesto, dal canto suo, l’assoluzione per Fini. Inizialmente il procedimento vedeva coinvolte anche altre persone, tra cui il ‘re delle Slot’ Francesco Corallo e il parlamentare Amedeo Laboccetta. Per loro la decisione dei giudici del 29 febbraio ha fatto scattare la prescrizione delle accuse. Secondo l’iniziale impianto accusatorio dei pm della Dda capitolina gli appartenenti all’associazione a delinquere mettevano in atto, evadendo le tasse, il riciclaggio di centinaia di milioni di euro. Quel fiume di denaro, una volta ripulito, è stato utilizzato da Corallo per attività economiche e finanziarie ma anche, è la convinzione degli inquirenti, in operazioni immobiliari che hanno coinvolto i membri della famiglia Tulliani.
Gli accertamenti della Procura hanno riguardato, quindi, anche l’appartamento di Boulevard Principesse Charlotte, finito poi nella disponibilità Giancarlo Tulliani che attualmente vive a Dubai. L’appartamento monegasco, secondo quanto accertato, sarebbe stato acquistato da Tulliani junior grazie ai soldi di Corallo attraverso due societa’ (Printemps e Timara) costituite ad hoc. Il coinvolgimento di Fini nell’inchiesta è legato proprio al suo rapporto con Corallo. Un rapporto, per la procura, che sarebbe alla base del patrimonio dei Tulliani.
Quest’ultimi, in base a quanto accertato dagli inquirenti, avrebbero ricevuto su propri conti correnti ingenti somme di danaro riconducibili a Corallo e destinati alle operazioni economico-finanziarie dell’imprenditore in Italia, Olanda, Antille Olandesi e Principato di Monaco. ”Questa vicenda – affermò Fini nell’udienza del marzo del 2023 – è stata la più dolorosa per me: sono stato ingannato da Giancarlo Tulliani e dalla sorella Elisabetta. Solo anni dopo ho scoperto che il proprietario della casa era Tulliani e ho interrotto i rapporti con lui. Anche il comportamento di Elisabetta mi ha ferito: ho scoperto solo dagli atti del processo che lei era comproprietaria dell’appartamento e poi appresi anche che il fratello le bonificò una parte di quanto ricavato dalla vendita. Tutti fatti che prima non conoscevo”. La sentenza è attesa per il prossimo 18 aprile.
Si è avvalso della facoltà di non rispondere il sostituto procuratore antimafia Antonio Laudati nell’interrogatorio in procura a Perugia nell’ambito dell’indagine sui presunti accessi abusivi alle banche dati del suo ufficio compiuti dal tenente della guardia di finanza Pasquale Striano. Fascicolo nel quale è indagato lo stesso Laudati. Lo ha riferito il difensore del magistrato uscendo dal palazzo di giustizia.
(Nella foto in evidenza il procuratore Raffaele Cantone)