La probabilità dei terremoti nei Campi Flegrei aumenta con il sollevamento del suolo: lo indica l’analisi di 20 anni di dati relativi alla deformazione e alla sismicità registrati nella caldera condotta dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) tra il 2000 e il 2023 e pubblicata sulla rivista Communications Earth & Environment.
La ricerca, osserva l’Ingv, “ha una valenza essenzialmente scientifica, priva al momento di immediate implicazioni in merito agli aspetti di protezione civile”. I dati provengono dall’analisi dei segnali geofisici registrati ai Campi Flegrei dalle reti di monitoraggio dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv, sulla base dei quali la situazione è descritta “in un modo il più possibile obiettivo e neutro attraverso un’analisi matematica rigorosa dei dati”, osserva il coordinatore della ricerca Augusto Neri. “Attraverso questa analisi – prosegue – è possibile rappresentare, seppur in termini sintetici e approssimati, il comportamento del vulcano ed evidenziare i suoi cambiamenti nel tempo col fine ultimo di migliorare la comprensione del suo funzionamento”.
Lo studio indica che “su scala decennale il sollevamento del suolo segue un andamento parabolico con un’accelerazione media di circa 0,7-0,8 centimetri l’anno con riferimento alla stazione Gnss del Rione Terra di Pozzuoli, al centro della caldera”, rileva il primo autore dello studio, Andrea Bevilacqua. “L’andamento temporale del tasso di terremoti è invece sovra-esponenziale, ovvero più rapido di un andamento esponenziale”. Non si tratta comunque di andamenti costanti nel tempo, ma “soggetti a oscillazioni di varia frequenza” i cui periodi variano da un minimo di 2-5 mesi a 1,5-3 anni.
La relazione tra deformazione del suolo e numero di terremoti registrati è diversa, quindi, da quella lineare osservata nella crisi bradisismica del 1982-1984 e diventata più forte a partire dal 2020 circa, ovvero con l’avvicinarsi del sollevamento della caldera alla quota massima raggiunta durante la crisi del 1982-1984. “La relazione spiega come mai il sollevamento della caldera registrato negli ultimi anni è stato accompagnato da una più intensa attività sismica rispetto agli anni precedenti”, osserva Neri. Un comportamento, aggiunge, che “può essere interpretato come un progressivo deterioramento delle proprietà meccaniche della crosta più superficiale dei Campi Flegrei”.
Anche dopo la pubblicazione, che si ferma ai dati del 2023, lo studio è stato aggiornato e i dati relativi a fine ottobre 2024 “confermano che gli andamenti e le relazioni individuate nel periodo 2000-2023 sono tuttora valide”, osserva Flora Giudicepietro, coautrice dello studio. “Questo significa – prosegue – che al crescere della velocità di sollevamento aumenta anche la probabilità di terremoti nei Campi Flegrei nei mesi successivi”. Un’altra implicazione è che,” qualora tali andamenti continuassero con le stesse caratteristiche nel futuro, un ulteriore sollevamento della caldera potrebbe essere associato a tassi di attività sismica superiori a quelli registrati nel 2023, come già avvenuto nel maggio 2024. Questo scenario – conclude la ricercatrice – rappresenta una possibile evoluzione futura qualora la crisi bradisismica attualmente in corso dovesse perdurare. D’altra parte, è anche possibile che il processo di sollevamento del suolo flegreo si attenui nel tempo, e questo comporterebbe anche una riduzione dell’attività sismica”.