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Contro l’impotenza che colpisce 3 milioni di maschietti italiani niente più pillola blu ma terapie hi tech, bio-film e gel per risentirsi un po’ Rocco Siffredi

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Contro la disfunzione erettile, che in Italia riguarda circa 3 milioni di uomini, la nuova frontiera sono le terapie Hi-tech all’avanguardia prescritte sempre più spesso dagli specialisti e che si avviano a soppiantare le ‘vecchie’ pillole dell’amore. Cure che, oltre a ridurre il rischio di contraffazione, sono anche piu’ sicure e gradite ai pazienti. L’indicazione arriva dagli esperti della Societa’ italiana di andrologia (Sia). Dalle onde d’urto ai biofilm e gel, queste terapie si stanno dimostrando sempre piu’ efficaci. Uno studio Sia in corso di pubblicazione sulle onde d’urto a bassa intensita’ e indolori dimostra, infatti, che il 70% dei pazienti che non rispondono alle pillole migliora e il 28% torna a una funzione erettile completamente normale. Lo conferma anche una delle piu’ ampie ricerche sul tema – una recente revisione dei principali studi clinici condotti dal 2010 al 2018 su oltre 800 pazienti – che mostra come la velocita’ del flusso ematico all’organo dopo onde d’urto sia piu’ che quadruplicata. “Le onde d’urto, gia’ note per il trattamento della calcolosi, – sottolinea il presidente Sia Alessandro Palmieri – negli ultimi anni sono sotto i riflettori della comunita’ scientifica perche’ potrebbero sostituire l’azione ‘on demand’ dei farmaci a favore di un risultato duraturo contro l’impotenza”.

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‘Micha’, lo chef del Maido di Lima che ha conquistato il mondo

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Da qualche ora Mitsuharu ‘Micha’ Tsumura, lo chef che nel 2009 ha fondato nel quartiere Miraflores di Lima, la capitale del Perù, il ristorante Maido, che ha vinto il 50 Best Restaurant, è di gran lunga il peruviano più celebre del paese sudamericano. Arrivare primi nella classifica annuale dei cinquanta migliori ristoranti al mondo, stilata dal mensile britannico Restaurant basandosi su un sondaggio che coinvolge chef, ristoratori, cultori e critici internazionali, non è poca cosa ma, a questo, bisogna aggiungere che la culinaria in Perù è considerata una cosa seria sin dai tempi di Gastón Acurio, altro grande chef peruviano e, per questo, a Lima, televisioni, radio e siti web non parlano d’altro.

Nato a Lima nel 1981, in una famiglia di origine giapponese, l’infanzia di “Micha” come lo conoscono tutti in Perù, è trascorsa tra due culture che avrebbero profondamente segnato la sua visione della cucina: quella ereditata dalla famiglia e quella vissuta nelle strade di Lima. Formatosi in arti culinarie e gestione di alimenti e bevande negli Stati Uniti, “Micha” è poi andato ad Osaka, in Giappone, dove ha lavorato in ristoranti tradizionali come Seto Sushi, specializzato in sushi, e Imo to Daikon, dedicato alla cucina degli izakaya, le popolari taverne giapponesi, riporta il sito Perú21.

Al suo ritorno in Perù, dopo un periodo all’Hotel Sheraton dove si è appassionato degli incroci tra la culinaria peruviana e quella giapponese, ha fondato a 28 anni il Maido, il cui nome in giapponese significa “grazie per essere sempre venuti”, oggi un riferimento mondiale della cosiddetta cucina Nikkei, la fusione culinaria che usa ingredienti peruviani e tecniche giapponesi. “La cucina Nikkei non è una moda passeggera, è un modo per intendere la mescolanza razziale come forza creativa. Se oggi siamo in cima, è perché prima c’erano mani che seminavano, migravano, resistevano e sognavano. Dobbiamo loro tutto”, aveva previsto già sei anni fa, intervistato da Perú21.

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Maido di Lima è il miglior ristorante al mondo secondo il 50 Best 2025. Cinque italiani nella top 50

Trionfo per il Perù. L’Italia si conferma tra le eccellenze mondiali con Lido 84, Reale, Le Calandre, Piazza Duomo e Uliassi.

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È Maido di Lima, in Perù, il miglior ristorante al mondo secondo la classifica The World’s 50 Best Restaurants 2025. Il ristorante guidato dallo chef Mitsuharu Tsumura, celebre per la sua cucina nikkei, ha conquistato il primo posto battendo giganti della gastronomia internazionale.

La top 3: tra Perù, Spagna e Messico

Sul secondo gradino del podio si piazza Asador Etxebarri di Atxondo, nei Paesi Baschi spagnoli, famoso per le sue cotture alla brace. Terzo classificato è Quintonil, il tempio della cucina messicana contemporanea a Città del Messico.

Cinque ristoranti italiani tra i migliori cinquanta

L’Italia si conferma protagonista assoluta della scena gastronomica mondiale, con ben cinque ristoranti presenti nella top 50:

  • Lido 84 di Gardone Riviera (Brescia) al 16° posto

  • Reale di Castel di Sangro (L’Aquila) al 18° posto

  • Le Calandre di Rubano (Padova) al 31° posto

  • Piazza Duomo di Alba (Cuneo) al 32° posto

  • Uliassi di Senigallia (Ancona) al 43° posto

Un risultato che sottolinea la solidità e la creatività della cucina italiana d’autore, capace di coniugare tradizione e innovazione ai massimi livelli.

(NELLA FOTO ROMITO)

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Il NYT cambia rotta, il food critic non è più anonimo

Tejal Rao e Ligaya Mishan, nuove firme del gusto, svelano l’identità ai lettori: “Più trasparenza e contatto con il pubblico”.

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Il New York Times cambia registro e abbandona definitivamente l’anonimato per i suoi critici gastronomici. Addio a travestimenti, voci alterate, profili sfocati: da oggi i lettori sapranno esattamente chi si cela dietro le recensioni dei ristoranti più acclamati (e temuti) d’America. Il quotidiano newyorkese ha presentato le sue nuove firme del gusto: Tejal Rao e Ligaya Mishan, che raccolgono il testimone lasciato da Pete Wells, critico di punta per oltre un decennio.

Fine di un’epoca: l’anonimato non serve più

“Internet ha reso l’anonimato praticamente impossibile”, spiega il Times in un video che ufficializza la svolta. Anche Pete Wells, che ha lasciato l’incarico lo scorso luglio, ha confermato che i ristoranti riescono quasi sempre a individuare un critico anche se camuffato. La mossa, quindi, va incontro a una realtà già consolidata, ma apre anche una nuova fase: i critici diventeranno volti pubblici, compariranno in video, e si metteranno in gioco anche con la loro personalità e stile.

Amo l’idea di non dover giocare con l’anonimato”, ha dichiarato Tejal Rao. Pur utilizzando pseudonimi per prenotare, non cercherà più di nascondersi una volta seduta al tavolo.

Due critici per coprire tutta l’America

Con milioni di abbonati distribuiti in tutti gli Stati Uniti, la redazione ha deciso di raddoppiare la posizione per coprire in modo capillare la scena gastronomica da New York a Los Angeles, passando per Chicago, Filadelfia, San Francisco e Austin. Un approccio nazionale per una cucina sempre più globale e diffusa.

Il pubblico vuole sapere chi c’è dietro le recensioni

Il pubblico vuole associare un volto a un’opinione, capire chi è la persona che consiglia un piatto, quali sono i suoi gusti”, spiega la direzione del quotidiano. Con video e interventi personali, Rao e Mishan porteranno una maggiore trasparenza e un tono più diretto nel dialogo con i lettori.

Un lavoro da sogno, ma non per la salute

Il cambiamento arriva dopo un anno di vuoto alla guida della sezione food, seguito all’addio di Pete Wells, che aveva lasciato per motivi di salute. “Ne va della mia salute”, aveva detto, raccontando le conseguenze di dodici anni di pasti abbondanti e ritmi serrati. Prima di lui, Adam Platt (New York Magazine) aveva descritto il mestiere come “il meno sano del mondo”, citando effetti collaterali come gotta, colesterolo alto, diabete e ipertensione.

 

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