Il silenzio, che si protrae per l’intera giornata, è piuttosto eloquente. Mentre Lega, Forza Italia e Noi moderati si affrettano a dare mostra di garantismo, sottolineando la “fiducia” nella ministra del Turismo, da Fratelli d’Italia nessuno parla. Né il partito, né i colleghi di governo vanno in soccorso di Daniela Santanché, rinviata a giudizio per falso in bilancio nel processo Visibilia. Non parla neppure Giorgia Meloni, che non si è vista a Palazzo Chigi in un venerdì che non segna proprio una delle migliori giornate per il governo. Sia per “l’imbarazzo”, come lo descrive più di qualcuno, per una accusa che leggera non è.
Sia perché le opposizioni sono ripartite alla carica con la richiesta di dimissioni (“Meloni le pretenda”, dice senza giri di parole Elly Schlein). Nella conferenza stampa di fine-inizio anno la premier, notano a Montecitorio, era già stata piuttosto freddina a proposito della titolare del Turismo, limitandosi a dire che una valutazione non si poteva fare senza prima aspettare la decisione dei giudici. Che oggi è arrivata e in molti ricordano come, per tutto lo scorso anno, lo spartiacque per un eventuale passo indietro sarebbe stato proprio un rinvio a giudizio.
“Poi ne parlerò con il ministro”, aveva puntualizzato Meloni e non è da escludere che una telefonata tra le due ci sia stata già all’ora di pranzo, poco dopo la pronuncia del Gup di Milano per il processo. Ma nulla filtra da Palazzo Chigi. Tutti chiusi in un silenzio che appunto si fa parecchio notare. “Vediamo bene le carte” prima, uno dei ragionamenti che si fa a taccuini chiusi tra i luogotenenti di Fdi. Ricordando peraltro che è l’altro procedimento, quello che vede la ministra indagata per truffa ai danni dell’Inps, quello più “pesante” e politicamente davvero “poco difendibile”.
Ma il fatto che nessuno si sia mosso o abbia parlato già segnala, secondo i bene informati, l’avvio di un accompagnamento alla porta per Santanché: tra i commenti si conta solamente quello del capodelegazione di Fdi e Bruxelles e neo vicepresidente di Ecr, Carlo Fidanza, che si ritrova davanti ai microfoni perché ospite di un convegno e comunque rimette ogni scelta alla presidente del Consiglio. L’ordine di scuderia resta infatti quello di non parlare. Ai piani alti di Fdi si riflette per tutto il giorno sull’opportunità di una uscita pubblica, soprattutto dopo quella degli alleati che rende ancora più eclatante l’assenza dal dibattito dei meloniani. Meglio tacere, almeno fino a che non si sarà pronunciata “Giorgia”.
Le note di Fi e Lega, peraltro, vengono lette in controluce ai piani alti di via della Scrofa. Perché una sua uscita rimetterebbe in gioco una casella nell’esecutivo che potrebbe interessare anche gli alleati, aprendo un fronte ulteriore oltre a quello, già caldissimo, delle prossime elezioni regionali. Niente rimpasti rimane un punto fermissimo per Meloni. Che, se si dovesse ripetere la necessità, riproporrebbe una staffetta rapida come già accaduto con l’uscita non proprio gloriosa di Gennaro Sangiuliano, subito sostituito da Alessandro Giuli, e con quella di tutt’altra natura (e di grande soddisfazione per la premier) di Raffaele Fitto al posto del quale è arrivato Tommaso Foti.
“Vediamo come si evolve la situazione”, dice chi ha avuto modo di parlare con la premier, anche se oramai in pochi sono pronti a scommettere che Santanchè rimarrà al suo posto fino a fine legislatura. Anche perché la grancassa delle opposizioni (fatta salva Italia Viva) non si placherà facilmente: “Con accuse così gravi chi ricopre incarichi istituzionali deve fare un passo indietro”, Meloni “è politicamente responsabile” del suo governo, va all’attacco la segretaria Dem. Uno spettacolo “indecoroso”, rincara la dose Giuseppe Conte, annunciando una nuova mozione di sfiducia del Movimento 5 Stelle contro la ministra. “Dimissioni subito” le chiedono anche da Avs e da Azione.