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Conte vede il traguardo e cerca di allontanare il Mes

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Chiudere l’accordo al rialzo, con un aumento delle risorse del Recovery fund che andranno all’Italia e un compromesso sul sistema di governance. Allontanare il Mes. Rafforzare il governo e se’ stesso. All’ultimo miglio, Giuseppe Conte vede un risultato che piu’ volte, negli ultimi tre giorni, e’ sembrato sfuggirgli di mano. Non e’ ancora una vittoria: “Tutto ancora apertissimo”, dice prudente, a sera, una fonte italiana. Perche’ l’ultima proposta di Charles Michel deve passare al vaglio dei 27 capi di Stato e di governo e su un dettaglio, come la formulazione delle clausole dello stato di diritto o degli standard climatici per accedere ai fondi, puo’ ancora impantanarsi tutto. Ma dopo giorni di volti scuri e pessimismo, dopo uno “scontro durissimo” in solitaria contro Mark Rutte, dopo il timore di dover ricominciare tutto daccapo, il presidente del Consiglio ritrova “un cauto ottimismo”. E’ nella lunga maratona negoziale di domenica notte che Conte vede la “svolta”. Si era ritrovato nella scomoda veste di piu’ intransigente tra i leader del Sud e invece assiste all’irrigidirsi di Emmanuel Macron contro la pretesa di Mark Rutte e Sebastian Kurz di ridurre la portata del Recovery fund. Le prime ministre danese Mette Frederiksen e finlandese Sanna Marin ammorbidiscono la loro posizione rispetto agli altri colleghi frugali. E si rinsalda il fronte con la cancelliera Angela Merkel, lo spagnolo Pedro Sanchez, il portoghese Antonio Costa, il greco Kyriakos Mitsotakis. Chiudere “presto” un’intesa, e’ la spinta dei sei leader. Il rischio, avverte Macron, altrimenti sarebbe sistemico, potrebbe travolgere l’Italia e non solo. E allora, e’ convinto il francese come il collega italiano, se crollassero le borse di risorse per risalire ne servirebbero molte di piu’. All’alba di lunedi’, quando rientra in hotel dopo la nottata passata tra carte e negoziati, Conte e’ sfinito, ma piu’ fiducioso. Anche perche’ le proiezioni sulla ripartizione dei fondi lo rassicurano: rispetto alla proposta iniziale della Commissione europea, potrebbero essere confermati i sussidi e arrivare molti piu’ prestiti. I miliardi, nelle tabelle elaborate dal Mef, sarebbero 209, di cui 82 di sussidi e 127 di prestiti. E, dicono da Palazzo Chigi, nello schema finale potrebbero addirittura aumentare. Perche’, come spiega una fonte diplomatica, i soldi “si pesano, non si contano”. E se e’ vero che nell’accordo finale i grants, ovvero i sussidi, scenderebbero da 500 miliardi a 390 miliardi, non sarebbero pero’ tagliati i due fondi di cui piu’ beneficerebbe l’Italia, ovvero la Recovery and resilience facility e la ReactEu. Quindi Roma confermerebbe i circa 80 miliardi di sussidi e aggiungerebbe, rispetto alla proposta iniziale, circa 37 miliardi di prestiti in piu’. Si tratta, nota qualcuno da Roma, esattamente della stessa cifra che l’Italia potrebbe avere chiedendo il Mes. Ed e’ questo il punto politico. Nell’entourage di Conte sono convinti che se l’accordo si chiudera’ cosi’, per il governo giallorosso un voto sul Mes, con il rischio di strappo di una parte del M5s, sara’ piu’ lontano. Due i motivi. Il primo: i prestiti del Recovery fund, con tripla A, maturity a trent’anni e tasso d’interesse zero, sono “piu’ vantaggiosi” di quelli del Mes. Il secondo: l’accordo sul Recovery potrebbe portare un effetto benefico di calo dello spread che farebbe risparmiare diversi miliardi. Non e’ detto che tutto fili liscio pero’: i fondi del Recovery potrebbero non arrivare prima della primavera del 2021. Prima di allora potrebbe rendersi necessario chiedere i 37 miliardi del fondo Salva Stati. Ne sono convinti ad esempio al Pd, spiegando che i due dossier sono separati. E anche nel M5s c’e’ chi ritiene che il nodo Mes, con tutti i rischi, sia difficilmente evitabile. Certo, riconoscono fonti di maggioranza, Conte potrebbe uscire rafforzato dal negoziato sul Recovery fund anche agli occhi dei parlamentari Cinque stelle che dovranno decidere da che parte stare. Fino all’ultimo, pero’, la prudenza e’ d’obbligo. Perche’ l’Olanda le tenta tutte per ottenere il potere di veto sull’erogazione dei fondi. Nelle ultime bozze sembra saltare la possibilita’ per un singolo Paese di dare un giudizio negativo sull’attuazione delle riforme da parte dei Paesi che accedano ai fondi, e cosi’ bloccarli. Nei negoziati Rutte e i suoi sherpa vengono definiti coriacei: si gioca sugli avverbi, sulle parole, per cercare di “legare le mani” a chi, come l’Italia, dovra’ fare riforme per accedere alle risorse. Ma Conte e’ convinto di ottenere che le decisioni vengano prese a maggioranza qualificata dall’Ecofin: nessun potere di veto. Quando cala la notte sul quarto giorno di negoziati da record la fiducia resta, la cautela pure. Ma la delegazione di Palazzo Chigi e’ ottimista sul fatto che Conte possa tornare a Roma rafforzato da un successo che diminuisca le fibrillazioni degli ultimi mesi e zittisca chi vorrebbe metterlo in discussione. Le prossime settimane, assicurano i suoi, le trascorrera’ a lavorare sulle riforme da attuare in autunno. Anche se i partiti della maggioranza, a sentire le voci che rimbalzano dalla capitale italiana, difficilmente gli daranno tregua: tra i Cinque stelle c’e’ chi sostiene che, tanto per iniziare, Conte entro agosto dovra’ fare un rimpasto. Il Pd e’ contrario. Se ne discutera’, forse. C’e’ ancora un negoziato da chiudere.

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Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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La morte di Mattia Giani sul campo di calcio, l’accusa del giudice sportivo: l’ambulanza arrivò dopo 17 minuti

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Una tragedia ha colpito il mondo del calcio toscano con la morte del calciatore Mattia Giani durante una partita tra Lanciotto e Castelfiorentino. Il giudice sportivo della Figc – Lega Dilettanti toscana ha ora fornito una ricostruzione dettagliata degli eventi che hanno portato alla tragedia e delle decisioni conseguenti.

Secondo il giudice sportivo, l’ambulanza è arrivata allo stadio di Campi solo 17 minuti dopo che i soccorsi sono stati richiesti per Mattia Giani. Durante questo periodo, i soccorsi sono stati forniti da un massaggiatore ospite e da un medico presente in tribuna, che sembra che abbiano utilizzato un defibrillatore per tentare di rianimare il giocatore. Successivamente, una prima ambulanza è giunta sul posto e ha continuato le operazioni di soccorso con l’aiuto di altri volontari che sono arrivati con un’altra ambulanza pochi minuti dopo. Nonostante gli sforzi dei sanitari, il calciatore è stato dichiarato morto dopo il suo trasferimento in ospedale.

Il giudice sportivo ha ritenuto giustificata la sospensione della partita, che è stata interrotta al 14′ del primo tempo, a causa dell’inevitabile turbamento di giocatori e dirigenti causato dall’evento tragico. Inoltre, ha deciso che la parte restante della partita dovrà essere recuperata in un secondo momento.

La squadra Lanciotto è stata multata di 400 euro “per mancanza di ambulanza e/o medico”,  sanzione prevista per questa mancanza.

“Giova sottolineare – scrive ancora il giudice sportivo – come il rispetto del grave evento anche da parte della società Lanciotto Campi Bisenzio e dei componenti la terna arbitrale sia sintomo di grande osservanza dei valori della solidarietà e della correttezza sportiva”.

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Studenti bocciati con il 5 e multe a chi aggredisce prof

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Dalla bocciatura con il 5 in condotta al ritorno della valutazione numerica sul comportamento alle scuole medie fino alle multe per aggressioni al personale scolastico. Via libera del Senato al disegno di legge messo a punto dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. Il provvedimento, che ora deve passare alla Camera, prevede una serie di novità. Il voto in condotta sarà numerico anche alle scuole medie. Il giudizio sintetico sul comportamento rimarrà, dunque, solamente per i bambini della scuola primaria. Per tutti gli altri ci sarà il voto espresso in decimi e farà media con le altre materie. Sia alle medie che alle superiori, se non si raggiunge almeno il 6 in condotta si verrà automaticamente bocciati.

L’insufficienza si può ottenere per mancanze disciplinari gravi e reiterate avvenute nel corso di tutto l’anno scolastico. Per quanto riguarda le scuole superiori, nel caso di voto pari a 6 si avrà un debito formativo e si dovrà sostenere un elaborato di educazione civica. Il vero spartiacque per gli studenti delle superiori, specie in ottica diploma, è però l’8 in condotta. Se non si supera questa soglia si possono perdere fino a 3 punti di credito scolastico, punteggio che va a confluire direttamente nel voto di Maturità. Anche le sospensioni cambieranno.

Non ci sarà più l’allontanamento da scuola e lo studente dovrà partecipare ad attività scolastiche di riflessione e a una verifica finale da sottoporre al consiglio di classe. Il tenore della punizione dipenderà dalla durata della sospensione. Chi avrà più di due giorni dovrà partecipare ad “attività di cittadinanza solidale” in strutture convenzionate. Per il ministro Valditara si tratta di “un importante passo in avanti nella costruzione di una scuola che responsabilizza i ragazzi e restituisce autorevolezza ai docenti”. “A differenza di quanti parlano di misure autoritarie e inutilmente punitive – ha detto il ministro – io rivendico la scelta di dare il giusto peso alla condotta nel percorso scolastico degli studenti”.

Il provvedimento introduce anche multe per i reati commessi ai danni di un dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico o ausiliario della scuola a causa o nell’esercizio delle sue funzioni. La somma varia dai 500 ai 10.000 mila euro “a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’istituzione scolastica di appartenenza della persona offesa”. “È anche importante – ha sottolineato Valditara – che chi abbia aggredito personale della scuola risarcisca la scuola per il danno di immagine che ha contribuito a creare”.

E sempre il ministro ha annunciato oggi, rispondendo a un question time alla Camera, che è allo studio una normativa che riguarderà le chiusure scolastiche per festività religiose. “La norma che stiamo studiando è molto semplice – ha detto – non consentire la chiusura delle scuole in occasione di festività religiose o nazionali non riconosciute dallo Stato italiano. Ovviamente senza nessuna discriminazione nei confronti dei ragazzi che vogliano invece festeggiare quelle determinate ricorrenze, che saranno giustificati se rimarranno a casa”.

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