Collegati con noi

Politica

Conte prova a trovare la quadra sul Tav ma sono pochissimi i margini di mediazione tra Salvini e Di Maio, Governo in difficoltà

Pubblicato

del

“Il forse non c’e'”. Matteo Salvini lo dice entrando a Palazzo Chigi per il vertice notturno “a oltranza” convocato dal premier Giuseppe Conte sulla Tav. E in una battuta sintetizza la difficoltà del governo gialloverde, mai così spaccato: il No del M5s è coriaceo, il Sì della Lega irremovibile. M5s propone di dare il via libera ai bandi per la Tav ma rivedere del tutto il progetto rafforzando la vecchia linea del Frejus. La Lega replica che non si puo’ “tradire lo spirito iniziale”: la Tav deve essere Tav. Due rotte all’apparenza inconciliabili. Il premier prova a fare sintesi con un suo “lodo”. Il sentiero e’ strettissimo. La Lega propone in alternativa di rinviare la scelta alle Camere (il Si’ vincerebbe) o al referendum. E in favore del Si’ pesa il rischio di perdere “circa 800 milioni” di fondi Ue. Ma il M5s avverte che il Si’ potrebbe portare alla crisi di governo. Da Bruxelles trapela in serata che la Commissione europea e’ pronta a inviare una nuova lettera all’Italia per ricordare che il No alla Torino-Lione, con la violazione di due regolamenti del 2013, comporterebbe la perdita di circa 800 milioni di cui 300 entro marzo e il resto successivamente. Una doccia fredda per il M5s, che spinge compatto per il No all’opera (anche se i vertici starebbero spingendo per tenere toni bassi ed evitare strappi). Un assist a Salvini, che martedi’ di Tav avrebbe parlato al telefono con il vicepresidente della commissione Jyrki Katainen. Ora e’ tutto in mano a Conte, concordano Di Maio e Salvini. Tra i due vicepremier i rapporti sarebbero ai minimi termini, mai cosi’ tesi come sul dossier Tav. Tocca dunque al premier cercare l’exit strategy: “Speriamo di prendere le decisioni giuste, trasparenti, gia’ stasera e comunque entro venerdi’”, dice da Belgrado, dove vola in giornata per una visita istituzionale.

Il presidente del Consiglio fa appello alla “responsabilita’” dei vice. E assicura di “non vedere” rischi per il governo. Ma il tavolo che si apre a Palazzo Chigi ha il sapore del gabinetto di guerra. Il leader della Lega riunisce nel pomeriggio al Viminale tecnici e sottosegretari per scandagliare l’analisi costi-benefici di Toninelli: “Costa piu’ non farla che farla”, sentenzia poi. Di Maio, che descrivono assai irritato verso l’alleato, si mostra “concentrato” sul reddito di cittadinanza. Ma dal Piemonte alle Aule parlamentari la truppa M5s e’ in ebollizione. Da Torino viene spedita a Conte, da un fronte No Tav guidato dal sindaco di Venaus, la proposta di rifare il traforo ferroviario del Frejus, con una nuova galleria di 15 km, al posto del maxi-tunnel da 57,5 km previsto nel progetto attuale, dimezzando i costi. E’ quello che in sostanza chiede il M5s: partano i bandi, ma intanto si riscriva tutto il progetto mettendo da parte il corridoio centrale della Tav e rafforzando il Frejus. Ma alla Lega non va bene, perche’ non va bene ai Si’ Tav: rivedere il progetto si puo’ – e’ il mantra – ma non stralciare l’opera. I leghisti sono convinti che il Si’ di Conte all’avvio dei bandi – su cui Telt deve procedere lunedi’ – sara’ dettato dai fatti, un Si’ “tecnico”. Ma poi su come andare avanti, la mediazione e’ da scrivere: c’e’ chi e’ ancora convinto che si possa spostare piu’ in la’ la scelta finale, ma a inizio vertice M5s pretende che – mentre partono i bandi – si metta per iscritto lo stop al progetto, la Lega vuole il Si’. Conte invita tecnici e sottosegretari, insieme a Toninelli e vicepremier, per pesare ogni aspetto. Ma sullo sfondo c’e’ la consapevolezza di tutti che il No rischia di far implodere i gruppi parlamentari M5s (dunque il governo). Ecco perche’ la Lega, che vorrebbe un proprio candidato alle regionali in Piemonte di maggio e non puo’ dare l’idea di ‘tradire’ gli elettori del Nord con un No, propone come mediazione estrema l’idea di ‘sollevare’ il governo, lasciando che a pronunciarsi in ultima istanza sia il Parlamento con un voto: il No del M5s perderebbe perche’ il Si’ viene sostenuto anche da Fi e Pd, ma l’esecutivo potrebbe reggere.

Advertisement

In Evidenza

Stretta del Governo sui cronisti, non si pubblicano ordinanze cautelari

Pubblicato

del

Arriva la stretta del governo sulla cronaca giudiziaria. Non sono state introdotte nuove sanzioni, ma ora scatta il divieto di pubblicazione “delle ordinanze che applicano misure cautelari personali fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare”. Lo prevede il decreto legislativo approvato oggi in Consiglio dei ministri, che era stato ribattezzato “legge bavaglio” dalle opposizioni e dalla Federazione nazionale della stampa. Il provvedimento, si legge, ha accolto le osservazioni delle commissioni parlamentari “solo in riferimento all’ampliamento del contenuto della norma, ma non all’introduzione di un nuovo apparato sanzionatorio”.

Durante l’esame della misura, infatti, dalla maggioranza e da Italia Viva erano arrivate indicazioni per introdurre multe sia per i giornalisti che per gli editori (fino a 500mila euro). La scure non è però passata al vaglio finale della riunione di Palazzo Chigi. E c’è già chi si è organizzato diversamente. Proprio oggi a Milano è stato siglato un protocollo, “il primo di questo genere in Italia”, che permetterà ai giornalisti accreditati al Palazzo di Giustizia di chiedere formalmente ed ottenere copie delle ordinanze cautelari dell’ufficio gip o alcuni altri atti giudiziari, come decreti o sentenze, secondo “una definizione di interesse pubblico” che terrà conto di un preciso “decalogo”. Il documento ‘pilota’ è firmato dal presidente del tribunale milanese, Fabio Roia, dal procuratore Marcello Viola e dai rappresentanti degli ordini degli avvocati e dei giornalisti.

Secondo Viola con la nuova legge “non cambia nulla. Nelle ultime due ordinanze significative”, quelle sul caso che riguarda le Curve Nord e Sud dello stadio Meazza e quella con al centro la presunta rete di cyber-spie, “i gip hanno fatto un lavoro di sintesi e assemblaggio evidenziando solo gli elementi del grave quadro indiziario e tutelando i terzi estranei”.

Il codice di procedura penale prevedeva già all’articolo 114 il divieto di pubblicazione, “anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare”, ma faceva eccezione per l’ordinanza che dispone la misura cautelare.

Il nuovo decreto legislativo cassa questa eccezione ed aggiunge un comma che vieta esplicitamente “la pubblicazione delle ordinanze che applicano misure cautelari personali”. Si tratta di disposizioni, recita l’articolo 1 il provvedimento, “per il rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza delle persone fisiche sottoposte a indagini o imputate in un procedimento penale in attuazione della direttiva (Ue) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016”.

Continua a leggere

In Evidenza

La Corte costituzionale conferma i limiti ai mandati dei sindaci

Pubblicato

del

Non è manifestamente irragionevole la scelta legislativa di stabilire, a seconda della dimensione demografica dei Comuni, un limite ai mandati consecutivi dei sindaci, sempre che essa realizzi un equo contemperamento tra i diritti e i principi costituzionali coinvolti da tale scelta. Lo afferma la Corte costituzionale (con sentenza n. 196) che ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale, proposte dalla Regione Liguria, nei confronti di una disposizione del decreto-legge n. 7 del 2024, che ha modificato la disciplina del Testo unico degli enti locali.

Con tale disposizione, il legislatore ha previsto che per i sindaci dei Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti non vi sia alcun limite ai mandati; che per i sindaci dei Comuni con popolazione compresa tra 5.001 e 15.000 abitanti il limite di mandati consecutivi sia pari a tre. Infine, che per i sindaci dei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti resti fermo il limite di due mandati consecutivi. In particolare, la Regione Liguria riteneva che la nuova disciplina violasse diversi parametri costituzionali, considerando irragionevole la previsione di due o tre mandati consecutivi a seconda del dato dimensionale del Comune.

Di qui la richiesta di estendere anche ai sindaci dei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti il limite di tre mandati consecutivi. La Corte ha ribadito che la previsione del numero massimo dei mandati consecutivi è una scelta normativa idonea a bilanciare l’elezione diretta del sindaco con l’effettiva par condicio tra i candidati, la libertà di voto dei singoli elettori e la genuinità complessiva della competizione elettorale, il fisiologico ricambio della rappresentanza politica e, in definitiva, la stessa democraticità degli enti locali. Il punto di equilibrio tra tali contrapposti interessi costituzionali deve essere fissato dal legislatore, ed è sindacabile solo se manifestamente irragionevole.

“L’attuale art. 51, comma 2, del t.u. enti locali pone limiti diversi ai mandati consecutivi secondo una logica graduale, sul presupposto che tra le classi di Comuni nei quali si articola l’attuale disciplina vi siano rilevanti differenze, in ordine agli interessi economici e sociali che fanno capo agli stessi: si tratta di un esercizio non manifestamente irragionevole della discrezionalità legislativa, che intende realizzare un equo contemperamento tra i diritti e i principi costituzionali che vengono in considerazione”, conclude la Consulta.

Continua a leggere

In Evidenza

Grillo alla guerra sul simbolo, alt di Conte: la pagherà

Pubblicato

del

Tenere unita la comunità pentastellata e avvertire Beppe Grillo sui rischi di un’azione legale. Questi i due obiettivi dell’intervento social del presidente M5s Giuseppe Conte, che parla al Movimento dopo la chiusura della votazione bis sullo Statuto. La base ha confermato la cancellazione del ruolo del garante. E il leader invita tutti a “guardare avanti, quel che è stato è stato”. L’ex premier, ora più che mai, prova a serrare le fila con un appello alla coesione. “Il M5s è la casa democratica di tutti”, dice. Anche di chi si è astenuto, e di chi, con il suo voto, si è schierato dalla parte del fondatore. Una fetta non trascurabile di iscritti, a cui il presidente tende la mano.

“Non è più l’epoca delle cacciate e delle espulsioni”, scandisce. Guardando al futuro, però, i toni si fanno più muscolari. Danilo Toninelli, qualche ora prima della diretta social del leader, conferma i sospetti: “Grillo impugnerà il simbolo e lo farà diventare suo con un’azione legale”. Conte non scansa la questione. Anzi, avverte: “chi si azzarda a intralciare il M5s troverà una solida barriera legale, pagherà gli avvocati, anche i nostri, la lite temeraria, e pure i danni”.

Dopo mesi di conflitto aperto sulla Costituente, tutto lascia presagire che la battaglia si sposterà in tribunale. Con Grillo pronto alla sfida da lui stesso adombrata. Il suo entourage è convinto che “andrà avanti”. “Il simbolo è di sua proprietà al 100%”, incalza Toninelli. Ma quello sul contrassegno, potrebbe non essere l’unico fronte della guerra legale. Dall’inner circle grillino si moltiplicano gli attacchi diretti alla procedure di voto e alle modalità della Costituente, a partire dalla cancellazione degli iscritti della scorsa estate. E c’è chi non esclude che un’impugnazione parallela possa interessare anche questi aspetti.

“Grillo è sempre stato imprevedibile e lo sarà ancora”, avvisa chi lo conosce bene. E il presidente Conte non lascia cadere la questione. “Falsità e calunnie, tutto è stato trasparente”, spiega. Sulla cancellazione degli iscritti, chiarisce: “si è rispettata una clausola statutaria”. Sulla piattaforma di voto, lancia una frecciata a Roberto Casaleggio: “è gestita da terzi, non come Rousseau”. Poi, l’affondo: “chi rimesta nel torbido o fa un azione in giudizio, la pagherà”.

“Io ho l’onore di questa comunità e la difenderò con le unghie e con i denti”, è l’opposizione ‘fisica’ del leader. Che si dimostra sicuro. “Abbiamo adottato tutte le cautele del caso, studiato tutte le conseguenze e non abbiamo nessun timore”, è l’avvertimento. “Con un team di avvocati, – aggiunge – abbiamo spiegato a chi ha tentato di danneggiarci che è un grave danno all’azione del M5s, e chi l’ha fatto ha pagato le conseguenze”. Da una parte, Conte mostra i denti e gioca la carta della deterrenza in vista di una guerra legale con Grillo. Dall’altra, il leader dedica una minima parte del suo lungo discorso allo scontro con il garante. Si dice deluso dagli attacchi velenosi e dal sabotaggio della Costituente. Ricorda “l’aut aut” del fondatore e spiega: alla “logica del caminetto, ho preferito la comunità”.

Non a caso, al centro dell’intervento ci sono proprio gli iscritti, e Conte non evita di citare gli 8 mila nuovi arrivi dell’ultimo mese. “Il M5s non scimmiotterà gli altri partiti, cambiamo il Paese”, suona la carica. La sfida del rilancio, passa dalle proposte della Costituente. Etica pubblica, “contro i signori delle tessere”, e appello “contro il riarmo in Ue”, in primis. Con la contesa lanciata ai dem sul “vero progressismo”. Ma la sfida è anche quella di evitare scissioni e fuoriuscite. Tra i grillini, si fa largo una convinzione: “siamo pochi, ma ci stiamo coagulando”. Le chat sono infuocate, però il futuro resta incerto. C’è chi parla di liste alle amministrative, chi di associazioni, chi di fondazioni. “Domani, o magari dopodomani, nascerà qualcosa di nuovo, aspettiamo l’azione legale di Beppe”, sono le parole di Toninelli. Che lasciano intuire un percorso ancora in nuce. “Non vedo le ragioni politiche di una scissione, la si fa per perseguire l’autocrazia e respingere la democrazia del M5s?”, taglia corto Conte.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto