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Politica

Conte alla stretta finale, lavora con Grillo su Statuto

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Giuseppe Conte e’ alla stretta finale dei lavori per il nuovo Statuto e della Carta Valori del Movimento che presentera’ al “popolo” 5 Stelle forse gia’ la prossima settimana. Lavora in raccordo con Beppe Grillo, che dovrebbe partecipare alla convention di presentazione della nuova organizzazione a 5 Stelle. Rincorso dalle indiscrezioni per una sua presenza a Roma per concordare le limature allo Statuto con il prossimo capo politico, il fondatore del Movimento e’ atteso nella Capitale nei prossimi giorni, anche per un preventivo e probabile incontro con il gruppo dei parlamentari, sempre piu’ sulle spine per le innovazioni attese dalla nuova organizzazione. Dopo le polemiche sul “ridimensionamento” del ruolo del Garante nel nuovo Statuto, arrivano pero’ i primi chiarimenti: fonti del M5s garantiscono che non ci saranno variazioni rispetto al vecchio Statuto su questo punto. Variazioni che non erano intervenute neppure nello Statuto uscito dagli Stati Generali M5s che avevano modificato la struttura della leadership. Insomma, se e’ vero che la linea politica non rientra tra i compiti affidati dallo Statuto al Garante, e’ anche vero che lo Statuto non lo ha mai previsto espressamente se non per il riferimento al fatto che “il Garante e’ il custode dei valori fondamentali dell’azione politica dell’Associazione” M5s. In attesa dell’annuncio, tuttavia, torna a farsi sentire Davide Casaleggio: “Il problema che vedo sulla votazione imminente, e’ quello della legittimita’, perche’ lo Statuto del M5S prevede che le votazioni vengano fatte e verificate da Rousseau. Immagino quindi potrebbero esserci diversi ricorsi” dice il presidente dell’associazione che torna a polemizzare con la nuova organizzazione 5 Stelle. E’ un “partito novecentesco” e “nell’ultimo anno ci sono stati diversi tradimenti di principi e regole che erano condivise da tutta la comunita’” attacca. Anche Alessandro Di Battista non cede alle lusinghe del M5s: “Vedremo… Giuseppe Conte sa perfettamente che io non mi convinco ne’ con le poltrone ne’ con le candidature. Mi si convince solo con una linea politica chiara, con proposte intransigenti”. Ma il giudizio politico sulle scelte dei sui suoi ex compagni di strada, e’ duro: “io non ho tradito la mia coscienza” mentre ” il M5s ha fatto un’operazione maquillage con la quale si tenta di nascondere una scelta scellerata” di sostenere il governo Draghi. E nemmeno e’ tenero con Luigi Di Maio: con lui, ha spiegato, “c’e’ ora una grande differenza di vedute e opinioni politiche”. Proprio Di Maio, tuttavia, sembra tornare a rivestire i panni da protagonista del Movimento. A margine del foro di dialogo italo-spagnolo a Barcellona, si e’ intrattenuto un’ora a colloquio con il segretario del Pd, Enrico Letta. Poi a sorpresa, dalla Spagna, si e’ collegato con un evento romano organizzato dalla sindaca e prossima candidata M5s, Virginia Raggi. Proprio le comunali continuano tuttavia a far discutere il M5s: l’ultima diatriba riguarda Napoli e la provincia, segnalata da Il Giornale che ha riportato alcune chat dei 5 Stelle locali. Vincenzo Presutto, senatore del M5S, ha attaccato il presidente campano della Camera, Roberto Fico. “Sei la terza carica dello Stato, la lealta’ dovrebbe essere un tuo valore” l’atto di accusa del senatore, rimasto scottato dall’assenza di senatori nella composizione del comitato elettorale, rappresentato solo da deputati.

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Politica

Schlein guarda le europee, Tajani a un passo dalla corsa

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Ultime ore per le liste Pd alle europee, con ancora diverse tessere da mettere al posto giusto. Che non è poco, perché in casa dem l’equilibrio si sposta sempre un passo avanti. Per domenica mattina è in programma la direzione: in quell’occasione, Elly Schlein scioglierà la riserva sulla sua candidatura. In queste ore, nel partito cresce la convinzione che la segretaria correrà. E’ invece già data praticamente certa la partecipazione del segretario di Fi Antonio Tajani come capolista in quattro circoscrizioni: il leader azzurro potrebbe dare l’annuncio nelle prossime ore. In attesa che la premier Giorgia Meloni comunichi le sue decisioni, non sono molti altri i leader in prima linea nelle liste. In forse ci sono Matteo Renzi, che dopo l’accordo con Più Europa ha tirato il freno, e Carlo Calenda, che però è sempre stato scettico.

Non correranno Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Difficilmente anche Matteo Salvini farà passi avanti. Per Più Europa in pole c’è Emma Bonino. In casa Cinque stelle i lavori sono in corso sulle liste. Il Movimento ha individuato alcuni capilista, come Pasquale Tridico al Sud e Giuseppe Antoci nelle Isole, e alcuni candidati, come l’ex presidente di Banca Etica Ugo Biggeri. E si è chiuso il primo turno delle parlamentarie, con cui il M5s sceglierà on line gli altri nomi da mettere nelle liste. Per Verdi-Sinistra, in queste ore il dibattito è invece monopolizzato dalla candidatura di Ilaria Salis, detenuta nelle carceri ungheresi. Il leader verde Bonelli e il segretario di Sinistra italiana Fratoianni andranno a Budapest per incontrarla. Che è anche un modo per rispondere alle polemiche sollevate dalla destra.

“Spero che Vannacci accetti di essere candidato con noi della Lega – ha ribadito il vicepremier Salvini – perché mi piacerebbe un confronto tra un uomo che ha portato ordine, sicurezza e onore italiano in giro per il mondo, e Ilaria Salis”. Un’ipotesi inverosimile, rispondono da Avs: “Qualcuno informi Salvini che Ilaria è in carcere da 13 mesi e che quindi non può partecipare a nessun confronto – gli ha risposto la deputata Elisabetta Piccolotti – Pensavamo che Salvini comprendesse la gravità di una persona ridotta in catene come un animale, che capisse le implicazioni giuridiche ed umanitarie. Purtroppo non è così”. In vista della direzione, il puzzle delle liste Pd prende forma. Secondo una delle bozze che circolano nel partito, la segretaria potrebbe correre come capolista al Centro e nelle Isole. Stefano Bonaccini sarebbe capolista al Nord est, Cecilia Strada nel Nord ovest e Lucia Annunziata al Sud, seguita da Antonio Decaro.

Fra i nomi sul tavolo per le zone alte delle liste, al Centro Nicola Zingaretti, Camilla Laureti, Marco Tarquinio, Dario Nardella. Al Nord est Annalisa Corrado, Ivan Pedretti, Elisabetta Gualmini. Al Nord ovest Brando Benifei e Irene Tinagli. Al sud Pina Picierno. Nelle Isole Antonio Nicita e Pietro Bartolo. Ma le caselle sono ancora da sistemare. Si parla anche di Matteo Ricci, di Alessia Morani, di Emanuele Fiano, di Giorgio Gori. E di un confronto in corso con Andrea Orlando, che però avrebbe delle perplessità. Mentre Schlein potrebbe correre anche dove non è capolista, in una posizione scelta in base all’ordine alfabetico. Per il mosaico M5s, nell’elenco degli ammessi al secondo turno della selezione on line ci sono il direttore de La Notizia Gaetano Pedullà, al quale Giuseppe Conte ha chiesto di lasciare il ruolo nel giornale, per trasparenza.

Ci sono poi (con un solo mandato alle spalle) l’ex europarlamentare Dario Tamburrano e gli ex parlamentari Sergio Romagnoli, Mirella Emiliozzi, Gianluca Ferrara, Valentina Corneli, Valentina Palmisano e Paolo Bernini. Al secondo turno anche gli esponenti del partito Gay Fabrizio Marrazzo e Marina Zela. Nel fine settimana, verrà chiusa la rosa dei nomi individuati da Conte, che poi verrà sottoposta al voto online. Scontata, invece, la ricandidatura degli europarlamentari uscenti Mario Furore, Maria Angela Danzì e Sabrina Pignedoli.

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Basilicata al voto, centrodestra testa il suo campo largo

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“Diteci cosa pensate del lavoro di questo governo”. Giorgia Meloni dà una dimensione nazionale al voto in Basilicata, la terz’ultima regione per popolazione, dove il centrodestra si aspetta uno “straordinario” risultato, secondo le previsioni scandite dai leader nel comizio finale a sostegno di Vito Bardi (nella foto in evidenza), il governatore a caccia della riconferma. Lui stesso pensa “di superare il 50%”. Per festeggiare una vittoria lunedì, quando si chiuderanno le urne, il milanista Matteo Salvini si dice pronto a barattare una sconfitta della sua squadra che quella sera affronterà il derby contro l’Inter. Per raggiungere l’obiettivo la coalizione ha allargato il suo perimetro ad Azione. “La dimostrazione del buon governo di Bardi sta nelle molte liste che lo sostengono. I confini si allargano, il vero campo largo è il centrodestra”, la tesi di Antonio Tajani, alla vigilia di un test anche verso le Europee, dove il leader di Forza Italia è pronto a candidarsi in quattro circoscrizioni.

Meloni dovrebbe correre in tutte, ma il nodo non è ufficialmente sciolto. La campagna è comunque già partita e si intreccia con quella dei vari appuntamenti elettorali locali, in un continuo confronto a distanza con il centrosinistra, con rimandi a una “Europa da cambiare”. In un pomeriggio freddo e piovoso parlano Gianfranco Rotondi, Lorenzo Cesa, Maurizio Lupi, poi tocca ai leader dei tre principali partiti della coalizione. “È finita la repubblica delle banane”, l’espressione rispolverata da quella di FdI per rivendicare il lavoro sulla sicurezza, sul “fisco amico” e per respingere quelle che considera “falsità spudorate” sul carcere per i giornalisti e la legge 194 sull’aborto: “Stiamo diventando la capitale mondiale delle fake news”.

“In un anno e mezzo questo governo ha prodotto molto di più di quanto governi della sinistra messi insieme con lo scotch hanno fatto in un’intera legislatura”, la rivendicazione della premier, che dalla Basilicata si attende una verifica su “consenso e entusiasmo”. E da Potenza accusa i rivali di “simpatizzare più con chi aggredisce” le forze dell’ordine fuori dalle università che con gli agenti. O di strumentalizzare le polemiche sull’Autonomia. “Figuratevi se io, che credo nell’Italia unita più di ogni altra cosa, lascio mezza Italia indietro”, alza la voce dal palco, sottolineando che la riforma dà al Mezzogiorno “la responsabilizzazione della sua classe dirigente, ed è qualcosa che serve”.

“Stiamo lavorando – puntualizza però Tajani – perché l’Autonomia differenziata possa essere un obiettivo equo anche per il Sud Italia”. Dal palco il leader di FI cita anche Silvio Berlusconi: “Bisogna aumentare le pensioni minime a mille euro, è un impegno che abbiamo preso e che ci ha chiesto fino all’ultimo giorno della sua vita. Ci sta guardando, è seduto là, sta seguendo il comizio anche lui”. Il suo appello alla platea è a portare alle urne gli astensionisti. Assicura che l’obiettivo non è erodere voti agli alleati, ma lunedì si guarderà con attenzione ai risultati delle liste di FI e Lega. “Questo governo, si mettano l’anima in pace Conte e Schlein, andrà avanti per i prossimi 5 anni e poi sarete voi a decidere se abbiamo fatto bene”, assicura Salvini, che nell’ultima anticipazione del suo libro si è preso il merito, assieme a Berlusconi, di aver creato le condizioni per chiudere l’esperienza del governo Draghi e far nascere quello di Meloni.

Un po’ spiazzante, come quando qualche settimana fa ha annunciato il salva-casa. “Mi impegno a portarlo al più presto in Parlamento, per una sanatoria delle piccole irregolarità interne: vogliamo liberalizzare, sanare, restituire agli italiani le loro case i loro negozi”, chiarisce nel suo ennesimo affondo all’Europa: “Dobbiamo cambiarla completamente. A Bruxelles mangiatevi la farina di vermi, noi ci mangiamo i peperoni cruschi”.

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Salvini alza posta, governo Meloni grazie a me e Cav

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“Se oggi per fortuna c’è il governo Meloni, fu grazie alle strategie messe a punto col Cavaliere a Villa Zeffirelli”. Lo fa notare, senza mezzi termini, Matteo Salvini nello stralcio del suo libro ‘Controvento’, reso noto oggi. Un nuovo, ennesimo, messaggio a Giorgia Meloni con il leader della Lega che alza la posta mentre è impegnato a portare a casa partite importanti come il Ponte e l’Autonomia anche in vista delle europee. Il leader della Lega sottolinea tra l’altro di sperare che “il generale Vannacci accetti di essere candidato con noi della Lega”. E interviene anche sulle polemiche per l’emendamento al decreto Pnrr sui consultori. “L’ultima parola sull’aborto – osserva – spetta alle donne, sempre e comunque”.

E proprio a partire da questo tema un segnale, forte e chiaro, è arrivato dal partito anche ieri nel voto sull’ordine del giorno del Pd al decreto sul Pnrr. Con quindici astensioni tra i deputati leghisti che certamente partono dalla “libertà di coscienza” su temi etici lasciata dal partito ma che nel linguaggio della politica non possono che essere lette anche come un altolà. Un messaggio che va ad aggiungersi alla posizione della Lega sul premierato, la riforma che in base al patto nel centrodestra marcia di pari passo con l’Autonomia. Ecco allora che il partito di Salvini non dà ancora il proprio ok alla calendarizzazione in Aula del provvedimento a Palazzo Madama fino a quando la commissione Affari Costituzionali di Montecitorio non avrà licenziato il ddl Calderoli. Ma i segnali tra alleati sono incrociati.

E se la premier ha già detto che il governo non comprimerà i tempi parlamentari, a parlare è anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani che conferma la data del 29 aprile per l’approdo in Aula per la discussione generale; poi “tra maggio e giugno – aggiunge però – è probabile che verrà approvata”. E’ chiaro che molto si gioca sulla dead line delle europee. Con la Lega che punta a portare a casa l’obiettivo, se possibile, prima dell’8 e 9 giugno ma negli off the record ammette le resistenze degli alleati a concedere assist di questo tipo in chiave elettorale.

D’altra parte, anche gli esiti elettorali europei potrebbero pesare sul destino del provvedimento anche se – si sottolinea da fonti dell’esecutivo in chiave Autonomia – comunque vadano le cose e anche se i pesi specifici dovessero cambiare sarà necessario garantire equilibri parlamentari che evitino eccessivi logoramenti. Intanto, durante il comizio di chiusura del centrodestra dalla Basilicata a sostegno di Vito Bardi, il leader azzurro Tajani garantisce ai cittadini lucani: “Stiamo lavorando per una Autonomia equa anche per i cittadini del sud”. Ma intanto in Veneto continua la battaglia su questo fronte così come sul terzo mandato. “I ritardi sull’Autonomia sono colpa della Lega – punzecchia infatti l’ex leghista, ora parlamentare azzurro Flavio Tosi – quindi Zaia se la prenda con i suoi” anzichè con Tajani.

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