Decine di domande e il nodo piu’ grosso: la convivenza con Matteo Renzi. Giuseppe Conte affronta subito il punto oltre il quale potrebbe esserci il rilancio del suo governo o la crisi. E, pur nel suo stile, il presidente del Consiglio, in una lunga conferenza stampa di fine anno, non mostra cedimenti di fronte alla costante offensiva di Iv: si ispira ad Aldo Moro, come poco prima aveva fatto Renzi intervenendo a Palazzo Madama, ma, a dispetto del senatore, cita il leader Dc per avvertire Iv che gli “ultimatum non sono ammissibili”. Non cede sulla delega ai servizi, non ammicca al rimpasto e soprattutto alla formula dei vicepremier. E dimostra di essere ormai pronto a giocarsi il tutto per tutto: “se verra’ meno la fiducia di un partito andra’ in Parlamento”. Su questo il capo del governo, cosi’ come accadde con la crisi M5S-Lega, non sembra cambiare idea. La parlamentarizzazione della crisi e’ un assioma. E’ li’ che Conte, se necessario, mettera’ in atto la sua prova di forza con il leader di Iv. “Non cerco altre maggioranze”, ribadisce anche oggi in un passaggio della conferenza a Villa Madama. Eppure, tra centristi e potenziali transfughi di Iv e di FI, non si puo’ escludere che un controbilanciamento anti-renziano alla fine, Conte lo possa trovare. La conferenza del presidente del Consiglio dura l’intera mattinata. E su alcuni nodi prende tempo. Come sul Mes, sul quale sottolinea cio’ che nel pomeriggio viene anche spiegato alla delegazione di Iv nell’incontro al Mef con Gualtieri e Amendola: sul fondo salva-Stati “decide il Parlamento”. Frase che cela un sottotesto: sul Mes la maggioranza non c’e’. Su un dossier, tuttavia, il capo dell’esecutivo non accetta piu’ ritardi: il Recovery Plan. “Non ho detto che va tutto bene, se non abbiamo ancora la struttura di governance vuol dire che dobbiamo affrettarci. Dobbiamo correre”, scandisce Conte fissando il Cdm per l’ok nella prima settimana di gennaio. E posticipando il nodo della task force – casus belli dello scontro con Renzi – a un decreto ad hoc. “Quello che sin qui e’ mancato e’ la sintesi politica finale, dove e’ giusto che ogni partito dica la sua sulle risorse”, osserva il capo del governo dimostrando, sul Recovery Plan, piu’ di un’apertura alle istanze di Iv. Ma e’ sul resto che il premier vuole vederci chiaro, cercando di scoprire le carte di Renzi. Sul rimpasto, infatti, non chiude ma avverte: “il tema va posto dai partiti”. Con una premessa: l’attuale squadra di governo “un capitano la difende in tutti i modi”. E’ sui servizi, invece, che Conte e’ pronto al muro contro muro sia con Iv sia con il Pd. “La delega e’ una prerogativa del premier, chi mi chiede di cederla spieghi il perche'”. Dialogo quindi, ma non ad ogni costo. Anche perche’ a Palazzo Chigi sono certi di una cosa: cosi’ non si puo’ andare avanti. “Senza una coesione della maggioranza si puo’ solo vivacchiare”, sottolinea non a caso Conte tornando sul decisivo passaggio parlamentare da qui alla fine di gennaio. Un passaggio dove “ognuno si assumera’ la propria responsabilita’”. Anche quella – ma questo Conte lo omette volutamente – di innescare una crisi politica in piena pandemia e con il Recovery Fund in arrivo. La conferenza stampa di Conte viene accolta dal silenzio del Pd e dall’irritazione di Iv. I renziani da un lato puntano sul botta e risposta tra il premier e la giornalista Claudia Fusani (“zittita perche’ e’ donna?”, accusano) dall’altro sottolineano l’inopportunita’ della conferenza a Villa Madama a manovra in corso al Senato. E’ nel centrodestra, pero’, che si registra la novita’ piu’ rilevante. Giorgia Meloni propone a chi ci sta di presentare una mozione di sfiducia al governo. “Cosi’ vedremo, davvero, chi vuole mantenere in vita l’esecutivo”, sottolinea la leader di Fdi rivolgendosi a Renzi ma, sottotraccia, anche ai suoi alleati. Proposta che, per ora, sia Matteo Salvini che Silvio Berlusconi lasciano cadere nel vuoto. Il gennaio di fuoco del premier, oltre al Recovery (“sul quale l’Italia si gioca la credibilita’”, sottolinea il premier) si sviluppera’ tra delicatissimi dossier, da quello di Aspi ad una riforma del lavoro he dovra’ evitare contraccolpi dalla fine del blocco dei licenziamenti. “Lo scenario e’ critico”, ammette Conte. (A