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Politica

Contatti leader su Colle, evitare default istituzioni

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I contatti tra i leader, sia pur negati, sono entrati ormai nel vivo. Ci si confronta sul Quirinale, perche’ tra un mese si dovranno tirare le fila, ma la soluzione appare lontanissima. In gioco ci sono insieme la presidenza della Repubblica, il governo e il destino della legislatura. Ecco perche’ la priorita’ e’ darsi un metodo, in grado di sventare il rischio di un “default” istituzionale. Bisogna rendere governabili i gruppi parlamentari, indicando a deputati e senatori una via che conduca alla fine della legislatura evitando che i colpi dei franchi tiratori facciano saltare ogni accordo. Ma bisogna evitare di bruciare da subito “i nomi piu’ autorevoli” anche perche’ in questa prima fase dominano sospetti incrociati. Con il nome di Mario Draghi sempre sullo sfondo, perche’ resta in cima alla lista dei ‘papabili’, ma anche perche’ l’elezione di un presidente di parte, non votato dall’intera larga maggioranza, potrebbe porre fine anche alla sua esperienza a Palazzo Chigi. “Dopo la legge di bilancio, a gennaio, affronteremo insieme la scelta del Quirinale”, ribadisce su Twitter Enrico Letta a meta’ pomeriggio smentendo retroscena secondo i quali “oggi avrei scelto Draghi, ieri avrei incontrato Meloni”. Blindare la manovra, osservano al Nazareno, serve anche a “evitare di indebolire il governo e lo stesso Draghi”. Dal presidente del Consiglio i partiti dicono di non aver ancora capito cosa intenda fare, se aspiri al Colle o voglia proseguire il suo lavoro a Chigi: “Al momento non ha ancora fatto sapere la sua linea, solo che intanto la politica deve sempre prevedere sempre due o tre opzioni possibili e non so se lui sia abituato”, ragiona un dirigente Dem. Nelle ultime settimane tutti hanno dichiarato di volere Draghi al governo fino al 2023, perche’ unico nome in grado di garantire l’unita’ nazionale e il percorso di uscita dalla pandemia. Ma i leader sanno che la stessa permanenza dell’ex banchiere a Chigi non e’ scontata, se non sapranno trovare un metodo condiviso per l’elezione del successore di Sergio Mattarella: ecco perche’ il rischio di un “collasso istituzionale” e’ in cima alle preoccupazioni. L’ex banchiere ricorre in cima ai sondaggi sul Quirinale di queste settimane: secondo Quorum/Youtrend per Skytg24 per il 17% degli italiani e’ il suo il nome migliore, seguito da Silvio Berlusconi al 10% e da due donne, Emma Bonino e Marta Cartabia, rispettivamente all’8% e al 5%, poi da Romano Prodi, anche lui al 5%. “Io sono fuori corsa: la mia maestra elementare mi ha insegnato a contare. Non e’ cosa”, non si stanca di ripetere Prodi, a indicare la consapevolezza che stavolta non e’ il centrosinistra a dare le carte. Secondo il Professore neanche Berlusconi ha chance di essere eletto, ma il Cavaliere sembra volerci provare fino in fondo, a dispetto della freddezza dei suoi stessi alleati: “Credo che Berlusconi oggi sia apprezzato anche da coloro che in passato lo hanno fortemente osteggiato”, dice la ministra di Fi Mariastella Gelmini. Ma qualche nervosismo in maggioranza ha creato la scelta di Antonio Tajani di provare a sbarrare la strada all’elezione di Draghi al Colle affermando che cosi’ “si andrebbe a votare”. Nei contatti tra Letta, Matteo Salvini, Giuseppe Conte, Matteo Renzi, ma anche tra i ministri e dirigenti dei partiti, ricorre la consapevolezza che quello dell’ex banchiere e’ il nome piu’ condiviso che ad oggi esista, ma anche che, per evitare una rivolta dei ‘peones’, se lo si vorra’ far eleggere bisognera’ fare un accordo per il prosieguo della legislatura e sul nome del suo successore. In questa chiave torna a circolare il nome della ministra Cartabia (in discesa le quotazioni di Daniele Franco). Ma chi potrebbe garantire che Salvini non si sfili poi dalla maggioranza, per accomodarsi con Giorgia Meloni nei banchi di opposizione? E’ questo il nodo difficile da sciogliere. Che tiene in partita altre soluzioni, che vanno dall’ipotesi di trovare l’unita’ in nome della prima donna presidente della Repubblica (si cita la stessa Cartabia), a quella di individuare un profilo gradito a destra come a sinistra, come Giuliano Amato o Pier Ferdinando Casini. Sono i nomi – difficili da digerire per il M5s – su cui la pattuglia centrista potrebbe provare a giocare un ruolo da protagonista: Giovanni Toti conferma che con Renzi lavora a una federazione dei gruppi, da tenere a battesimo proprio per il voto sul Colle.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Fratelli d’Italia risale nei sondaggi: cala il Pd, stabile il M5S

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Ad aprile, la politica internazionale ha fortemente influenzato l’opinione pubblica italiana. Gli avvenimenti chiave sono stati l’avvio dei dazi da parte degli Stati Uniti, gli incontri della premier Giorgia Meloni con Donald Trump e il vicepresidente americano Vance, la guerra in Ucraina e la crisi a Gaza, oltre alla scomparsa di papa Francesco. Questi eventi hanno oscurato le vicende della politica interna, come il congresso della Lega, il decreto Sicurezza e il dibattito sul terzo mandato per i governatori.

Ripresa di Fratelli d’Italia e consolidamento del centrodestra

Secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, Fratelli d’Italia torna a crescere, attestandosi al 27,7%, oltre un punto in più rispetto al mese precedente. Il recupero è legato all’eco positiva degli incontri internazionali della premier e alla riduzione delle tensioni interne alla maggioranza. Forza Italia si mantiene stabile all’8,2%, mentre la Lega scende all’8,2% (-0,8%).

Nel complesso, il centrodestra si rafforza leggermente, mentre le coalizioni di centrosinistra e il Campo largo registrano piccoli cali.

Opposizione in difficoltà: Pd in calo, M5S stabile

Il Partito Democratico cala ancora, arrivando al 21,1%, il punto più basso dell’ultimo anno, penalizzato da divisioni interne soprattutto sulla politica estera. Il Movimento 5 Stelle, invece, resta stabile al 13,9%, grazie al chiaro posizionamento pacifista.

Le altre forze di opposizione non mostrano variazioni rilevanti rispetto al mese precedente.

Governo e premier in lieve ripresa

Anche il gradimento per l’esecutivo cresce di un punto, raggiungendo il 41%, mentre Giorgia Meloni si attesta al 42%. Sono segnali deboli ma indicativi di un possibile arresto dell’erosione di consensi degli ultimi mesi.

I leader politici: lieve crescita per Conte e Renzi

Tra i leader, Antonio Tajani registra il peggior risultato di sempre (indice di 28), mentre Giuseppe Conte cresce di un punto, raggiungendolo. Piccoli cali si registrano anche per Elly Schlein e Riccardo Magi. In lieve risalita di un punto anche Matteo Renzi, che resta comunque in fondo alla classifica.

Più partecipazione elettorale

Un dato interessante riguarda la crescita della partecipazione: l’area grigia degli astensionisti e indecisi si riduce di tre punti. Resta da vedere se sarà un fenomeno duraturo o temporaneo.

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Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

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Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

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