Con la sentenza n. 23, depositata oggi, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 2dell’articolo 27-bis del d.P.R. n. 448 del 1988, introdotto dal decreto Caivano (decreto-legge n. 123 del 2023, convertito nella legge n. 159 del 2023). La norma era stata impugnata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di Trento, che ne aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale in riferimento agli articoli 3 e 31, secondo comma, della Costituzione.
Il motivo della dichiarazione di incostituzionalità
La Consulta ha ritenuto che la norma violasse l’articolo 31, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui attribuiva la competenza al Giudice per le indagini preliminari (GIP) invece che al Giudice dell’udienza preliminare (GUP), come previsto dall’art. 50-bis, comma 2, dell’Ordinamento giudiziario (r.d. n. 12/1941).
La Corte ha sottolineato che la prova minorile “semplificata”, come ogni altro istituto di protezione della gioventù, richiede una composizione giudicante con esperti educatori, esattamente come previsto per la messa alla prova minorile ordinaria.
Gli altri aspetti della decisione della Consulta
Le altre questioni sollevate sono state dichiarate non fondate, purché si interpreti la norma in modo conforme al principio del “favor minoris”. In particolare, la Consulta ha chiarito che:
- Il programma rieducativo deve essere elaborato con il coinvolgimento dei servizi minorili, che seguono il minore durante tutto il percorso e rimettono una relazione conclusiva al giudice.
- La proposta del pubblico ministero di accesso alla prova “semplificata” rappresenta un atto di esercizio dell’azione penale, che può intervenire solo se il quadro esistenziale del minore è sufficientemente definito.
- Giudice e PM possono avvalersi dei mezzi conoscitivi previsti dagli articoli 6 e 9 del d.P.R. n. 448/1988, senza che ciò sia ostacolato dalla clausola di invarianza finanziaria prevista dal decreto Caivano.
- Il termine di sessanta giorni per il deposito del programma rieducativo non è perentorio, quindi può essere prorogato per giustificati motivi su richiesta della difesa del minore.
- Il giudice può integrare o modificare il programma rieducativo, purché ne discuta con le parti e i servizi minorili.
- Oltre ad attività lavorative, la prova “semplificata” può includere attività socio-relazionali, e gli eventuali impegni di lavoro non devono compromettere il percorso scolastico-educativo del minore.
La norma rimane in vigore con interpretazioni correttive
La Corte ha concluso che, grazie alla pronuncia sostitutiva sulla composizione del giudice e agli adeguamenti interpretativi indicati, la norma non è da eliminare radicalmente. Inoltre, ha sottolineato che il nuovo istituto, per come modificato nella conversione del decreto-legge, non esclude l’accesso alla messa alla prova ordinaria.
La decisione della Consulta introduce quindi correttivi essenziali per garantire che la prova minorile “semplificata” rispetti il principio di protezione dei minori e assicuri un iter giuridico coerente con il sistema della giustizia minorile.