Il Primo Maggio, il Concertone, la musica, le testimonianze e i racconti. Tutto uguale, ma tutto diverso. Prova a recuperare un po’ di normalita’ la tradizionale manifestazione promossa dai sindacati nel giorno della Festa dei lavoratoti. Rinuncia di nuovo alla piazza (dopo lo spettacolo prettamente televisivo dello scorso anno, in pieno lockdown), ma si riprende la dimensione live, con il cast corposo che si alterna in parte in presenza alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica, davanti a poche centinaia di invitati, distanziati e con mascherina, in parte in collegamento da diverse location d’Italia e non solo (Lp da Los Angeles, Noel Gallagher da Londra).
Un’alternanza che permette agli artisti di non incontrarsi e di sanificare il palco ad ogni passaggio. A non cambiare, oltre a quel tempo capriccioso di inizio maggio che bagna a tratti la struttura ideata da Renzo Piano, e’ la conduzione di Ambra, ormai al quarto consecutivo. Accanto a lei Stefano Fresi, oltre alle incursioni di Lillo Petrolo. E a non mancare e’ prima di tutto Bella Ciao, colonna sonora di ogni Concertone che si rispetti, portato dai Modena City Ramblers, e poi la polemica del momento. Che stavolta e’ addirittura preventiva e coinvolge Fedez. La Lega, con la quale l’artista ha un conto aperto in quanto a polemiche, avverte che se il cantante usera’ a fini personali il concerto del 1 maggio per fare politica, “la Rai dovra’ impugnare il contratto e lasciare che i sindacati si sobbarchino l’intero costo dell’evento”. Lui, dal canto suo, rivendica la liberta’ di espressione e si assume qualunque responsabilita’. “E’ la prima volta che mi succede di dover inviare il testo di un mio intervento perche’ venga sottoposto ad approvazione politica. Un artista puo’ esprimere liberamente le sue idee su un palco? O deve passare al vaglio della politica?”.
Intanto il concerto, trasmesso in diretta anche su Rai3, Radio2 – anche visual – e RaiPlay, scorre via veloce, la scaletta e’ corposa. Gli artisti in cartellone sono oltre una quarantina, la maggior parte in presenza alla Cavea, altri collegati da luoghi simbolici (i Sud Sound System davanti ai cancelli dell’Ex Ilva). C’e’ tanto, tantissimo Sanremo: da Gio Evan a Gaia, da Bugo a Fasma, passando per Folcast, Gaudiano, Wrongonyou. E in serata sono attesi Max Gazze’, Coma_Cose, La Rappresentante di Lista, Colapesce Dimartino, Fedez, Francesca Michielin, Extraliscio, Noemi, Francesco Renga, Ermal Meta, Madame, tutti passati dall’Ariston per l’ultima edizione del Festival. L’apertura da una piazza San Giovanni desolatamente vuota e grigia e’ affidato all’Orchestraccia, con un omaggio a Giorgio Gaber, ricordato anche da Ambra e Stefano Fresi che leggono un suo testo. Alla Cavea il via lo da’ Alex Britti, che aveva chiuso lo scorso anno. Arriva Chadia Rodriguez e lascia a bocca aperta togliendosi il top e rimanendo a seno nudo (coperto da cuori arcobaleno) per poi urlare: “Libera l’amore, ma con chi vogliamo e quanto vogliamo”. Motta che ringrazia “per avermi dato la possibilita’ di tornare nel nostro posto preferito del mondo, il palco”, chiude la prima parte del live. Per il clou attesi Piero Pelu’, Antonello Venditti, in collegamento da Piazza San Giovanni, Gianna Nannini, Edoardo Bennato, Enrico Ruggeri (dall’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo), Michele Bravi. Sulla manifestazione anche il sigillo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “a celebrare il Primo maggio ci sara’ anche quest’anno il Concertone, che pure dovra’ rispettare modalita’ particolarmente austere: vuole essere anche un segno di ripresa per la musica, lo spettacolo, la cultura, affinche’ siano nuovamente fruibili dal vivo e possano contribuire alla ripartenza”.
La Russia non rinuncerà alla Crimea e alle altre regioni annesse in Ucraina. A chiarirlo durante un bagno di folla sulla Piazza Rossa è Vladimir Putin, forte del trionfo annunciato al termine dei tre giorni di elezioni presidenziali che gli hanno regalato, secondo i risultati ufficiali, la più grande vittoria per un capo dello Stato nella storia del Paese, con l’87,3% dei voti. Un plebiscito che può servire a Putin sia per continuare il conflitto sia, se l’occasione si presenterà, per avviare negoziati da posizioni di forza. Per rimarcare l’unità del Paese, il capo del Cremlino ha portato con sé sul palco i tre candidati sconfitti con percentuali umilianti, al di sotto del 5% ciascuno. Davanti a decine di migliaia di persone accorse per assistere a un concerto nel decimo anniversario dell’annessione della Crimea, Putin ha affermato che la Russia andrà avanti “con le nuove regioni, mano nella mano”.
E’ vero, ha ammesso, che il viaggio delle genti del Donbass “verso la loro terra natale”, cioè la Russia, si è rivelato “più difficile e tragico” di quello della Crimea. “Ma comunque ce l’abbiamo fatta”, ha assicurato, prima di intonare con tutta la piazza l’inno nazionale, in un tripudio di bandiere russe. Difficile capire fino in fondo il signficato di queste parole. Se Putin intenda cioè dire che la Russia si potrebbe accontentare dei territori conquistati finora, o voglia allargare il conflitto. Mosca continua ad insistere di essere pronta a negoziati che tengano conto della situazione sul terreno, cioè del controllo russo su parte dell’Ucraina.
Lo ha ribadito il ministro degli Esteri Serghei Lavrov ricevendo l’inviato cinese Li Hui, che nei giorni scorsi ha visitato vari Paesi europei. Il capo della diplomazia russa, ha fatto sapere il ministero degli Esteri, ha “confermato l’apertura della parte russa a una soluzione negoziata”. Ma è “inaccettabile” la cosiddetta ‘formula Zelensky’, che prevede il ritiro completo dei russi dalle regioni occupate durante il conflitto e dalla Crimea.
A questo si è aggiunta una dichiarazione al giornale Izvestia del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, secondo il quale la Russia è “pronta a negoziati su tutte le questioni della sicurezza, compreso il disarmo nucleare e la non proliferazione”. Queste dichiarazioni fanno seguito a quelle dello stesso Putin che la scorsa notte aveva indicato la Francia come un Paese che “può ancora svolgere un ruolo” nella ricerca di una soluzione negoziata, perché “non tutto è ancora perduto”. Una sorpresa dopo le parole del presidente Emmanuel Macron su possibili “operazioni sul terreno” di Paesi Nato in Ucraina “per far fronte alle forze russe”. Il leader russo si era anche detto pronto a prendere in considerazione l’ipotesi di una tregua per le Olimpiadi, a patto che non si tratti solo di una pausa per dar modo a Kiev di “riarmarsi”. Il portavoce Peskov ha intanto respinto come “assurde” le affermazioni occidentali relative alla “illegittimità” delle elezioni. Accuse rilanciate dal gruppo indipendente russo di monitoraggio Golos, secondo il quale queste sono state le consultazioni “più fraudolente e corrotte” della storia del Paese, perché “la campagna si è svolta in una situazione in cui gli articoli fondamentali della Costituzione russa, che garantiscono i diritti e le libertà politiche, essenzialmente non erano in vigore”. In un messaggio dal carcere, l’oppositore Ilya Yashin ha scritto che Putin ha voluto una vittoria trionfale perché non può liberarsi dai “suoi complessi freudiani”.
Il vero obiettivo dell’operazione, ha aggiunto Yashin, è “far sprofondare nell’apatia quella parte della società che è contro la guerra”. A Mosca circolano intanto voci su possibili rimpasti nel governo per portare alla ribalta forze giovani. L’agenzia Reuters, citando quattro fonti vicine agli ambienti del potere, ha scritto che tra coloro che potrebbero avanzare di grado vi è il ministro dell’Agricoltura Dmitry Patrushev, 46 anni, figlio di Nikolai Patrushev, segretario del Consiglio di Sicurezza nazionale. Ma due delle fonti si dichiarano convinte che, almeno fino a quando durerà il conflitto in Ucraina, non saranno sostituiti né Lavrov, né il ministro della Difesa Serghei Shoigu, né il primo ministro Mikhail Mishustin.
“Lo sforzo sinergico e solidale delle istituzioni ad ogni livello ha consentito di arginare un nemico intangibile all’insegna di una rinascita globale”. È stato un forte richiamo al valore della collaborazione di tutti per vincere la sfida della pandemia il cuore del messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione della Giornata nazionale in ricordo della vittime del Covid. Un’occasione particolare soprattutto per Bergamo, che fu l’epicentro della prima ondata della pandemia, e che ha ricordato quei giorni con una cerimonia al cimitero monumentale. Nel messaggio per la Giornata, il capo dello stato ha sottolineato che il coronavirus “ha generato una crisi che è suonata terribile esperienza delle sfide di fronte alle quali può trovarsi l’umanità e di come solo una risposta coordinata a livello globale sia stata in grado di farvi fronte, con l’accelerazione nella messa in opera delle più recenti scoperte della ricerca in cui protagonista – ha sottolineato Mattarella – è stata l’Unione europea”.
La premier Giorgia Meloni ha sottolineato che “la pandemia ha sconvolto le nostre vite, ma il popolo italiano ha trovato la forza di reagire. E lo ha fatto con umanità, solidarietà, unità e abnegazione. Questa è l’eredità più preziosa di quella crisi, che dobbiamo saper ricordare e che ci può insegnare ancora molto. Il dolore per le tantissime vite perse è una ferita ancora aperta”. L’Unione europea citata da Mattarella per il suo ruolo nel superamento dell’emergenza era rappresentata oggi a Bergamo dal commissario all’economia, Paolo Gentiloni che, a margine della cerimonia, ha fatto riferimento al corteo dei camion militari che, esattamente quattro anni fa, portavano in varie città d’Italia centinaia di bare perché il crematorio di Bergamo non era più sufficiente. “Quelle immagini – ha sottolineato Gentiloni – hanno risvegliato qualcosa nella coscienza dell’Europa: la necessità di un grande intervento comune di solidarietà dopo le prime settimane di chiusura ed egoismi nazionali”.
“A Bruxelles – ha ricordato ancora il commissario – la prima risposta fu di chiusura assoluta: Francia e Germania vietarono l’esportazione di mascherine e respiratori ed è incredibile come da quelle chiusure si sia passati alla solidarietà più grande”. Ad accogliere Gentiloni e le altre autorità, fra le quali il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli, c’era il sindaco Giorgio Gori, che ha usato parole forti a difesa della sanità pubblica: “Onoreremo fino in fondo la memoria dei bergamaschi e degli italiani che sono caduti a causa della pandemia se e quando riaffermeremo, con i fatti, il valore insostituibile della salute pubblica e del Servizio sanitario nazionale”. Mentre l’assessore al welfare della Lombardia, Guido Bertolaso, ha ricordato “medici, infermieri, operatori del 118 che hanno perso la vita lavorando per contrastare l’avanzata del virus. Quell’emergenza è alle spalle – ha detto Bertolaso – e ha lasciato in eredità la spinta per migliorare e riorganizzare la gestione dei servizi socio-sanitari: in Lombardia lo stiamo facendo col massimo impegno per dare le risposte che i cittadini si attendono”.
E’ uscito negli Stati Uniti il documentario ‘Stormy’ nel quale la pornostar racconta le conseguenze dell’incontro con Donald Trump nel 2006. Il film arriva sulla piattaforma a pagamento Peacock a poche settimane dall’inizio del processo per i pagamenti in nero all’attrice durante la sua campagna per la conquista della Casa Bianca. Daniels, che nel documentario diretto da Sarah Gibson, dichiara di essere repubblicana, accusa Trump di non aver “mai considerato che donne come lei” potessero contare. E poi aggiunge: “Non sono così speciale, mi sento un’ipocrita”.
Nel frattempo il giudice Juan Merchan ha respinto il tentativo del tycoon di bloccare la testimonianza del suo ex avvocato e faccendiere Michael Cohen e di Daniels. Nella sentenza, ha scritto di “non essere a conoscenza di alcuna motivazione loigiuca per la quale un testimone dell’accusa dovrebbe essere tenuto lontano dalla sbarra perché la sua credibilità è stata messa in discussione”. Trump aveva accusato Cohen e la porno star di essere “bugiardi ed opportunisti”, attacchi che evidentemente per il giudice non avevano un peso legale.