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Con gli inviati Rai a Sudzha, il reportage in Russia

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“Stiamo in questo momento attraversando il confine con la Russia”. Inizia così a bordo di un pick-up in movimento con alla guida un ucraino (completamente oscurato) il servizio degli inviati Rai Stefania Battistini e Simone Traini, che per il Tg1 hanno realizzato un reportage recandosi nella città di Sudzha nella regione di Kursk. Per questo motivo, secondo Baza un canale Telegram russo di notizie, “il ministero degli Affari Interni russo intenderebbe avviare un procedimento penale contro i due giornalisti italiani” che ora sono rientrati in territorio ucraino. Il servizio è visibile sia sui canali social dei giornalisti, sia su quello del Tg1 in un post che spiega: “Da otto giorni ormai l’esercito ucraino è penetrato in territorio russo. Zelensky rivendica, Mosca sostiene di aver fermato le truppe di Kiev. Oltre il confine è riuscita ad arrivare la troupe del Tg1 con la nostra inviata Stefania Battistini. Questo è quello che ha trovato”.

“Non avremo mai creduto che sarebbe accaduto – dice la giornalista che viaggia con il giubbotto antiproiettile e il casco di protezione con la scritta Press all’inizio del reportage – e non lo abbiamo mai pensato”. A guidare il mezzo a fianco dell’inviata un uomo ucraino (completamente oscurato) spiega: “Siamo dentro il territorio russo. Questo era un nostro mezzo” dice indicando un veicolo abbandonato a bordo strada. Riprende la Battistini: “Siamo in Russia. Siamo sul territorio russo, questi campi sono quelli per cui Mosca ha attaccato negli ultimi due anni e mezzo il territorio dell’Ucraina”.

Nel servizio scorrono le immagini di campi assolati e alcune costruzioni crollate: “Queste sono le posizioni russe distrutte” spiega la giornalista. Poi l’auto si ferma e gli inviati vengono fatti salire su un mezzo militare, guidato da due ucraini che indossano delle divise e hanno solo i volti oscurati: “Ci consentono di salire su questo blindato per arrivare a Sudzha. Andiamo verso Sudzha – racconta – città russa stregica perché è l’hub del gas”. Durante il percorso la Battistini chiede in inglese: “La contollate la città?”. “Yes” risponde l’ucraino. “Sì, vengono da sinistra, la prossima volta vi porteremo lì” promette. Poi il piccolo gruppo arriva nella città deserta: “Questa è la città di Sudhza” dice l’inviata ed è sotto il controllo delle forze ucraine. “Questo silenzio – rileva ancora – lo abbiamo sentito soltanto nelle città ucraine sinora”.

La telecamera inquadra auto, macerie e vari edifici parzialmente distrutti. Molte case civili sono intatte. “Qui ci sono ancora i cadaveri” dice la Battistini ma ovviamente non vengono mostrati al pubblico nel video. Poi i giornalisti vengono fatti correre per un breve tratto di strada. E all’improvviso vicino a un edificio compaiono molti civili russi di Sudzha, uomini anziani, donne sia giovani che vecchie, e anche qualche ragazzino. Appaiono tranquilli, seduti su alcune sedie e mostrano dei cartelli con scritte in cirillico. “Perché siete rimasti?” chiede la Battistini.

“I russi ci hanno detto di stare qui raccolti e poi se ne sono andati” risponde una giovanissima ed esile ragazza russa con la pelle candida, i capelli rossi e gli occhi azzurri. “Lasciati soli?” incalza l’inviata. La ragazza fa cenno di sì. “Come si comportano con voi i soldati ucraini? Sono gentili oppure…” chiede subito la giornalista. “Sono gentili” dice con un piccolo sorriso la ragazza. Poi gli inviati vengono fatti risalire sul blindato. Il soldato ucraino riprende a parlare a Battistini e Traini: “Vedi la differenza tra noi e i russi? Qui le case delle persone non sono distrutte…”.

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Putin non vede Assad e tratta per salvare le basi

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La bandiera del deposto regime è stata sostituita da quella degli ex oppositori anche sull’ambasciata siriana a Mosca, e la sede diplomatica ha detto di essere ora in attesa di “istruzioni” da parte del nuovo governo. Non ci poteva essere segnale più chiaro di come il vento sia cambiato ma anche dell’incertezza che regna sul futuro, mentre il Cremlino cammina sul filo del rasoio cercando di non voltare completamente le spalle all’ex presidente ma anche di salvare il salvabile, a partire dalle sue basi sul Mediterraneo. E’ stato Vladimir Putin a prendere personalmente la decisione di concedere asilo “per motivi umanitari” ad Assad e alla sua famiglia, ha detto il portavoce Dmitry Peskov.

Una decisione fatta filtrare nella serata di domenica da “una fonte” all’agenzia Tass. Nessun annuncio ufficiale, insomma, e nessun incontro previsto, almeno pubblico, tra Putin e il suo ex protetto. “Non c’è alcun colloquio del genere nell’agenda ufficiale del presidente”, ha sottolineato Peskov, rifiutando anche di precisare quando sia stato l’ultimo incontro tra i due, anche se i media siriani avevano parlato di una visita segreta di Assad a Mosca alla fine di novembre. Il copione rispecchia la necessità della leadership russa di cercare di creare o mantenere contatti con i nuovi padroni a Damasco, con l’obiettivo primario di salvare la base navale di Tartus – l’unica di Mosca sul Mediterraneo – e quella aerea di Hmeimim, nella vicina Latakia. “E’ troppo presto per parlarne, in ogni caso questo sarà argomento di discussione con coloro che saranno al potere in Siria”, ha osservato il portavoce.

Ma per capire chi saranno costoro anche Mosca dovrà aspettare la formazione del governo, soppesare il ruolo e l’importanza delle varie figure e le influenze esercitate da potenze regionali e mondiali. Per questo, ha affermato Peskov, mentre la Siria si avvia ad attraversare “un periodo molto difficile a causa dell’instabilità”, è “molto importante mantenere il dialogo con tutti i Paesi della regione”. Compresa la Turchia, il principale sostenitore dei ribelli e jihadisti che hanno rovesciato Assad. La Russia cerca dunque di riprendersi dallo shock per lo smacco subito. “Quello che è successo probabilmente ha sorpreso il mondo intero, e noi non facciamo eccezione”, ha ammesso Peskov.

Mentre il segretario generale della Nato, Mark Rutte, non ha resistito alla tentazione di punzecchiare Mosca, insieme con Teheran, accusandole di essersi dimostrate “partner inaffidabili” di Assad. I media e i blogger militari russi si sono mostrati quasi altrettanto impietosi nell’analisi di quanto successo, e dei costi che Mosca potrebbe essere chiamata a pagare. Emblematico il titolo dell’autorevole giornale del mondo imprenditoriale Kommersant: ‘La Russia ha perso il principale alleato in Medio Oriente’. Mentre il canale Telegram Rybar, che vanta legami con il ministero della Difesa, mette in guardia dalle conseguenze di una possibile perdita delle due basi. Sia quella di Tartus sia quella di Hmeimim “hanno svolto un ruolo logistico importante per le operazioni della Russia in Libia e nel Sahel”, sottolinea il blog. Un rimedio efficace potrebbe essere l’apertura di una nuova base a Port Sudan, sul Mar Rosso. “Ma la guerra civile in Sudan non è ancora finita, il che complica i negoziati in corso”, valuta Rybar. Mentre un porto sulla costa libica della Cirenaica, di cui si parla da tempo, sarebbe troppo lontano per garantire i rifornimenti regolari con aerei da trasporto a pieno carico.

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Tv, Jolani sceglie premier di Hts per governo transitorio

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Sarà Muhammad Bashir, e non l’esiliato ex premier siriano Riad Hijab o l’attuale primo ministro Muhammad Jalali, il capo del governo di transizione a Damasco. Lo riferisce la tv al Jazira nella capitale siriana secondo cui Muhammad Bashir è il premier del “governo di salvezza”, che da anni amministra nel nord-ovest siriano le aree sotto controllo di Hayat Tahrir ash Sham (Hts), guidata da Abu Muhammad Jolani (Ahmad Sharaa). La scelta di Muhammad Bashir sarebbe stata imposta, afferma la tv, dallo stesso Jolani.

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Siria, Russia: prematuro parlare mantenimento presenza militare

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È prematuro parlare del mantenimento della presenza militare russa in Siria, sarà un argomento da discutere con le autorità. Lo ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov (foto Imagoeconomica in evidenza). “È prematuro parlare di questo. In ogni caso, è un argomento da discutere con coloro che saranno al potere in Siria”, ha dichiarato Peskov ai giornalisti, aggiungendo che il governo siriano sta attraversando un periodo di trasformazione ed è ancora instabile. L’esercito russo in Siria sta facendo tutto il necessario per garantire la sicurezza delle basi militari, ha dichiarato il funzionario, aggiungendo che la sicurezza di queste basi è una questione molto importante.

Le autorità russe stanno facendo tutto il necessario per entrare in contatto in Siria con quanti possono garantire la sicurezza delle basi militari, ha aggiunto. Ieri i gruppi armati dell’opposizione siriana hanno conquistato la capitale Damasco. Il primo ministro siriano Mohammad Ghazi al-Jalali ha dichiarato che lui e altri 18 ministri hanno deciso di restare nella capitale. Al-Jalali ha inoltre dichiarato di essere in contatto con i leader dei gruppi militanti entrati in città. Il ministero degli Esteri russo ha dichiarato che Bashar al-Assad si è dimesso da presidente e ha lasciato la Siria dopo i negoziati con alcuni partecipanti al conflitto siriano.

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