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Corona Virus

Come studiano e crescono i nostri figli in quarantena, le storie raccontate dai genitori

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Guardarli crescere, rendersi conto che anche se piccoli, adolescenti o poco più che fanciulli, riescono con tenacia e adattamento a sopravvivere alla quarantena, capire che le loro abitudini sociali, benché giovani e non formate appieno, siano cambiate cosi repentinamente è ciò che un genitore immediatamente percepisce dagli atteggiamenti di loro, dei propri figli, in questo periodo che per tutte le 24 ore del giorno si vive quella che non può oramai più essere chiamata quotidianità, ma è divenuta totalità. In questo nuovo e transitorio, ma lungo percorso che si sta affrontando insieme ai  figli, in una quarantena che oramai ha sforato i quaranta giorni di isolamento, ci sono anche da mettere in conto i rapporti sociali con l’esterno, le amicizie, i rapporti parentali, le visite, oramai virtuali  ai nonni o agli amici, ma una parte importante di questa quotidianità è la scuola, la scuola on line, della quale ne abbiamo già parlato, anzi, ne abbiamo fatto parlare ai Teen-Agers che ci hanno raccontato di un nuovo rapporto con i social e con le lezioni da casa, oggi abbiamo chiesto ai genitori di parlarci dei loro figli e di come la quarantena sta cambiando il modo di rapportarsi a loro e di come vedono la crescita dei loro figli.

Valeria Pitterà, docente di Pedagogia e Didattica dell’Arte.

Alla fine i più bravi sono stati loro…

Ancora assonnati, con i loro occhietti gonfi, i capelli arruffati e i pigiamini sgualciti, ti sgridano: “Mamma non ho tempo di fare colazione, la mia lezione è già iniziata!!!” Se non eravamo preparati noi a tutto questo, figurarsi loro e invece sono stati molto più bravi di noi. Avevano appena iniziato la scuola primaria, erano appena entrati nel mondo dei “GRANDI”, avevano da poco conosciuto i nuovi compagni e le nuove maestre, appena iniziato a scrivere e a leggere e si sono dovuti subito riadattare a qualcosa di nuovo e inaspettato, qualcosa di brutto che fa morire le persone ed è molto pericoloso. Ma hanno accettato tutto senza fare domande, senza capricci, senza lacrime, aspettando pazienti il ritorno alla normalità, quella normalità che noi non sappiamo più se desiderare o temere. Si sono aggrappati alle loro maestre e loro ai loro cuccioli desiderosi di apprendere e di sapere, con i loro “Maestra non ti sento!”, “Maestra non ti vedo!” , “Maestra sono qui tu riesci a vedermi?”, “Maestra non dettare così veloce aspettami!” e soprattutto ”Maestra quando torniamo a scuola? ….. mi mancate tanto!”. Loro, le maestre con i loro sorrisi dolci e rassicuranti con i tanti “Bravissima…bravissimo, che bella lettura, che bel disegno!”…. il lavoro più bello del mondo ma solo per chi lo fa con “L’ANIMA”, per chi li ama infinitamente e lo fa con l’occhio del cuore. Noi vediamo il telegiornale, leggiamo, ci informiamo, loro no, non possono, possono solo accettare tutto e osservare le nostre ansie, le nostre preoccupazioni, le nostre paure quelle che ci sforziamo di mascherare cercando di tenere unite le nostre famiglie con il sorriso e l’allegria anche se alla fine riescono a decifrarle tutte una per una. E quando gli chiedi: “Amore cosa ti manca di più?” loro ti rispondono: “Nulla Mamma, tranquilla, sono al sicuro con la mia famiglia!”

Veronica Rossi,  promozione e sviluppo mercati E.P.T Torino

Gutta cavat lapidem dicevano i latini. In effetti lo stillicidio inesorabile di giorni di quarantena, che passano tutti uguali, facendomi perdere la cognizione del tempo, la gioia del riposo dopo una settimana di lavoro, le corse per non arrivare in ritardo a causa del traffico, sta scavando un solco anche dentro di me, che di solito sono una persona serena e paziente.  La pubblicità che passa in TV in questo periodo mi fa sorridere amaramente! Gli spot mostrano genitori felici in case spaziose, che chattano con i nonni lontani, che fanno le video lezioni sorridendo e festeggiano i compleanni online. La realtà è ben diversa: io vivo in un piccolo appartamento di un condominio in periferia. Ho l’affido condiviso di mio figlio che, sempre a causa del virus, non vede il padre e i nonni da 2 mesi. Nonni che non sanno nemmeno cosa sia una chat su whatsapp! Vado a fare la spesa a piedi, per fortuna vicino a casa, ma mio figlio non può entrare con me. Deve aspettarmi in un angolo come fano fare ai cani. La realtà è ben diversa e ci insegna oggi più che mai, che l’essere sempre connessi a tutto e tutti non è la soluzione. Perché? Perché come diceva Aristotele, siamo animali sociali. Forse le famiglie “moderne”, come la mia, così frenetiche e iperattive hanno vissuto le prime settimane di isolamento come una vacanza domestica, un modo per riappropriarsi di quel tempo famigliare rubato dal lavoro, dagli impegni, dalla frenesia di una città vorace. Sono state due settimane di ritrovata serenità con i propri cari, un modo per seguire di più i figli, per avere tempo per se stessi e per la casa e, per i più fortunati, dedicarsi al giardinaggio Poi però, dopo l’ennesimo pane sfornato in cosa e dopo l’ennesima performance del vicino del quarto piano, che tutte le sere dal balcone fa il David Guetta de noantri, la situazione ha cominciato a degenerare. Siamo tutti più insofferenti. Inutile negare l’evidenza: i più colpiti da questa emergenza sono i nostri ragazzi ormai dipendenti da ogni sorta di schermo dal mattino alla sera. Vedo gli effetti su mio figlio dodicenne: attaccato al mouse e al cellulare per avere una finestra su quel mondo che glie è stato negato per decreto. Gestire la situazione non è facile e il nervosismo aumenta di giorno in giorno. Vorrei comunicare di più con lui che sembra sempre distratto da qualcosa: cerco di inventarmi giochi, condividere momenti divertenti, fargli fare un po’ di esercizio fisico, attività creative ma poi tutto si riduce a ultimatum per le scadenze dei compiti, sequestri di cellulari che nascondo in luoghi improbabili della casa, battibecchi e bracci di ferro. Poi tutto si appiana con un abbraccio. Restiamo in silenzio e ci stringiamo per qualche minuto. In quel silenzio ci diciamo reciprocamente: “lo so che sei triste ma io sono con te. Supereremo anche questo, insieme!”

Nicola Fittipaldi, docente scuola media superiore

Sentirsi come in una bolla, sospesi, incerti, con il Paese che si chiude e si ferma, perché non c’è più tempo. L’Organizzazione mondiale della Sanità sentenzia: è pandemia, e bisogna proteggere i cittadini da un nemico inaspettato, insidioso, un virus che abbiamo imparato a conoscere, ma che ancora rappresenta – anche per la comunità scientifica internazionale – una specie di rebus. Ciò che è certo è che il Covid-19, questo il nome della malattia respiratoria acuta che sta seminando un gran numero di degenti e di morti, ha cambiato le nostre esistenze in modo traumatico. L’Italia è mutata dallo scorso 9 marzo, è in quarantena forzata. Le strade si svuotano, mentre gli ospedali faticano invece a reggere il numero di pazienti che vi si affollano. Tutto ha subìto molteplici trasformazioni, obbligandoci ad una vita radicalmente priva di contatti ravvicinati: gli assembramenti sono vietati, bisogna tenersi distanti dagli altri, ci dicono, ad “almeno un metro”. Si esce di rado e solo per esigenze essenziali, muniti di guanti e mascherine. Per tutti è un momento molto critico, ma ci stiamo dando un gran da fare per superare le innumerevoli difficoltà che questa vicenda ci sta procurando. Anche il lavoro e lo studio sono cambiati radicalmente. Ed è su quest’ultimo punto che vorrei soffermarmi, in particolare: su come sta procedendo la formazione scolastica dei nostri figli e il lavoro di noi insegnanti. Con lo stop alla frequenza in presenza, che vale dagli asili alle università, adesso le lezioni si organizzano a distanza, mentre gli esami universitari e lauree sono in streaming. Ognuno si è adoperato per far sì che ci fosse la migliore continuità e una proficua alternativa alla lezione svolta precedentemente in classe.
Nell’immediato ci si è scontrati con l’inadeguatezza di un sistema che per certi versi era ancora sconosciuto, e non in grado di fornire immediatamente le performance attese. Fortunatamente la voglia di colmare questo gap è stata così grande da superare anche quelli che inizialmente sembravano ostacoli insormontabili. Nell’emergenza, ho potuto verificare che nessuno ha mollato, mostrando cuore e cercando di comunicare con i ragazzi nel miglior modo possibile. Personalmente, da genitore e da docente, credo che questa difficile esperienza che stiamo vivendo lascerà nei nostri ragazzi sicuramente il ricordo di momenti di incertezza e smarrimento. Tuttavia, ho riscontrato anche la loro capacità di affrontare questa crisi con una sorprendente disinvoltura, grazie alle loro grandi capacità di adattamento e alla voglia di risolvere i problemi. Concludo col dire che dal mio punto di osservazione la didattica a distanza è stata “vitale” in un frangente in cui era necessario proteggere al meglio la comunità scolastica. In futuro, un suo uso integrativo potrebbe essere preso sicuramente in considerazione. Ovviamente nessun sistema educativo digitale potrà mai sostituire in maniera totalitaria la figura dell’insegnante. In un momento delicato come questo è ancora una volta l’aspetto umano che ha prevalso: l’insegnante ha saputo prendere per mano e provato a condurre chi, disorientato, non doveva essere lasciato solo, affiancandolo per fargli ritrovare la giusta via da percorrere.

Stefania Milano, operatrice culturale

Condizione fortunata la mia, in casa abbiamo a disposizione due pc e connessione a banda larga. E i miei ragazzi sono in un’età – 13 e 16 anni – tale per cui non mi è richiesto nessun intervento a supporto delle loro attività didattiche. Personalmente credo che in questa situazione drammatica, epocale, in cui ci siamo trovati tutti, senza grande preavviso, le sfide a cui siamo stati chiamati a rispondere, sul piano umano, emotivo, delle relazioni personali e delle nostre professioni, siano tanto imponenti, quanto stimolanti. Siamo tutti messi alla prova rispetto al nostro grado di adattamento, di tolleranza, di empatia, alla capacità di saper mantenere comportamenti di rispetto e compostezza, di saper riflettere sulla nostra vita in generale e immaginare scenari futuri. I ragazzi sono stati molto più bravi di noi adulti a rispondere a queste sfide, hanno compreso la serietà della situazione con grande lucidità e nella esperienza della didattica a distanza hanno mantenuto intatte le loro routine (quegli schemi quotidiani ritenuti essenziali per non annichilirsi e piombare nello sconforto a causa dell’isolamento forzato) senza lasciarsi prendere dalla tentazione di mollare, o attestarsi sul minimo sforzo indispensabile. La distanza fisica è stata compensata da una vicinanza emotiva, di sentimenti: la classe è molto più ‘comunità’, i professori stanno facendo uno sforzo enorme e riescono non solo a proseguire il lavoro di programmazione ordinaria, ma stanno portando avanti un lavoro di sostegno che va ben al di là di quello che normalmente svolgono. A mio avviso, in questa circostanza, è venuta fuori completamente la passione che deve stare alla base di tutte le attività della vita perché riescano bene, ma quando si rivela appieno nell’insegnamento rende l’esperienza dell’apprendimento profonda, radicata, emozionante e gratificante. Sono certa che il mondo della scuola farà una riflessione su questo, sul fatto che concentrare gli sforzi tanto sui risultati e meno sui processi, sulla efficienza più che sulla crescita individuale, potrebbe aver allontanato un po’ dalla vocazione propria dell’istituzione scolastica.

Ludovica Caniparoli, docente di marketing culturale

Riflessioni di un genitore in quarantena sulla didattica a distanza

Se l’Italia è nel pieno di una mega sperimentazione sociale sulla didattica a distanza, la nostra casa è un nucleo di osservazione privilegiato. Mio marito è insegnante di scuola dell’infanzia, mia figlia frequenta le elementari, mio figlio le medie ed io insegno ad universitari; insomma ci mancano solo le scuole superiori di secondo grado per coprire l’intero percorso formativo ministeriale. Dopo un lungo mese di connessioni giornaliere possiamo trarre, nel nostro piccolo, le prime considerazioni su questa forzata “rivoluzione copernicana”. Com’è la scuola on-line? A casa nostra è il delirio più totale, sia dal punto di vista logistico, che contenutistico, che formale. Solo dopo un’attenta pianificazione di spazi e tempi, si riescono ad incastrare 4 connessioni in 70 mq di appartamento, garantendo a ciascuno un angolo tranquillo in cui arrivi il wi-fi ma non il rumore dello sciacquone, su una scrivania abbastanza grande per poter aprire computer, libri, astuccio, diario, raccoglitore delle schede e quadernoni vari. Ognuno utilizza contemporaneamente più piattaforme: una per la videoconferenza, un’altra per caricare i documenti, un’altra ancora per l’assegno e una per le comunicazioni informali; naturalmente sono diverse per ognuno di noi. In quanto genitori, mio marito ed io dobbiamo ricordare login e password di tutte queste piattaforme sia per noi che per i nostri figli, che sommati agli intramontabili email, chat e social network rendono il complesso di informazioni da ricordare un caos magmatico primordiale. Mia figlia di 8 anni, che frequenta la terza elementare, vive in uno stato di frustrazione profonda. Da bambina diligente, autonoma e amante della scuola che era, fa fatica a seguire le lezioni on-line, non ricorda gli assegni e la motivazione allo studio è colata a picco. Noi le dobbiamo stare dietro, controllare gli assegni, stampare le schede, caricare i compiti svolti sulle piattaforme. Insomma, la didattica a distanza è un impegno mentale enorme per i genitori. Come tutti, anche lei è diventata bravissima a condividere lo schermo, a silenziare il microfono, ad invitare ad una videoconferenza, ma la spiegazione delle frazioni complementari via Skype proprio non le arriva. Per il grande, che ha 12 anni ed è in seconda media, la situazione è un po’ diversa. È molto più autonomo nella gestione del mezzo – spesso sono lui ed i suoi compagni a dover spiegare ai professori come fare qualcosa durante la video-lezione – ma la voglia di studiare non è aumentata di un grammo. Ha imparato subito la tattica del ragazzo invisibile: microfono silenziato e video spento. Il dubbio che metta anche il cervello in standby è legittimo. Anche in casa è un ectoplasma; finita la connessione con la scuola, passa nell’ordine a: Playstation, tablet e cellulare, sempre connesso con gli amici. In rari momenti, quando il piatto è in tavola, si connette anche con noi genitori e con la realtà. Per sapere cosa possa insegnare la scuola on-line bisogna prima chiarire cosa ci aspettiamo che la scuola insegni. Perché se crediamo che si vada a scuola per imparare la condivisione, il rispetto delle regole, il valore della diversità, l’autonomia, la fiducia in se stessi, la collaborazione e lo si faccia ATTRAVERSO la storia, la matematica e l’italiano, allora la didattica a distanza è molto difficile che riesca a competere, perché rende la storia, la matematica e l’italiano il fine e non il mezzo. L’esperimento nazionale a casa nostra è riuscito: avendolo sperimentato direttamente, possiamo affermare, senza dubbio alcuno, che la didattica on-line, spento il primo entusiasmo iniziale, è la tomba di ogni possibile fascinazione del sapere! Non vediamo l’ora di ritornare alla scuola delle cartelle pesanti, dei bigliettini lanciati sotto al banco, degli sguardi complici, delle merende condivise, in cui i bambini sono autonomi e i genitori felici. Anzi speriamo che questa “sperimentazione” faccia diventare la scuola ancora di più un luogo di scambio di vissuti ed esperienze, con tempi prolungati, laboratori creativi, tornei sportivi, viaggi d’istruzione e campi scuola. Per adesso, meno male che c’è la didattica on-line, perché se non ci fosse sarebbe molto, ma molto, peggio di così!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fotogiornalista da 35 anni, collabora con i maggiori quotidiani e periodici italiani. Ha raccontato con le immagini la caduta del muro di Berlino, Albania, Nicaragua, Palestina, Iraq, Libano, Israele, Afghanistan e Kosovo e tutti i maggiori eventi sul suolo nazionale lavorando per agenzie prestigiose come la Reuters e l’ Agence France Presse, Fondatore nel 1991 della agenzia Controluce, oggi è socio fondatore di KONTROLAB Service, una delle piu’ accreditate associazioni fotografi professionisti del panorama editoriale nazionale e internazionale, attiva in tutto il Sud Italia e presente sulla piattaforma GETTY IMAGES. Docente a contratto presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli., ha corsi anche presso la Scuola di Giornalismo dell’ Università Suor Orsola Benincasa e presso l’Istituto ILAS di Napoli. Attualmente oltre alle curatele di mostre fotografiche e l’organizzazione di convegni sulla fotografia è attivo nelle riprese fotografiche inerenti i backstage di importanti mostre d’arte tra le quali gli “Ospiti illustri” di Gallerie d’Italia/Palazzo Zevallos, Leonardo, Picasso, Antonello da Messina, Robert Mapplethorpe “Coreografia per una mostra” al Museo Madre di Napoli, Diario Persiano e Evidence, documentate per l’Istituto Garuzzo per le Arti Visive, rispettivamente alla Castiglia di Saluzzo e Castel Sant’Elmo a Napoli. Cura le rubriche Galleria e Pixel del quotidiano on-line Juorno.it E’ stato tra i vincitori del Nikon Photo Contest International. Ha pubblicato su tutti i maggiori quotidiani e magazines del mondo, ha all’attivo diverse pubblicazioni editoriali collettive e due libri personali, “Chetor Asti? “, dove racconta il desiderio di normalità delle popolazioni afghane in balia delle guerre e “IMMAGINI RITUALI. Penitenza e Passioni: scorci del sud Italia” che esplora le tradizioni della settimana Santa, primo volume di una ricerca sui riti tradizionali dell’Italia meridionale e insulare.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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Covid, meno ricoveri in ospedale e meno contagi

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L’indice di trasmissibilità per il Covid-19 basato sui casi con ricovero ospedaliero al 26 dicembre si conferma sotto soglia epidemica e sostanzialmente stabile con 0,75; in leggera diminuzione anche i ricoveri sia nei reparti che i terapia intensiva. Anche l’incidenza di casi Covid-19 diagnosticati e segnalati nel periodo 28 dicembre 2023-3 gennaio 2024 è in lieve diminuzione pari a 66 casi per 100.000 abitanti rispetto ai 70 della settimana precedente. Il numero di nuovi contagi segnalati è 38.736 contro i 40.988 della settimana precedente e i 60.556 della settimana ancora prima. Questo quanto emerge dall’ultimo monitoraggio del ministero della Salute-Istituto Superiore di Sanità, in cui viene spiegato che, per l’Rt, i valori potrebbero essere sottostimati “a causa di un ritardo di notifica dei ricoveri durante i giorni festivi” e per l’incidenza “in parte per una ridotta frequenza di diagnosi effettuate durante i giorni festivi”.

Per le ospedalizzazioni, al 3 gennaio l’occupazione dei posti letto in area medica risulta pari al 10,1% (6.320 ricoverati) rispetto all’11,0% rilevato al 27 dicembre 2023. In riduzione anche l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 2,8% (246 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (3,2% al 27 dicembre 2023). I tassi di ospedalizzazione e mortalità, viene rilevato nel monitoraggio, aumentano con l’età, presentando i valori più elevati nella fascia d’età 90+ anni; anche il tasso di ricovero in terapia intensiva aumenta con l’età. L’incidenza settimanale dei casi diagnosticati e segnalati risulta in diminuzione nella maggior parte delle Regioni e Province.

L’incidenza più elevata è stata riportata nella Regione Lazio (128 casi per 100.000 abitanti) e la più bassa in Sicilia (6 casi per 100.000 abitanti). Le reinfezioni sono al 43% circa, in lieve diminuzione rispetto alla settimana precedente. Per quanto riguarda le varianti, alla data della più recente indagine rapida condotta dall’11 al 17 dicembre 2023, JN.1 (discendente di BA.2.86) è predominante, con una prevalenza nazionale stimata pari a 38,1%. Si conferma, inoltre, se pur con valori di prevalenza in diminuzione, la co-circolazione di ceppi virali ricombinanti riconducibili a XBB, ed in particolare alla variante d’interesse EG.5 (prevalenza nazionale stimata pari a 30,6%).

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In Spagna torna mascherina contro boom virus respiratori e Covid

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Un appello al “buon senso” e la raccomandazione “ad avere sempre a portata di mano la mascherina” da indossare negli ambienti affollati o sui trasporti pubblici è stato lanciato oggi dalla ministra spagnola di Sanità, Monica Garcia, a causa del “notevole aumento” di virus respiratori registrati negli ultimi giorni, che hanno già portato in emergenza numerosi centri di salute e servizi di pronto soccorso ospedalieri. In una dichiarazione alla tv nazionale Rtve, Garcia ha fatto riferimento all’incidenza attuale di virus respiratori “di 1.000 casi per 100.000 abitanti”, secondo il rapporto settimanale dell’Istituto Carlos III di riferimento.

“Il tasso di ricoveri, nonostante il lieve aumento, si mantiene basso, sotto i 30 casi per 100.000 abitanti”, ha aggiunto, ma “è prevedibile che continuerà a intensificarsi nei prossimi giorni”. La ministra ha convocato per lunedì il Consiglio interterritoriale del Sistema sanitario nazionale di salute, per “unificare i criteri per “affrontare i picchi di virus respiratori”, dopo che regioni come la Catalogna e la Comunità Valenziana hanno ripristinato da oggi l’obbligo di mascherina in ospedali, centri sanitari e residenze di anziani.

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