Collegati con noi

Economia

Coldiretti Campania: niente tagli al prezzo del latte alla stalla o sarà battaglia

Pubblicato

del

Non c’è alcun motivo per tagliare il prezzo del latte alla stalla e per questo la Coldiretti della Campania è pronta a dare battaglia: “I costi dell’energia non corrono più, ma c’è chi continua a minacciare tagli agli allevatori per l’acquisto del latte alla stalla. Scenderemo sul piede di guerra se qualcuno proverà a rinegoziare il prezzo del latte alla stalla, anche solo di un centesimo”. Il direttore di Coldiretti Campania, Salvatore Loffreda, avvisa così le industrie alimentari e i caseifici, degli allevatori di bovini da latte.

“Non c’è ad oggi alcuna giustificazione – sottolinea Loffreda – che possa indurre a modifiche unilaterali del prezzo del latte alla stalla da parte degli acquirenti. Se in altre regioni si svolgono trattative in tal senso, invito gli allevatori a tenere conto che i rapporti contrattuali vanno costruiti sul nostro territorio e non a mille chilometri di distanza. Se il prezzo al consumo non è variato e se i costi scendono, non ci sono elementi oggettivi per alcun taglio alla stalla. Pertanto invitiamo gli allevatori a non accettare prezzi inferiori a quelli concordati e soprattutto a pretendere la sottoscrizione di contratti di filiera con tutti i crismi”.

Salvatore Loffreda

Alla luce del vademecum pubblicato da Ismea sulla metodologia per il monitoraggio dei costi di produzione del latte bovino – precisa Coldiretti Campania – la vendita del latte alla stalla, come previsto dal decreto legislativo 198/2021 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese della filiera, deve essere disposta attraverso contratti informati a principi di trasparenza e correttezza, proporzionalità. Tra i requisiti essenziali c’è pertanto la forma scritta, oltre alla previsione di condizioni contrattuali con il divieto di scendere sotto ai costi di produzione.

Il costo totale di produzione di un litro di latte è la somma di due componenti: costi diretti e costi indiretti. I costi diretti sono calcolati mensilmente e comprendono: la manodopera, l’alimentazione degli animali, l’energia, le spese veterinarie, la manutenzione di macchine e attrezzature della stalla. I costi indiretti comprendono gli ammortamenti dei fabbricati, il fitto dei terreni, gli interessi sul capitale agrario (bestiame e scorte), le assicurazioni e altre spese amministrative.

Coldiretti Campania è al fianco degli allevatori nella contrattualistica, scrive in una nota, anche per garantire il giusto prezzo al di sopra dei costi di produzione, tutelando il reddito delle imprese. Per la Campania, in base ai dati di Ismea, il prezzo minimo del latte nel 2023 è sopra i 64/65 centesimi al litro.

Advertisement

Economia

Benzina, l’Erario incassa 5,6 mld e con gli 80 euro spende 104 mld

Pubblicato

del

Una goccia nel mare: il bonus da 80 euro per la benzina che il governo dovrebbe varare lunedì nel cdm destinato alle famiglie meno abbienti sarebbe di 104 milioni, cioè appena lo 0,7% della stangata complessiva da 14,7 miliardi determinata per le tasche degli italiani a titolo di maggiori spese, tra costi diretti e indiretti. I calcoli sono del Codacons, che ha realizzato oggi uno studio per capire come l’escalation dei listini di benzina e gasolio si ripercuota sulle famiglie. A partire dal mese di maggio i prezzi dei carburanti hanno subito in Italia una salita costante al punto che oggi, basandosi sui dati settimanali ufficiali forniti dal Mase, la benzina registra un incremento del +10,5% rispetto ai prezzi medi di 4 mesi fa, mentre il gasolio è aumentato addirittura del +16,6%.

Questo significa che da quando è iniziata la curva crescente dei listini alla pompa, un pieno di benzina costa oggi agli automobilisti 9,5 euro in più, pari ad una maggiore spesa da +228 euro all’anno a famiglia ipotizzando due pieni al mese ad automobile, mentre per un pieno di gasolio la maggiore spesa raggiunge quota 13,7 euro, ossia +329 euro all’anno a famiglia. In Italia, in base all’ultimo dato Unrae, circolano 39.272.000 autovetture, ossia in media 1,5 automobili a famiglia residente. – aggiunge il Codacons – Facendo una media tra benzina e gasolio, ai listini attuali le famiglie italiane si ritrovano a spendere complessivamente 10.777.950.000 di euro in più su base annua solo per i rifornimenti di carburante ai distributori.

Per le casse statali si tratta di un maggiore guadagno da circa +5,6 miliardi di euro all’anno a titolo di Iva e accise, considerato che su ogni litro di benzina paghiamo oggi il 54,5% di tasse, 50,1% sul gasolio. I rincari dei carburanti, tuttavia, non si avvertono solo alla pompa, ma hanno effetti diretti sui prezzi dei prodotti trasportati – che rappresentano l’88% della merce venduta in Italia – con un incidenza fino allo 0,6% sui listini finali dei beni venduti sugli scaffali di negozi e supermercati.

Un ulteriore aggravio di spesa da oltre 3,9 miliardi di euro all’anno per le famiglie italiane – calcola il Codacons. Tra costi diretti e indiretti, e ai livelli attuali dei listini alla pompa, la maggiore spesa in capo agli italiani determinata dal caro-carburanti raggiunge quindi quota 14,7 miliardi di euro in un anno, conto che potrebbe aggravarsi qualora i prezzi di benzina e gasolio dovessero continuare a crescere. A fronte di tali dati, il bonus benzina da 80 euro che il governo vorrebbe riconoscere a 1,3 milioni di famiglie appare una goccia nel mare. – denuncia il Codacons – Un aiuto da complessivi 104 milioni di euro che rappresenta appena lo 0,7% della stangata che gli italiani stanno subendo a causa dell’impennata dei carburanti. Un bonus inutile e immorale, se si considera che lo Stato sta registrando incassi record grazie al caro-benzina, e dispone ora di mezzi e risorse per intervenire sulle accise ottenendo un effetto calmierante non solo sui prezzi alla pompa, ma sui listini di tutti i prodotti venduti in Italia.

Continua a leggere

Economia

Giovani dottori commercialisti, ‘urge chiarimento su forfettari’

Pubblicato

del

“L’avvio dei controlli sui dati del quadro RS (dichiarazione dei redditi 2022) per i titolari di partita Iva con regime forfettario, messo in pratica dall’Agenzia delle Entrate, lascia stupefatti. Viene, infatti, chiesto, in caso di omissioni, di mettersi in regola presentando una dichiarazione integrativa e versando le sanzioni ridotte. Peccato che chi applica il regime forfettario non determini la base imponibile con il sistema “tradizionale” (differenza tra ricavi e costi), ma attraverso un coefficiente applicato al fatturato, indipendentemente dai costi che sono, quindi, ininfluenti”.

A denunciarlo il presidente dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili (Ungdcec) Matteo De Lise, in una nota. Per la guida dell’associazione professionale, “inviando queste lettere, l’Agenzia afferma che i contribuenti che hanno barrato il campo ‘assenza di dati da dichiarare’ abbiano compiuto un’omissione rilevante. Ci domandiamo: cosa c’è di strano se un contribuente che non deduce costi dall’attività e, pertanto, che non ha interesse a sostenere costi, non abbia effettivamente nessun dato da dichiarare? Lo scenario che si prefigura è che quasi tutti i forfettari raggiunti da queste lettere chiameranno il loro commercialista, ricontrolleranno la documentazione e molto probabilmente pagheranno la sanzione prevista indicando, con molta probabilità, un dato insignificante”, si legge. Per il presidente dei giovani commercialisti, “non è corretto neppure che l’Agenzia delle Entrate chieda notizia di dati già in suo possesso, come peraltro prevede sia la norma istitutiva del regime forfettario che lo Statuto del contribuente”, si chiude la nota dei giovani dottori commercialisti.

Continua a leggere

Economia

Venezia, Brunetta: non c’è sostenibilità senza sviluppo del mare

Pubblicato

del

 “Parlare di economia blu significa coniugare la sostenibilità ambientale allo sviluppo economico e questo può avvenire solo vincendo la sfida dello sviluppo del mare”. Così Renato Brunetta, presidente dalla Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità/Venice Sustainability Foundation (FVCMS/VSF), intervenendo da remoto al terzo evento della Biennale della Sostenibilità 2023, intitolato ‘Ricerca ed Innovazione per l’economia blu sostenibile: il paradigma di Venezia e le prospettive europee’ che si è tenuto nell’isola di San Servolo a Venezia con la collaborazione di CNR e CORILA e di fronte a una platea di ricercatori e stakeholder provenienti da tutta Europa. “L’Italia con la sua posizione al centro del Mediterraneo – ha aggiunto – può cogliere le possibilità offerte da uno spostamento a sud del baricentro della storia che sta avvenendo anche per motivi di approvvigionamento energetico”. In questo scenario “Venezia torna ad essere città mondo perché rappresenta questo paradigma”.

Il capoluogo lagunare è oggi centro di sviluppo di scienza e tecnologia, grazie anche al CNR che qui ha una sua sede storica, e lo è stato anche in passato come dimostrerà la prossima mostra curata dall’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti e dedicata ai progetti scientifici nati a Venezia negli ultimi due secoli. A Venezia è nato poi il Mose, “il più grande progetto di ingegneria idraulica mobile al mondo – ricorda il presidente Brunetta – che vogliamo donare all’estero dove c’è esigenza di sistemi di protezione di questo tipo per combattere l’innalzamento del medio mare”. Sempre sul Mose: “Ci son voluti troppi anni per realizzarlo ma c’è stata la volontà di continuare verso l’obiettivo, perché chi regge e amministra deve avere lo sguardo lungo nel futuro. Una caratteristica che possediamo e che è figlia della democrazia e delle scelte delle comunità che sono sempre padrone del loro destino”. E sulla necessità di coniugare sostenibilità e sviluppo il presidente Brunetta ha aggiunto: “Dobbiamo salvare l’urbs ma senza la civitas la città non tiene. La Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità sta lavorando proprio per attrarre investimenti sia per l’urbs sia per la civitas”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto