Tim completa il suo riassetto, centra tutti gli obiettivi che si era fissata per il 2024 e tra il debito che scende sotto i 7,3 miliardi con un rapporto sotto 2 volte l’ebitda e il ritorno alla generazione di cassa previsto già, A 0,5 miliardi, nel 2025 vuole tornare a remunerare i suoi azionisti, rimasti ‘a secco’ per troppo tempo. Contribuirà anche la vendita di Sparkle, l’accordo per 700 milioni di euro, prevede la firma dei contratti entro l’11 aprile e i cavi internazionali potrebbero cambiare casa entro un anno e il 50% dell’incasso sarà redistribuito ai soci (non è ancora stato definito come). Nei due anni successivi verrà invece usato il 70% dell’Equity free cash flow after lease generato (ci si attende circa 0,5 miliardi di euro nel 2027 e circa 0,6 miliardi di euro nel 2028).
E’ tutto parte dei target finanziari del nuovo piano che puntano a una crescita media del 3% dei ricavi e del 6-7% dell’ebitda e un ulteriore taglio del debito che la porterà alla fine del 2027 ad avere una leva inferiore a 1,7 volte. La strategia dell’ad Pietro Labriola (foto Imagoeconomica in evidenza) trasforma Tim in una “piattaforma digitale e telco in Italia e il più efficiente operatore di tlc in Brasile”. Per Tim Consumer deve proseguire la stabilizzazione dei ricavi mentre Enterprise può accelerare rafforzandosi nel cloud con nuovi e più potenti data center (17 entro la fine del 2026 con un aumento del 25% della capacità installata). Intanto, per il terzo anno consecutivo, porta a casa gli obiettivi che si era fissato: ricavi a 14,5 miliardi (+3,1%) ed Ebitda (+8,3%) con Tim Consumer che registra ricavi totali in crescita (+0,6%) a 6,1 miliardi.
A monte invece tra i soci sembra esserci fermento e prende corpo l’ipotesi di un riassetto nell’azionariato del gruppo di tlc con un passaggio del testimone tra Poste e Cdp che, secondo indiscrezioni di stampa, potrebbe avvenire in tempi brevi. Il cuore dell’operazione sarebbe uno swap, uno scambio di partecipazioni: Poste rileverebbe da Cdp il 9,8% di Tim, che vale circa 660 milioni, e in cambio le darebbe il suo 3,8% di Nexi, che ne vale oltre 200 con un conguaglio in denaro. Il riassetto consentirebbe a Cdp di sciogliere il legame con Tim e rafforzare la sua presa in Nexi (passerebbe dall’attuale 14,46% al 18,24%) “in vista di eventuali operazioni straordinarie, come la vendita della rete interbancaria alla stessa Cdp o della più volte ventilata fusione con il gruppo dei pagamenti francesi Worldline”.
Su queste attese è stato anche l’unico titolo a beneficiare oggi dei rumors, chiudendo la seduta con un rialzo del 3,8% a 4,56 euro, sui massimi da due mesi. Per lo Stato significherebbe, attraverso Poste mantenere un controllo pubblico e consentire la sostituzione di un azionista finanziario con uno industriale, aprendo la strada a possibili collaborazioni. In Borsa Poste ha perso lo 0,14% a 14,78 euro e Tim ha guadagnato lo 0,3% a 0,31 euro.