Alla conferenza Onu sul clima di Sharm el-Sheikh è arrivata l’astronomica previsione di quanti miliardi di dollari all’anno – circa 2.400 – che serviranno ai Paesi del sud del mondo per affrontare i cambiamenti climatici. Un surriscaldamento globale confermato da un record meteorologico che molti avevano intuito facendo il bagno in mare pochi giorni fa: lo scorso ottobre, in Europa, è stato il più caldo di sempre.
E ‘in questo quadro che la 27/a “Conferenza delle Parti” (CoP), la riunione annuale dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici – peraltro mutilata dalle rilevanti assenze di Cina, India e Russia – ha annunciato il varo di una nuova “Agenda”, quella “di Sharm el-Sheikh”: un elenco di iniziative per migliorare, sempre entro il 2030, la resilienza di quattro miliardi di persone che vivono nelle comunità più vulnerabili alla crisi climatica. Gli oltre due trilioni di dollari necessari ai Paesi poveri per finanziare ogni anno almeno fino al 2030 la loro azione per il clima sono stati previsti da un rapporto commissionato dalla presidenza della Cop avvertendo che quasi la metà (mille miliardi) dovranno venire da “investitori esterni”, quindi dai Paesi ricchi e istituzioni multilaterali.
Lo scopo sarà quello di “ridurre le emissioni, costruire resilienza, affrontare le perdite e i danni causati dai cambiamenti climatici e ripristinare” lo stato naturale dell’ambiente. Del resto bisogna far presto. E anche se la presidente Ue, Ursula von der Leyen assicura che la capacità delle rinnovabili in Europa è più che raddoppiata , la soglia di 1,5 gradi di riscaldamento globale che si sta cercando di non-superare per evitare altre catastrofi è stata ampiamente oltrepassata il mese scorso: nel segnalare il record europeo di ottobre, il bollettino mensile del servizio cambiamenti climatici del sistema satellitare Ue “Copernicus” ha registrato che le temperature nel continente sono state di 2 gradi superiori a quelle del al periodo 1991-2020.
Ottobre è stato più secco della media nella maggior parte dell’Europa meridionale, quindi anche in Italia, e nel Caucaso. L’Agenda di Sharm el-Sheikh annunciata dalla presidenza egiziana della Cop è il primo piano globale per raccogliere attori statali e non-statali intorno a un pacchetto condiviso di 30 risultati di adattamento da ottenere in otto anni su cibo e agricoltura, acqua e natura, oceani e coste, insediamenti umani e sistemi di infrastrutture, pianificazione e finanza.
Ma per chi è letteralmente con l’acqua alla gola, come le isole erose dall’innalzamento degli oceani, ovviamente non basta. Il presidente dello stato insulare di Palau, nel Pacifico, Surangel Whipps, ha detto chiaramente: “stiamo annegando. Potreste anche bombardarci, sarebbe più semplice”. A nome dell’Alleanza dei piccoli Stati insulari, il premier di Antigua e Barbuda, Gaston Browne, chiesto che già “nella conferenza in corso” venga istituito un fondo per risarcire le “perdite e danni” causati dai cambiamenti climatici.
Per finanziarlo, Browne ha auspicato l’imposizione di una tassa globale sui profitti delle compagnie petrolifere. La tassa dovrebbe essere almeno di “dieci centesimi per ogni dollaro dei miliardari profitti” che questi gruppi energetici stanno raccogliendo, ha precisato la premier dell’isola caraibica di Barbados, Mia Mottley, ricordando che l’industria petrolifera ha realizzato “200 miliardi di utili” solo “negli ultimi tre mesi”.
Da 20 anni a questa parte si respira un’aria più pulita in Europa, ma nonostante ciò la maggior parte della popolazione vive in zone in cui le polveri sottili (PM2.5 e PM10) e il biossido di azoto (NO2) superano ancora i livelli di guardia indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: il Nord Italia, in particolare, è tra le regioni con le concentrazioni più alte. Lo dimostra uno studio pubblicato su Nature Communications dall’Istituto di Barcellona per la salute globale (ISGlobal) e dal Centro nazionale di supercalcolo di Barcellona (Bsc-Cns). I ricercatori hanno sviluppato dei modelli di apprendimento automatico per stimare le concentrazioni giornaliere dei principali inquinanti atmosferici tra il 2003 e il 2019 in oltre 1.400 regioni di 35 Paesi europei, abitate complessivamente da 543 milioni di persone. Per lo studio sono stati raccolti dati satellitari, dati atmosferici e climatici e le informazioni riguardanti l’utilizzo del suolo, per ottenere una fotografia più definita rispetto a quella offerta dalle sole stazioni di monitoraggio. I risultati rivelano che in 20 anni i livelli di inquinanti sono calati in gran parte d’Europa, soprattutto per quanto riguarda il PM10 (con un calo annuale del 2,72%), seguito da NO2 (-2,45%) e dal PM2.5 (-1,72%).
Le riduzioni più importanti di PM2.5 e PM10 sono state osservate nell’Europa centrale, mentre per NO2 sono state riscontrate nelle aree prevalentemente urbane dell’Europa occidentale. Nel periodo di studio, il PM2.5 e il PM10 sono risultati più alti nel Nord Italia e nell’Europa orientale. Livelli elevati di NO2 sono stati osservati nel Nord Italia e in alcune aree dell’Europa occidentale, come nel sud del Regno Unito, in Belgio e nei Paesi Bassi. L’ozono è aumentato annualmente dello 0,58% nell’Europa meridionale, mentre è diminuito o ha avuto un andamento non significativo nel resto del continente. Il complessivo miglioramento della qualità dell’aria non ha però risolto i problemi dei cittadini, che continuano a vivere per la maggior parte in zone dove si superano i limiti indicati dall’Oms per quanto riguarda il PM2.5 (98%), il PM10 (80%) e il biossido di azoto (86%). Questi risultati sono in linea con le stime dell’Agenzia europea dell’ambiente per 27 Paesi dell’Ue, basate sui dati provenienti dalle stazioni urbane. Inoltre, nessun Paese ha rispettato il limite annuale di ozono durante la stagione di picco tra il 2003 e il 2019.
Lo studio ha infine esaminato il numero di giorni in cui i limiti per due o più inquinanti sono stati superati simultaneamente. E’ così emerso che nonostante i miglioramenti complessivi, l’86% della popolazione europea ha sperimentato almeno un giorno all’anno con sforamenti per due o più inquinanti: le accoppiate più frequenti sono PM2.5 con biossido di azoto e PM2.5 con ozono. Secondo il primo autore dello studio, Zhao-Yue Chen, “sono necessari sforzi mirati per affrontare i livelli di PM2.5 e ozono e i giorni di inquinamento associati, soprattutto alla luce delle crescenti minacce derivanti dai cambiamenti climatici in Europa”.
Il mese di febbraio 2024 è stato il piu’ caldo mai registrato al mondo, parte di una serie di nove record mensili consecutivi, con temperature ben al di sopra della norma in Europa. Lo ha annunciato Copernicus. La temperatura degli oceani, insolita da quasi un anno, contribuisce in gran parte a questa straordinaria serie. Secondo il bollettino mensile dell’Osservatorio europeo si e’ raggiunto un nuovo record assoluto, sommando tutti i mesi, con 21,06 C registrati a febbraio sulla superficie dei mari (escluse le zone vicine ai poli).
Dal Centro Nazionale Meteomont arrivano i consigli per evitare di trovarsi coinvolti in valanghe in montagna: le recenti nevicate, scrivono i carabinieri, localmente ancora in corso ed associate a vento forte, determinano attualmente e per i prossimi giorni un ulteriore aumento del pericolo valanghe su tutti i settori alpini. Fortemente sconsigliate le uscite escursionistiche ed alpinistiche al di fuori delle piste battute e segnalate. Attendere qualche giorno dopo le perturbazioni affinchè il manto nevoso si stabilizzi. Pericolo moderato ma in diminuzione alle alte quote dei settori liguri, emiliani ed abruzzesi. Seguire attentamente l’evoluzione dei prossimi giorni anche attraverso l’app METEOMONT CARABINIERI. In dettaglio:
– ALPI. Le diffuse ed abbondanti nevicate delle ultime 24 ore, localmente ancora in corso, associate con quelle dei giorni precedenti e con un forte vento, hanno determinato un ulteriore aumento del pericolo valanghe su tutti i settori alpini, con gradi diversificati a seconda delle cumulate registrate al suolo, delle quote e della posizione geografica. Dalle Alpi Marittime a quelle Lepontine, dalle Retiche alle Giulie, in generale, il grado di pericolo sale a FORTE 4 alle alte quote al di sopra dei 1700/1900 mslm, per problemi connessi principalmente alla NEVE FRESCA, localmente anche ai LASTRONI DA VENTO, mentre al di sotto di tali quote sale a MARCATO 3, per problemi connessi alla NEVE BAGNATA.
In generale, le uscite escursionistiche al di fuori delle piste battute e segnalate, sono sconsigliate alle alte quote delle Alpi. Attendere qualche giorno che il manto nevoso si stabilizzi. Fortemente limitate le attività a quote inferiori. Previste localmente in alta quota ulteriori nevicate nel corso della settimana. Seguire con attenzione l’evoluzione giornaliera e settimanale delle condizioni di stabilità del manto nevoso.
In alta quota il problema è legato alle nevicate in atto o più recenti, il cui sovraccarico progressivo prodotto sul manto nevoso preesistente è il fattore cruciale. Possibili valanghe di medie e, in taluni casi, di grandi dimensioni, a lastroni e a debole coesione asciutte, spontanee e provocate con debole sovraccarico, a tutte le esposizioni, per presenza di strati deboli nel manto nevoso e mancanza di coesione tra le particelle di precipitazione recenti. Pericolo presente durante le nevicate residuali ancora in corso e fino ad alcuni giorni dopo le nevicate. In caso di ulteriori nevicate pericolo stazionario. Avvertenze: fare attenzione ai cambiamenti minimali delle condizioni meteorologiche (es: il cambiamento dell’umidità e della temperatura dell’aria) che influenzano le condizioni della neve fresca. In alcuni casi il pericolo di caduta è più importante del pericolo di seppellimento. Attenzione ai pendii ripidi !
A quote inferiori il problema è legato all’indebolimento del manto nevoso per la presenza di acqua che si infiltra per fusione o per pioggia. Possibili valanghe di medie e, in taluni casi, anche di grandi dimensioni, a lastroni ed a debole coesione di neve bagnata, principalmente spontanee, a tutte le esposizioni (al di sotto dello zero termico o della quota limite della nevicata). Durata del pericolo da ore ad alcuni giorni, possibile una rapida perdita della stabilità. Avvertenze: l’inizio della pioggia, la formazione di pallottole e chiocciole di neve e piccole valanghe a lastroni bagnati o valanghe di neve bagnata a debole coesione sono precursori di un ciclo di valanghe spontanee a lastroni di neve bagnata. Un elevato sprofondamento dello scarpone è un altro segnale di progressivo inumidimento del manto nevoso. Valutare ed evitare le abituali zone di scorrimento ed accumulo delle valanghe di neve bagnata.
– APPENNINO, pericolo valanghe di grado MODERATO 2 alle alte quote dei settori LIGURI,EMILIANO ed ABRUZZESE, per NEVE BAGNATA, ma in progressiva e rapida diminuzione. Da seguire con attenzione l’evoluzione sui settori liguri (Alpi ed Appennino) nel corso della settimana.
Per le necessarie ed indispensabili informazioni locali, di dettaglio e di approfondimento, da seguire con attenzione nel corso della settimana, nonché per interpretare con correttezza i termini, le simbologie, i problemi e le situazioni tipo sopra riportate ed indicate nei bollettini valanghe nel rispetto degli standard europei EAWS, si consiglia di consultare il sito e l’app METEOMONT CARABINIERI.