Il ministero della Difesa ha diffuso un “non paper” dedicato al contrasto della guerra ibrida, un documento di lavoro illustrato da Guido Crosetto al Consiglio supremo di Difesa e destinato anche al Parlamento. Si tratta di un testo programmatico che delinea la visione del titolare della Difesa su come l’Italia dovrebbe prepararsi a una minaccia considerata permanente, multilivello e non più solo militare in senso tradizionale.
Nel documento la guerra ibrida viene descritta come una “guerra continua” che colpisce infrastrutture critiche, servizi essenziali, reti di comunicazione, industria strategica e istituzioni democratiche, combinando attacchi cyber, operazioni informative, guerra cognitiva, pressioni economiche e interferenze sullo spettro elettromagnetico.
La definizione di minaccia ibrida secondo la Difesa
Crosetto sottolinea che gli attacchi ibridi avvengono “giorno e notte”, con “rischi quotidiani e crescenti di danni catastrofici” per il Paese. Nel non paper si evidenzia come tali operazioni sfruttino le vulnerabilità delle democrazie occidentali, in particolare la tendenza a reagire tardi o a non reagire affatto, e puntino a minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
La minaccia è strutturata su tre grandi fronti:
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trasporti e logistica, incluse rotte navali e catene di approvvigionamento;
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reti energetiche e infrastrutture critiche;
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sistema politico e informativo, con campagne di disinformazione e manipolazione del dibattito pubblico.
Il potenziamento degli organici: 10-15 mila militari in più per la guerra ibrida
Uno dei passaggi più rilevanti del non paper riguarda il rafforzamento degli organici. Nel testo si propone un “significativo potenziamento” del personale militare, “anche dell’ordine di 10/15 mila unità”, da destinare specificamente ai settori:
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cyber difesa e cyber intelligence,
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gestione e protezione dello spettro elettromagnetico,
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nuove tecnologie e domini emergenti,
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un ramo operativo “molto robusto” in grado di tradurre queste capacità in azione sul campo.
Questo potenziamento si inserisce in un ragionamento più ampio che, in altre sedi, ha portato Crosetto a indicare in circa 30 mila unità l’aumento complessivo ritenuto necessario per riportare le Forze armate a un livello di efficienza coerente con gli impegni internazionali e le nuove minacce.
L’arma cyber e il centro per il contrasto alla guerra ibrida
Il non paper prevede la costituzione di una vera e propria “arma cyber” civile-militare, riconoscendo il dominio cibernetico come spazio di difesa nazionale a tutti gli effetti. In questa nuova struttura rientrerebbero, secondo le linee illustrate pubblicamente dal ministro, circa 1.200-1.500 addetti tra personale civile e militare, con competenze specialistiche in sicurezza informatica, analisi delle minacce e risposta agli attacchi.
Accanto all’arma cyber, il documento propone l’istituzione di un Centro per il contrasto alla guerra ibrida, con funzioni di:
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raccolta e analisi di intelligence sulle minacce ibride;
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coordinamento tra Forze armate, altre amministrazioni dello Stato e settore privato;
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pianificazione di esercitazioni congiunte su scenari cyber-elettromagnetici;
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formazione specifica contro le “minacce cognitive”, cioè la manipolazione dell’informazione e della percezione pubblica.
Nuove capacità: intelligenza artificiale, droni, spettro elettromagnetico e supply chain
Il non paper dedica spazio all’adeguamento tecnologico delle Forze armate e, più in generale, dell’architettura di difesa nazionale. Tra le priorità indicate:
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Intelligenza artificiale: sviluppo e adozione di sistemi AI per analisi di grandi moli di dati (big data), rilevamento anomalie, risposta automatizzata a minacce cyber e supporto alle decisioni operative.
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Droni e sistemi unmanned: potenziamento delle capacità di sorveglianza, ricognizione e, dove previsto, intervento, con attenzione anche alla difesa anti-drone.
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Spettro elettromagnetico: rafforzamento delle capacità di protezione, monitoraggio e, se necessario, contrasto delle attività ostili nel dominio elettronico, dalle interferenze alle attività di jamming.
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Protezione delle catene di approvvigionamento (supply chain): misure per garantire sicurezza e resilienza delle filiere logistiche ed energetiche, considerate bersaglio primario in uno scenario di guerra ibrida.
Coordinamento con Nato, Unione europea e dimensione civile
Il documento di Crosetto si colloca nella cornice di una difesa “multilivello”, che intreccia la dimensione nazionale con quella euro-atlantica. Nel non paper si parla infatti della necessità di:
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definire strategie comuni in ambito Nato e Ue per rafforzare la resilienza democratica e la risposta coordinata agli attacchi ibridi;
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aggiornare il quadro normativo interno per consentire interventi più rapidi, prevenire, dissuadere e mitigare le minacce;
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coinvolgere in modo strutturato infrastrutture critiche, grandi operatori energetici, tlc, trasporti, pubblica amministrazione centrale e locale, con protocolli condivisi di sicurezza e scambio informazioni.
Il piano, nelle intenzioni del ministro, non riguarda solo l’apparato militare, ma l’intero “sistema Paese”, chiamato a riconoscere che la guerra ibrida supera i confini tradizionali fra pace e guerra e coinvolge società, economia e informazione.
Le implicazioni politiche e finanziarie del piano
Il non paper, pur essendo un documento di indirizzo e non una legge, apre un capitolo politicamente delicato:
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un aumento di 10-15 mila unità con alta specializzazione,
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la creazione di una nuova arma cyber,
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la realizzazione di un centro nazionale per la guerra ibrida,
implicano inevitabilmente nuovi oneri di bilancio e scelte prioritarie su reclutamento, formazione e investimenti tecnologici.
Lo stesso testo indica che il dossier sarà messo a disposizione del Parlamento, che dovrà valutare la traduzione delle linee guida in atti normativi e risorse concrete. Per ora il non paper fissa la cornice: riconoscere la guerra ibrida come minaccia strutturale e permanente e ripensare di conseguenza lo strumento militare, l’organizzazione dello Stato e le alleanze internazionali. I passaggi successivi si giocheranno fra aula parlamentare, bilanci pubblici e consenso politico.