Il festival di Sanremo (5-9 febbraio) lo presenta in conferenza stampa il direttore artistico Claudio Baglioni. È un bis il suo. Si spera lo sia anche nel successo di ascolti dell’anno che portò alla Rai un +5% di introiti pubblicitari. La scelta dei suoi partner sul palco: Claudio Bisio e Virginia Raffaele indicano che Baglioni vuole armonia sul palco dell’Ariston. Un’armonia che però Baglioni mette da parte per una querelle via social con il ministro dell’Interno Matteo Salvini che non gradisce le parole sulla vicenda migranti. “L’Italia e’ un Paese incattivito, dove consideriamo pericoloso il diverso da noi e guardiamo con sospetto anche la nostra stessa ombra – dice Baglioni -. Le misure prese dall’attuale governo, come i precedenti, non sono all’altezza della situazione. Se la questione fosse stata presa in considerazione anni fa, non si sarebbe arrivati a questo punto”, sottolinea il cantautore, per dieci anni anima di O’Scia’, la manifestazione che si teneva a Lampedusa per sensibilizzare sui temi della migrazione. Via Twitter arriva la risposta piccata del ministro: “Canta che ti passa, lascia che di sicurezza, immigrazione e terrorismo si occupi chi ha il diritto e il dovere di farlo”. “Se non fosse drammatica la situazione di oggi, ci sarebbe da ridere – afferma Baglioni -: ci sono milioni di persone in movimento, non si puo’ pensare di risolvere il problema evitando lo sbarco di 40-50 persone, siamo alla farsa”. E a 30 anni dalla caduta del muro di Berlino, “i muri li stiamo ricostruendo, anzi non li abbiamo mai abbattuti”. In questo contesto, pero’, the show must go on e al festival di Sanremo, promette il direttore artistico, “ci attaccheremo all’idea del divertimento, della leggerezza e del correrci incontro, come fanno tutti gli eserciti di buona volonta’. I fanti sono altri, gli artisti possono essere almeno i trombettieri di qualche buona battaglia”.
Claudio Bisio. Presenterà SanRemo assieme a Virginia Raffael
E allora largo allo spettacolo, che avra’ la regia di Duccio Forzano e scenografie disegnate da Francesca Montinaro, con qualche nome che ora trova conferma. “Ci saranno Andrea Bocelli con il figlio, Giorgia ed Elisa. Almeno due ospiti cantanti a serata”, annuncia il dirottatore ex dittatore che avrebbe invitato anche Eros Ramazzotti, Marco Mengoni, Laura Pausini con Biagio Antonacci, Raf e Umberto Tozzi, Ligabue. E dopo l’esperienza di Sanremo Giovani, tornano anche Pippo Baudo e Fabio Rovazzi. “Ho proposto di fare con loro Pippo, Pluto e Paperino, ma non so se andra’ in porto”. Con Virginia Raffaele e Claudio Bisio in squadra, la quota comici potrebbe essere gia’ al completo, “non vorrei che si arrabbiassero”. Anche se uno spazio aperto rimane per Checco Zalone, “se torna in tempo dal Kenya dove sta girando un film”. L’idea sarebbe quella di avere una presenza fissa a sera: “siamo un trio e potremmo diventare un quartetto. Come il quartetto Cetra”. Oltre a Zalone, in odore di quartetto ci potrebbero essere Beppe Fiorello e Paola Cortellesi. Non e’ escluso un passaggio dell’amico Gianni Morandi. Ospiti, comunque, tutti rigorosamente italiani, “perche’ il festival e’ internazionale per se stesso e non ha bisogno di ‘figurine’ che prendono e non portano qualcosa”, spiega Baglioni che continua nella linea gia’ proposta lo scorso anno quando Sting e James Taylor arrivarono per cantare in italiano. Rivendica poi il diritto di aver scelto “22 proposte musicali che raccontano il Paese.
Una lista opinabile, ma l’infallibilita’ non esiste”, sottolinea, rimandando al mittente le accuse che gli sono piovute addosso dal web sull’esclusione del brano sulla pedofilia scritto da Pier Davide Carone: “Non c’e’ stata nessuna censura. Mi e’ costato dire di no”. Confermati il Primafestival e il Dopofestival: il primo – giunto alla terza edizione – andra’ in onda dal 25 gennaio, con una coppia di conduttori ancora top secret; il secondo lo condurra’ Rocco Papaleo, affiancato da due donne.
“Siamo diventati una civiltà di gente che vuol vedere, non sente più, sente male, per mancanza di conoscenza, per ignoranza”. Polemico, anche se “felice di essere qui con i miei giovani musicisti dell’Orchestra Cherubini”, Riccardo Muti ieri sera al Teatro Pergolesi di Jesi, in provincia di Ancona, ha inaugurato le celebrazioni per i 250 anni dalla nascita (avvenuta nella vicina Maiolati) di Gaspare Spontini, con un concerto al termine del quale ha attaccato l’oblio in cui è caduta tanta parte del patrimonio musicale italiano. Un discorso molto politico, “anche se la politica dal podio non si fa”, diretto soprattutto “a chi ha in mano le sorti del nostro Paese” per chiedere più attenzione per la musica, lungo oltre 20 minuti, punteggiato dagli applausi del pubblico.
La musica italiana “ha dominato il mondo con Spontini a Berlino, Mercadante a Madrid, Cherubini a Parigi, Salieri e, ancora prima, Porpora e a Vienna, Cimarosa e Paisiello a San Pietroburgo. I nostri compositori hanno fatto l’Europa, prima dei nostri politici ed economisti”. Muti ha elogiato le Marche, una regione che “ha dato i natali a tantissimi artisti, non solo nel campo dell’architettura e della pittura, ma anche della musica. Voi avete a distanza di pochi chilometri Giovan Battista Pergolesi (nato proprio a Jesi, ndr) e Spontini”. E ha elogiato le due città che “si stanno prodigando per sottolineare l’importanza di questi due giganti della musica”, ma “molte persone non sanno chi sono e questa è una vergogna per noi”. Perché “la musica italiana non è semplicemente l’espressione sguaiata di note acute tenute all’infinito, ma la nostra storia è una storia di nobili e grandi compositori”. Compositori che “hanno fatto l’Europa prima dei nostri politici ed economisti”.
“Pensate che Spontini era un re prima a Parigi e poi a Berlino – ha detto ancora Muti -, e nelle memorie di Wagner si legge che quando Spontini arrivò a Dresda per dirigere La Vestale scese da una carrozza principesca venendo da un’umile casa di Maiolati. Wagner s’inginocchia addirittura davanti a lui”. Due colossi della musica “dimenticati”: “Pergolesi era ammiratissimo da Bach, all’età di 26 anni muore lasciandoci dei capolavori incredibili”. Capolavori raramente eseguiti e lo stesso accade per La Vestale o l’Agnese di Hohenstaufen di Spontini o altre opere. “Va bene il ‘Vincerò’ che dura mezz’ora ed è anche piacevole – ha ironizzato il maestro – ma non rappresenta tutta la nostra musica”. E “se andate a vedere la partitura di Puccini, non esprime ‘ad libitum’ fino a quando tutti quanti, presi da frenetici orgasmi, urlano uau”. “Cosa è successo al nostro Paese? – si è chiesto Muti -. E’ successo che nelle grandi occasioni ci si veste bene, si compare nei palchi e poi si scompare? O dobbiamo metterci in testa che la musica e la storia della musica insegnata bene e portata alle nuove generazioni possa migliorare il futuro del nostro Paese?”.
Tutto queste però “non succede” e per questo il pubblico non sa più ascoltare. “Noi abbiamo in debito verso il nostro passato – si è accalorato -, abbiamo una storia infinita di bellezza e arte che molti ragazzi oggi non conoscono e che sta diventando solamente un’occasione di ascolto per alcuni privilegiati. Non sono un politico, ma con grande malinconia mi avvicino alla fine della vita perché noi non siamo più degni delle radici su cui abbiamo fatto spuntare fiori, o alberi o foglie”. “Verdi rimane il Michelangelo del musica e ha coperto tutto l’Ottocento”. E anche Puccini è rappresentativo di un certo periodo. Ma “quando Spontini scrive la Vestale, dentro c’è tutto quello che poi Wagner prenderà. Questo siamo e questo dovrebbero sapere quelli che guidano l’Italia e questo dovrebbero insegnare a scuola”.
“È andata così. E preferisco raccontarvelo io, come ho fatto con tutti i miei amici, prima che possa trapelare e diventare l’ennesimo pettegolezzo sterile. La nostra storia è ufficialmente conclusa. Non è la fine del mondo. Non è un massacro. Non è un fallimento, se non lo vogliamo. È un lutto: si passa attraverso il dolore, ma poi il dolore passa. E diventa un dono, esperienza, saggezza. Per ora, speranza”.
Lo scrive Tiziano Ferro, ufficializzando sui social la fine del matrimonio con Victor Allen, il compagno con cui era sposato dal giugno del 2019, prima della separazione nel settembre dello scorso anno. “Quindi grazie vita! Grazie Dio – prosegue il cantante -. Grazie amici miei. Grazie a chi mi ha salvato sul ciglio del burrone. Grazie a chi ha abbandonato la nave mentre affondava. Grazie cucciolotti miei, donatori di vita eterna… grazie Vic. Sfoglio l’ultima pagina, mentre mi accorgo che sto già scrivendo un capitolo nuovo. Quindi sorrido: buona ricostruzione, Tiziano!”
“Agli Oscar era possibile vincere. Purtroppo la campagna non è andata come doveva andare, non abbiamo avuto il distributore americano giusto che ha investito quello che andava investito e poi, soprattutto, nessuno ci ha detto che si poteva correre in tutte le categorie. Una cosa che fa la differenza perché è una gara in cui non tutti partono alla pari. Se corri per tutte le categorie hai come votanti tutti i diecimila dell’Academy, mentre per la categoria miglior film straniero a votare sono solo in mille”. Così al Bif&st Matteo Garrone si toglie qualche sassolino dalle scarpe dopo la sconfitta di Io Capitano agli Oscar.
Il regista ha tenuto una master-class al Teatro Petruzzelli dopo la proiezione di Io capitano che ha appena corso agli Oscar nella categoria film Internazionali dove ha poi vinto La zona d’interesse del regista inglese Jonhathan Glazer. “Gli inglesi votanti sono poi ben novecento, mentre gli italiani poco più di cento – ha spiegato -. Correre per tutte le categorie ci avrebbe dato più chance”.