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Cronache

Ciro Grillo, nuova chiusura indagini sul presunto stupro di gruppo

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

La procura di Tempio Pausania ha chiuso di nuovo le indagini per il presunto stupro di gruppo contestato a Ciro Grillo, il figlio di Beppe, garante del M5s, e a tre suoi amici, che sarebbe avvenuto tra il 16 e 17 luglio nella casa di Grillo in Costa Smeralda su una studentessa 19enne di Milano. I quattro sono accusati di violenza sessuale. Con il nuovo atto i pm hanno specificato meglio il secondo capo di imputazione, ovvero quello relativo alle foto oscene con la seconda ragazza scattate mentre dormiva. In particolare, secondo la procura, sarebbero almeno tre le immagini contestate a Grillo junior, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria, mentre e’ escluso da questa accusa (sempre di violenza sessuale) Francesco Corsiglia. Lo scorso 20 novembre la Procura aveva gia’ chiuso le indagini, ma su loro richiesta gli indagati sono stati di nuovo interrogati. Cosi’ il procuratore Gregorio Capasso e la sostituto Laura Bassani hanno deciso di riformulare uno dei due capi d’imputazione. Corsiglia aveva detto ai magistrati di avere avuto un rapporto consenziente con la giovane e poi di essersi addormentato. Adesso i legali dei quattro giovani genovesi (Sandro Vaccaro, Romano Raimondo, Gennaro Velle, Ernesto Monteverde e Mariano Mameli) potranno chiedere un nuovo interrogatorio. I magistrati avranno poi venti giorni di tempo per chiedere il rinvio a giudizio o l’archiviazione. A denunciare tutto, una settimana dopo la presunta aggressione, era stata la studentessa 19/enne rientrata a Milano dopo la vacanza in Costa Smeralda. I fatti risalgono al luglio 2019. Secondo l’accusa, i quattro avrebbero conosciuto la ragazza al Billionaire. Intorno alle cinque del mattino, le due studentesse avrebbero accettato l’invito del gruppo di andare nel residence dove la famiglia Grillo ha un appartamento per una spaghettata. Dopo avere mangiato sarebbe stato Corsiglia ad avere un rapporto con la giovane prima a letto e poi nel box doccia. Alle nove del mattino, mentre Corsiglia e l’amica della 19enne dormivano in stanze differenti, gli altri tre avrebbero costretto la ragazza a bere vodka e poi l’avrebbero violentata in gruppo. Durante la presunta aggressione e’ stato anche girato un video, di circa 24 secondi. Per i ragazzi il rapporto sarebbe stato consenziente. Nei giorni scorsi il fondatore del Movimento 5Stelle aveva pubblicato un video dove prendeva la difesa del figlio e dei suoi amici sollevando numerose polemiche. Polemiche che avevano portato anche i genitori della studentessa a rompere il silenzio dicendo che giravano frammenti del video dello stupro e che “il corpo di loro figlia veniva esposto come un trofeo”. Il racconto della giovane, davanti a due marescialle di Milano e videoregistrato, era stato molto duro. La studentessa aveva detto che dopo un primo tentativo di violenza da parte di Corsiglia, che lei sarebbe riuscita a respingere, ce ne sarebbe stato un altro, stavolta consumato, al quale sarebbe seguita poi una vera e propria violenza di gruppo, mentre lei veniva costretta a bere super alcolici. Un racconto dell’orrore che e’ documentato solo in parte dai video girati con i telefonini dai presunti violentatori. Alle due militari dell’Arma la ragazza ha descritto anche cosa successe dopo il suo ritorno a casa e il malessere provato per quella terribile notte e di quando alla fine decise di confidare tutto alla madre. Un rapporto consensuale, hanno ripetuto gli amici genovesi davanti ai pm nelle scorse settimane.

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Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

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Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

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Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

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Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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