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Cinque cose da sapere sui vaccini anti-covid: sicurezza, efficacia, speranza…e tanti soldi

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Speranza

Il vaccino lo vogliamo tutti, si capisce. Non solo perché mette al riparo dall’infezione e/o ne attenua le conseguenze a seconda dei principi e delle biotecnologie su cui si basa (ce ne sono 47 in fase avanzata o in dirittura d’arrivo), ma anche perché è dal vaccino che dipende la “normalità” della ripresa economica: continua e diffusa, se non generalizzata.

Intendiamoci, l’articolazione tra salute ed economia è molto cambiata tra la primavera e l’autunno. Da quel che si capisce, le imprese e le istituzioni stanno imparando a convivere con la precarietà sanitaria, adottando strategie multiple, non ultime il telelavoro e le misure di sostegno statali ed euro-comunitarie. In Francia, a parità di virulenza epidemica, si stima che la recessione attuale sia tre volte inferiore a quella di marzo-maggio. Anche se i settori sottoposti ai blocchi amministrativi –ristorazione e ospitalità, cultura, spettacoli, servizi alla persona, turismo, trasporti, commercio di beni non alimentari- sono allo sbando.

Money money

La cura per l’infezione da coronavirus esiste a quanto pare: rapida, efficace. Costa 1 milione di dollari. L’ha sperimentata Trump, con successo. Quasi una faccenda ambulatoriale. S’è saputo poi che i farmaci usati sono della Regeneron pharmaceuticals, le cui azioni, già in volo da mesi, sono schizzate di conseguenza verso “cieli immensi”. Può sembrare agghiacciante, ma è la logica del “si salvi chi può” vecchia come il mondo. E chi può, di solito, sono i ricchi. 

La tecnica degli annunci è ben nota a quei giocherelloni che fanno ballare i numeri delle Borse mondiali. Sicché le notizie sui vaccini sono come la geometria analitica, come quando si dice “l’equazione del cerchio”. E cioè quelle notizie polisemantiche si esprimono con una doppia forma: algebrica (la speranza per tutti di uscire da un incubo) e geometrica (quattrini a gogo per chi ci sa fare). E quindi Pfizer, per bocca del suo CEO dice che il suo vaccino efficace al 90% è pronto per essere immesso negli ospedali di tutto il mondo? Ed ecco le azioni della società schizzare, insieme a quelle di partner, indotto e quant’altro, trascinando tutto il comparto farmaceutico e biotecnologico. Di più e meglio: lo stesso personaggio che ha fatto l’annuncio, subito dopo l’annuncio, ha venduto le sue azioni personali Pfizer, nel frattempo sparate nei “cieli immensi”: carino, no?

Nessun moralismo, per carità. E del resto questa è la norma, per i singoli (stessa cosa ha fatto l’AD di “Moderna”) come pure per le aziende: “Novavax”, che allo scoppio della pandemia valeva 100 milioni di dollari, oggi vale 6 miliardi!

Efficacia

Ma i vaccini sono efficaci? E quale è efficace e quanto rispetto ai suoi competitors? La speranza fa magie, finanziarie e terapeutiche. Ottenebra la ragione. Vince ogni buon senso. Qualcuno dice che “ci sarà in vaccino in dicembre” (Presidente del Consiglio). Qualche scienziato, persino, dice che riusciremo a fare delle campagne vaccinali, seppur parziali, a primavera. Logistica? Management? Sciocchezze! Nel frattempo, io in Lombardia non riesco ancora a fare il mio (banale) vaccino antinfluenzale. 

Ma sentite questa a proposito del famoso 90% della Pfizer. Che significa, che dovrebbe significare, lo sapete tutti. Diciamo. Più o meno. Ma come è ottenuta quella percentuale? Nel modo seguente, sembrerebbe. Viene somministrato il vaccino o un placebo a un numero alquanto esteso di volontari. Pfizer dopo qualche tempo rileva 94 (novantaquattro) infezioni; conta quante di queste si riferiscono ai vaccinati, e conclude che si tratta solo del 10%. Ergo, il vaccino ha una copertura del 90%. I miracoli della statistica declamati da Trilussa sono ben noti, ma in queste condizioni, verrebbe fatto di dire, datemi la Sibilla Cumana. Per il vaccino russo Sputnik, dato al 92% con un annuncio seguito di qualche ora a quello di Pfizer, le infezioni erano addirittura 20 (venti): roba da Oracolo di Delfi.

Sicurezza

Ma i vaccini sono sicuri? L’idea di sicurezza in campo farmacologico è relativa, come si sa bene da sempre. Spesso ci vogliono anni per essere “ragionevolmente sicuri” che un medicinale sia esente da effetti collaterali gravi, perlomeno statisticamente accettabili. E quindi in buona sostanza rari, come dice il “bugiardino” –un nome che equivale a un esorcismo- quel foglio che nessuno di noi legge altrimenti farebbe molta fatica a prendere la medicina. Tutto dipende dunque da una valutazione comparativa dei rischi che si corrono assumendo il farmaco ovvero non assumendolo. Per come sembra stiano le cose con il coronavirus, entra in gioco il calcolo delle probabilità. E quindi, se sei anziano o già affetto da patologie importanti, hai una probabilità elevata di sviluppare sintomi gravi e tendenzialmente letali, dunque ti vaccini, cioè affronti il rischio di avere effetti collaterali potenzialmente anche gravi (ma probabilisticamente contenuti) dalla somministrazione. 

Follow the money

E per tornare ai soldi. Sentiamo di negoziazioni, contrattazioni con le case farmaceutiche da parte delle Amministrazioni pubbliche per l’acquisto di centinaia e centinaia di milioni di dosi di vaccino. Trattandosi di due somministrazioni per paziente, ogni trattamento vaccinale, si dice, costerebbe 36€. E’ sperabile che la somministrazione sia gratuita per tutti, come è stato detto e stradetto in Europa. E’ sperabile che il neo-presidente degli USA si ricordi quanto ha dichiarato, appena eletto, per il vaccino: rapido, equo nella distribuzione geografica, gratuito. 

Ed è sperabile che nessuno si dimentichi, vaccinati i ricchi, di pensare a vaccinare i poveri. Seguendo gli stessi principi: rapido, equo, gratuito. Ricordarlo è necessario, perché la storia dei vaccini insegna che dopo l’emozione degli annunci, le lacrime di gioia e i proclami generosi della prima ora, si fa un po’ a “chi s’è visto s’è visto”.  “Questo farmaco è un regalo americano per il mondo”, disse più o meno il Presidente Eisenhower per il vaccino antipolio. Ma ci vollero decenni per debellare la malattia nei Paesi poveri, dove peraltro ancora esiste. Lo racconta David M. Oshinsky nel suo “Polio: An American Story.” Un libro da leggere.

    

 

 

Angelo Turco, africanista, è uno studioso di teoria ed epistemologia della Geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, dove è stato Preside di Facoltà, Prorettore vicario e Presidente della Fondazione IULM.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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Covid, meno ricoveri in ospedale e meno contagi

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L’indice di trasmissibilità per il Covid-19 basato sui casi con ricovero ospedaliero al 26 dicembre si conferma sotto soglia epidemica e sostanzialmente stabile con 0,75; in leggera diminuzione anche i ricoveri sia nei reparti che i terapia intensiva. Anche l’incidenza di casi Covid-19 diagnosticati e segnalati nel periodo 28 dicembre 2023-3 gennaio 2024 è in lieve diminuzione pari a 66 casi per 100.000 abitanti rispetto ai 70 della settimana precedente. Il numero di nuovi contagi segnalati è 38.736 contro i 40.988 della settimana precedente e i 60.556 della settimana ancora prima. Questo quanto emerge dall’ultimo monitoraggio del ministero della Salute-Istituto Superiore di Sanità, in cui viene spiegato che, per l’Rt, i valori potrebbero essere sottostimati “a causa di un ritardo di notifica dei ricoveri durante i giorni festivi” e per l’incidenza “in parte per una ridotta frequenza di diagnosi effettuate durante i giorni festivi”.

Per le ospedalizzazioni, al 3 gennaio l’occupazione dei posti letto in area medica risulta pari al 10,1% (6.320 ricoverati) rispetto all’11,0% rilevato al 27 dicembre 2023. In riduzione anche l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 2,8% (246 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (3,2% al 27 dicembre 2023). I tassi di ospedalizzazione e mortalità, viene rilevato nel monitoraggio, aumentano con l’età, presentando i valori più elevati nella fascia d’età 90+ anni; anche il tasso di ricovero in terapia intensiva aumenta con l’età. L’incidenza settimanale dei casi diagnosticati e segnalati risulta in diminuzione nella maggior parte delle Regioni e Province.

L’incidenza più elevata è stata riportata nella Regione Lazio (128 casi per 100.000 abitanti) e la più bassa in Sicilia (6 casi per 100.000 abitanti). Le reinfezioni sono al 43% circa, in lieve diminuzione rispetto alla settimana precedente. Per quanto riguarda le varianti, alla data della più recente indagine rapida condotta dall’11 al 17 dicembre 2023, JN.1 (discendente di BA.2.86) è predominante, con una prevalenza nazionale stimata pari a 38,1%. Si conferma, inoltre, se pur con valori di prevalenza in diminuzione, la co-circolazione di ceppi virali ricombinanti riconducibili a XBB, ed in particolare alla variante d’interesse EG.5 (prevalenza nazionale stimata pari a 30,6%).

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In Spagna torna mascherina contro boom virus respiratori e Covid

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Un appello al “buon senso” e la raccomandazione “ad avere sempre a portata di mano la mascherina” da indossare negli ambienti affollati o sui trasporti pubblici è stato lanciato oggi dalla ministra spagnola di Sanità, Monica Garcia, a causa del “notevole aumento” di virus respiratori registrati negli ultimi giorni, che hanno già portato in emergenza numerosi centri di salute e servizi di pronto soccorso ospedalieri. In una dichiarazione alla tv nazionale Rtve, Garcia ha fatto riferimento all’incidenza attuale di virus respiratori “di 1.000 casi per 100.000 abitanti”, secondo il rapporto settimanale dell’Istituto Carlos III di riferimento.

“Il tasso di ricoveri, nonostante il lieve aumento, si mantiene basso, sotto i 30 casi per 100.000 abitanti”, ha aggiunto, ma “è prevedibile che continuerà a intensificarsi nei prossimi giorni”. La ministra ha convocato per lunedì il Consiglio interterritoriale del Sistema sanitario nazionale di salute, per “unificare i criteri per “affrontare i picchi di virus respiratori”, dopo che regioni come la Catalogna e la Comunità Valenziana hanno ripristinato da oggi l’obbligo di mascherina in ospedali, centri sanitari e residenze di anziani.

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