Una “mossa esagerata”, in “violazione delle regole internazionali” e contro la quale “ci riserviamo ulteriori azioni necessarie”. La furia della Cina contro la decisione americana di abbattere il pallone-spia è palpabile dal comunicato diffuso da Pechino. I toni duri sono ben diversi dal “rammarico” espresso solo pochi giorni fa e sembrano destinati a inasprire il clima già tesissimo fra le due superpotenze che, seppur rivali e antagoniste, non possono comunque fare a meno una dell’altra.
Mentre gli Stati Uniti lavorano al recupero dei detriti del pallone-spia, i cui resti sono all’esame dell’Fbi nei laboratori di Quantico, sull’incidente restano ancora molti punti oscuri. Primo tra tutti il motivo per cui la Cina abbia scelto proprio questo momento di apparente distensione dei rapporti con gli Stati Uniti per lo sconfinamento del suo pallone. E quini resta poi da capire se il presidente Xi Jinping ne fosse informato visto che il “rammarico” iniziale sembrava suggerire fosse stato colto di sorpresa. Ora però la replica all’abbattimento del pallone-spia mostra una Cina che non vuole farsi sottomettere dal rivale americano, e alza i toni.
Ma, secondo gli esperti, il comunicato di protesta cinese va letto con cautela. Pechino nel testo infatti parla di violazione delle norme internazionali senza spiegare quelle a cui fa riferimento (anche la ‘convenzione di Chicago’ che regola gli standard per l’aviazione internazionale civile offre scarsa tutela alla tesi cinese del pallone-meteo). Il riferimento alla “difesa dei legittimi diritti e interessi delle società coinvolte” sembra inoltre aprire la strada alla possibilità per il governo cinese di declinare ogni responsabilità del lancio. E non a caso da Pechino arriva anche la notizia del siluramento del responsabile del servizio meteorologico nazionale (anche se qualcuno fa notare che la sua uscita era programmata da tempo).
Il dato di fatto è però che la tensione è altissima, creando uno stallo di non facile soluzione né per Xi né per Biden. Impegnato in casa con una crescita economica anemica e la necessità di disinnescare una possibile crisi immobiliare, il presidente cinese negli ultimi tempi ha provato a lanciare un’offensiva di charme con gli Stati Uniti e il resto del mondo, dopo l’isolamento e le tensioni da Covid. E ora è incalzato da molti falchi, anche nel partito, che gli chiedono una reazione forte all’abbattimento del pallone. Ma come Xi si muoverà è tutto da vedere.
Biden, intanto, è sotto un fuoco di fila, soprattutto repubblicano, per non aver abbattuto prima l’aerostato del Dragone. Con Donald Trump che parla di “una vergogna, così come lo è stato l’Afghanistan”, smentendo le indiscrezioni secondo cui durante la sua amministrazione si registrano almeno tre casi di palloni-spia cinesi nei cieli americani. “E’ stato inadempiente ai suoi doveri” di Commander-in-Chief, incalzano i conservatori, pronti a presentare una risoluzione contro il presidente per la gestione di uno scandalo che, secondo loro, ha “umiliato” gli Stati Uniti davanti al mondo. Il presidente tenta di però di calmare le acque: dedicherà un passaggio del discorso sullo Stato dell’Unione alla Cina, cercando un equilibrio non facile fra toni duri e la necessità di non compromettere le relazioni.
Rapporti sui quali pesa anche l’incognita di una possibile visita dello speaker della Camera Kevin McCarthy a Taiwan, sulle orme di Nancy Pelosi. Ma in un passaggio dello stesso discorso cercherà anche di convincere gli americani – soprattutto i repubblicani – che ha fatto tutto quello in suo potere per difendere il suo Paese. Anche se la crisi del pallone-spia si sgonfierà rapidamente, l’incidente mostra come la fiducia fra Stati Uniti e Cina è scesa ai minimi dai tempi della ‘diplomazia del ping-pong’ che aiutò a spianare la strada ai rapporti fra i due Paesi agli inizi degli anni 1970.
Da allora molti incidenti hanno messo a dura prova la fiducia fra le due potenze, dal bombardamento dell’ambasciata cinese a Belgrado dalla parte della coalizione guidata dagli Stati Uniti nel 1999 all’aereo spia americano nel 2001, il cui equipaggio fu sequestrato da Pechino per 11 giorni. Nessuno di questi però ha mai portato una rottura vera e propria. E c’è da scommettere che neanche questa volta si arrivi al redde rationem.