Dopo la tempesta scoppiata sul caso Almasri, il Governo cerca di trovare un terreno di confronto con la Corte penale internazionale: una interlocuzione che ha come obiettivo primario quello di calmare i toni, dopo giorni di violenti attacchi, e in secondo luogo quello di individuare procedure che possano scongiurare il ripetersi di quanto avvenuto per il generale libico. Il tribunale incassa intanto il sostegno dell’Unione Europea, dopo le parole di Donald Trump. “Il sistema di cooperazione multilaterale è cruciale per avere giustizia e la difesa dello stato di diritto. E oggi questo sistema – sottolinea il Commissario Ue alla Giustizia, l’irlandese Michael McGrath – viene messo in discussione” dal presidente degli Stati Uniti. Una “sfida alla Cpi che avrà un impatto sulla stabilità a livello mondiale”.
Per questo, assicura, l’Ue difenderà “a spada tratta la Cpi, che promuove da sempre pace e libertà”. Da via Arenula è partita una richiesta informale al tribunale dell’Aja per avviare delle consultazioni, un confronto sulle criticità che hanno costellato il caso del generale libico accusato di crimini contro l’umanità. L’obiettivo è di avviare una sorta di ‘agreement’ per una migliore collaborazione futura.
All’attenzione dei giudici c’è un documento in cui si chiedono alcuni chiarimenti e si individuano ipotesi per facilitare la comunicazione in futuro con il tribunale olandese. Sul tappeto ci sarebbero anche alcune proposte, tra le quali quella di rivedere le procedure di invio al ministero dei mandati di cattura internazionali. Si valuta una sorta di comunicazione diretta in modo da eliminare il passaggio con l’ufficiale di collegamento dell’ambasciata italiana in Olanda. Dal canto suo la Cpi fa filtrare che al momento non sarebbe arrivata alcuna comunicazione di indagini nei confronti dell’Italia per quanto avvenuto tra il 19 e il 21 gennaio con il rilascio e l’espulsione di Almasri rimpatriato a bordo di un Falcon. Ma se sul fronte internazionale si cerca una linea di dialogo con i giudici dell’Aja, su quello interno il clima sulla giustizia resta rovente, con le opposizioni sul piede di guerra contro il ministro della Giustizia Carlo Nordio, oggetto di una mozione di sfiducia che verrà presentata da tutti i gruppi in Parlamento. E c’è poi il fronte più strettamente giudiziario.
Quello aperto dalla Procura di Roma che ha iscritto la premier Meloni e i ministri della Giustizia e dell’Interno nel registro degli indagati dopo un denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, in cui si ipotizzano i reati di favoreggiamento e peculato. L’iniziativa del procuratore Lo Voi ha scatenato una violenta reazione di Palazzo Chigi nei suoi confronti. Un attacco su cui è tornata l’Anm, esprimendo “vicinanza e solidarietà” al procuratore della Capitale oggetto, per il sindacato delle toghe, di una “ingiustificata e gratuita aggressione mediatica solo per aver rispettato il disposto della legge costituzionale in materia di reati ministeriali”. I magistrati “stigmatizzano, inoltre, l’iniziativa dei consiglieri laici” di centrodestra del Csm, a seguito della denuncia presentata dal Dis a carico di Lo Voi per chiedere l’apertura di un procedimento per incompatibilità ambientale dopo il caso legato alla gestione di atti riservati nel fascicolo nato da una denuncia del capo di gabinetto della premier, Gaetano Caputi. La giunta esecutiva dell’Anm afferma che la richiesta di pratica “desta serie perplessità, per la sua natura puramente strumentale, volta a delegittimare la Procura di Roma e l’intera magistratura “.
A Perugia, intanto, muove i primi passi il procedimento avviato sull’esposto del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Gli inquirenti, che procedono al momento contro ignoti, acquisiranno una serie di atti per valutare i vari passaggi della vicenda. Il dipartimento che coordina i servizi segreti contesta la violazione del comma 8 dell’articolo 42 della legge speciale istitutiva dei servizi segreti. Accuse che però Lo Voi respinge e attende una convocazione al Copasir, la “sede opportuna” al netto delle decisioni che prenderà Perugia, per offrire i suoi chiarimenti.
Il congresso di Forza Italia a Salerno si è trasformato in un duro attacco al governatore Vincenzo De Luca e alla sua aspirazione per un terzo mandato alla guida della Regione Campania. Dal palco della convention azzurra è arrivato un messaggio chiaro: “Non si può continuare con il governo di De Luca, con l’arroganza di un potere familistico”, ha dichiarato il vicepremier e leader di Forza Italia Antonio Tajani, intervenuto in collegamento video.
IL NO AL TERZO MANDATO: “NON SERVE ALLA DEMOCRAZIA”
Tajani ha ribadito la posizione del partito sul limite dei mandati, facendo un parallelismo con gli Stati Uniti, dove il presidente può essere rieletto solo una volta:
“Noi siamo contrari al terzo mandato perché l’incrostazione di potere non serve. Anche negli USA i presidenti si votano due volte e non di più. È giusto, per la difesa della democrazia, non avere un terzo mandato”, ha dichiarato.
Nel suo intervento, il numero uno di Forza Italia ha anche rilanciato il nome di Fulvio Martusciello come candidato del centrodestra per la presidenza della Regione:
“Si sta dimostrando un leader in Campania, credo che potremo avere ottimi risultati: è il miglior candidato possibile”, ha aggiunto Tajani, dando un chiaro segnale alla coalizione.
LA STRATEGIA DEL CENTRODESTRA: “NO A UN REFERENDUM SU DE LUCA”
L’europarlamentare Fulvio Martusciello, che sta emergendo come il possibile candidato governatore, ha accolto il sostegno ma ha invitato alla cautela:
“Guai a trasformare le prossime elezioni regionali in un referendum pro o contro De Luca. Sarebbe un errore strategico”, ha sottolineato.
Martusciello ha spiegato che il centrodestra deve puntare su proposte concrete, evitando di incentrare la campagna elettorale solo sulla contestazione del governatore uscente.
Ha inoltre ricordato che Forza Italia aveva valutato anche nomi esterni alla politica, come il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e l’imprenditore Antonio D’Amato, per allargare il perimetro del centrodestra e intercettare il consenso della società civile.
“Abbiamo bisogno di recuperare voti, perché nelle ultime regionali ha votato meno del 50% della popolazione”, ha sottolineato.
Martusciello ha poi rivolto un messaggio agli alleati:
“L’avversario è fuori dal centrodestra. Se restiamo uniti, possiamo vincere”.
GASPARRI: “DECISIONE SPETTA AI LEADER NAZIONALI”
Anche il senatore Maurizio Gasparri, intervenuto al congresso, ha chiarito che la decisione finale sulla candidatura spetta ai leader nazionali della coalizione.
“Le proposte dei partiti sono note, ma le decisioni verranno prese al momento opportuno”, ha spiegato.
LA STRATEGIA DI FORZA ITALIA: “RICONQUISTARE LA CAMPANIA”
A ribadire l’ambizione del partito di riprendersi la guida della Regione Campania è stato anche il sottosegretario Tullio Ferrante:
“Da qui parte la nostra corsa verso la Regione, con l’obiettivo di restituirla ai cittadini e mandare a casa De Luca, asserragliato nel suo fortino dopo dieci anni di inesorabile declino”, ha dichiarato.
Ferrante ha poi assicurato che Forza Italia metterà in campo “concretezza e qualità della propria classe dirigente” sia per le elezioni amministrative che per le regionali.
CONCLUSIONE: LO SCONTRO SI ACCENDE
La battaglia per la Regione Campania è ormai entrata nel vivo. Mentre De Luca resta in attesa della decisione della Corte Costituzionale sul terzo mandato, Forza Italia e il centrodestra stanno cercando di compattarsi attorno a un candidato forte, con Martusciello in pole position.
La partita è aperta e si preannuncia una sfida politica durissima nei prossimi mesi.
La candidatura del sindaco di Salerno, Vincenzo Napoli, alla presidenza della Provincia di Salerno potrebbe essere il tassello chiave per risolvere il nodo della ricandidatura di Vincenzo De Luca alla guida della Regione Campania. Un’ipotesi che, però, la segretaria del Pd Elly Schlein ha scartato a priori, provocando così una spaccatura con il governatore uscente.
IL TERZO MANDATO IN CAMPANIA: LA DECISIONE DELLA CONSULTA
La possibilità che De Luca si ricandidi per un terzo mandato dipenderà anche dal pronunciamento della Consulta, prevista per il 10 aprile, che dovrà stabilire la costituzionalità di una sua nuova candidatura. Tuttavia, il destino politico del governatore potrebbe non dipendere esclusivamente dalla Corte.
LA STRATEGIA: NAPOLI ALLA PROVINCIA, DE LUCA DI NUOVO SINDACO
Secondo un ragionamento che sta prendendo piede nei corridoi del Pd campano, la soluzione potrebbe essere un compromesso politico che eviterebbe lo strappo tra De Luca e il partito.
Vincenzo Napoli, uomo di fiducia di De Luca, diventa presidente della Provincia di Salerno, consolidando il controllo del governatore uscente sul territorio.
De Luca, a fine mandato in Regione, rinuncia alla corsa per un terzo mandato, evitando lo scontro diretto con il Pd e la necessità di fondare un suo partito.
Si candida invece a sindaco di Salerno, chiudendo lì la sua lunga carriera politica.
Un’operazione che garantirebbe a De Luca un’uscita di scena controllata, senza il rischio di una rottura definitiva con il Pd, e soprattutto con un accordo politico che blinderebbe il futuro dei suoi figli.
IL RUOLO DI PIERO E ROBERTO DE LUCA
Nell’eventuale patto di non belligeranza, il Pd nazionale potrebbe assicurare:
Un futuro politico di primo piano per Piero De Luca, deputato e già volto di spicco del partito.
Garanzie per Roberto De Luca, che potrebbe ottenere una collocazione politica o amministrativa adeguata.
PERCHÉ SCHLEIN HA BOCCIATO QUESTA SOLUZIONE?
Nonostante questo schema possa apparire vantaggioso per tutte le parti, Elly Schlein lo ha respinto a priori, determinando così una frattura interna tra la leadership del Pd e il governatore uscente.
La segretaria non vuole concedere margini di trattativa a De Luca, forse per evitare che il Pd venga percepito come ostaggio delle dinamiche locali e delle strategie di autoconservazione del potere. Ma questa chiusura rischia di alimentare una crisi interna al partito in Campania e potrebbe perfino spingere De Luca verso una candidatura autonoma, con effetti imprevedibili sulle elezioni regionali.
SCENARI FUTURI: STRAPPO O COMPROMESSO?
Se il Pd e De Luca non troveranno un accordo, il governatore potrebbe sfidare il partito con una candidatura indipendente, dividendo il centrosinistra e aprendo scenari caotici in Campania.
Se invece il partito decidesse di rivedere la propria posizione, potrebbe nascere un compromesso politico che garantisca una transizione morbida per De Luca, evitando un conflitto che rischia di indebolire l’intero centrosinistra nella regione.
Il 10 aprile sarà una data decisiva, ma il vero nodo potrebbe sciogliersi ben prima, attraverso una trattativa politica che per ora Schlein non vuole prendere in considerazione.
In cinquantamila per l’Europa (le foto sono di Imagoeconomica), con piazza del Popolo a Roma strapiena, tanto che a un certo punto sono stati chiusi gli accessi, per sicurezza. Un palco con artisti, comici, attori, scrittori, associazioni, ma nessun politico, solo un gruppo di amministratori, di sindaci, che hanno dato una mano all’organizzazione della manifestazione lanciata da Michele Serra su Repubblica. “Non perdiamoci di vista”, ha detto il giornalista aprendo la giornata. “Siamo in tanti – ha spiegato – perché siamo un popolo. Una piazza Europea è una piazza di persone che su molte cose non la pensano allo stesso modo”. I partiti sono rimasti in disparte, dietro il palco, con più di una puntata fra la folla.
MAURIZIO LANDINI (foto Imagoeconomica)
Ma le divisioni si sono viste eccome: il centrodestra non c’era, le opposizioni sì, però ognuna con la propria idea, e senza il M5s. Ma “non facciamo polemiche – ha detto la segretaria Pd, Elly Schlein – ci godiamo questa meravigliosa manifestazione per una Europa federale”. In piazza si respirava un’aria girotondina, da movimentismo ormai maturo ma non disincantato. La manifestazione era per costruire un argine. Per difendere un’Europa che rischia di rimanere schiacciata fra i carri armati russi in Ucraina e la politica aggressiva di Donald Trump. Però, di ricette ce n’erano quante se ne voleva. E infatti le bandiere erano di tutti i tipi. Più di tutte quelle dell’Europa. Poi quelle della pace: per chi è contro il piano di riarmo della presidente della commissione europea Ursula von der Leyen. E quelle dell’Ucraina: per chi è favore.
Anche simboli e vessilli hanno marcato le differenze. Il Pd era a vestizione variabile: colori dell’Ue al collo per la segretaria Elly Schlein, quelli dell’Ucraina per i riformisti come Filippo Sensi, quelli della pace per la sinistra del partito, come Nico Stumpo. Presenti anche l’ex premier Paolo Gentiloni e l’ex ministro Dario Franceschini. Il segretario di Azione Carlo Calenda è arrivato in piazza insieme agli esponenti delle comunità ucraine e georgiana. Con gli ucraini anche Riccardo Magi, di Più Europa, e qualche esponente Pd critico con la segretaria, come Pina Picierno e Alessandro Alfieri. C’erano i tre sindacati: la Cgil con Maurizio Landini, Daniela Fumarola neo leader della Cisl e il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri. Schlein è arrivata con la delegazione Pd. Per lei applausi, incitamenti dai manifestanti. Bagno di folla. Poi ha guadagnato il retropalco, dove sono arrivati gli esponenti di Iv, con la capogruppo alla Camera Maria Elena Boschi, e quindi i leader di Avs, Nicola Fratoianni, con sciarpa della pace, e Angelo Bonelli, per lui coccarda della pace e spilletta Ue.
UNA PIAZZA PER L’EUROPA. MANIFESTAZIONE PIAZZA DEL POPOLO (Foto Imagoeconomica)
“Ai politici presenti in piazza e a quelli che non ci sono ho solo un piccolo rilievo da muovere – ha detto Serra dal palco – Siete troppo intelligenti. Cercate, per favore, di essere un poco più stupidi, come questa piazza che non ha fatto calcoli. Cercate, per favore, di parlarvi e addirittura di ascoltarvi”. Intanto, dal video o in presenza, sul palco sfilavano Jovanotti, Pennac, Vecchioni, Paolo Virzì… E Liliana Segre: “Difendere l’Europa significa molte cose – ha detto – Certo, significa mettersi nelle condizioni di fronteggiare le minacce dei nemici della pace, che esistono e che non vanno sottovalutati. L’arrendevolezza non ha mai impedito le guerre, anzi ha sempre solo incoraggiato i disegni di sopraffazione”.
Ecco, riarmo sì o riarmo no: il tema che ha tenuto distante chi era di fianco in piazza. Il tema che ha già spaccato il Pd. In mattinata c’era stato un incontro fra Schlein, contraria al piano di von der Leyen, e Gentiloni, favorevole. Le due anime del partito. In prima fila a un convegno hanno parlato a lungo. Ma poi l’ex premier ha ribadito: il piano di riarmo Ue “è una decisione storica, che apre una strada, anche se non è sufficiente. Ostacolarlo sarebbe un errore”. Nessun calumet della pace. Schlein è determinata: serve un chiarimento. Come? Chi le sta vicino tende a escludere soluzioni “politiciste”, come rimpasti o azzeramenti della segreteria. Per il resto, le opzioni sono tutte sul tavolo, dal congresso al referendum fra gli iscritti sulla politica estera: “Deciderà la segretaria”.