L’Inter fa il suo, batte il Feyenoord anche a San Siro (2-1) dopo la vittoria all’andata e vola ai quarti di finale di Champions League, dove sfiderà il Bayern Monaco. I nerazzurri al Meazza si sbarazzano con limitati patemi degli olandesi già giustizieri del Milan, controllando la gara quando c’era da controllare e punendo le distrazioni della retroguardia avversaria al momento giusto. Permettendo così a Simone Inzaghi di concedere una serata di riposo a due big come Barella e Lautaro Martinez, rimasti per tutti i 90′ in panchina per essere nuovamente al top per lo scontro diretto in campionato contro l’Atalanta di domenica sera a Bergamo. L’Inter, che perde De Vrij nel riscaldamento, parte subito forte, con Wellenreuther che rischia una papera su un mancino dalla distanza di Mkhitaryan, mentre sul corner seguente Carlos Augusto colpisce di testa quasi a botta sicura ma il pallone termine centrale.
Il Feyenoord non sta a guardare, gran sinistro da fuori di Sliti che non sorprende il rientrante Sommer. A mettere però le cose subito in chiaro è Marcus Thuram: la difesa olandese gli concede troppo spazio su una ripartenza, il francese ripete in fotocopia il gol nel derby d’andata dell’anno scorso e con un gran destro all’incrocio porta avanti l’Inter. Taremi avrebbe anche la palla del raddoppio dopo un altro contropiede, ma calcia centralmente da solo in area. Il Feyenoord cerca una timida reazione, ma è tutta riunita in un mancino dal limite di Bueno ben parato da Sommer. Quando l’Inter sembra aver ripreso il controllo della gara, una ingenuità di Calhanoglu che tocca Moder in area (rigore concesso dopo revisione al Var) regala l’occasione al Feyenoord di riaprire la sfida: dal dischetto va lo stesso Moder che batte Sommer e impatta il risultato. La ripresa si apre con l’Inter che entra in campo con un altro piglio, cercando fin da subito di controllare il gioco. In avvio infatti un lungo possesso palla porta Thuram a calciare in piena area ma la conclusione termina alto.
Sul rinvio dal fondo seguente la partita cambia ancora, con una ingenuità stavolta degli olandesi che sbagliano nella costruzione dal basso. Beelen così tocca Taremi in area e l’arbitro concede il rigore, che Calhanoglu trasforma dando nuovamente il vantaggio ai nerazzurri. Una botta anche a livello psicologico per il Feyenoord, visto che non arriva nessuna reazione, anzi l’Inter controlla la gara senza patemi creando anche diverse occasioni per trovare il terzo gol. Sull’ennesima ripartenza, Thuram sembra guadagnarsi un altro rigore, ma al Var l’arbitro lo toglie perché il francese cade prima del contatto. Per riscattarsi, Thuram sfiora un altro grande gol dopo aver saltato tre avversari, ma il suo mancino sbatte un pieno sulla traversa. Nel finale c’è spazio anche per far esordire i giovani Cocchi e Berenbruch, a dimostrazione di una sfida già finita dato che il Feyenoord aveva già mollato. Una vittoria che permette non solo all’Inter di volare ai quarti, ma anche a Inzaghi di raggiungere la seconda volta i quarti allenando i nerazzurri, risultato riuscito solo a Herrera e Mancini tra i tecnici interisti.
4-0 domenica scorsa a Torino contro l’Atalanta, 3-0 stasera al Franchi dalla Fiorentina. La Juventus sprofonda sempre di più, scavalcata dal Bologna e scivolata al quinto posto, quindi fuori dalla zona Champions, unico obiettivo rimasto di una stagione che si sta rivelando oltremodo deludente. Sotto accusa finisce Thiago Motta, e il ds Giuntoli si presenta ai microfoni di Dazn per tamponare la situazione:”rimaniamo della stessa idea, che il progetto sia valido: dobbiamo uscirne tutti insieme”, la conferma per il tecnico, ma con l’aggiunta di un’analisi da fare non a caldo. Perché c’è modo e modo di perdere ma come hanno fatto Locatelli e compagni in queste ultime due partite, senza dimenticare l’uscita dalla Champions League e l’eliminazione ad opera dell’Empoli in Coppa Italia, non può essere definita degna di un club di tale blasone.
L’ennesima figuraccia per questa Juve che nel finale ha pure perso per infortunio Cambiaso entrato poco prima. La Fiorentina dal canto suo, dopo la qualificazione giovedì ai quarti di Conference, sembra tornata quella che in autunno aveva inanellato 8 vittorie di fila. Sicura, spavalda, affamata, trascinata dal primo all’ultimo minuto dai propri tifosi che alla fine hanno fatto festa insieme ai giocatori corsi sotto la curva per un abbraccio infinito. Gosens e Mandragora hanno segnato nel primo tempo, Gudmudsson ha siglato il tris a inizio ripresa, a Kean è stato annullato il gol del possibile poker, De Gea non ha fatto una parata. Numeri che raccontano di una nuova disfatta bianconera.
I cambi di Thiago Motta rispetto alla formazione travolta dall’Atalanta non ha sortito gli effetti che il tecnico sperava: dentro Kalulu per Gatti e Kelly per Cambiaso mentre a supporto di Kolo Muani è stato preferito inizialmente Koopmeiners a Yildiz insieme a McKennie e Nico Gonzalez, fischiatissimo dagli ex tifosi. Palladino ha puntato sulla stessa formazione che giovedì ha eliminato il Panathinaikos in Conference League con la sola eccezione di Pablo Marì per Comuzzo. In attacco ancora Gudmunsson con Kean, uno dei tanti ex della sfida al pari di Fagioli per la prima volta avversario dei bianconeri, sulle fasce Dodo e Gosens.
La gara è stata preceduta da un minuto di silenzio per ricordare Joe Barone, il direttore generale viola scomparso per un malore il 19 marzo di un anno fa (la famiglia al completo era in tribuna dove erano presenti fra gli altri anche Batistuta e Pepito Rossi), e accompagnata dalla coreografia dei club della Fiesole con migliaia di bandierine a comporre uno sfottò contro la Juve. Una Juve che da subito ha sofferto l’atteggiamento aggressivo dei viola capaci di passare due volte in tre minuti: di Gosens il gol che ha sbloccato il risultato al 15′, un sinistro potente sugli sviluppi di un calcio d’angolo, di Mandragora innescato da Fagioli il raddoppio realizzato con una rasoiata.
Il Franchi è esploso di gioia anche perché la squadra di Thiago Motta non dava l’impressione di poter reagire. Lenta, macchinosa, senza idee né mordente, una manovra quanto mai sterile: zero tiri in porta (e così sarà fino alla fine), un solo tentativo di Koopmeiners finito sopra la traversa.
Nella ripresa i bianconeri hanno provato ad alzare raggio d’azione, ma sempre con fatica e eccessiva timidezza ed esponendosi alle ripartenze dei viola che all’8′ sono passati di nuovo, stavolta con Gudmundsson imbeccato da Fagioli: la sassata dell’islandese, al terzo gol nelle ultime tre gare, ha sorpreso Di Gregorio e affondato definitivamente la Juve che a parte un affondo di Kolo Muani (salvataggio di Gosens) non ha mai impensierito l’attenta difesa avversaria. Kean si è visto annullare il possibile 4-0 per fuorigioco, i cambi di Thiago Motta non hanno provocato alcuna scossa e nonostante il pesante svantaggio Vlahovic nel suo ex stadio è rimasto malinconicamente in panchina fino alla fine.
Una Roma brutta e stanca vince contro il Cagliari, tiene acceso il sogno Champions, ma perde Paulo Dybala. La partita dell’argentino dura 13 minuti e negli occhi dei 60mila dell’Olimpico ci sono le lacrime dell’argentino in panchina per il problema al bicipite femorale sinistro che tiene Trigoria col fiato sospeso. Intanto a Ranieri basta una rete di Dovbyk nella ripresa per proseguire la marcia europea dopo l’eliminazione di giovedì in Europa League, per un 1-0 che che al triplice fischio porta anche la firma di Svilar, miracoloso in almeno tre circostanze. Ma la sfortuna si accanisce sui giallorossi che non terminano la gara in dieci solo perché Rensch decide di non uscire nonostante l’infortunio visti i cambi già finiti per il tecnico romanista. La difesa comunque regge e così i giallorossi approfittano dello scivolone della Lazio per avvicinare ancora i biancocelesti e proseguire la corsa all’Europa che conta.
Nel primo tempo, però, il ritmo è basso e di occasioni vere e proprie se ne contano una per parte. Se per i giallorossi ci provano con Dovbyk in torsione di testa su assist di Soulé, per il Cagliari l’occasione migliore è sui piedi di Zortea che in area di rigore calcia alto con il destro non inquadrando la porta. Il canovaccio della partita, poi, è sempre lo stesso con la squadra di Ranieri che gestisce il pallone senza trovare spazi e i rossoblù che in contropiede non trovano quasi mai lo spazio giusto per attaccare. Ci prova una volta Piccoli con un tiro da fuori, ma esce centrale e comodo per Svilar. Poi più nulla fino all’intervallo quando sia Ranieri sia Nicola non cambiano subito gli undici in campo.
Il tecnico giallorosso aspetta l’ora di gioco, ovvero quando i giallorossi trovano il vantaggio grazie al decimo gol in Serie A di Dovbyk, che prima si divora un gol su lancio di Baldanzi, poi al minuto 17 sul conseguente calcio d’angolo difeso male dal Cagliari trova la girata vincente sottoporta. La Roma inserisce lo stesso Dybala, oltre a El Shaarawy e Cristante. Ma la gara dell’argentino dura appena 13′ minuti, perché il 21 giallorosso si fa male da solo cercando una giocata col tacco. Finisce a terra lamentando un problema al muscolo della gamba sinistra che porta Ranieri a cambiarlo. Esce in lacrime e nelle prossime ore ci saranno gli accertamenti che sveleranno l’entità del problema, nel frattempo la Roma mantiene il vantaggio e gran parte del merito è di Svilar, due volte miracoloso su Piccoli e poi su Mina. Nel finale l’assalto della squadra di Nicola è confusionario e al triplice fischio il boato è giallorosso perché a nove partite dalla fine della stagione il sogno europeo è ancora acceso.
“Non dobbiamo mai staccare il cervello, come abbiamo fatto al 95′ con quel contropiede 6 contro 2 in cui abbiamo rischiato la sconfitta. Questo non deve mai accadere in questo processo di crescita”. Lo ha detto Antonio Conte dopo lo 0-0 del Napoli a Venezia. “La prestazione odierna è comunque positiva contro una formazione che ha fermato sul pareggio anche Atalanta e Lazio nelle ultime gare – ha aggiunto -. Cercheremo di dare fastidio fino alla fine, lotteremo con il coltello tra i denti. La cosa positiva è che dopo otto partite finalmente non abbiamo preso gol”.