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Politica

Cgil, stop al Rdc vale un taglio da 4 miliardi l’anno

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Lo stop al Reddito di Cittadinanza ha lasciato fuori dagli aiuti quasi la metà delle famiglie beneficiarie. Un taglio ai fondi per il sostegno alla povertà che nel 2024 arriverà a sfiorare i 4 miliardi di euro. A tirare le somme dei cambiamenti introdotti dal governo è la Cgil che ha elaborato i dati con i nuovi strumenti messi in campo. ‘Assegno di Inclusione e il Supporto Formazione Lavoro hanno lasciato fuori dalla porta 629 famiglie che prima percepivano il Rdc, un taglio del 48% rispetto ad un anno fa. Se si contano invece le persone si arriva a 1,1 milioni di poveri ora esclusi dagli strumenti di sostegno. “Il governo fa cassa con i poveri”, è l’accusa la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi che evidenzia come anche nella manovra di Bilancio non trovi spazio il tema del contrasto alla povertà.

“Nonostante nel nostro Paese una persona su dieci viva in condizioni di povertà assoluta, con un record totale e in continua crescita di 5,7 milioni di poveri – afferma – il Governo non solo finge di non vedere, ma su di loro fa cassa. È stata praticamente dimezzata la platea di coloro che un anno fa potevano contare su una misura di contrasto della povertà, oggi lasciati soli e privi di sostegni”. L’impatto del cambiamento di strategia è possibile ricavarlo dai pochi dati disponibili fermi ai primi sei mesi. Risulta che nei primi sei mesi del 2024 hanno percepito l’Adi 695 mila nuclei familiari con 1,7 milioni di persone beneficiarie della misura. Nello stesso periodo dell’anno scorso, avevano percepito almeno una mensilità di Reddito o Pensione di Cittadinanza 1,3 milioni di nuclei familiari con 2,8 milioni di persone”.

L’impatto è fortissimo in alcune regioni, soprattutto al Sud. In Campania sono rimasti senza sostegno 119.720 famiglie per un totale di 242mila persone, in sicilia 109.890 famiglie per 197mila persone. Ma la classifica degli esclusi prosegue non solo al sud: al secondo posto c’è il Lazio con oltre 75mila nuclei rimasti senza sussidio, poi la Puglia con 57mila famiglie, quindi la Lombardia con 50.960 ex percettori del Reddito ora senza aiuto. Anche l’impatto economico racconta molto. Nel periodo gennaio-maggio 2024 – afferma la Cgil – per l’Assegno di Inclusione sono stati erogati 1,7 miliardi di euro. Nello stesso periodo del 2023, gli importi erogati per Reddito e Pensione di Cittadinanza sono stati superiori a 3 miliardi di euro: dunque, in pochi mesi, le nuove misure hanno già determinato un taglio di 1,3 miliardi di euro di risorse destinate al contrasto della povertà. “Se questi dati e questo trend si confermeranno anche nei prossimi mesi, la spesa complessiva per Adi e Sfl a fine anno potrà arrivare a 4,2 miliardi di euro, con un risparmio complessivo che potrà sfiorare i 4 miliardi di euro rispetto agli 8 miliardi di euro spesi nel 2022 per il Reddito e la Pensione di Cittadinanza.

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Bufera sul Garante per la Privacy, Stanzione respinge le accuse: “Non ci dimetteremo, attacco politico”

Il presidente del Garante per la Privacy Pasquale Stanzione respinge le accuse di contiguità politica e nega le dimissioni. Pd e M5S chiedono l’azzeramento dell’Autorità dopo il caso Report.

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Il presidente del Garante per la Privacy, Pasquale Stanzione (foto Imagoeconomica), ha respinto con fermezza le richieste di dimissioni arrivate dalle opposizioni dopo il caso Report, assicurando che il collegio non si dimetterà.

“Le accuse sono totalmente infondate”, ha dichiarato Stanzione, aggiungendo che “quando la politica grida allo scioglimento o alle dimissioni dell’Autorità, non è più credibile”.


La polemica e il caso Report

La bufera è nata dopo un servizio della trasmissione Report, condotta da Sigfrido Ranucci, che ha ipotizzato contiguità politiche e conflitti d’interesse all’interno dell’Autorità. Nel mirino è finito in particolare Agostino Ghiglia, membro del collegio, accusato di vicinanza a Fratelli d’Italia e collegato da Report alla multa inflitta alla stessa trasmissione dopo la messa in onda di un audio privato tra l’ex ministro Gennaro Sangiuliano e la moglie.

“La narrazione di un Garante subalterno alla maggioranza di governo è una mistificazione che mira a delegittimarne l’azione – ha replicato Stanzione –. Il Garante assume decisioni talvolta contrarie, talvolta favorevoli al governo. Questa è la vera autonomia”.


Le reazioni delle opposizioni

Le opposizioni – Pd, M5S e Avs – hanno chiesto l’azzeramento del collegio e le dimissioni immediate del presidente, definendo “indegna” l’intervista di Stanzione al Tg1.
I parlamentari del Movimento 5 Stelle in Commissione di Vigilanza Rai hanno annunciato un’interrogazione sull’episodio, accusando la testata di essersi “prestata a un comizio difensivo”.

“Non ha più credibilità per andare avanti”, ha detto Stefano Patuanelli, capogruppo M5S al Senato, mentre Giuseppe Conte, a DiMartedì, ha parlato apertamente di “azzeramento necessario”.


Le proposte di riforma

Nel dibattito è intervenuto anche il senatore Dario Parrini (Pd), vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali, proponendo di introdurre un quorum qualificato dei tre quinti del Parlamento per eleggere i membri delle autorità indipendenti, come avviene per la Corte Costituzionale o il Csm.

“Oggi l’attuale Garante è stato eletto nel 2020 con meno del 40% dei voti degli aventi diritto”, ha ricordato Parrini.

Anche l’eurodeputato Sandro Ruotolo ha definito la situazione “paradossale”:

“Abbiamo la possibilità di far dimettere il Capo dello Stato, ma non il collegio del Garante della Privacy. Serve un passo indietro e una riforma per garantire indipendenza e qualità”.


Il limite istituzionale

Come ha ricordato il giurista ed ex presidente Rai Roberto Zaccaria, né il governo né il Parlamento possono imporre lo scioglimento del Garante.

“L’unica ipotesi è che la maggioranza dei componenti, quindi tre su quattro, si dimetta. Altre non ne vedo in questo momento”.

Per ora, Stanzione non arretra: il Garante resta al suo posto, mentre lo scontro politico intorno all’Autorità continua ad alimentarsi.

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Garante Privacy, opposizioni chiedono l’azzeramento: Stanzione resiste, “accuse infondate”

Dopo il caso Report, le opposizioni chiedono l’azzeramento del Garante della Privacy. Il presidente Pasquale Stanzione respinge le accuse e difende l’autonomia dell’Autorità. Si apre il dibattito sulle regole di nomina.

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Scoppia la bufera attorno al Garante per la protezione dei dati personali dopo il servizio di Report che ha messo in dubbio l’indipendenza dell’Autorità e ipotizzato rapporti di contiguità politica tra alcuni componenti e la maggioranza di governo.

Le opposizioni, guidate da Giuseppe Conte e dal Movimento 5 Stelle, chiedono un “azzeramento” del collegio, mentre Fratelli d’Italia apre a un confronto sulle regole di nomina. Ma il presidente Pasquale Stanzione respinge con forza ogni ipotesi di dimissioni:

“Il collegio non presenterà le proprie dimissioni, le accuse sono totalmente infondate. Quando la politica grida allo scioglimento dell’Autorità, perde credibilità”.


Il caso Report e le accuse di conflitto d’interesse

L’inchiesta di Report, condotta da Sigfrido Ranucci, ha messo nel mirino in particolare Agostino Ghiglia, membro del collegio e vicino a Fratelli d’Italia, ipotizzando un conflitto d’interesse legato alla multa inflitta alla trasmissionedopo la messa in onda di un audio dell’ex ministro Gennaro Sangiuliano.

Stanzione ha parlato di “mistificazione” e di un tentativo di delegittimare l’Autorità:

“Il Garante è indipendente. Le nostre decisioni possono essere talvolta sgradite al governo, ma questo è il senso dell’autonomia istituzionale”.


Le opposizioni: “Serve un nuovo metodo di nomina”

Nel centrosinistra cresce la richiesta di riformare le regole di nomina dei garanti. Il costituzionalista Stefano Ceccantiha proposto di introdurre un quorum dei tre quinti del Parlamento per garantire un consenso più ampio.
D’accordo anche Alleanza Verdi e Sinistra, con Angelo Bonelli che parla di “necessità di una maggioranza qualificata”.

Il Pd, attraverso il senatore Dario Parrini, rilancia:

“Oggi basta poco più di un terzo dei voti per eleggere i membri del Garante. Serve una regola che preveda almeno i tre quinti, come per i membri laici della Corte Costituzionale o del Csm”.

Parrini ha ricordato che nel 2020, sotto il governo Conte, gli attuali componenti furono eletti con percentuali inferiori al 40% degli aventi diritto: “Un consenso troppo esiguo per un organismo che deve rappresentare l’equilibrio delle istituzioni”.


Il centrodestra: “Ipocrisia del Pd”

Freddo il centrodestra alle richieste di riforma. “Quando il Pd era in maggioranza, non è venuto in mente a nessuno di cambiare le regole”, ha ribattuto Lucio Malan, capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, respingendo le accuse di ingerenza politica.


Pressioni politiche ma nessun potere di revoca

Nonostante le pressioni, né il governo né il Parlamento hanno il potere di sciogliere il Garante. Come ha ricordato il giurista Roberto Zaccaria, “l’unica possibilità è che la maggioranza dei componenti, tre su quattro, decida di dimettersi volontariamente”.

Una situazione che l’eurodeputato Pd Sandro Ruotolo ha definito “paradossale”:

“Abbiamo la possibilità di far dimettere il Capo dello Stato, ma non il collegio del Garante. Serve un passo indietro e poi una riforma che migliori la qualità e la trasparenza delle nomine”.

Per ora, però, il presidente Stanzione resta fermo al suo posto, deciso a difendere l’autonomia dell’Autorità da quella che definisce una “tempesta politica e mediatica infondata”.

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Politica

Manovra, scontro sulla rottamazione e coperture: la Lega spinge, il Mef frena

Inizia il confronto sulla manovra economica: la Lega chiede di ampliare la rottamazione, ma il Mef frena per mancanza di coperture. Tutti i partiti al lavoro sugli emendamenti in vista dell’esame al Senato.

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Il percorso della manovra economica è entrato nel vivo in Parlamento e già emergono le prime tensioni tra i partiti di maggioranza e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, deciso a mantenere invariati i saldi di bilancio.
A innescare lo scontro è stata la proposta della Lega di ampliare la rottamazione delle cartelle, un tema su cui via XX Settembre ha posto un netto freno per mancanza di coperture.


La posizione del Mef: “Conti pubblici sotto controllo”

Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo ha espresso prudenza: “Il problema delle coperture si fa ancora più intenso. Valutiamo tutto, ma mantenendo la barra dritta sui conti”.
Una posizione che non frena l’entusiasmo del Carroccio: “Le coperture non è impossibile trovarle – replica il leghista Claudio Borghi, relatore della manovra – l’importante è che i saldi restino invariati e lo saranno”.

Leo ha inoltre confermato gli ambiti di intervento già delineati dal ministro Giancarlo Giorgetti, tra cui la possibilità di rendere strutturali iper e superammortamento, modificare le compensazioni dei crediti e rivedere l’aumento dell’Irap, con l’ipotesi di escludere le holding industriali non finanziarie.


I partiti al lavoro sugli emendamenti

Mentre il Mef impone prudenza, i partiti si preparano a presentare gli emendamenti. La Lega insiste su rottamazione, pensioni e sicurezza, chiedendo inoltre di cancellare l’aumento al 26% della cedolare secca sugli affitti brevi.
Forza Italia, che si riunirà giovedì, punta su casa, sicurezza e imprese, con l’obiettivo di cancellare la norma sui dividendi.
Fratelli d’Italia lavora su proposte di aggiustamento tecnico, mentre Noi Moderati chiede incentivi per gli affitti a lungo termine e la detassazione dei libri.

Un ulteriore nodo è quello del tesoretto da 100 milioni di euro, che dovrà essere distribuito tra i gruppi parlamentari. In arrivo anche la “tagliola” dei 400 emendamenti segnalati, destinati a essere discussi e votati.


Obiettivo: chiudere entro Natale

L’iter in Parlamento dovrà rispettare tempi serrati. L’obiettivo è portare la manovra in Aula al Senato il 15 dicembre e chiudere con il via libera definitivo alla Camera entro Natale.
“Questo è l’auspicio – ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani – ma dipenderà dalla buona volontà di tutti”.


Sindacati e imprese, nuove tensioni

Sul fronte sindacale, la Uil ha annunciato una manifestazione nazionale per il 29 novembre, mentre il leader della Cgil, Maurizio Landini, ha discusso le sue proposte con la segretaria del Pd Elly Schlein e con Avs.

Intanto, monta la polemica sul programma Transizione 5.0, i cui fondi risultano ormai esauriti. Il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha replicato a Confindustria, rivendicando i risultati ottenuti e sottolineando che l’esaurimento delle risorse “è la prova del successo della misura”. Tuttavia, anche i fondi di Transizione 4.0 risultano ormai completamente prenotati.

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