Il centrodestra si divide sul fine vita dopo il primo caso di suicidio assistito in Lombardia. E questa volta ad aprire su un tema etico è la Lega, capitanata dai governatori Luca Zaia e Attilio Fontana e con Salvini che lancia un sondaggio sui social, mentre Fratelli d’Italia e Forza Itali parlano di “fughe in avanti” delle Regioni anche dopo l’approvazione di una legge sul tema da parte della Toscana che definisce tempi e procedure. Una normativa “che impugnerei, se dipendesse da me”, ha detto il segretario azzurro e vicepremier Antonio Tajani. “La nostra posizione è chiara – ha aggiunto – non può esserci una competenza regionale, deve essere nazionale”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche FdI, con la responsabile Famiglia Maddalena Morgante che ha ribadito la centralità “del principio della difesa della vita in ogni fase e condizione”.
Confidano in un intervento nazionale i governatori del Lazio, Francesco Rocca, e della Liguria, Marco Bucci. Mentre la Lega lascerà libertà di coscienza sull’argomento. Matteo Salvini ha lanciato un sondaggio sui social per sondare gli umori, trovando, nei commenti, anche il favore dei suoi follower, tra chi ritiene una regolamentazione “indispensabile” e chi si spinge a dire che “sarebbe un grande atto di civiltà”. Da sempre aperto sul tema, anche il governatore del Veneto Luca Zaia è tornato alla carica auspicando una legge nazionale e facendo notare che le divergenze “ci sono anche nel centrosinistra”, specie nel Pd con i dubbi dell’ala cattolica, anche se il responsabile dem per i diritti Alessandro Zan ha ribadito l’urgenza di un intervento nazionale atteso “dalla stragrande maggioranza degli italiani”. In Veneto, ha spiegato Zaia, l’intenzione è quella di adottare una circolare “che dovrebbe fissare delle regole” per il fine vita “che esiste già” con la sentenza della Consulta del 2019.
Che stabilisce che un malato terminale può fare domanda se sono rispettati questi quattro requisiti: diagnosi infausta, mantenimento in vita da supporti, grave sofferenza fisica e psichica, libertà di scelta. Gli stessi che hanno guidato la Lombardia nella scelta di accompagnare verso il suicidio assistito una donna di 50 anni affetta da sclerosi multipla progressiva da oltre 30 anni, morta nelle scorse settimane a casa sua dopo l’autosomministrazione di un farmaco letale fornito dal Servizio sanitario nazionale nove mesi dopo la sua richiesta. Si tratta della sesta persona in Italia ad aver completato la procedura prevista dalla Consulta. “Regione Lombardia ha fornito l’aiuto medico perché era suo dovere farlo” hanno commentato Filomena Gallo e Marco Cappato dell’associazione Luca Coscioni, puntando il dito “sull’irresponsabile decisione” del Consiglio regionale che aveva approvato una pregiudiziale di costituzionalità sostenendo che la competenza fosse dello Stato ed evitando così la discussione in Aula del progetto di legge sul fine vita.
Cappato ha anche chiesto alla Lombardia di ritornare sulla materia emanando un atto di giunta come quello di Zaia. Cosa che in realtà non serve, secondo l’assessore lombardo al Welfare Guido Bertolaso, che ha fatto notare come la Lombardia ha “seguito il dettame della Corte costituzionale” senza il bisogno di una legge. La Regione ha creato un comitato etico che ha accompagnato la richiesta arrivata “in assoluta coerenza con la Costituzione”, ha osservato Bertolaso parlando di un tragitto “indiscutibile” anche dal punto di vista giuridico. Eppure il gruppo di FdI in Lombardia ha ribadito il suo “no alle scorciatoie” e tramite il consigliere Matteo Forte è andato all’attacco di Bertolaso annunciando un’interrogazione sul “grave” caso lombardo. “Noi non abbiamo fatto altro che trovare delle linee di condotta che verranno estese a tutta la Regione” ha rivendicato il governatore Attilio Fontana, evidenziando che, comunque, una legge nazionale “resta opportuna”.
Il congresso di Forza Italia a Salerno si è trasformato in un duro attacco al governatore Vincenzo De Luca e alla sua aspirazione per un terzo mandato alla guida della Regione Campania. Dal palco della convention azzurra è arrivato un messaggio chiaro: “Non si può continuare con il governo di De Luca, con l’arroganza di un potere familistico”, ha dichiarato il vicepremier e leader di Forza Italia Antonio Tajani, intervenuto in collegamento video.
IL NO AL TERZO MANDATO: “NON SERVE ALLA DEMOCRAZIA”
Tajani ha ribadito la posizione del partito sul limite dei mandati, facendo un parallelismo con gli Stati Uniti, dove il presidente può essere rieletto solo una volta:
“Noi siamo contrari al terzo mandato perché l’incrostazione di potere non serve. Anche negli USA i presidenti si votano due volte e non di più. È giusto, per la difesa della democrazia, non avere un terzo mandato”, ha dichiarato.
Nel suo intervento, il numero uno di Forza Italia ha anche rilanciato il nome di Fulvio Martusciello come candidato del centrodestra per la presidenza della Regione:
“Si sta dimostrando un leader in Campania, credo che potremo avere ottimi risultati: è il miglior candidato possibile”, ha aggiunto Tajani, dando un chiaro segnale alla coalizione.
LA STRATEGIA DEL CENTRODESTRA: “NO A UN REFERENDUM SU DE LUCA”
L’europarlamentare Fulvio Martusciello, che sta emergendo come il possibile candidato governatore, ha accolto il sostegno ma ha invitato alla cautela:
“Guai a trasformare le prossime elezioni regionali in un referendum pro o contro De Luca. Sarebbe un errore strategico”, ha sottolineato.
Martusciello ha spiegato che il centrodestra deve puntare su proposte concrete, evitando di incentrare la campagna elettorale solo sulla contestazione del governatore uscente.
Ha inoltre ricordato che Forza Italia aveva valutato anche nomi esterni alla politica, come il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e l’imprenditore Antonio D’Amato, per allargare il perimetro del centrodestra e intercettare il consenso della società civile.
“Abbiamo bisogno di recuperare voti, perché nelle ultime regionali ha votato meno del 50% della popolazione”, ha sottolineato.
Martusciello ha poi rivolto un messaggio agli alleati:
“L’avversario è fuori dal centrodestra. Se restiamo uniti, possiamo vincere”.
GASPARRI: “DECISIONE SPETTA AI LEADER NAZIONALI”
Anche il senatore Maurizio Gasparri, intervenuto al congresso, ha chiarito che la decisione finale sulla candidatura spetta ai leader nazionali della coalizione.
“Le proposte dei partiti sono note, ma le decisioni verranno prese al momento opportuno”, ha spiegato.
LA STRATEGIA DI FORZA ITALIA: “RICONQUISTARE LA CAMPANIA”
A ribadire l’ambizione del partito di riprendersi la guida della Regione Campania è stato anche il sottosegretario Tullio Ferrante:
“Da qui parte la nostra corsa verso la Regione, con l’obiettivo di restituirla ai cittadini e mandare a casa De Luca, asserragliato nel suo fortino dopo dieci anni di inesorabile declino”, ha dichiarato.
Ferrante ha poi assicurato che Forza Italia metterà in campo “concretezza e qualità della propria classe dirigente” sia per le elezioni amministrative che per le regionali.
CONCLUSIONE: LO SCONTRO SI ACCENDE
La battaglia per la Regione Campania è ormai entrata nel vivo. Mentre De Luca resta in attesa della decisione della Corte Costituzionale sul terzo mandato, Forza Italia e il centrodestra stanno cercando di compattarsi attorno a un candidato forte, con Martusciello in pole position.
La partita è aperta e si preannuncia una sfida politica durissima nei prossimi mesi.
La candidatura del sindaco di Salerno, Vincenzo Napoli, alla presidenza della Provincia di Salerno potrebbe essere il tassello chiave per risolvere il nodo della ricandidatura di Vincenzo De Luca alla guida della Regione Campania. Un’ipotesi che, però, la segretaria del Pd Elly Schlein ha scartato a priori, provocando così una spaccatura con il governatore uscente.
IL TERZO MANDATO IN CAMPANIA: LA DECISIONE DELLA CONSULTA
La possibilità che De Luca si ricandidi per un terzo mandato dipenderà anche dal pronunciamento della Consulta, prevista per il 10 aprile, che dovrà stabilire la costituzionalità di una sua nuova candidatura. Tuttavia, il destino politico del governatore potrebbe non dipendere esclusivamente dalla Corte.
LA STRATEGIA: NAPOLI ALLA PROVINCIA, DE LUCA DI NUOVO SINDACO
Secondo un ragionamento che sta prendendo piede nei corridoi del Pd campano, la soluzione potrebbe essere un compromesso politico che eviterebbe lo strappo tra De Luca e il partito.
Vincenzo Napoli, uomo di fiducia di De Luca, diventa presidente della Provincia di Salerno, consolidando il controllo del governatore uscente sul territorio.
De Luca, a fine mandato in Regione, rinuncia alla corsa per un terzo mandato, evitando lo scontro diretto con il Pd e la necessità di fondare un suo partito.
Si candida invece a sindaco di Salerno, chiudendo lì la sua lunga carriera politica.
Un’operazione che garantirebbe a De Luca un’uscita di scena controllata, senza il rischio di una rottura definitiva con il Pd, e soprattutto con un accordo politico che blinderebbe il futuro dei suoi figli.
IL RUOLO DI PIERO E ROBERTO DE LUCA
Nell’eventuale patto di non belligeranza, il Pd nazionale potrebbe assicurare:
Un futuro politico di primo piano per Piero De Luca, deputato e già volto di spicco del partito.
Garanzie per Roberto De Luca, che potrebbe ottenere una collocazione politica o amministrativa adeguata.
PERCHÉ SCHLEIN HA BOCCIATO QUESTA SOLUZIONE?
Nonostante questo schema possa apparire vantaggioso per tutte le parti, Elly Schlein lo ha respinto a priori, determinando così una frattura interna tra la leadership del Pd e il governatore uscente.
La segretaria non vuole concedere margini di trattativa a De Luca, forse per evitare che il Pd venga percepito come ostaggio delle dinamiche locali e delle strategie di autoconservazione del potere. Ma questa chiusura rischia di alimentare una crisi interna al partito in Campania e potrebbe perfino spingere De Luca verso una candidatura autonoma, con effetti imprevedibili sulle elezioni regionali.
SCENARI FUTURI: STRAPPO O COMPROMESSO?
Se il Pd e De Luca non troveranno un accordo, il governatore potrebbe sfidare il partito con una candidatura indipendente, dividendo il centrosinistra e aprendo scenari caotici in Campania.
Se invece il partito decidesse di rivedere la propria posizione, potrebbe nascere un compromesso politico che garantisca una transizione morbida per De Luca, evitando un conflitto che rischia di indebolire l’intero centrosinistra nella regione.
Il 10 aprile sarà una data decisiva, ma il vero nodo potrebbe sciogliersi ben prima, attraverso una trattativa politica che per ora Schlein non vuole prendere in considerazione.
In cinquantamila per l’Europa (le foto sono di Imagoeconomica), con piazza del Popolo a Roma strapiena, tanto che a un certo punto sono stati chiusi gli accessi, per sicurezza. Un palco con artisti, comici, attori, scrittori, associazioni, ma nessun politico, solo un gruppo di amministratori, di sindaci, che hanno dato una mano all’organizzazione della manifestazione lanciata da Michele Serra su Repubblica. “Non perdiamoci di vista”, ha detto il giornalista aprendo la giornata. “Siamo in tanti – ha spiegato – perché siamo un popolo. Una piazza Europea è una piazza di persone che su molte cose non la pensano allo stesso modo”. I partiti sono rimasti in disparte, dietro il palco, con più di una puntata fra la folla.
MAURIZIO LANDINI (foto Imagoeconomica)
Ma le divisioni si sono viste eccome: il centrodestra non c’era, le opposizioni sì, però ognuna con la propria idea, e senza il M5s. Ma “non facciamo polemiche – ha detto la segretaria Pd, Elly Schlein – ci godiamo questa meravigliosa manifestazione per una Europa federale”. In piazza si respirava un’aria girotondina, da movimentismo ormai maturo ma non disincantato. La manifestazione era per costruire un argine. Per difendere un’Europa che rischia di rimanere schiacciata fra i carri armati russi in Ucraina e la politica aggressiva di Donald Trump. Però, di ricette ce n’erano quante se ne voleva. E infatti le bandiere erano di tutti i tipi. Più di tutte quelle dell’Europa. Poi quelle della pace: per chi è contro il piano di riarmo della presidente della commissione europea Ursula von der Leyen. E quelle dell’Ucraina: per chi è favore.
Anche simboli e vessilli hanno marcato le differenze. Il Pd era a vestizione variabile: colori dell’Ue al collo per la segretaria Elly Schlein, quelli dell’Ucraina per i riformisti come Filippo Sensi, quelli della pace per la sinistra del partito, come Nico Stumpo. Presenti anche l’ex premier Paolo Gentiloni e l’ex ministro Dario Franceschini. Il segretario di Azione Carlo Calenda è arrivato in piazza insieme agli esponenti delle comunità ucraine e georgiana. Con gli ucraini anche Riccardo Magi, di Più Europa, e qualche esponente Pd critico con la segretaria, come Pina Picierno e Alessandro Alfieri. C’erano i tre sindacati: la Cgil con Maurizio Landini, Daniela Fumarola neo leader della Cisl e il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri. Schlein è arrivata con la delegazione Pd. Per lei applausi, incitamenti dai manifestanti. Bagno di folla. Poi ha guadagnato il retropalco, dove sono arrivati gli esponenti di Iv, con la capogruppo alla Camera Maria Elena Boschi, e quindi i leader di Avs, Nicola Fratoianni, con sciarpa della pace, e Angelo Bonelli, per lui coccarda della pace e spilletta Ue.
UNA PIAZZA PER L’EUROPA. MANIFESTAZIONE PIAZZA DEL POPOLO (Foto Imagoeconomica)
“Ai politici presenti in piazza e a quelli che non ci sono ho solo un piccolo rilievo da muovere – ha detto Serra dal palco – Siete troppo intelligenti. Cercate, per favore, di essere un poco più stupidi, come questa piazza che non ha fatto calcoli. Cercate, per favore, di parlarvi e addirittura di ascoltarvi”. Intanto, dal video o in presenza, sul palco sfilavano Jovanotti, Pennac, Vecchioni, Paolo Virzì… E Liliana Segre: “Difendere l’Europa significa molte cose – ha detto – Certo, significa mettersi nelle condizioni di fronteggiare le minacce dei nemici della pace, che esistono e che non vanno sottovalutati. L’arrendevolezza non ha mai impedito le guerre, anzi ha sempre solo incoraggiato i disegni di sopraffazione”.
Ecco, riarmo sì o riarmo no: il tema che ha tenuto distante chi era di fianco in piazza. Il tema che ha già spaccato il Pd. In mattinata c’era stato un incontro fra Schlein, contraria al piano di von der Leyen, e Gentiloni, favorevole. Le due anime del partito. In prima fila a un convegno hanno parlato a lungo. Ma poi l’ex premier ha ribadito: il piano di riarmo Ue “è una decisione storica, che apre una strada, anche se non è sufficiente. Ostacolarlo sarebbe un errore”. Nessun calumet della pace. Schlein è determinata: serve un chiarimento. Come? Chi le sta vicino tende a escludere soluzioni “politiciste”, come rimpasti o azzeramenti della segreteria. Per il resto, le opzioni sono tutte sul tavolo, dal congresso al referendum fra gli iscritti sulla politica estera: “Deciderà la segretaria”.