La recente decisione di Standard & Poor’s di confermare il rating AA- con outlook stabile alla Francia, nonostante le crescenti criticità della sua finanza pubblica, ha sorpreso molti osservatori. Questo giudizio, equivalente a un “otto e mezzo in pagella”, arriva mentre la situazione economica italiana continua a essere sottovalutata dalle stesse agenzie di rating.
La Francia evita il declassamento
Nonostante il rischio di un possibile downgrading, che avrebbe potuto scatenare turbolenze sui mercati, la Francia ha mantenuto il suo status con Standard & Poor’s. Tuttavia, la sua situazione economica presenta segni evidenti di difficoltà, tra cui uno spread paragonabile a quello della Grecia e un deficit primario crescente.
L’Italia supera l’esame ma meriterebbe di più
Nel frattempo, l’Italia ha superato l’analisi autunnale delle agenzie di rating, mantenendo la sua posizione grazie alle conferme da parte di Standard & Poor’s e Moody’s, e con miglioramenti dell’outlook da Fitch e DBRS. Tuttavia, i rating rimangono appena sopra la sufficienza.
In un contesto di miglioramenti economici, competitività internazionale e stabilità politica, l’Italia potrebbe legittimamente aspirare a valutazioni più alte, come una A- da S&P e Fitch o una A3 da Moody’s.
Le disparità nei giudizi
Moody’s continua a valutare l’Italia con un Baa3, solo un gradino sopra la Grecia e ben sette sotto la Francia (Aa2). Questo nonostante i numeri mostrino che l’Italia, in termini di finanza pubblica, è in una posizione migliore rispetto a molti altri Paesi europei.
Ad esempio, tra il 1995 e il 2029, l’Italia sarà uno dei pochi Paesi del G7 e dell’UE a registrare un bilancio primario in surplus per 30 anni, rispetto ai soli 4 anni della Francia. Nel biennio 2025-2026, l’Italia è destinata a presentare un surplus primario di 37,4 miliardi di euro, mentre Francia e Germania prevedono deficit rispettivamente di 160,2 miliardi e 69,5 miliardi.
La lezione italiana sul debito
Nonostante l’austerità imposta in passato abbia frenato la crescita, dal 2014 al 2019 l’Italia ha ridotto il rapporto debito/PIL, mantenendolo sostanzialmente stabile fino alla pandemia. Sul difficile periodo 2020-2026, l’Italia ha registrato l’incremento più contenuto del debito netto tra i Paesi del G7: solo +1,8 punti di PIL, rispetto a +12,9 della Francia e oltre +10 punti per Regno Unito, Stati Uniti e Giappone.
Una valutazione che ignora i dati
Le agenzie di rating continuano a penalizzare l’Italia nonostante i mercati abbiano ridotto lo spread di 120 punti dai massimi del 2022. È chiaro che i modelli utilizzati per i rating sovrani spesso sottovalutano la realtà economica, mantenendo pregiudizi e soggettività che non rispecchiano i numeri concreti.
Mentre la Francia continua a essere “graziata” dalle agenzie di rating, l’Italia, pur mostrando segnali di affidabilità e miglioramento, rimane penalizzata da valutazioni che non riflettono la sua reale situazione economica. È tempo che i criteri di giudizio siano aggiornati per premiare i progressi e la stabilità dimostrati da Paesi come l’Italia.