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C’è caos sulla data del voto per caso Salvini/Gregoretti

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E’ sempre piu’ caos sulla data del voto della giunta sul caso Gregoretti. Una situazione di stallo che ha costretto i contendenti ad appellarsi al regolamento del Senato, convocando per la mattinata la commissione ad hoc che potrebbe sbrogliare la complicata matassa . Dopo un tira e molla fra la conferenza dei capogruppo e la presidente Casellati, finito con la fumata nera di mercoledi’ sera, la Giunta per le autorizzazioni prova a uscire dal labirinto in cui e’ finito il caso Salvini. Da un lato, la maggioranza che punta i piedi per rinviare il verdetto a dopo le regionali del 26 gennaio; dall’altro, l’opposizione che invoca il rispetto del calendario con il D-day del giorno 20. LO slittamento e’ spinto invece da Pd e M5s per non dare un’ulteriore sponda – dicono – al “Salvini-martire” nel suo tour elettorale tra Emilia-Romagna e Calabria, a pochi giorni dal voto. L’ultima bordata mai giallorossi viene da Lamezia Terme dove il leader leghista insiste: “Io non mollo mai. Se pensano di farmi paura o farmi fuori usando i tribunali, hanno trovato la persona sbagliata”. A chiedere il ricorso a un ‘arbitro’ superiore erano stati Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. “La Giunta per il regolamento e’ l’unico organo titolato per interpretare quando votare”, sentenzia in Aula il capogruppo leghista Massimiliano Romeo. Il rebus da sciogliere e’ legato alla sospensione delle attivita’ del Senato dal 20 al 24 gennaio: in vista della campagna elettorale, niente riunioni di commissioni ne’ sedute in Aula. Ma lo stop vale anche per la Giunta che deve decidere sull’autorizzazione a procedere nei confronti dell’ex ministro dell’Interno? Se si’, salterebbe la riunione del 20 e di conseguenza il voto. Ma finora nessuno e’ riuscito a sciogliere il groviglio. E anzi la battaglia e’ diventata sempre piu’ politica, con proteste della maggioranza che ha abbandonato i lavori, richieste di ulteriori documenti per decidere e polemiche in punta di diritto. Per Isabella Rauti di FdI, “in realta’ e’ una questione esclusivamente politica, perche’ nasconde la volonta’ di processare Salvini ma di farlo dopo le elezioni”. E dall’Aula rilancia l’appello di Giorgia Meloni a scendere in piazza in caso di “condanna” all’alleato. Anche lei in Calabria, Meloni attacca il premier Conte sul fatto che non sapesse della decisione di bloccare lo sbarco dei 131 migranti dalla nave militare. “Ma se davvero non era d’accordo, poteva andare dal presidente Mattarella e chiedere il ritiro delle deleghe a Salvini. Cosa che non ha fatto”, osserva la leader di FdI. I toni si accendono ancora quando circola voce di un pranzo tra la Casellati e Salvini, a margine di un convegno sull’antisemitismo a Palazzo Giustiniani. Un incontro smentito categoricamente dagli staff di Senato e Lega. Intanto, la maggioranza incassa la disponibilita’ del presidente Casellati a riequilibrare la giunta per il regolamento: una disponibilita’ che potrebbe consentirgli di guadagnare 2 senatori. I nomi proposti sono Loredana De Petris, capogruppo del Misto e Julia Unterberger, capogruppo delle Autonomie. La maggioranza si attende l’ok della presidenza a ore. La Giunta passerebbe cosi’ dagli attuali 6 senatori a 4 per il centrodestra, a un pareggio (6 a 6). Sarebbe un punto per i giallorossi, ma non ancora dirimente per la data del voto, e su cui c’e’ la ferma opposizione del centrodestra. Secondo il regolamento del Senato, in caso di pareggio ‘vincono’ i voti contrari. Da qui la necessita’, per entrambe le parti, di trovare un escamotage perche’ la Giunta del regolamento si possa esprimere sulla domanda se quella per le Autorizzazioni sia una commissione come le altre (fatto contestato peraltro dal presidente Gasparri) e quindi possa fermare i lavori nella settimana della campagna elettorale per le regionali, oppure no.

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In Basilicata Bardi vince col 56,6%, Fdi primo partito col 17,3% mentre al Pd va il 13,8%

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Il candidato del centrodestra Vito Bardi è stato confermato governatore della Basilicata con il 56,63% dei voti, secondo i risultati definitivi dello scrutinio delle elezioni regionali. Piero Marrese del centrosinistra ha ottenuto il 42,16% dei consensi. Al terzo candidato Eustachio Follia è andato l’1,21%.  Fratelli d’Italia risulta il partito più votato, con il 17,39%.  Segue il Partito democratico col 13,87%.  Nella coalizione di centrodestra Forza Italia ottiene il 13,01% dei voti, mentre la Lega si ferma al 7,81% dei consensi seguita da Azione con il 7,51%. Nel centrosinistra il Movimento 5 stelle ottiene il 7,66%, dietro a Basilicata casa comune (11,18%).

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42 simboli per le Europee, tra doppioni e omonimie

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La corsa al Parlamento europeo è davvero inziata. Sulla bacheca del Viminale ci sono 42 simboli, che rappresentano altrettante forze politiche accomunate da un solo obiettivo: strappare il ticket utile per volare a Strasburgo. L’albo delle affissioni è al completo. E appare come un caleidoscopio di colori, immagini e parole che raccontano la politica italiana. Quella del presente, ma anche quella del passato. Quella dei grandi partiti e quella delle piccole formazioni che sperano nell’impresa. Spiccano i nomi: Meloni, Salvini e Berlusconi per il centrodestra. Con gli azzurri che restano ancorati al nome del Cavaliere. Personalizzazione, sì. Ma anche qualche slogan: come la parola “pace” inserita dal Movimento 5 Stelle. E poi i simboli delle famiglie europee. Il Partito democratico mette nel contrassegno il logo del Pse. Scrivono quello del gruppo di ‘Renew Europe’ sia Azione e che la lista ‘Stati uniti d’Europa’. Ed è proprio il nome della lista che vede correre in tandem +Europa e Italia Viva, insieme ad altre quattro formazioni, ad attirare l’attenzione del Viminale.

La lista lanciata da Emma Bonino non è l’unica con il nome ‘Stati uniti d’Europa’. C’è un’altro simbolo, quello con pugno e rosa rossa depositato dai Radicali Italiani, che presenta la stessa denominazione. E non si tratta del solo caso di omonimia in bacheca, su cui potrebbe essere chiamato a esprimersi il ministero dell’Interno. C’è il ‘Partito pirata italiano’, con scritta su sfondo verde, e ci sono anche i ‘Pirati’, con tibia, teschio e bandana viola su sfondo nero. E poi il ‘Movimento per l’Italexit’, in basso nel simbolo della lista ‘Libertà’, presentata da Cateno de Luca, che si contrappone a ‘Italexit per l’Italia’, in coppia nel simbolo col ‘Partito animalista’. Per le verifiche di regolarità bisognerà aspettare 48 ore. Intanto, i big possono già cominciare a scaldare i motori. Il nome della premier Giorgia Meloni, accompagnato dalla consueta fiamma tricolore, compare nel simbolo di FdI con un carattere ben più grande del nome del partito.

La Lega ha invece da tempo il nome del suo leader Matteo Salvini nel logo. Il nome di Berlusconi “è nello statuto non solo nel simbolo”, spiega Alessandro Battilocchio, responsabile elettorale di Forza Italia. Gli azzurri sono gli unici, tra i partiti di governo, a richiamare nel simbolo la famiglia europea di appartenenza, quella del Partito popolare europeo. Stesso riferimento per Stefano Bandecchi con la sua ‘Alternativa popolare’. A puntare sul nome nel contrassegno è anche Carlo Calenda, leader della lista ‘Azione-Europa Unita’. Alleanza Verdi e Sinistra ai nomi contrappone la simmetria dei due partiti che compongono la lista, Verdi Europei e Sinistra Italiana. Tra i simboli del passato non mancano ‘falce e martello’ e scudo crociato. Il Partito comunista italiano presenta una classica bandiera rossa con simbolo in giallo.

Mentre lo scudo con la parola ‘libertas’ si trova sia sul contrassegno depositato dall’Udc che su quello della Democrazia Cristiana. “Il simbolo che abbiamo presentato è quello del 1992”, spiega Carlo Leonetti della Dc. La parola pace, accompagnata da un hashtag nel contrassegno M5s, trova il suo simbolo nella lista ‘Pace terra dignità’ di Michele Santoro: colomba bianca con un ramoscello d’ulivo. E sono diversi i simboli che suscitano curiosità. Come quello degli ‘Esseritari’ di Luciano Chiappa, che è autore anche dell’omonimo libro. Oppure il ‘Movimento Poeti d’Azione’ di Alessandro d’Agostini, attore che decide di ripresentarsi con ‘spada e penna’. Alle quali si aggiungono le insegne di ‘Sacro romano impero cattolico’ di Mirella Cece e di ‘Italia reale’. Non tutti i cosiddetti ‘piccoli’, però, supereranno il vaglio degli uffici elettorali. Molti di loro potrebbero ritrovarsi nella bacheca dei ‘ricusati’.

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Bardi bis in Basilicata, nuovo exploit del centrodestra

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Il centrodestra resta alla guida della Basilicata. In un voto segnato dal forte astensionismo (alle urne il 49,8%), Vito Bardi ottiene la riconferma con largo distacco (58-40% la forchetta provvisoria) su Piero Marrese, su cui il centrosinistra ha puntato dopo una serie di retromarce. Lo spoglio iniziato a rilento toglie la corona di partito più votato al M5s, che alle Regionali del 2019 e alle Politiche del 2022 era andato oltre il 20% e ora vede più che dimezzati i consensi (attorno all’8%). I dati provvisori vedono primeggiare FdI (oltre il 16%), tallonato da FI che va in doppia cifra (12%), soglia sotto cui potrebbe restare la Lega (8%), alle spalle anche di Azione: un sorpasso che rischia di infiammare il derby tra alleati da qui alle Europee. Rispetto alle Politiche cala di circa un punto anche il Pd (15%), che paga anche errori di strategia e nei prossimi mesi dovrà fare i conti con il complicato rapporto con il Movimento di Giuseppe Conte.

“Ringrazio di cuore tutti i cittadini che hanno voluto confermare il loro sostegno alle nostre politiche – esulta Giorgia Meloni -. La vostra fiducia è il motore che ci spinge avanti ogni giorno”. Il suo partito con ironia parla di “Effetto monologo in Basilicata”, con un riferimento al caso Scurati: “Non ci hanno visti arrivare perché impegnati a rileggere il famoso monologo”. “Grande soddisfazione” arriva dalla Lega, per “l’ennesimo largo successo del centrodestra unito”. Ma soprattutto da FI. “Ha vinto il centrodestra unito. Hanno vinto i lucani che hanno scelto di sostenere il nostro Buon Governo per altri 5 anni”, il tweet di Antonio Tajani, che è riuscito a convincere gli alleati a puntare ancora sull’ex generale della Guardia di finanza che nel 2019 ottenne l’investitura da Silvio Berlusconi.

In attesa dei dati definitivi e dopo aver ricevuto le congratulazioni dello sfidante Marrese, Bardi in serata parla di “una vittoria chiara”, e ringrazia “i lucani per la fiducia che mi hanno accordato, per la seconda volta”. “É una grande responsabilità che sento verso tutti loro, anche verso i lucani che non mi hanno votato o che non si sono recati alle urne. Continuerò ad essere il Presidente di tutti”, il messaggio del governatore che, dopo l’istant poll con 12 punti di vantaggio, nel pomeriggio ha visto crescere la sua coalizione, allargata ad Azione e Iv un mese fa, quando andava in cortocircuito il centrosinistra. Uno psicodramma politico che ha portato Pd, M5s, Avs, Psi e +Europa a convergere su Marrese dopo i dissidi su Angelo Chiorazzo e poi incassare il passo indietro di Domenico Lacerenza, il chirurgo rimasto in corsa solo 72 ore. Il centrosinistra negli ultimi sedici mesi ha vinto solo due appuntamenti regionali (Lazio e Sardegna), perdendo in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Molise, Abruzzo, a Trento e infine in Basilicata.

Un ruolino di marcia che consente a Giorgia Meloni di considerare solido il consenso del suo governo. A differenza dei rivali, lei e gli altri leader di centrodestra, nonostante tensioni e piccoli incidenti parlamentari, riescono a dare un’idea di coesione, premiata nelle urne. Anche in Basilicata, dove pure fino a un paio di mesi fa erano espliciti i dubbi interni sulle chance di successo di Bardi. Poi, di fronte al caos nel campo largo e alla scelta perdente di candidare in Sardegna Paolo Truzzu di FdI anziché puntare sulla riconferma del governatore in quota Lega Christian Solinas, la coalizione ha fatto quadrato intorno all’ex generale. Una scelta che ora è rivendicata soprattutto da Forza Italia, che a Potenza per seguire i risultati ha schierato le prime linee, fra gli altri la ministra Elisabetta Casellati, coordinatrice regionale, e il capogruppo alla Camera Paolo Barelli.

Il risultato, nota il portavoce azzurro Raffaele Nevi, è “frutto del lavoro fatto dal governatore in questi anni, anche nell’allargare la coalizione a forze più riformiste che hanno riconosciuto nel buongoverno di Bardi un approdo migliore per i loro progetti e programmi”. Iv sottolinea la “grande soddisfazione di Matteo Renzi che è stato il primo a sostenere Bardi anche in virtù di un’antica amicizia”. “Il centro si dimostra determinante per vincere”, è la tesi dell’ex premier, la stessa del leader di Noi moderati, Maurizio Lupi.

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