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Cronache

Castellucci: responsabile ma non colpevole per il Morandi

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Parla in aula per la prima volta Giovanni Castellucci dopo il crollo del ponte Morandi (14 agosto 2018, 43 vittime). E lo fa, sette anni dopo la tragedia, per quasi cinque ore, con dichiarazioni spontanee, decidendo di non rispondere alle domande dei pubblici ministeri e dei giudici al processo. “Mi sento tuttora responsabile ma non colpevole. Dopo ho cercato di fare quello che potevo, ma questo è nulla di fronte all’enormità della tragedia. Non riesco ad accettare il fatto che questo ponte sia crollato”, le sue primissime parole. L’ex amministratore delegato ha ripercorso la sua esperienza nella società respingendo le accuse di essere un “padre padrone” o un “accentratore” o di avere agito per interessi economici. Una difesa auto assolutoria che ha fatto infuriare i parenti delle vittime, in aula in tanti oggi.

“Se volesse parlarci gli sputerei in faccia – le parole dure di Paola Vicini, la mamma di Mirko l’ultima vittima estratta dalle macerie dopo giorni -. Lui è andato a cena quella sera mentre io aspettavo il corpo di mio figlio e gli altri erano all’obitorio”. L’ex ad di Aspi ha anche ricordato di avere dato il suo bonus ai parenti delle vittime, lasciandolo ad Aspi, ma i parenti hanno denunciato di non avere mai visto nulla. Di fatto Castellucci ha poi scaricato i tecnici e il direttore generale di allora, Riccardo Mollo. “Il sollievo che ho è che penso di avere fatto sempre tutto quello che dovevo e potevo fare – ha spiegato alla fine delle cinque ore – sulla base di quello che sapevo per mettere i tecnici, che invece sapevano cosa facevano, nelle condizioni di operare al meglio”.

Poi ha parlato di Gianni Mion, ex ad della holding dei Benetton Edizione: “lo sentivo costantemente e mai che mi avesse sollevato un dubbio, nemmeno un sopracciglio”. Mentre Mollo, ex direttore generale che secondo l’accusa avrebbe detto a una riunione che i ‘controlli ce li autocertifichiamo’, forse “ha usato una espressione non opportuna”. L’ex top manager ha spiegato che “non è vero che tagliammo manutenzioni per aumentare dividendi. Per me è una accusa inaccettabile. Sul Morandi c’erano lavori e manutenzioni continue. In ogni caso io sono sempre stato indipendente nei confronti degli azionisti e ho sempre deciso in base a ciò che ritenevo giusto”. Il problema, la risposta fuori dall’aula di Egle Possetti, portavoce del Comitato parenti vittime del Morandi “è che loro avranno anche fatto manutenzioni, ma non hanno fatto quelle corrette”.

Castellucci ha respinto anche l’accusa di aver saputo dei rischi e di non avere fatto nulla. “Un’accusa che si basa sul fatto che in quella famosa riunione sul completamento dei lavori, l’ingegner Tozzi avrebbe dichiarato che lo stato di conservazione evidenzia problemi strutturali. E io non avrei dato nessuna urgenza per il progetto di retrofitting. Un comportamento del genere sarebbe stato non spiegabile anche a me stesso. Non è stato riportato il ‘non’. In realtà aveva detto che ‘non si evidenziavano problemi strutturali”. E ancora, “da quelle riunioni non ebbi nessun segnale di potenziale problematicità sugli stralli. Da nessuno è emerso qualche dubbio sulla sicurezza dell’opera”. Anche Giovanna Donato, altra parente delle vittime, non ha usato mezzi termini. “Provo rabbia, pena e sdegno, perché lui era responsabile, non può dire ‘non sapevo’ o ‘non me l’hanno detto’, si sta arrampicando sugli specchi, non è dignitoso, perciò mi fa pena”. Con Castellucci è finita di fatto l’istruttoria. Forse entro l’estate inizierà la requisitoria dei pm.

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Cronache

Quattro ergastoli, tutta la famiglia ha ucciso Saman

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Nessuno ha mai confessato l’omicidio, si sono accusati a vicenda, ma per i giudici di appello tutta la famiglia è responsabile di aver ucciso Saman Abbas. Quattro anni dopo la morte della ragazza pachistana di Novellara, ribaltando in buona parte la sentenza di primo grado e accogliendo l’impostazione dell’accusa, la Corte di Bologna ha confermato l’ergastolo per i genitori, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, ha inflitto l’ergastolo anche ai due cugini, Noman Ulhak e Ikram Ijaz, che erano stati assolti e scarcerati dopo la prima decisione, e ha alzato a 22 anni la condanna per lo zio Danish Hasnain, che ha fatto trovare il cadavere.

Sono state riconosciute anche le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi, escluse dalla sentenza di Reggio Emilia. Dopo circa tre ore di camera di consiglio il collegio dell’assise di appello ha letto il dispositivo in un’aula gremita di giornalisti, fotografi e cameraman, una lettura accolta in silenzio. Poco prima, una decina di donne, avvocatesse di parte civile, semplici cittadine, l’ex sindaca di Novellara Elena Carletti, avevano esposto un cartello scritto in lingua urdu: “Se domani tocca a me voglio essere l’ultima”. È un segnale con cui la società civile tenta di farsi in qualche modo famiglia per una ragazza abbandonata da tutti i suoi. Da viva e da morta. La storia di Saman inizia a Mandi Bahauddin, in Pakistan, il 18 dicembre 2022.

Arrivata nel 2016 a Novellara, ha trovato la sua fine vicino alla casa dove viveva la famiglia e da cui voleva fuggire. Si faceva chiamare Italiangirl sui social, non accettava le regole e le tradizioni delle sue origini, voleva farsi una vita sua, vivere liberamente, non sposare un parente in patria in un matrimonio combinato. È diventata un simbolo, suo malgrado. Ribelle inconsapevole, l’ha definita il procuratore di Reggio Emilia Gaetano Paci, nella requisitoria di primo grado. Voleva girare senza velo, senza restrizioni, frequentare chi desiderava. Sogni interrotti per sempre in una notte di primavera, tra il 30 aprile e il primo maggio 2021, quando è stata assassinata, probabilmente strozzata, nel vialetto davanti a casa e sepolta in una buca profonda tre metri, dentro un casolare diroccato, a poche centinaia di metri dall’abitazione familiare. Qui è stata trovata, dopo essere stata cercata in lungo e in largo, in un giorno grigio di autunno inoltrato, a novembre di un anno dopo.

A dire dove era stata deposta, è stato lo zio Danish Hasnain, l’uomo indicato dal fratello di Saman come l’esecutore materiale del delitto, ma che a più riprese ha affermato la propria innocenza per l’omicidio. Danish era stato fermato in Francia, dove era fuggito, a settembre 2021. Prima di lui era stato preso il cugino Ikram Ijaz, sempre nel paese transalpino, mentre l’ultimo dei tre ad essere preso era stato Noman Ulhaq, il secondo cugino della vittima, in Spagna. Poco prima del ritrovamento del cadavere è stato arrestato in Pakistan il padre, Shabbar Abbas, l’ultima è stata la madre, a maggio 2024. Entrambi sono stati estradati, con provvedimenti storici: mai era successo che il Paese asiatico consegnasse i propri cittadini accusati dall’autorità giudiziaria italiana.

Shabbar è arrivato nel corso del processo di primo grado, Nazia alla fine di agosto 2024, quando era già stata condannata all’ergastolo. In aula hanno pianto, hanno negato in tutti i modi di aver ucciso la figlia. Hanno accusato gli altri, hanno smentito le dichiarazioni del loro altro figlio, il fratello minore di Saman che per l’accusa era un testimone chiave. Anche se la sostituta pg Silvia Marzocchi ha sostenuto che il quadro indiziario era già sufficientemente forte, pure senza le sue parole. Il giovane ha preferito non assistere alle ultime udienze. Nazia, la madre di Saman, è invece rimasta a lungo seduta a capo chino, ascoltando la traduzione dell’interprete. Poche reazioni dagli altri due imputati detenuti, padre e zio. I due cugini sono usciti rapidamente dall’aula Bachelet e poi sono rimasti fuori dal palazzo, insieme ai loro avvocati. Sono e rimangono, per il momento, a piede libero.

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Cronache

Il Generale Marco Minicucci nominato Vice Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri

La nomina ufficiale arriva dal Consiglio dei Ministri: guiderà l’Arma accanto al Comandante Teo Luzi.

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Il Consiglio dei Ministri ha ufficializzato la nomina del Generale di Corpo d’Armata Marco Minicucci a nuovo Vice Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri. Una scelta di altissimo profilo che premia una carriera lunga e prestigiosa nelle fila dell’Arma.

Minicucci, attualmente Comandante Interregionale Carabinieri “Ogaden”, subentra in una posizione chiave, destinata a supportare direttamente il Comandante Generale Salvatore Luongo nella gestione dell’organizzazione e delle strategie operative dell’Arma.

La nomina arriva in un momento delicato per il Paese, in cui la sicurezza interna, la lotta alla criminalità organizzata e la tutela del territorio richiedono una guida autorevole e di comprovata esperienza. Il Generale Minicucci, con un curriculum di incarichi operativi e direzionali di alto livello, rappresenta una figura di assoluta garanzia istituzionale.

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Sciolto per camorra il Comune di Caserta, scontro politico e ricorso annunciato: tutto così ‘semplice’?

Il Consiglio dei ministri accerta condizionamenti mafiosi. Il sindaco Carlo Marino annuncia il ricorso al TAR: “Atto abnorme e politicamente mirato”.

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Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ha deliberato lo scioglimento del Comune di Caserta per condizionamenti da parte della criminalità organizzata. Una misura durissima, che colpisce uno dei capoluoghi di provincia più significativi della Campania. La stessa decisione è stata adottata per i comuni di Aprilia (Lazio), Badolato e Casabona (Calabria), tutti coinvolti in analoghe indagini per infiltrazioni mafiose.

Il commento di Fratelli d’Italia: “Ferita gravissima, serve una svolta”

Il primo commento arriva da Marco Cerreto, deputato campano di Fratelli d’Italia, che ha definito la notizia “una ferita gravissima per la città, la politica e il tessuto produttivo di Caserta”.
Cerreto ha criticato l’amministrazione a guida PD, accusandola di non aver preso provvedimenti per tempo:
“Mi chiedo come sia possibile che nessuno si sia accorto di nulla. Ora il centrodestra ha il dovere di costruire una proposta credibile per garantire un buon governo”.
Fratelli d’Italia, ha aggiunto, garantirà massimo supporto al commissario prefettizio che sarà nominato per gestire la transizione.

La replica del sindaco Marino: “Atto abnorme e lesivo della città”

Durissima la reazione del sindaco di Caserta, Carlo Marino, che ha parlato di un “atto politico e amministrativamente abnorme”, annunciando l’intenzione di presentare ricorso al TAR del Lazio.
“Faremo immediatamente accesso agli atti. È un atto contro la città, con una tempistica particolare che una città capoluogo non merita”, ha dichiarato.
Il primo cittadino ha sottolineato come il provvedimento sia “istituzionalmente non rispettoso” e che sarà contrastato nelle sedi legali competenti.

Attesa per la nomina del commissario e il futuro della città

Ora si attende la nomina del commissario straordinario che guiderà il Comune di Caserta in questa fase delicata. Lo scioglimento, infatti, comporta la sospensione dell’amministrazione eletta e l’insediamento di una gestione commissariale per un periodo di 18 mesi, eventualmente prorogabile.
Si apre una fase politica e istituzionale complessa, con risvolti giudiziari e un forte impatto sull’immagine e sulla vita amministrativa della città.

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