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Casa Bianca, Marc Fogel arrivato negli Stati Uniti

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Ucraina: il dramma dei bambini deportati in Russia e la difficile operazione di recupero

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Oltre 20.000 bambini ucraini sarebbero stati deportati in Russia e sottoposti a programmi di rieducazione forzata, secondo le stime più basse. Un numero che, secondo le dichiarazioni ufficiali di Maria Lvova-Belova, Commissaria per l’infanzia nominata da Vladimir Putin, potrebbe addirittura arrivare a 720.000.

Quelli riportati indietro finora sono meno di 600. Un numero drammaticamente esiguo rispetto alla portata della tragedia. Lvova-Belova, anziché ammettere il crimine, rivendica con orgoglio di averli “salvati” dalla guerra, adottandone persino alcuni. È anche per questo motivo che la Corte Penale Internazionale ha emesso un mandato di arresto nei suoi confronti e in quello di Putin, riconoscendo la deportazione dei minori come crimine di guerra.

IL “LAVAGGIO DEL CERVELLO” E LA RIEDUCAZIONE FORZATA

Molti di questi bambini vengono trasferiti nei campi di rieducazione russi, dove vengono indottrinati con la propaganda di Mosca. Sono costretti a dimenticare la loro famiglia e la loro identità ucraina, imparando a considerare la Russia come “madrepatria” e gli ucraini come nemici. In alcuni casi, vengono addirittura trasformati in “mini-soldati”, addestrati con lo scopo di combattere contro il loro stesso popolo.

Non è raro trovare immagini di bambini ucraini che sventolano bandiere russe negli stadi di Mosca, indottrinati a credere di essere diventati parte di un nuovo mondo. Alcuni, quando vengono contattati dalle loro famiglie, rifiutano persino di tornare in Ucraina, segno della profonda manipolazione psicologica subita.

IL PROGRAMMA DI “DE-OCCUPAZIONE COGNITIVA”

Per coloro che sono riusciti a tornare, in Ucraina è stato attivato un programma di “de-occupazione cognitiva”, ideato da Oksana Lebedova, fondatrice dell’organizzazione Gen Ukrainian. L’obiettivo è aiutare i bambini a disintossicarsi mentalmente dalla propaganda a cui sono stati sottoposti.

Al Sunday Times, che ha dedicato diversi reportage alla vicenda, Lebedova ha raccontato che questi bambini “hanno negli occhi qualcosa di diverso, come fossero adulti con occhi molto vecchi”. Sono eccessivamente educati e disciplinati, al punto da avere paura anche solo di arrivare in ritardo di un minuto.

La diffidenza nei confronti degli adulti è altissima: hanno visto insegnanti e vicini di casa diventare collaborazionisti, il che li ha resi incapaci di fidarsi di chiunque.

LE DIFFICOLTÀ DEL RIMPATRIO

Recuperare i bambini rimasti in Russia è un’impresa quasi impossibile. Mykola Kuleba, capo dell’organizzazione Save Ukraine, ha spiegato che il governo ucraino sta cercando di farlo attraverso la mediazione del Qatar e degli Emirati Arabi, ma il processo è estremamente lento.

“Putin blocca i rientri perché capisce che ogni bambino rapito è un testimone dei crimini di guerra della Russia”, ha dichiarato Kuleba.

Molti di loro, prima di tornare in Ucraina, vengono trasferiti in Georgia o Bielorussia, dove vengono spostati da un campo all’altro, rendendo ancora più difficile il loro recupero.

IL DRAMMA DEGLI ORFANI NASCOSTI

Tra le storie più toccanti c’è quella di Vova Petukhov e del fratellino Sasha, di 16 e 13 anni. Due anni fa si trovavano in un istituto per minori svantaggiati a Mykolaiv, nel sud dell’Ucraina. Dopo che molti bambini furono recuperati dalle famiglie, 15 orfani furono costretti a nascondersi nel seminterrato per tre mesi, senza luce né acqua, insieme alla direttrice e a parte dello staff.

Quando i soldati russi li scoprirono, diedero loro 30 minuti per raccogliere tutto, li trasferirono a Kherson occupata e girarono un video di propaganda, per mostrare al mondo che li stavano evacuando in sicurezza. In realtà, vennero portati in un centro di riabilitazione per minori a Stepanivka, poi in un sanatorio sul Mar Nero ad Anapa.

Un 15enne di Kherson ha raccontato che un soldato russo lo ha preso a calci, dicendogli:

“Fabbricherai i proiettili con cui uccideremo gli ucraini”.

IL LUNGO PERCORSO DI GUARIGIONE

Ora, alcuni di questi bambini stanno cercando di tornare alla normalità. In un campo speciale vicino a Lutsk, nel nord-ovest dell’Ucraina, cinquanta di loro tra i 7 e i 17 anni hanno trascorso undici giorni insieme, partecipando a sedute di psicoterapia individuale e di gruppo, facendo sport e guardando film come Harry Potter.

Ma le ferite della guerra e della deportazione sono profonde e difficili da guarire. Dietro le immagini di bambini in fila per lo zucchero filato, si nascondono traumi incancellabili, segnati dal terrore della separazione e dalla perdita della loro identità.

Nel frattempo, il mondo resta a guardare, mentre la Russia continua a trattenere migliaia di bambini rapiti, negando a intere famiglie la possibilità di riabbracciare i propri figli.

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Trump pronto a parlare con Putin per porre fine alla guerra in Ucraina: martedì colloquio telefonico

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Il presidente americano Donald Trump ha annunciato che martedì avrà un colloquio con il presidente russo Vladimir Putin per discutere della possibile fine della guerra in Ucraina. La notizia è stata riportata dai media statunitensi dopo che lo stesso Trump ha rilasciato dichiarazioni ai giornalisti durante un volo sull’Air Force One, di ritorno dalla Florida a Washington.

TRUMP: “OTTIME POSSIBILITÀ DI PORRE FINE AL CONFLITTO”

Durante la conversazione con la stampa, Trump ha spiegato di aver lavorato molto nel weekend per preparare questo confronto con Putin. “Vogliamo vedere se possiamo porre fine a questa guerra. Forse ci riusciremo, forse no, ma penso che abbiamo ottime possibilità”, ha dichiarato il leader americano.

POSSIBILI NEGOZIATI E CONCESSIONI

Alla domanda sulle possibili concessioni tra le parti, Trump ha risposto che nel colloquio si parlerà di territori e centrali elettriche. “Penso che ne abbiamo già discusso molto da entrambe le parti, Ucraina e Russia. Ne stiamo già parlando, dividendo alcuni beni”, ha aggiunto, lasciando intendere che i negoziati potrebbero includere una redistribuzione territoriale o economica.

UNO SVILUPPO DECISIVO?

L’annuncio di Trump segna un possibile punto di svolta nei rapporti tra Stati Uniti, Russia e Ucraina. Tuttavia, restano molte incognite sulla fattibilità di un accordo che possa soddisfare tutte le parti coinvolte nel conflitto. L’incontro tra Trump e Putin sarà quindi osservato con grande attenzione dalla comunità internazionale.

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Rogo in discoteca, decine di morti in Macedonia del Nord

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Strage di giovani in una discoteca della Macedonia del Nord, dove sabato notte una serata di musica si è trasformata in un inferno di fiamme, con un tragico bilancio di almeno 59 morti e 150 feriti, tra cui alcuni molto gravi. Le fiamme si sono sviluppate verso le 3 mentre nel locale ‘Pulse’ di Kocani, cittadina a un centinaio di km a est della capitale macedone Skopje, si esibiva la nota band locale dei Dnk, uno dei gruppi musicali più famosi e popolari nel Paese balcanico. Un rogo innescato con ogni probabilità dalle scintille del materiale pirotecnico utilizzato per gli effetti luminosi, con le fiamme che hanno travolto prima il tetto e subito dopo l’intero locale mentre il fumo denso non ha lasciato scampo alle centinaia di ragazze e ragazzi intenti a ballare e a divertirsi. Secondo il ministro dell’Interno Pance Toshkovski, al momento della tragedia nel locale si trovavano circa 500 persone, quasi tutti giovani non oltre i 25 anni. Tra le vittime e i feriti vi sarebbero anche numerosi minorenni, mentre sono tanti i genitori e parenti che sono alla ricerca dei propri figli, non sapendo se sono fra le vittime o nei diversi ospedali del Paese. I

biglietti venduti sarebbero stati solo 250. Affermazioni in contrasto con le notizie dei media locali che avevano parlato a più riprese di circa 1.500 persone presenti nella discoteca, un numero a dire il vero forse eccessivo per le dimensioni del locale che, secondo le prime indicazioni, registrerebbe numerose irregolarità e sarebbe stato sprovvisto delle più elementari misure di sicurezza. La società responsabile del locale “non aveva una licenza legale per operare”, ha detto il ministro Toshkovski, alludendo a una falsa autorizzazione rilasciata dalle passate autorità. Circostanza questa, ha osservato, “come tante altre cose accadute in passato in Macedonia del Nord, legata alla corruzione e alle tangenti”. Il ministro ha aggiunto che oltre 20 persone sono per ora sospettate di grave reato e vengono attualmente interrogate dagli inquirenti, alcune delle quali in ospedale dove sono state condotte per le ferite riportate.

Sono stati arrestati, ha ancora detto Toshkovski, alcuni ex dirigenti del ministero dell’Economia, competente per il rilascio delle licenze, e un paio di responsabili della Direzione di intervento e soccorso, mentre ordini di cattura sono stati emessi per altre quattro persone che si sono rese irreperibili. Stando ai media locali, da anni la discoteca operava in un vecchio stabile del tutto inadeguato, in passato adibito a magazzino per tappeti. La struttura, sempre secondo i media, disponeva di una sola piccola uscita-ingresso, una finestra sbarrata, ed era situata tra le case, in un vicolo stretto, e senza parcheggio. Diversi Paesi vicini, insieme al cordoglio per le decine di giovani vittime, hanno offerto aiuti e assistenza alle autorità di Skopje, e il governo macedone ha annunciato che una ventina di feriti gravi saranno trasportati in ospedali di Bulgaria, Turchia, Grecia e Serbia.

Unanime il cordoglio della comunità internazionale per la tragedia alla discoteca di Kocani. Dall’Italia la premier Giorgia Meloni e il ministro degli Esteri Antonio Tajani hanno espresso vicinanza alla Macedonia del Nord, “un Paese amico”. Profondo cordoglio anche da papa Francesco che ha inviato un telegramma a firma del cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, dai vertici Ue: la presidente della commissione Ursula von del Leyen, il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa e la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, che hanno espresso vicinanza e solidarietà con la dirigenza e il popolo macedone.

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